L\'area iberica - Bertolucci Alvar Asperti PDF

Title L\'area iberica - Bertolucci Alvar Asperti
Author Sara Mondello
Course Filologia Romanza
Institution Università degli Studi di Messina
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L'area iberica - Bertolucci Alvar Asperti...


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L’area iberica CAPITOLO 1 – L'ETÁ DELL'EPOCA 1.1. LA SITUAZIONE DELLA CULTURA IBERICA DALLA FINE DELL'XI SECOLO ALL'INIZIO DEL XIII Il più importante cantar de gesta castigliano ha come protagonista Rodrigo Dìaz de Vivar, il Cid Campeador, cavaliere realmente esistito nella seconda metà dell’ XI secolo. Lo sviluppo castigliano trova la sua principale ragione nelle notevoli imposte in oro e denaro che i piccoli regni arabi pagavano a quelli cristiani in cambio di pace. Questo era un periodo importante per la Castiglia poiché da un lato si assiste ad una rapida crescita demografica e dall’altro cominciano a popolarsi le città. Le nuove città si diedero un assetto legislativo tramite statuti e costituzioni municipali, da qui nasce il ceto borghese. Durante la seconda metà del XI secolo si raggiunge l’apice del romanico (costruzione di ponti e fortezze ecc). Il regno di Alfonso VI di Castiglia (1072-1109) occupa questo periodo. La sua ascesa al trono è legata alla morte del fratello Sancho II, e questa fu oggetto di molti cantares de gesta in cui lo stesso Cid gioca un ruolo non secondario (come la riconquista di Toledo in mano agli arabi, grazie ai Mozarabi). Seguendo le orme del nonno (Sancho el Mayor, re di Navarra), introdusse varie innovazioni culturali: • l’abbandono della liturgia mozarabica in favore di quella romana; • impose la regola benedettina a tutti i monasteri; • influsso della riforma cluniacense (monasteri guidati da un abate legato a Cluny); • abbandono della scrittura locale (visigotica) in favore della scrittura carolingia. Il cambiamento di liturgia portò inoltre all'abbandono della littera visigotica, la scrittura locale, in favore della littera carolina, nata alla corte di Carlo Magno e diffusa in tutta Europa. Non sembrerà strano che molti racconti epici di origine francese iniziarono a circolare: per esempio la Nota Emilianenses, un breve testo latino in cui appaiono i personaggi del ciclo di Carlo Magno e di Guillaume d'Orange. L’XI secolo fu un periodo di notevoli cambiamenti anche per quella parte della penisola che stava ancora sotto il dominio arabo. Il califfato attraversò una

profonda crisi in seguito alla morte del suo grande condottiero al-Mansūr. La mancanza di un’autorità portò al suo smembramento. L’arrivo degli Almoravidi, guerrieri di origine berbera, portò alla restaurazione dell’ortodossia islamica (causarono le persecuzioni degli ebrei, cristiani e musulmani ortodossi che tentarono di rifugiarsi nei territori cristiani del Nord, creando nuovi centri culturali). Gli ultimi anni dell’XI secolo furono floridi anche dal punto di vista culturale: migliorava la qualità del latino, la cultura si diffondeva maggiormente e aumentava il numero dei lettori. Nell’arco del XII secolo si verificano 2 avvenimenti politici importanti in Spagna:

• Si formano diverse nazionalità peninsulari • Il regno di Castiglia si afferma sugli altri regni iberici. In Castiglia, con l’ascesa al trono di Alfonso VII, il Portogallo diventa un regno autonomo e la Castiglia si separa dal Leòn. Ai conflitti fra i regni cristiani si aggiungono anche quelli interni tra gli Arabi e gli Almohadi, musulmani più crudeli dei predecenti (gli Almoravidi). Gli Almohadi conquistano Siviglia (1171), poco dopo minacciano Toledo (simbolo del potere cristiano) e sbaragliano Alfonso VIII diventando una grave minaccia per la penisola. Tutti si unirono in una crociata per sconfiggerli. Con la battaglia di Las Navas l’egemonia degli Almohadi ebbe fine. I regni iberici iniziarono un processo di internazionalizzazione dovuta alle ondate di eserciti crociati che combatterono contro i musulmani. All'inquieto panorama politico e militare caratterizzato da scontri e guerre, sembra paradossale la pacifica produzione culturale. La letteratura latina produce in Castiglia e Leòn alcune opere notevoli. Le più importanti dell’XI secolo appartengono al genere storiografico: • Historia Campostelana • Historia Seminense (più nota come Silense) • Cronica Najerense • Poema de Almería (il miglior testo epico della latinità iberica medievale) Negli stessi anni anche i musulmani e gli ebrei della penisola sviluppano una fiorente letteratura; alcuni inseriscono ritornelli in lingua romanza nella parte

finale delle loro opere, altri ancora scrivono in latino ecc. Durante tutto il XII secolo, Castiglia e Leòn, ancora non sembrano essere teatro di una vera e propria letteratura romanza. Ci sono piccole testimonianze di una tradizione orale anche grazie ai giullari (come il giullare di Palea) e ai trovatori provenzali (come Marcabru alla corte di Alfonso VII e molti altri poeti alla corte di Alfonso VIII).

1.2. L'EPICA CASTIGLIANA: INFORMAZIONI GENERALI L’epica è uno dei prodotti caratteristici della letteratura medievale. È una poesia, e quindi si esprime in versi, che nelle chansons de geste francesi sono decasillabi, mentre nei cantares spagnoli si passa da 12 a massimo 16 sillabe. Nella maggioranza dei casi, questi versi non si organizzano in strofe ma in lasse, ciascuna costituita da un numero variabile di unità. Questo consente maggiore libertà di variazione. L’epica è poesia narrativa, descrive avvenimenti realmente accaduti, o ritenuti tali, dunque ha un carattere oggettivo. Un testo epico descrive la difesa e il trionfo di valori collettivamente riconosciuti, dei quali sono portatori gli eroi (in forma positiva) e i nemici (in forma negativa). Le narrazioni epiche medievali si basano su eventi storici, solitamente lontani. Senza il fatto storico non ci sarebbe leggenda, e senza leggenda non ci sarebbe il poema. Non tutte le leggende epiche hanno dato luogo ad un testo epico: esistono infatti una serie di leggende e tradizioni che non si sono mai trasformate in cantares. Anche quando possediamo un testo epico, esso non espone l'avvenimento storico nella sua autenticità, ma il travestimento in chiave socio-politica e ideologica del tempo.

Nella fase più antica della sua diffusione, il testo epico non era oggetto né di lettura né di recitazione, bensì, veniva cantato in pubblico dai giullari, i quali erano in grado di memorizzare un certo numero di poemi e li eseguivano adattandoli alle esigenze del pubblico. È difficile stabilire se lo stile formulare che caratterizza il genere epico sia conseguenza o causa della diffusione orale. In molti casi, composizione ed esecuzione sono difficilmente separabili poiché il giullare modifica la performance in base alle esigenze del pubblico. Il suo linguaggio è legato all’improvvisazione e ad una serie di espedienti narrativi, i motivi e le formule, che permettono all’esecutore di godere di un momento di pausa mentale, pur senza interrompere la narrazione. • •

MOTIVI: sono episodi che tornano di narrazione in narrazione; FORMULA: sono mezzi espressivi fissi che il giullare utilizza per ampliare la

performance; I motivi più frequenti nei testi epici sono quelli del combattimento (con la lancia, con la spada, a cavallo ecc.). Anche la lassa funziona da elemento di coesione e può aiutare il giullare e memorizzare il testo. Le lasse sono spesso legate a due a due tramite vari espedienti: • riproporre all’inizio della seconda lassa un motivo che si trova alla fine del primo; • far cominciare le due lasse con la stessa formula, sviluppandole poi in maniera diversa; • adottare le lasse similari cioè quando il poeta, nei punti di maggiore drammaticità, allarga il tema enunciato nella prima lassa.

1.2.1. CRONACHE E “CANTARES DE GESTA” Quando in Castiglia nasce una diversa storiografia, le narrazioni di carattere epico trovano ampio spazio. Sono due le cronache più importanti: •

La Najerense (metà del XII secolo) dove si trovano varie leggende basate su fatti storici accaduti verso la fine del X e XI secolo.



Il Chronicon Mundi di Lucas de Tuy (il Tudense) che introduce nuove narrazioni relative ai fatti dei secoli XI e XII (opere visigotiche).

È questa la situazione quando, all’epoca di Alfonso X, la storiografia latina cede il posto alle cronache in castigliano. Egli fece scrivere l’Estoria de Espana ( o conosciuta come Primera Crònica General secondo la denominazione di Menéndez Pidal). Quest’opera rifonde le cronache anteriori e allude all’opera dei giullari e ai cantares de gesta. Ci sono almeno 13 temi epici diversi. Agli inizi del XIV secolo, la Crónica de Castilla ingloba un ciclo completo sulla figura del Cid. L’opera storiografica più importante del XIV secolo è la Crònica de 1344 (o Secunda Crònica General). Infine la Tercera Crònica General, risalente alla seconda metà del 300, che è molto importante vista la sua grande diffusione nei secoli XVI e XVII. L’epica castigliana si basa su storie di scontri personali, di passioni private, di promesse rotte ecc, non di guerre, di politica o di tregue tra sovrani. La conservazione di questi cantares grazie alla prolificazione è un fatto molto importante. I cronisti considerano le narrazioni dei giullari documenti storici e danno loro la stessa credibilità della storiografia in latino, anche se il passare del tempo influisce sui cantares. È possibile trovare una versione evoluta di una

determinata leggenda, o addirittura in contraddizione con le testimonianze precedenti. Sul piano tematico, l’epica castigliana sembra organizzarsi in tre cicli: • CICLO DEI CONTI DI CASTIGLIA - Cantar de los siete infantes de Lara - Cantar de la condesa traidora - Romanz del infant Garcìa - Poema de Fernàn Gonzàles • CICLO DEL CID - Cantar de Mio Cid - Cantar de Sancho II - Mocedades de Rodrigo • CICLO FRANCESE - Roncesvalles - Mainete - Bernardo del Carpio

1.3. I TESTI CONSERVATI 1.3.1. “POEMA DEL MIO CID” Questo poema è tramandato da un solo manoscritto del XIV secolo, cui mancano fin da epoca antica tre fogli, uno dei quali conteneva l’inizio del testo. È costituito da 153 lasse, per un totale di 3730 versi più un verso d’invocazione religiosa. L’indicazione cronologica presente nel verso pone problemi:

Per Abat le escrivio en el mes de mayo, en era de mill e CC XLV años.

Il 1245 dell’era ispanica corrisponde al 1207 dell’era cristiana, ma a suo tempo Menéndez Pidal segnalò che nel punto in cui era segnata la data (MCC XLV) si notava uno spazio bianco, che poteva contenere un’ulteriore C. Perciò il manoscritto sarebbe stato scritto nel XIV secolo e Per Abbat sarebbe solo il nome del copista. Ulteriori studi hanno fatto notare che la presunta C non fu mai scritta e che la copia

conservata presenta un explicit inserito dall’amanuense del 300. Se la data e la firma fossero autentiche, Per Abbat sarebbe l’autore del poema. Secondo Smith invece l’opera è arrivata ai giorni nostri grazie alla copia, realizzata nel XIV secolo, di un testo elaborato nel 1207 da Per Abbat. Un’altra questione riguarda il verbo escrivio, che può significare copiò/compose/trascrisse. A seconda del punto di vista adottato, Per Abbat sarà autore (individualisti) o trascrittore del poema (neotradizionalisti). Nel primo caso si tratterà di una persona colta che aveva accesso ai documenti relativi a Rodrigo Dìaz de Vivar e che, a imitazione della moda francese, decise di comporre un cantar sull’eroe castigliano. Nel secondo, di un semplice copista che si limitò a mettere per iscritto un poema già noto a tutti. Smith fu felice, comunque, di aver scoperto dell'esistenza di un Per Abbat, avvocato duecentesco, coinvolto nella falsificazione di documenti legati alla figura del Cid. La questione non può essere risolta con certezza. Esiste un’ulteriore teoria: nel 1207 Per Abbat avrebbe rielaborato materiali che esistevano già, ciò che possediamo sarebbe la versione più moderna di un testo più antico. Oggetto del poema sono le imprese del cavaliere che nel 1094 conquistò Valencia e morì nel 1099. Il poema allude alla conquista della città, senza però dare speciale importanza all’impresa, e allude alla morte dell’eroe. Il poema de Mio Cid si divide in 3 cantari: IL CANTO DELL'ESILIO Racconta le avventure dell’eroe durante il periodo del suo esilio, in cui si trova obbligato ad abbandonare la moglie e le figlie nel monastero di San Pedro per dedicarsi alla battaglia contro i Mori e il conte di Barcellona. •

• IL CANTO DELLE NOZZE Racconta la conquista di Valencia e le nozze delle figlie con i principi di Leòn, i quali accettano la proposta del re Alfonso VI solo per arricchirsi con i possedimenti del Cid. Il Cid, pur non essendo molto convinto dei due pretendenti, per non dispiacere al re concede la mano delle figlie. • IL CANTO DELL'OLTRAGGIO Inizia con l’episodio centrale del poema: i principi, che si ritrovano ridicolizzati a Valencia a causa della loro codardia (poiché atteriti dalla fuga di un leone), arrivano al punto di maltrattare e abbandonare le loro spose. Il Cid chiede giustizia al re, il quale ordina che la lite sia risolta con un duello giudiziario. I tre campioni del Cid battono gli infanti e il loro compagno. Mentre il Cid e i suoi celebrano la vittoria, si presentano a corte due cavalieri che chiedono la mano delle due figlie. Sono i re di Navarra e di Aragona. Le due diventano dunque regine.

È importante segnalare che la conquista di Valencia, fatto cruciale nella storiografia, occupa una posizione di grande rilievo, perché segna la demarcazione fra la prima e la seconda parte del racconto. Per quanto riguarda la versificazione, essa è molto irregolare poiché oscilla fra le 10 e le 20 sillabe per verso, ma i versi di 14 sillabe sono i più frequenti. Lo stile riprende la tecnica giullaresca. Spicca per sobrietà e semplicità di espressione; l’azione si sviluppa in maniera lineare senza digressioni, c’è un personaggio centrale intorno a cui ruotano tutti gli altri. Rodrigo Dìaz de Vivar fu oggetto di numerosi racconti, la fama dell’eroe portò alla nascita del Ciclo del Cid, che comprende testi che narrano dalle sue prodezze di gioventù alle grandi vittorie della maturità.

1.3.2. “MOCEDADES DE RODRIGO” Si ritiene che il cantar sia opera di un autore colto, forse un chierico legato alla diocesi di Palencia (1350-1360). L’autore non ricorre alla quaderna vìa, bensì alle lasse tipiche dell’arte giullaresca (lasse anisosillabiche). Il testo conservato consta di un’introduzione in prosa e il totale dei versi è distribuito in 33 lasse. È difficile stabilire il numero fisso di sillabe per verso, ma c’è la tendenza a costruire versi di 16 sillabe e la cesura dopo l’ottava, dati che dimostrano un’evoluzione rispetto alla metrica del Cid. L’introduzione racconta la storia della discendenza dei Giudici di Castiglia e la disputa tra il conte Fernàn Gonzales e il re di Leòn. Durante il regno di Fernando I si produssero attriti fra i discendenti dei due Giudici di Castiglia: il giovane Rodrigo Dìaz uccide Gòmez de Gormaz e imprigiona i suoi due figli maschi. Le tre figlie chedono al padre di Rodrigo clemenza per il loro fratelli e ottengono la liberazione.Jimena, una delle figlie, si offre di sposare Rodrigo per ottenere la pace. Rodrigo, sorpreso dalla lealtà di Jimena, le giura di non consumare il matrimonio fino a quando non avrà vinto 5 battaglie. Quando l’imperatore, il re di Francia e il papa pretendono il tributo dal re di Castiglia, le truppe iberiche invadono la Francia. Arrivati a Parigi, Rodrigo sfida i 12 pari. Sono ricevuti dall’imperatore, dal papa e dal re di Francia, e concordano di concludere le discordie con una battaglia campale. La figlia del conte di Savoia dà alla luce un bambino, figlio del re di Castiglia, il papa lo battezza e l’imperatore e il re di Francia gli fanno da padrini. Viene proclamata una tregua di 12 anni e il manoscritto s’interrompe. Questo cantar mostra molte alterazioni, probabilmente a causa delle lacune della copia (almeno 10), ma è probabile che molte incongruenze si trovassero anche nell’originale. Sul piano tematico, il cantar sembra diviso in due parti, finalizzate all’innalzamento di Fernando I sopra gli altri re della penisola, e dell’eroe castigliano sopra i principi. L’unico problema è costituito dalla 5 battaglia, quella con cui si dovrebbe compiere il voto di Rodrigo, ma alla battaglia l’eroe non partecipa. Si

pensa che la 5 impresa possa considerarsi la reintegrazione del vescovo nella diocesi palentina; altrimenti se la 5 battaglia fosse quella col conte di Savoia, l’equilibrio del poema verrebbe indebolito. Si nota inoltre l’influenza dei cantares anteriori, in particolare del Poema de Mio Cid e del Fernàn Gonzàles, ma sono presenti anche allusioni ai personaggi delle chansons de geste francesi. Mostra anche coincidenze con il Libro de buen amor.

1.3.3. “RONCESVALLES” Gli unici 100 versi conservati di questo cantar si trovano in due fogli sciolti, conservati a Pamplona, che facevano parte di un manoscritto copiato verso il 1310. La datazione precisa dell’originale oscilla tra il primo terzo del XIII secolo e la fine del secolo stesso. La copia fu eseguita in Navarra e presenta i caratteri propri della tradizione grafica della regione. Racconta il compianto di Carlo Magno, a Roncisvalle, sulle teste decapitate di alcuni vassalli morti nella battaglia. Dopo aver manifestato il suo dolore, Carlo sviene. Il testo consta di sei lasse molto diseguali sia per numero di versi, sia per numero di sillabe nei versi, anche se si riscontra la tendenza tipica delle 14 sillabe distribuite in 2 emistichi di 7. Il Roncesvalle è tematicamente vicino alla Chanson de Roland. È l’unico cantar de gesta che mostra in modo chiaro la presenza della materia epica francese nella penisola iberica. Il lamento di Carlo sulle teste mozze dei suoi uomini ricorda l’episodio del Cantar de Los siete infantes de Lara.

1.4. I TESTI RICOSTRUITI 1.4.1. IL “CANTAR DE LOS SIETE INFANTES DE LARA” Nell’Estoria de Espana si narrano per esteso le circostanze che avrebbero originato la collera di doña Lambra, cugina del conte di Castiglia, e la sua successiva vendetta. La Segundae la Tercera Crònica General inseriscono elementi nuovi, e grazie a questi due testi si è potuto ricostruire parte del poema relativo agli Infantes de Lara. Secondo l’Estoria de Espana, durante le nozze fra doña Lambra e Ruy Velàzquez, zio materno degli infantes, Alvar Sànchez, cugino della sposa, viene lodato da questa per l’abilità mostrata nel lanciare il giavellotto contro il bersaglio. Gonzalo Gonzàlez, il minore, fa un lancio migliore e nella disputa che segue uccide Alvar Sànchez. Mentre Gonzalo fa un bagno nudo, credendo di essere solo, viene visto da Lambra che ordina ad un suo servo di gettare un cetriolo insanguinato sul petto di Gonzalo; questi uccide il servo e si rifugia sotto il mantello di doña Lambra. La dama chiede vendetta. Il padre degli infantes è inviato a Còrdoba da Almanzor; intanto ai figli

viene tesa una trappola e vengono uccisi e decapitati. Le loro teste vengono inviate a Cordoba al padre. Una mora consola Gonzalo, imprigionato, finchè Almanzor gli dà la libertà. La mora aspetta un figlio suo, per poterlo riconoscere le consegna un mezzo anello e conserva l’altra metà. Mudarra, una volta adulto, parte per conoscere suo padre e vendicare i fratelli. Fa condannare il traditore Ruy Velàzquez e fa morire sul rogo Doña Lambra. La Crónica de 1344 aggiunge particolari importanti che dimostrano come l'autore usasse una fonte diversa da quella impiegata dall'équipe di Alfonso X. Il testo più esteso, quello della Crònica de 1344, è nettamente bipartito: le due parti riflettono usi sociali e politici fra molto lontani nel tempo, due concenzioni differenti della società. Nella prima dominano idee e atteggiamenti tipici dell’XI secolo, come la vendetta familiare e il peso dei vincoli di sangue. Nella seconda parte, il codice dei valori antico è caduto in disuso ed è stato rimpiazzato da un nuovo sistema, in cui la giustizia è esercitata dalla collettività e non come vendetta personale. Menéndez Pidal ipotizzava l'esistenza di almeno 3 versioni della leggenda: • Fine X secolo (vicina al nucleo storico della vicenda) • Intorno al 1250 circa • Intorno al 1320 circa Quest’opera impressiona per la violenza delle passioni descritte e le connotazioni sessuali.

1.4.2. “CANTAR DE SANCHO II” Nella Crònica Najerense si trovano tracce di un’elaborazione leggendaria degli avvenim...


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