le regole dell\'informazione riassunto PDF

Title le regole dell\'informazione riassunto
Author Meenu Singh
Course Diritto dell’Informazione
Institution Università degli Studi di Bergamo
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Le regole dell'informazione riassunto Diritto Dei Media Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia 54 pag.

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1. Modelli costituzionali e diritti fondamentali rappresenta l fondamentale su cui poggia un sistema giuridico. L’ordinamento giuridico è un ordinamento a gradi, composto di differenti livelli di norme. L’unità del sistema è data dalla concatenazione tra i differenti livelli per cui la produzione e la validità del livello successivo sono stabilite dal livello normativo precedente, risalando via via più in alto fino alla norma fondamentale. Le fonti normative poste su un piano sottordinato non in nessun modo porsi in contrasto con quelle di livello superiore. Un eventuale conflitto tra legge ordinaria e la Costituzione conduce ad un vizio di costituzionalità e dovrà considerarsi illegittimo il regolamento governativo che contraddica una disposizione di legge. La Corte costituzionale ha tra i suoi compiti principali quello di assicurare il rispetto del principio di gerarchi tra le fonti normative e la legittimità delle norme. La Costituzione è anche un ordinamento generale dei rapporti politici e sociali che si svolgono all’interno di uno Stato. Nella Costituzione sono rappresentati i principi giuridici da cui dipende la determinazione degli organi supremi dello Stato, il modo della loro formazione, i rapporti reciproci, la posizione del singolo davanti allo Stato. Questi rapporti sono mutati ed evoluti nel corso della storia. La nostra Costituzione riflette i caratteri fondamentali della nostra epoca poiché fotografa in termini giuridici l’evoluzione culturale, le conquiste civili e politiche, le trasformazioni istituzionali. Una delle caratteristiche essenziali della nostra Costituzione, insieme alla rigidità (che ne impedisce la modificazione attraverso un procedimento deliberativo a semplice maggioranza) c’è l’elasticità, ossia la capacità delle disposizioni costituzionali di rinnovarsi e adattarsi ai mutamenti del tessuto sociale, la possibilità di essere interpretate e applicate in modo diverso a seconda delle circostanze, dei tempi e delle esigenze. Da queste premesse si ricava l’importanza di aver codificato una serie di diritti fondamentali della persona all’interno delle Costituzioni moderne. I principali modelli di riferimento seguiti dalle democrazie contemporanee sono: - la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, figlia della rivoluzione francese. La rivoluzione contro l’antico regime porta alla creazione di un’unica autorità e un’unica legge da cui dipende l’esistenza dei diritti e delle libertà individuali (prima le legge poi i diritti) - La Dichiarazione di Indipendenza Americana del 1776, approvata dopo l’esperienza della guerra tra le colonie e la madrepatria. All’origine dell’ordinamento ci sono i diritti naturali degli individui che rappresentano la base e il fondamento del Governo, per cui lo Stato viene costruito suidiritti dell’uomo. I modelli costituzionali attualmente prevalenti in Europa occupano una posizione intermedia tra la tradizione francese e quella americana. C’è la convivenza tra i diritti politici (diritto di partecipazione dei cittadini alla determinazione delle scelte politiche, alla direzione politica della vita collettiva) e i diritti individuali e civili. I diritti politici fanno capo a una dimensione statuale e oggettiva, i diritti individuali a una dimensione personale e soggettiva dell’ordinamento. 2. Il costante ampliamento delle libertà individuali I diritti e i doveri individuali sono essenzialmente rappresentati nella prima parte della Carta costituzionali, dall’art 13 e seguenti, e articolati tra diritti concernenti i rapporti civili, etico-sociali, economici e politici delle persone. Nonostante l’intestazione di questa parte sia dedicata ai “Diritti e doveri dei cittadini”, molte delle posizioni individuali sono riferibili alla generalità dei soggetti, come esseri umani a prescindere dallo status di cittadini (solo i diritti politici sono riconosciuti ai soli cittadini). Uno dei primi dubbi che si pongono nell’affrontare l’analisi dei diritti e doveri, è quello dell’esaustività, della completezza della disciplina costituzionale. Sorge il problema di capire se i diritti che sono espressamente riportarti nella Costituzione rappresentino una list chiusa oppure l’ampliamento e l’adeguamento alle nuove esigenze richieda un procedimento di revisione costituzionale. I diritti umani finiscono per legarsi all’evoluzione. I diritti umani sono una categoria in espansione. La loro protezione non è assoluta, ma risulta legata ai bisogni che la società esprime in un determinato momento storico. La dottrina ha individuato diverse generazioni di diritti fondamentali, variabili a seconda delle epoche storiche: 1- La prima generazione dei diritti umani è quella dei diritti tradizionali. Diritti caratterizzati da forme di libertà negative, rivendicati soprattutto contro lo Stato: “libertà da”, in base alla quale il soggetto ha la possibilità di agire senza essere impedito o di non agire senza essere costretto. 2- La seconda generazione è rappresentata dai diritti sociali, politici ed economici. Si tratta delle libertà positive, che richiedono un fare positivo da parte dello Stato, nel senso di “libertà nello” Stato. Diritti che consentono la partecipazione al potere politico. 3- La terza generazione introduce la categoria di situazioni giuridiche soggettive che prescindono dallo Stato rivolgendosi alla tutela di valori assoluti e globali. Comprende il diritto alla pace, il

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diritto alla sviluppo dei popoli, diritto all’ambiente. 4- La quarta generazione di diritti sono legati al progresso tecnologico, diritto alla riduzione del digital divide, diritto di accesso alla rete in condizioni di uguaglianza. 3. L’articolo 2 della Costituzione come fattispecie aperta. I nuovi diritti L’art 2: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità e richiede l’adempimento di doveri inderogabili di solidarietà politica, economia e sociale. Lo Stato quindi RICONOSCE e GARANTISCE questi diritti, rivelando che i diritti dell’uomo molto spesso sono delle posizioni soggettive non autosufficienti che hanno bisogno di un intervento attivo. I diritti naturalmente spettanti all’uomo si considerano esercitabili nei confronti di tutti (assoluti), non cedibili per volontà del titolare (inalienabili), sono indisponibili ed irrinunciabili e non estinguibili in caso di mancato esercizio. C’è un dibattito sull’interpretazione dell’articolo 2: - tesi della fattispecie chiusa. L’art.2 non aggiunge nulla di nuovo ai diritti individuali già espressi nella Costituzione - tesi della fattispecie aperta, art 2 come una valvola d’entrata che permette l’inserimento e l’integrazione nella Costituzione di nuovi valori. La nascita e la tutela dei diritti è legata ai bisogni che la società manifesta in un determinato momento storico. L’art 2 consente di riconoscere non solo i diritti e le libertà espressamente riconducibili al testo costituzionale, ma tutte le domande di libertà e i nuovi diritti. La Corte Costituzionale e il legislatore ordinario si accostano a questa lettura. 4. La protezione internazionale ed europea dei diritti dell’uomo. I diritti di informazione nelle fonti sovranazionali La protezione internazionale dei diritti dell’uomo ha trovato una sua traduzione in una serie di Dichiarazioni emanate dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite (ONU). Sotto il profilo politico la condivisione di valori e la convergenza verso programmi comuni da parte di Paesi diversi conferisce a questi atti un grande valore aggiunto. Sotto il profilo giuridico, l’internazionalizzazione dei diritti umani incontra ostacoli, perché le Dichiarazione di principi delle Nazioni Unite non costituiscono una valida fonte di norme internazionali generali. L’assenza di un potere legislativo mondiale in capo all’Assemblea generale dell’ONU non consente di riconoscere a esse il carattere di norme vincolanti. Per questo, l’art 2 come fattispecie aperta può essere un utile strumento per favorire l’integrazione della nostra Costituzione con nuovi diritti di matrice internazionale. Un ruolo particolare va assumendo nel nostro ordinamento la Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà del Consiglio d’Europa (CEDU). L’art 10 del CEDU prevede che “ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o comunicare informazioni o idee...”. L’adattamento dell’ordinamento italiano alla CEDU è stato realizzato con la legge n.848/1955 e le norme in essa contenute sono entrate a far parte del diritto interno con legge ordinaria. Ma la Corte Costituzionale è intervenuta nel 2007 con due sentenze, facendo luce su aspetti concernenti l’applicazione della CEDU. La Corte non sembra condividere l’orientamento per cui i diritti derivanti dalla CEDU entrerebbero nell’ordinamento italiano quali principi generali del diritto comunitario a cui il nostro ordinamento si dovrebbe uniformare, orientamento invece sostenuto dalla Corte di Giustizia Europea. Del tutto distinto è il problema dell’efficacia e della forza. Gli accordi acquistano efficacia sul piano interno a seguito della ratifica da parte di una fonte nazionale. A seguito della riforma del titolo V della Costituzione, secondo l’art. 117, le leggi statali e regionali sono tenute al rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Le legge con cui lo Stato italiano ratifica gli obblighi assunti sul piano internazionale finiscono per godere di forza e resistenza maggiori rispetto alle altre leggi ordinarie dello Stato. Un effetto indiretto dell’internazionalizzazione dei diritti dell’uomo riguarda la tutela contro le violazione perpetuate dai Governi nazionali. L’aver codificato questi diritti attraverso accordi e patti internazionali, dotati di indiretta rilevanza all’interno degli Stati membri, favorisce una protezione esterna dell’individuo nei confronti dello Stato. Per quanto riguarda l’ordinamento europeo, occorre ricordare la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea firmata a Nizza il 8 dicembre 2000 ed entrata in vigore nel 2003, che all’art 11 recita: “Libertà di espressione e d’informazione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee...”. 5. Libertà di manifestazione del pensiero e forma democratica dello Stato Tra i diritti individuali un’importanza centrale va attribuita alla libertà di manifestazione del pensiero. All’interno del sistema costituzionale italiano, la libertà di manifestazione del pensiero trova una collocazione di primo piano. Si tratta di un diritto fondamentale dell’individuo che caratterizza la formazione dello Stato liberale, a garanzia della libertà di coscienza, di opinione e del pluralismo delle idee. In assenza della libertà di manifestazione,

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non potrebbe nemmeno esistere la democrazia moderna, dal momento che il pieno riconoscimento di questa facoltà condiziona gran parte delle libertà, ne rappresenta un presupposto. La Corte costituzionale ha avuto modo di riconoscere il carattere presupposto e fondante della libertà di manifestazione del pensiero, individuando in essa la pietra angolare dell’ordinamento democratico. 6. Individualismo e funzionalismo Ci si interroga sulla natura individuale e funzionale di tale diritto. Si è così sviluppato un acceso dibattito in dottrina che ha visto da un lato i sostenitori della tesi della libertà di manifestazione del pensiero quale strumento per la realizzazione degli interessi della persona e dall’altro i sostenitori della sua strumentalità agli interessi della collettività. Il tema è gravido di implicazioni concrete. Coloro che intendono questo diritto come un valore supremo dell’individuo rispetto al tutto, come una qualità della persona, accetteranno con maggiore difficoltà l’idea di limitazioni e regolazioni alla libertà di espressione. La libertà di espressione è interpretata come assenza di impedimento o di costrizione, libertà negativa, autodeterminazione dell’individuo. La libertà di espressione finisce dove inizia un’analoga libertà riconosciuta ad un’altra persona. All’opposto, coloro che vedono nella libertà di manifestazione del pensiero un valore supremo del tutto rispetto all’individuo, sono pronti ad accettare le limitazioni che si giustificano nel nome della collettività. La libertà di espressione spetta all’individuo in quanto membro della comunità e quindi deve essere assoggettato a tutti i limiti che al bene comune si collegano. Per chiarire meglio questi concetti, possono essere presi a prestito alcuni modelli teorici che si rivelano utili per definire la portata e i confini di questa libertà: 1- In base al primo, la facoltà spettante ad ogni individuo di manifestare liberamente il proprio pensiero, andrebbe correlata alla possibilità di raggiungere la verità. Tante verità parziali condurrebbero a una verità quasi assoluta. Ogni restrizione alla libertà di espressione individuale rappresenta un ostacolo verso il raggiungimento del valore-verità. 2- Un secondo modello considera la libertà di manifestazione del pensiero come un valore fondamentale nello sviluppo e nella realizzazione dell’individuo, della sua personalità e tutte le restrizioni imposte implicano una inibizione del processo di crescita soggettivo. La libertà di manifestazione del pensiero è qui teorizzata in termini individualistici e negativi, come libertà dell’individuo dallo Stato. 3- Un terzo modello descrive la libertà del singolo come strumentale alla partecipazione dei cittadini alla democrazia e alle sue istituzioni. La libertà di manifestazione del pensiero viene associata alla libertà di informazione che favorisce la formazione di una pubblica opinione intorno ai temi di interesse collettivo e consente una partecipazione consapevole dei cittadini al funzionamento dell’apparato democratico. E’ una visione che pone l’interesse della collettività prima dell’individuo al centro della tutela dell’ordinamento. Nella Costituzione italiana, la dottrina pubblicistica più recente scorge la possibilità di un’armonica coesistenza dei caratteri individualistici e funzionalistici della libertà. Due esempi tratti dalla giurisprudenza europea e nordamericana in tema di limiti alla libertà di espressione mediante Internet possono aiutare a chiarire questi concetti. Per quanto riguarda l’approccio funzionalista, occorre ricordare che la necessità di stabilire un limite alla libertà di espressione mediante internet è espresso dal comma 2 dell’art 10 CEDU che afferma: “l’esercizio di queste libertà può essere sottoposto a restrizioni previste dalla legge”. La CEDU afferma che limitazioni al diritto della libertà di espressione possono essere fatte in vista della collettività. La Corte di Strasburgo propone una lettura “funzionalista”: nel disegnare il perimetro del diritto di manifestazione del pensiero, insieme alle esigenze degli individui devono essere tenuti conto anche le esigenze della società. Alla lettura opposta, “individualista”, può essere ascritta la posizione della Corte Suprema degli Stati Uniti, la quale ha dichiarato incostituzionale le norme anti-indecenza che volevano imporre filtri ai motori di ricerca per impedire ai minori di visitare siti web a contenuto pornografico. La Costituzione americana attribuisce prevalenza alla libertà del singolo individuo rispetto all’interesse generale. 7. Pluralismo e concorrenza: due concetti solo in parte equivalenti Rispetto ad altri settori economici, il sistema delle comunicazioni di massa è sottoposto a una disciplina antitrust speciale, che va a sommarsi alla disciplina generale antitrust della legge n.287/1990, e che dovrebbe essere più rigorosa, in quanto volta a garantire il pluralismo delle idee mediante l’accesso al mercato del maggior numero possibile di soggetti e portatori delle diverse tendenze politiche, culturali e sociali. Esiste una differenza significativa tra pluralismo e concorrenza. La tutela della concorrenza esaurisce le proprie finalità nella protezione dell’interesse delle

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imprese e dei consumatori, nella tutela dell’efficienza del mercato e non ha come obiettivo quello di assicurare il maggior numero possibile di imprese sul mercato. Il pluralismo informativo richiede un livello aggiuntivo di garanzie, che impone una polifonia di voci e di competitori sul mercato. Per svolgere correttamente la loro funzione sociale di costruzione della coscienza collettiva, i mezzi di comunicazione di massa devono garantire informazioni complete, varie, attendibili. E’ necessario assicurare l’accesso ad informazioni di diversa provenienza, in modo che i cittadini non siano influenzati da una sola fonte dominante. Occorre offrire varietà di contenuti in grado di soddisfare i multiformi interessi presenti nella società. Allo stesso tempo occorre prevedere meccanismi trasparenti che consentano di verificare l’indipendenza effettiva dei media. Il mercato non può essere ritenuto sufficiente per assolvere a queste finalità, né tanto meno può esserlo la concorrenza che ira a garantire una corretta competizione tra le imprese. Il pluralismo è ben diverso dalla concorrenza. E’ possibile che una molteplicità di imprese televisive operanti sul mercato non garantisca affatto diversità di contenuti, ma tenda ad allinearsi su un tipo di programmazione di massa, per maggiore audience. Al fine di garantire la funzione democratica dei media, l’ordinamento non può limitarsi a stabilire regole per prevenire comportamenti anticoncorrenziali, ma dovrà spingere i mezzi di comunicazione a svilupparsi autocriticamente intervenendo con norme specifiche laddove il mercato non è in grado di garantire obiettivi che hanno natura valoriale, oltre che economica. La disciplina a garanzia del pluralismo trova il suo referente diretto nell’art 21 Cost, mentre la disciplina a tutela della concorrenza volta ad assicurare l’iniziativa economica privata e l’efficienza del mercato, ha il suo naturale ancoraggio nell’art 41 Cost. Il pluralismo ESTERNO (la diversificazione proprietaria) è una condizione necessaria ma non sufficiente ad assicurare il pluralismo dei mezzi di comunicazione. Per realizzare questo fine occorre mettere in campo misure che assicurino ai cittadini il diritto di essere informati correttamente tramite l’accesso ad una varietà di informazioni, opinioni, voci, consentendo il formarsi di un’opinione pubblica. Pluralismo e accesso alle informazioni sono alla base dell’intero processo democratico, mentre la concorrenza garantisce solamente il corretto funzionamento dei processi economici che si svolgono all’interno di una democrazia. La salvaguardia del pluralismo legittima una regolazione ex ante del mercato dell’informazioni attraverso interventi volti a promuovere l’assetto concorrenziale, per preservare gli equilibri tra i soggetti. All’opposto, la normativa antitrust ammette interventi autoritativi ex post a difesa della concorrenza, per evitare l’abuso di posizione dominante. Una semplice normativa antitrust non risulta sufficiente ad assicurare il pluralismo dell’informazione: in questo settore sono necessari interventi di difesa del pluralismo. 8. L’informazione tra dimensione globale e locale In origine la Costituzione non riconosceva alcuno spazio alle Regioni e agli enti locali in tema di informazione e comunicazione. Fino alla riforma del titolo V della Costituzione, avvenuta nel 2001, allo Stato era riconosciuta una competenza normativa di carattere esclusivo sulla disciplina concernente attività di comunicazione. La prima legge generale in tema di radiotelevizione (1975) riconobbe alcuni marginali spazi di intervento regionale nel settore, istituendo i Comitati regionali radiotelevisivi (Co.re.rat), organi consultivi competenti a formulare proposte al Consiglio di Amministrazione RAI relat...


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