La traduzione filmica: aspetti e problemi PDF

Title La traduzione filmica: aspetti e problemi
Author Ma Tilde
Course Lingua e Traduzione Inglese
Institution Università per Stranieri di Siena
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Summary

Riassunto del libro "La Traduzione Fimica: aspetti e problemi"...


Description

LA TRADUZIONE FILMICA: ASPETTI E PROBLEMI 1.1 Perché studiare la traduzione filmica? I dialoghi dei film sono scritti perché raggiungano i destinatari finali in forma parlata, per mezzo della voce umana. Ed è questo uno dei motivi principali di interesse per la traduttologia, così come per la linguistica. Il dialogo filmico è un testo “scritto per essere detto come se non fosse stato scritto”, è un “parlato recitato” o un “dialogo riprodotto”. La traduzione ha il difficile compito di ricreare nella lingua di arrivo un ordito di oralità simulata che rispecchi l’oralità simulata, del testo di partenza. Diverse tipologie di film, presentando diverse compagini linguistiche di partenza, richiederanno diverse rese traduttive, ossi la scelta di diversi stili e registri nella lingua d’arrivo. Il dialogo naturalistico avrà un ruolo più centrale nei film sentimentali e in quelli psicologici, mentre la spontaneità del linguaggio sarà subordinata a fattori diversi nel film musicale. 1.1 La traduzione filmica: traduzione totale o vincolata? Delbastia considera la “struttura materiale” del film, ossia la componente quasi del tutto predeterminata, e del tutto riproducibile all’infinito, alla base della differenza cruciale tra la traduzione del film e dell’opera teatrale, entrambi testi audiovisivi complessi e con molte aree di sovrapposizione. Nella traduzione per il doppiaggio, il processo di trasferimento linguistico deve tenere conto degli attori che hanno già recitato la loro parte, di luoghi, suoni e gesti immutabili, intorno ai quali costruire il nuovo testo verbale, che nel film e nei telefilm rimane una componente descritta e circoscritta dalle altre componenti. Il traduttore nel doppiaggio deve affrontare la parte modificabile della lingua insieme alla parte dell’opera filmica cui non si può agire. Nella traduzione non ci si può preoccupare della sola resa verbale dei dialoghi in isolamento, ma si dovrà riprodurre il senso complessivo dell’opera, che è più della somma delle parti. Cary ha definito il doppiaggio “traduzione totale”, volendo così mettere in luce che tale operazione deve assommare su di se il trasferimento della fonetica, dell’intonazione, del ritmo, come pure delle valenze pragmatiche e socio culturali, psicologiche e intellettuali che ritroviamo condensate nel dialogo filmico. Noi preferiamo definire tale operazione “traduzione vincolata”, enfatizzando così la dipendenza dai codici non verbali predeterminati e dal mondo rappresentato sullo schermo. La stessa sostituzione del parlato vincola fortemente gli aspetti quantitativi e qualitativi delle battute tradotte e l’immutabilità della cornice referenziale condiziona la traduzione a più livelli, dalla situazione sociolinguistica e culturale nella quale è ambientata la vicenda ai tratti cinesici, prossemici, comportamentali e strutturali dei personaggi che costituiscono la “costrizione iconica” in tale processo traduttivo 1.3 Il sincronismo Il sincronismo è il vincolo principale del doppiaggio filmico, che implica corrispondenza tra i movimenti connessi alla produzione orale e la struttura acustica del messaggio effettivamente percepito. Sarebbe però un errore circoscrivere l’importanza del sincronismo alla sola articolazione labiale. Herbst individua due gruppi principali: il sincronismo articolatorio e il sincronismo paralinguistico e cinetico. Il sincronismo articolatorio comprende il sincronismo articolatorio quantitativo, inteso come simultaneità del parlato con l’inizio e la fine dei movimenti articolatori. Tale sincronismo agisce sulla velocità dell’eloquio e ne sono testimonianza le recitazioni eccessivamente concitate di molte traduzioni di film anglo americani, in cui la velocità voluta dal parlato originale, per esempio newyorkese, non trova corrispettivo sociolinguistico in italiano. Tale sincronismo è ritenuto un vincolo primario, riflesso dell’effettiva percezione del pubblico che si accorge delle discrepanze tra incipit e fine del parlato doppiato e movimenti delle labbra e della mandibola. Herbst presenta poi il sincronismo articolatorio qualitativo, riguardante la comparabilità tra i suoni emessi nel parlato doppiato con i movimenti articolatori visibili, coinvolgendo anche il volume della voce. Questo tipo di sincronismo, si impone nei primi e nei primissimi piani, ma può essere trascurato in tutte le inquadrature in cui il volto degli attori non è visibile. Ci sono due gruppi di suoni la cui distinta articolazione deve trovare riscontro: - le vocali: richiede attenzione il grado di apertura di vocali come la “a” e l’arrotondamento delle labbra delle vocali posteriori “u” e “o”. - le consonanti labiali: anche consonanti bilabiali come la “m” o la “b” e “v” sono visibili, tuttavia, grazie alla non ovvia percezione visiva della sonorità, si possono sostituire consonanti sorde con consonanti sonore come nel frequente traducente “figlio di

puttana” per “son of a bitch”, in cui un sorda”p” sostituisce l’inglese sonoro “b”; “goddammit” può essere tradotto sia con “maledetto” che con “dannato”. Il sincronismo paralinguistico richiama la necessità di rispettare il raccordo tra parlato e movimenti corporei, gesti ed espressioni del volto, che accompagnano i segni verbali, rinforzando o integrandoli durante la comunicazione. Il sincronismo nucleare si riferisce al fatto che nel parlato spontaneo c’è corrispondenza tra i movimenti del corpo e la produzione di sillabe accentate, nucleari. Se normalmente si presta priorità al sincronismo articolatorio, non altrettanto accade per il sincronismo nucleare. Goris sottolinea che il sincronismo visivo è l’aspetto più importante . L’importanza del sincronismo è stata di recente ridimensionata sulla base delle ragioni sovraesposte, ossia del numero ridotto delle riprese in cui l’obiettivo si fissa sui volti dei personaggi, rispetto alla frequenza delle riprese di spalle, in lontananza e delle voci fuori campo. Il sincronismo articolatorio qualitativo si ha solo nel 15% dei primissimi piani in un unico film tra quelli analizzati. Invece, il sincronismo nella durata e nella struttura dei turni, che caratterizza il 100% dei primissimi piani, si verifica anche in inquadrature a distanza. 1.4 Il rapporto tra linguaggio verbale e non verbale Jacobson tripartisce le operazioni di traduzione in: - traduzione endolinguistica, ossia riformulazione all’interno della stessa lingua; - traduzione interlinguistica, o traduzione propriamente detta; - traduzione intersemiotica, i segni linguistici vengono interpretati da segni non linguistici e viceversa La traduzione filmica per il doppiaggio è in primo luogo, quantitativamente, una traduzione interlinguistica e intersemiotica: si va da codice linguistico ad altro codice linguistico, da parlato simulato a parlato simulato. Tuttavia non mancano casi in cui il processo interviene anche a livello non verbale e intersemiotico, coinvolgendo segni espressi in parallelo, dalle immagini o dalla colonna sonora. La comunicazione umana comprende tre livelli: - il linguaggio verbale - gli aspetti paralinguistici - la cinetica Nei film i segni paralinguistici vanno tradotti quanto i segni linguistici e sono di stretta pertinenza di coloro che compaiono nella fase di esecuzione del processo traduttivo. Ci sono molti casi di difficoltà insite nel tradurre espressioni che rimandano obbligatoriamente a immagini che compaiono sullo schermo e giochi di parole che diventano anche giochi di immagini. Nel caso dell’umorismo si tratta spesso di ambiguità semantiche derivanti da omofonia o polisemia tra parole della lingua di partenza che difficilmente trovano un corrispettivo esatto nella lingua di arrivo. L’inventiva verbale è una componente necessaria nella traduzione filmica e analoga attenzione va posta sulla traduzione di forme idiomatiche, di proverbi e di forme che contengono più forme di significati, uno letterale e gli altri traslati, che trovano corrispettivo nel testo visivo. Il testo filmico contiene immagini che evocano interpretazioni plurime e assumono valori simbolici diversi in culture diverse. La “tazza di tè”, calco dall’inglese cup of tea significa senso di appartenenza, rassicurazione, affetto, inclusione, riconoscimento dell’altro come appartenente al proprio universo familiare, ma anche rispetto alla consuetudine, osservanza superficiale di ciò che è socialmente atteso.In The Mother, si passa dalla tazza di tè offerta dai figli alla madre sessantenne da poco rimasta vedova, al vino in calici a stelo che la stessa madre berrà con il giovane amante della figlia. Il vino, per gli italiani simbolo di socializzazione maschile popolare e rude, diventa simbolo di emancipazione individuale. 1.5 Doppiaggio e sottotitolaggio Il sottotitolaggio può offrire maggiori vantaggi garantendo l’accesso ai dialoghi in originale. Il doppiaggio invece offre un discorso omogeneo a quello originale, sostituendo il dialogo e non forzando lo spettatore a leggere. La scelta della forma di traduzione deriva anche da considerazioni economiche e da tradizioni storico-culturali che facilitano il perdurare di determinate politiche. In Italia, la censura fascista proibiva la proiezione di pellicole contenenti dialoghi in lingua straniera, da qui la scelta del doppiaggio. E’ il sottotitolaggio che si pone ai tre livelli postulati da Jacobson - traduzione endolinguistica quando i sottotitoli sono nella stessa lingua, semplificati per non udenti o integrali per l’apprendimento; - traduzione interlinguistica, ogni qual volta si va da una lingua all’altra

- traduzione intersemiotica passando dal codice orale a quello delle immagini e scritto Nella maggior parte dei casi si realizza un’operazione interlinguistica e una traduzione endolinguistica, essendo in genere il testo sottotitolato ridotto. Per questo la traduzione filmica tramite sottotitoli si presenta come forma marcata di trasposizione linguistica. Più che collocarsi al di fuori della traduzione, il sottotitolaggio fa di quella che è una strategia comune a tutti i processi traduttivi (semplificazione) un suo aspetto sostanziale, caratterizzato per frequenza ed estensione. 1.6 Una traduzione orientata verso la lingua e la cultura di arrivo? La traduzione filmica presenta affinità con la traduzione letteraria, nella quale, i parametri fondamentali della variazione sociolinguistica non sono rilevanti, gli accenti regionali o nazionali possono essere tralasciati o del tutto trascurati. Più difficile la resa dei film nei quali il dialogo è impregnato di realismo, film di ambientazione contemporanea, rispetto ai film in costume. Herbst auspica al ritorno alla “traduzione pragmatica”, cioè fedele all’originale per gli elementi necessari alla comprensione dello svolgimento della trama, ma decisamente libera nel ricreare l’impressione di spontaneità e naturalezza nella costruzione e articolazione delle battute. Se in un film americano un personaggio si rivolge a uno sconosciuto, che ha appena sentito parlare, e basandosi sul suo accento dice “Lei deve essere messicano”, nella versione italiana la battuta dovrà essere preceduta da sequenze che forniscono agli spettatori, altrimenti ignari, elementi sufficienti per collocare geograficamente lo sconosciuto. Gli esempi discussi ( anche quello del bicchiere d’acqua con due uova) mostrano un orientamento verso la traduzione comunicativa, ossia la riproduzione dell’effetto delle battute originali, talvolta a scapito di una resa vicina a quella letterale, nel doppiaggio si tende alla neutralizzazione. Prove evidenti di livellamento provengono comunque dalla traduzione di termini culturali, spesso neutralizzati al fine di conservare l’immediatezza della versione originale. Così le varie espressioni che designano aspetti della vita quotidiana (cibi, bevande, unità di misura), delle istituzioni, delle ricorrenze vengono sostituite da espressioni di più ampia diffusione o di più immediata comprensione. Il bargain basement non viene tradotto ed è sostituito da Hollywood boulevard. La neutralizzazione dei riferimenti culturali si manifesta anche in vere e proprie cancellazioni, da singoli elementi a intere battute. Il più delle volte le omissioni sono compensate da spiegazioni o chiarimenti che garantiscono la trasmissione delle informazioni essenziali. 1.7 Il rapporto con la versione di partenza Da una parte il testo da tradurre è un tunnel, come definito da Cary: battuta dopo battuta vincola l’adattatore, il quale opera con un margine ridotto. Lo studio di Goris rivela che nel doppiaggio la riproduzione della durata delle battute e della pausazione riguarda il 100% dei primi e primissimi piani. Tuttavia percentuali notevoli di aderenza (anche 75%) nella lunghezza e nella struttura delle battute si registrano anche nei campi lunghi e raggiungono valori molto alti (dal 70% al 100%) per tutti i film nei campi medi. Insieme all’orientamento verso la lingua di arrivo e una certa neutralizzazione linguisticaculturale, si registra, nella traduzione filmica, anche la tendenza a riprodurre schemi lessicali, sintattici e pragmatici della lingua di partenza, pur impiegando materiale della lingua di partenza....


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