L\'Ammazzabambini - Riassunto del libro di Guarnieri Patrizia L\'ammazzabambini - L\'ammazzabambini: legge e scienza in un processo toscano di fine 800 PDF

Title L\'Ammazzabambini - Riassunto del libro di Guarnieri Patrizia L\'ammazzabambini - L\'ammazzabambini: legge e scienza in un processo toscano di fine 800
Author Costanza Gucci
Course Storia culturale e sociale
Institution Università degli Studi di Firenze
Pages 14
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Riassunto del libro di Guarnieri Patrizia L'ammazzabambini...


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Riassunto l’Ammazzabambini Capitolo 1: I fatti e l’istruttoria 1.1 Allarme in paese Il libro inizia raccontando del rilascio di Callisto Grandi, che avviene esattamente la mattina del 10 ottobre 1895. Callisto quando viene rilasciato ha 44 anni e ha appena scontato poco più di 20 anni di carcere. Dal momento che nel suo paese d’origine ha ancora la sua famiglia, il suo pensiero principale è quello di trovarsi un impiego. Si rivolse quindi alla società di patronato per i liberati dal carcere e anche la questura si stava informando per farlo momentaneamente sistemare alla casa pia di lavoro, purtroppo però il direttore non volle neanche riceverlo. Mentre camminava insieme a due agenti nel quartiere di Santa Croce, un signore del suo paese lo riconobbe e così si sparse la voce che era tornato in città. Le guardie sono costrette a metterlo in una stanza dove l’ex carcerato giustamente rivendicava le sue libertà. Il problema era che gli abitanti di Incisa non volevano assolutamente che Callisto tornasse lì, dopo tutto il dolore che aveva causato. Già qualche anno prima che Callisto venisse rilasciato gli abitanti iniziarono a preoccuparsi del fatto che sarebbe tornato in città interpellando anche i giornali del posto. La voce arrivò anche ad Amerigo Turchi, l’unico bambino che era riuscito a salvarsi, lui in questo periodo si stava per sposare con una donna del Nord Italia, la quale era molto impaurito dal suo ritorno in città. In questo punto del libro infatti vi è proprio una differenziazione del sistema legale toscano e di quello padano, perché appunto nel secondo gli austriaci fecero stanziare un presidio militare ad un carcere, cosa che non c’era assolutamente ad Incisa, non c’erano neanche i carabinieri, c’era solo la municipale e i carabinieri più vicini si trovavano a Figline Val d’Arno. Infatti, nonostante i vari appelli da parte dell’amministrazione comunale, il prefetto negò tutte le richieste perché le denunce erano veramente poche e perché non erano di grande importanza; di questa cosa se ne doveva occupare quindi il sindaco Venanzio Ceccherini. 1.2 La scomparsa dei bambini A questo punto si torna indietro di circa 20 anni, al 21 e al 22 Agosto 1875, quando scomparvero misteriosamente i primi due bambini, Fortunato e Angiolino, che avevano rispettivamente 9 e 8 anni. Questi due bambini scomparvero a distanza di 24 ore e le famiglie li avevano cercati ovunque, dopo un giorno intero di ricerche il sindaco decise di telegrafare il pretore di Figline, Raffaello Chelini (figura molto importante nel libro che si occuperà di tutto il caso). Il giorno seguente Chelini si presentò ad Incisa per riprendere le indagini che avevano iniziato e concluso il comandante Delù e Trecchi. Secondo quanto riportato da loro dei due bambini fu ritrovato soltanto un cappello di paglia vicino al fiume: la loro prima ipotesi fu quindi quella che i due bambini fossero annegati nell’Arno (ipotesi alquanto improbabile poiché i bambini sapevano nuotare benissimo e conoscevano a memoria quel tratto del fiume, inoltre era stata una stagione molto secca, motivo per cui avendo così poca acqua nel letto del fiume, almeno i corpi avrebbero dovuto essere ritrovati), neanche il Pretore fu molto convinto di questa ipotesi. Nel paese comunque iniziarono a circolare le più strane congetture, una di queste era appunto che fossero stati presi da un forestiero (era molto più concepibile e facile credere che fossero stati rapiti da uno straniero piuttosto che pensare che il pericolo si aggirava tra i conoscenti). Un’altra delle ipotesi più accreditate fu quella che i bambini fossero stati rapiti da degli zingari per farli lavorare, dato che a quel tempo i bambini iniziavano ad andare nei campi già a 5/6 anni, ed era anche molto diffusa la pratica di prendere in casa degli orfani per farli andare a lavorare insieme ai propri figli, nonostante comunque fosse proibito l’impiego dei bambini in “professioni girovaghe”. Callisto tra l’altro disse ad alcuni degli abitanti di aver visto un omaccio nel bosco che aveva domandato se ad Incisa ci fossero i carabinieri o la municipale, con il senno di poi dichiarò che, invece di lasciarlo andare, avrebbe voluto inseguirlo ed ucciderlo se fosse stato armato. Una volta concluse le indagini, anche se non si era arrivati a capo di una risoluzione, la tensione in paese iniziò a diminuire, anche se

comunque le madri stavano molto più attente ai loro figli e si raccomandavano spesso di non dare confidenza agli estranei. Il ricordo del fatto spiacevole piano piano iniziò ad affievolirsi. Il pretore Chelini, che non era soddisfatto di come si erano concluse le indagini, la mattina del 29 Agosto del 1875 decise di tornare ad Incisa per interrogare i genitori dei bambini scomparsi con un allievo che registrò tutte le risposte: di Fortunato non poté interrogare il padre perché viveva e lavorava a La Spezia, però riuscì a parlare con la madre (analfabeta), la quale purtroppo non risultò di grande aiuto poiché dichiarò che il figlio era uscito dopo pranzo per andare i paese con gli amici e non tornò più. Non molto diversamente finì anche il secondo interrogatorio con il padre di Angiolino, che anche lui dichiarò che suo figlio uscì e non rientrò più. Tuttavia, il caso volle che la questione si risolse quella stessa mattina, proprio la mattina in cui si verificò il tentato omicidio di Amerigo Turchi. Amerigo abitava accanto alla bottega di Callisto, e quella mattina con gli altri bambini decise di giocare a nascondino: Grandi consigliò ad Amerigo di andarsi a nascondersi dentro la sua bottega, dicendogli di nascondersi dentro ad una buca, il bambino quindi si nascose, ad un certo punto il bambino nota che Callisto gli sta buttando della terra addosso e così inizia a ribellarsi e ad urlare. Un bambina di 12 anni sentì le grida e chiamò i genitori di Amerigo che cercarono in tutti modi di forzare la porta in attesa dell’arrivo del fabbro della città Cioni, il quale riesce finalmente ad aprire la porta e il bambino viene immediatamente portato fuori pieno di graffi in faccia. Dopodiché Callisto si rifugia in casa difendendosi con la scusa che il bambino lo aveva colpito con un sasso e così aveva deciso di punirlo. 1.3 L’assassinio è scoperto Dopo il salvataggio di Amerigo attorno alla casa di Grandi si riunirono tutti i paesani indignati, soprattutto dopo aver capito che tutti gli altri bambini li aveva uccisi lui. Nel frattempo, Chelini, mentre aspettava i rinforzi militari per portare via Callisto, iniziò a scrivere un dettagliato rapporto al procuratore del re per spiegargli che cos’era accaduto quella mattina. Finalmente arrivarono due militari da Pontassieve insieme al comandante Delù provavano a far scendere Callisto per portarlo via, ma il popolo minacciava di incendiare la casa e offendeva pesantemente i militari perché difendevano la sua incolumità. Quindi dovettero aspettare fino alle 19 perché arrivassero altri rinforzi i quali riuscirono a far entrare l’imputato in macchina per scortarlo fino a Figline. Durante quella notte Chelini non riuscì a dormire e decise così alle 4 di notte di andare ad Incisa insieme al cancelliere Comparini, il medico di Figline e il medico di Incisa. Arrivarono nella bottega ed iniziarono ad ispezionarla tutta finché non notarono che il pavimento ancora sterrato risultava cedevole, bastò così smuovere appena la terra che uscirono fuori i pezzi dei corpi dei bambini assassinati. A questo punto stava ai medici occuparsi dei resti, così come la legge voleva, infatti il codice vietava di seppellire i cadaveri di morte violenta, anche presunta, prima che l’ufficiale di polizia giudiziaria avesse steso il verbale con l’assistenza alla dichiarazione assoluta di una verità tecnica fornita da un medico chirurgo, né d’altra parte i dottori potevano sottrarsi all’ufficio richiesto. I corpi furono ritrovati tutti molto vicini, in posizione supina, con la bocca piena di terra e senza lesioni, quindi la morte era stata causata da soffocamento. I medici si occuparono anche di identificare i corpi ritrovati. Alle 9 di mattina Chelini aveva già finito di stendere il verbale e si recò subito al palazzo municipale dopo aver interrogato Giulia, la bambina di 12 anni che sentì le urla di Amerigo. Ora che avevano scoperto l’assassino e il modo in cui aveva ucciso i bambini, la domanda che ossessionava Chelini era perché mai Callisto Grandi avrebbe dovuto seppellire vivi dei bambini? La risposta non tardò ad arrivare, dato che anche lui stesso durante la confessione disse che non sopportava i bambini del paese poiché tutti ridevano di lui a causa delle sue deformità fisiche. Questo movente fu confermato anche dai testimoni che dichiararono di aver visto e sentito Callisto litigare con i bambini. Descrissero Callisto come un uomo brutale e che attirava i bambini in modo cauto, insidioso e premeditato. Durante l’interrogatorio l’imputato aveva cercato di giustificarsi per la presenza dei cadaveri nella bottega incolpando i suoi compaesani che lo

avrebbero fatto per gelosia di mestiere. Tutte queste cose mettevano in luce la sua cattiveria, ma anche la sua sviluppata intelligenza. Nonostante questo, rischiava l’ergastolo. 1.4 I magistrati di città La mattina del 30 Agosto 1875, alla stazione di Figline, scesero due signori, il sostituto procuratore del re, Giovanni Melegari, e il giudice istruttore presso il tribunale di Firenze, Agostino Satti, diretti al carcere municipale per Callisto Grandi. Il comandante dei carabinieri aveva inviato un rapporto al capitano e uno al pretore proprio come stabiliva il codice di procedura penale. Adesso occorreva quindi raccogliere tutte le prove necessarie. Il giorno subito seguente all’arresto di Callisto tutti i rapporti della polizia erano stati valutati e studiati dal giudice Satti che era incaricato di svolgere l’istruttoria (fase del processo in cui l’autorità giudiziaria compie tutti gli atti necessari all’istruzione, quindi il momento in cui vengono raccolte tutte le prove e vengono fatti gli interrogatori). Così cominciò il primo interrogatorio da parte del giudice Satti, sempre accompagnato da Melegari: le prime domande furono molto generiche, chiesero se sapesse leggere e scrivere, se possedeva dei beni e se aveva adempiuto agli obblighi militari, dopo iniziò l’interrogatorio più specifico riguardante il reato. Inizialmente Grandi cercò di incolpare le altre persone trovando addirittura degli alibi, ma alla fine confessò di aver rinchiuso lui i bambini e di aver cercato di uccidere anche Amerigo. La domanda a questo punto sorge spontanea, perché improvvisamente Callisto decide di confessare? Il motivo non fu riscritto in maniera corretta, perché il notaio che avrebbe dovuto trascrivere tutto quello che dicevano il giudice e l’imputato non lo fece (a quell’epoca spesso veniva tralasciato che non era cruciale). A causa di questo fatto spesso non era possibile contestualizzare le risposte. 1.5 La confessione In questo paragrafo viene trascritto l’interrogatorio di Callisto. L’interrogatorio inizia dicendo che la sera prima era stato arrestato ed era stato portato li dato che i cittadini lo volevano uccidere poiché secondo lui avevano dell’astio nei confronti suoi e della sua famiglia. Raccontò poi del 22 Agosto, quando la madre di Angiolino andò nella sua bottega per chiedere a Callisto se avesse visto suo figlio, lui negò e inizio con lei ed altri del paese le ricerche, ma ovviamente non trovarono nulla, aggiungendo che tra l’altro Angiolino era figlio di suo cugino, quindi erano anche imparentati. Continuò dicendo che anche Fortunato scomparve in quei giorni e che era consapevole del fatto che li avessero ritrovati nella sua bottega morti. Ammise di conoscere tutti e 4 i bambini trovati morti perché abitavano nello stesso quartiere e che qualche volta passavano nella sua bottega per giocare con i suoi attrezzi. Continuò ancora a parlare di loro finché non iniziò a parlare di Amerigo, che andò a nascondersi lì in bottega mentre giocava a nascondino, e dichiarò che lui cadde tra le seghe e si sciupò il viso e che inoltre lui gli tirò due schiaffi perché il bambino gli aveva tirato un sasso. A quel punto Callisto inizia ad incolpare un’altra persona in particolare che abitava di fronte alla sua bottega, Argenta Monsecchi, affermando che lei era una ladra e che lei e suo marito avevano le chiavi della sua bottega. L’interrogatorio continuò in questo modo, trovando scuse su scuse e dicendo anche quando gli altri bambini scomparvero lui era lontano a lavorare. Poi improvvisamente confessò di averli uccisi per vendetta. Inoltre, aggiunse di non aver mai detto a nessuno di aver seppellito in bottega quei bambini, ma che il giorno prima era stato scoperto e che quindi era inutile che continuasse a negare. 1.6 Criminali o politici Quella sera stava diluviando e il giudice Satti era molto soddisfatto dato che il caso sembrava molto facile e dato che l’assassino era stato sorpreso in flagrante: i testimoni erano tanti e tutti d’accordo e c’era una vittima sopravvissuta. A quel punto quindi mancava solo la confessione, ma il giudice l’aveva ottenuta molto facilmente già al primo interrogatorio. Il giudice in quell’anno si era trovato in situazioni molto complicate, motivo per cui doveva risolvere delle questioni: fu preso di mira dal popolo e si era trovato su dei giornali descritto in maniera poco professionale. I suoi superiori

quindi avevano deciso di trasferirlo in Sicilia, dal momento che in Toscana, da quando aveva iniziato la sua carriera, si era fatto moltissimi nemici. Sembrava che a Firenze l’istruttoria non avanzasse mai e un giornale incolpò proprio il giudice Satti, dicendo che mentre delle persone era in carcere ingiustamente lui se ne stava in vacanza per oltre un mese in campagna: veniva attaccato su tutti i fronti sentendosi dire che non aveva sentimenti, che non era degno di essere un giudice e soprattutto ultimamente era anche uscito fuori che ci fosse un interesse personale in alcuni casi. Quindi quando il 30 Agosto venne a sapere della pratica di Grandi per lui fu veramente un sollievo perché un diversivo rispetto al caso di cui si stava occupando da Giugno, dove stavano per assolvere 41 persone accusate di cospirazione contro la sicurezza dello Stato. Satti con il caso di Grandi si sarebbe ritrovato ad affrontare delle persone non molto potenti e così non sarebbe stato messo in una posizione controversa, anzi era un modo per riconquistare il popolo facendo incarcerare il misterioso rapitore di bambini.

1.7 Il bambino Amerigo e i testimoni Questo capitolo parlerà della testimonianza del bambino salvato e degli altri che erano presenti. Il bambino viene accompagnato dai genitori all’ufficio comunale per l’interrogatorio, alla presenza del giudice Satti e dei rappresentanti del pubblico ministero Melegari. Il bambino racconta gli avvenimenti del 29 Agosto confermando che Callisto aveva provato a seppellirlo vivo ma che comunque era riuscito a scappare. La madre inoltre aggiunse che iniziò a strattonare la porta urlando a tutti che gli stavano uccidendo il figlio, a quel punto Giulia, una bambina di 12 anni andò a chiamare il marito che insieme al fabbro Cioni riuscirono a forzare la porta e ad entrare. Dichiarò di aver visto suo figlio steso nel sottoscala con Callisto sopra che cercava di soffocarlo. La madre preoccupata aggiunse anche che se non fosse scesa a cercare il figlio, Amerigo avrebbe fatto la fine degli altri bambini. Oltre a loro quel giorno furono interrogati anche molti altri testimoni e tutti confermarono la dichiarazione della famiglia Turchi aggiungendo ulteriori particolari. Oltre al fatto che Callisto aveva cercato di coprire il delitto fingendo di unirsi alle ricerche e raccontando la storia del forestiero scappato nel bosco, emerse un altro particolare che attirò l’attenzione dei giurati: secondo una voce che girava nel paese, Callisto avrebbe avuto in programma di ammazzare altri bambini. Intanto Satti e Melegari ascoltavano mentre il cancelliere Fiume continuava a verbalizzare le risposte senza scrivere le domande. Satti inoltre vuole approfondire il motivo per cui Callisto avrebbe dovuto uccidere dei bambini: viene chiesto ai genitori e ad altri interrogati quale fosse secondo loro il motivo che avesse spinto Callisto a commettere questi omicidi. Molti di loro furono concordi nell’affermare che l’unica cosa possibile era il cattivo animo e la rabbia di Callisto, fu anche chiesto se i bambini erano solito prendere in giro Grandi e molti interrogati risposero che in effetti era frequente. La madre di Amerigo provò a giustificare dicendo che alla fine era per ridere. Giulia Monsecchi riporta un particolare molto importante: per quanto osservato dalla ragazza sembra che i bambini che lo prendevano in giro non fossero quelli che ha ucciso, bensì i ragazzi più grandi. 1.8 Il movente Perché mai Callisto aveva deciso di uccidere proprio quei 4 bambini ancora non era chiaro. Il giudice chiese ad Amerigo se per caso Callisto lo avesse spogliato dato che a quel punto si poteva pensare che lo volesse violentare, ma lui rispose di no. Il giorno seguente infatti l’autopsia confermò che i corpi erano stati ritrovati senza segni di violenza carnale. Nei giorni successivi continuarono gli interrogatori sia ai testimoni che all’imputato stesso e tornarono di nuovo nella bottega dove il giudice Satti stabilì qualche istruzione per il delegato della polizia che insieme al pubblico ministero incontrò molte persone con le quali non era molto facile parlare. Raffaello Chelini infatti (molto interessante) adottò una linea di interrogatorio diversa, a differenza degli altri

non si focalizzò sulla vendetta che avrebbe spinto il Grandi, bensì si concentrò sullo stato mentale di Callisto (differenziazione del pensiero giuridico del giudice Satti e di quello più psicologico del pretore di Figline Chelini). I testimoni dissero che non lo vedevano molto adatto a parlare con uomini seri e posati, infatti non andava mai in piazza la sera con gli altri di Incisa, se non quando gli raccontò dell’uomo visto nel bosco: bene o male tutti concordarono sul fatto che qualche volta il Grandi avesse dei comportamenti un po’ strani ma che in generale sembrava una persona intelligenze. Così il 4 Settembre del 1875 si chiusero le indagini istruttorie. 1.9 L’accusa Qui si parlerà un po’ del problema che aveva la parte dell’accusa. Il compito dell’istruttore Satti ancora non era finito perché dopo la conclusione dell’istruttoria avrebbe dovuto riportarla oralmente di fronte ai rappresentanti del pubblico ministero di Firenze, una sorta quindi di reportage delle testimonianze più importanti, delle prove e dei certificati stilati dai tecnici che dovevano fungere da base per formulare l’accusa ufficiale da formulare presso la Corte d’Assise (che è il primo processo pubblico). Solo che proprio in quel periodo si stava discutendo sul ruolo del giudice istruttore, lui in teoria doveva rappresentare l’autorità senza essere influenzato né dall’accusa né dalla difesa e doveva raccogliere le prove nella maniera più oggettiva possibile: però siccome era stato lui stesso che aveva raccolto le testimonianze e aver fatto l’interrogatorio, per risolvere questa questione il giudice Satti andava sostituito, quindi alcuni proposero l’avvocato Luigi Lucchini. Un’altra questione molto criticata era la legge che imponeva al giudice istruttore di essere sorvegliato durante l’istruttoria dal rappresentante del pubblico ministero, il quale però era Melegari, che aveva sempre accompagnato il giudice Satti, quindi nemmeno lui poteva essere oggettivo. L’inquisitoria rappresentata da Melegari fu chiara e coincisa ma ricca di frasi piene di enfasi, furono 8 fogli di carta contro Callisto Grandi, nei quali iniziava ad attaccare anche la sua salute mentale, invitando a riflettere sulla psicologia dell’omicida. Lo descrisse come un vile, siccome era incapace di aggredire i forti aggrediva i più deboli facendogli provare quello che lui stesso subiva attraverso la vendetta. Lo definì un vigliacco, perché lui stesso temeva la morte eppure l’aveva fatta subire ad altri. Astuto, perché aveva confuso i suoi compaesani con la storia del forestiero e inoltre lo ha definito feroce perché godeva mentre si vendicava su quei poveri bambini, preferiva farli prima soffrire come lui stesso aveva dichiarato. In più si sottolinea la prete...


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