Lezione 13 - Periodo Kamakura PDF

Title Lezione 13 - Periodo Kamakura
Course Storia Dell'Arte Giapponese 1
Institution Università Ca' Foscari Venezia
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Periodo Kamakura...


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LEZIONE 13 PERIODO KAMAKURA (1185-1333) È un periodo segnato dalla nascita di una capitale autonoma e del mondo feudale a Kamakura; soprattutto vede la nascita della classe militare e dell'arte delle armi. È un periodo storico molto denso di novità e che avrà una profonda influenza sul carattere e sulla forma espressiva del Giappone. La civiltà cinese Tang, assorbita dal continente e trasfigurata in forme giapponesi, porta alla fondazione di una nuova capitale con il governo militare dei samurai. Crescono la ricchezza e la cultura del Giappone rurale. Si crea una nuova capitale amministrativa separata da quella imperiale e vengono ridotte le distanze tra la capitale e il resto del paese. Si sviluppa una cultura provinciale, si espandono le terre coltivate e prosperano i proprietari terrieri (shōen, ovvero la suddivisione del territorio in partizioni specifiche). L'arte, in questo momento, si avvale della prosperità economica che dà vita a una grande pittura e a una scultura monumentale di grande espressività, ma soprattutto si approfondisce il dibattito tra religione e politica, nascono le utopie religiose. Ci sono confini "culturali"; rapporto tra capitale (miyako) e campagna (chihō). Questo crea un interessante sviluppo del dialogo sociale. C’è il passaggio dalla cultura Heian a quella militare di Kamakura, dei Minamoto. I protagonisti cambiano, abbiamo il mondo del guerriero, del monaco e del pellegrino. Si assiste alla nascita del Buddhismo Zen, che porta a dei cambiamenti sostanziali da tutti i punti di vista. I daimyō furono che sono i grandi signori del Giappone, iniziano a controllare il territorio dal momento della definitiva entrata in crisi del governo della corte imperiale nel XII secolo fino alla restaurazione del 1868. Dal periodo Kamakura fino all’800 il loro influsso sulla società e la cultura furono incalcolabili. Il termine daimyō significa letteralmente "grande nome" e indicava come venivano registrati i nomi dei proprietari sulle mappe catastali: i più grandi erano quelli dei maggiori possidenti, coloro che erano stati infeudati su zone più ampie di territorio. La "formazione della cultura dei daimyō" indica il processo plurisecolare del fenomeno storico-politico condizionatore della civiltà giapponese in ogni suo aspetto. L'arte al principio della cultura dei daimyō fu un'arte influenzata dallo zen, la scuola buddhista la cui filosofia di vita divenne uno dei pilastri dell'esistenza dell'aristocrazia di spada, dei daimyō e dei samurai. Il concetto d'illuminazione si apre il varco tra i pensieri della mente arrovellata come il lampo di una lama purificatrice ben si addiceva al mondo di quegli

uomini d'arme. Dal connubio conseguì un'estetica severa ed essenziale, e l'amore per la monocromia in pittura che non cessò più fino al giorno d’oggi. L’architettura Zen si manifesta in diversi modi nell pureza della struttura, è assolutamente visibile nella travatura dei grandi portali principali dei grandi templi come nel Sanmon dell’Engakuji (fondato nel 1282 da un monaco zen cinese su richiesta del regnante del paese Hōjō Tokimune dopo il tentativo di invasione Mongolo-Coreano nel 1274 e nel 1281) e anche nel Tōdaiji, sempre del periodo Kamakura. Lo si riconosce proprio per la complessità della travatura e per una serie di edifici dell’Engakuji. Al suo interno troviamo degli edifici particolari come per esempio lo Shariden, Tesoro Nazionale, nello stile cinese dei Song, reliquario perché si die contenga un dente di Buddha. Le finestre sono proprio tipiche del periodo Kamakura chiamate a cuspide. Troviamo poi lo Ōgane, la più grande tra le campane di questo periodo. Successivamente il Butsunichian, luogo di sepoltura di Hōjō Tokimune. Nel Tōdaiji troviamo il Nandaimon, sempre dei portali a due piani con una travatura estremamente ricca. Pittura del periodo Kamakura Importante da ricordare sono due punti fondamentali della pittura di questo periodo: 1. Il grande realismo, la vivacità e il dinamismo; 2. Iniziano ad apparire i ritratti. I nuovi fondatori del governo Kamakura ricercano l’immortalità attraverso l’arte, tema che più ha caratterizzato l'arte dei daimyō al suo nascere. Minamoto no Yoritomo Uno dei dipinti più preziosi di tutto il Giappone è il ritratto di Minamoto no Yoritomo (1147-1199), fondatore della dinastia di Kamakura (1185-1333). Qualche esempio è presente anche in periodi anteriori, ma si tratta di casi assai rari e di personaggi fortemente idealizzati e iconizzati, probabilmente mai ripresi dal vero. Mentre la ritrattistica sembra prendere forza con Kamakura. L’aristocrazia di spada non volle essere raffigurata immersa nell'impersonalità del rituale, festiva, vita di corte come, invece, l’aristocrazia imperiale; perciò, i signori feudali vollero essere immortalati con tutta la loro forza e personalità di fondatori di una nuova dinastia, domini. Perché l’arte del ritratto abbia dovuto attendere tanto a lungo per la sua fioritura è uno dei grandi misteri dell’arte

giapponese. Quando un secolo dopo il Genji venne illustrato nel Genji monogatari emaki, i volti erano tutti uguali. Nello specifico questi appare ammantato di una sopravveste di corte in broccato nero a motivi floreali da cui spuntano il manico della spada e la cintura. a figura è racchiusa entro il triangolo nero formato dal suo stesso contorno e la mano, invisibile, regge uno scettro da cerimonia che spicca chiaro sullo sfondo e punta verso il volto anch’esso eburneo. In questo caso ci sono due dettagli, il tessuto di broccato nero su nero, con la decorazione del tessuto rigido, L’interno del colletto, rosso vivo, è l'unico segno rivelatore della forte passione che arde sotto l'immagine di freddo, potente, autocontrollo espresso sia con la posizione del corpo sia dall'impassibilità del viso. Il dipinto, in qualsiasi delle date ipotizzate esso sia stato eseguito, raffigurerebbe Yoritomo al sommo del potere ed è un vero specchio dell’anima mettendo a nudo, come fa, il carattere del personaggio e, al tempo stesso l'interesse per la figura e la personalità umana caratteristica della nuova fase storica. La veste volutamente spigolosa proprio per dare il senso triangolare all’immagine che ha come vertice la testa, si voleva inoltre dare la sensazione che l’aspetto esteriore fosse fedele a quello interiore, quindi a un grande condottiero. Taira no Shigemori Un ritratto simile è quello di Taira no Shigemori figlio maggiore di Kiyomori che prende parte alle rivolte di Hōgen e Heiji, muore poi di malattia nel 1179. Nello Heike monogatari è sempre il personaggio che è la voce della ragione e non si preoccupa di dissentire dal padre, la voce contrastante ma pacata all’interno del racconto. L’impostazione è molto simile, per questo si pensa che al centro ci fosse il dipinto del padre e ai lati Yoritomo e Shigemori. Myōe Shōnin Sempre nel genere del ritratto ma di una figura completamente diversa è il dipinto di Myōe shōnin, monaco di alto livello. Questo dipindo lo vede seduto su una piattaforma particolare di meditazione che è un albero. Vestito con un abito nero, ha le gambe incrociate e le mani in grembo in una posizione di meditazione e tutto intorno pini molto scarni. Alla sua sinistra, appesi ai rami un rosario e un brucia incenso che emette un sottile fumo che sale a spirale nell’aria tersa della montagna. Il dipinto di basa sulla rappresentazione cinese in chiave giapponese degli Arhat, ma in maniera quasi naif nella sua

composizione che non ha niente a che vedere con lo studio complesso delle forme del ritratto di Yoritomo. La tecnica si avvale di pesanti linee calligrafiche di contorno, abbellite da parti colorate delicatamente per descrivere il volto del monaco. Ippen Shōnin Eden “La Storia Illustrata del monaco Ippen” è composta da un set di 12 rotoli illustrati e rappresenta in forma pittorica una delle migliori biografie di un monaco di epoca feudale. A differenza di altri rotoli dipinti, non è su carta ma su seta. Il testo fu composto nel 1299 si dice dal fratello del monaco, Shōkai lui stesso un monaco, e le parti esplicative del testo sono decorate in maniera magnifica, probabilmente da più di un’artista. Chi lo aveva commissionato doveva essere un mecenate, potente personaggio dell’aristocrazia. Presenta scene molto differenti nelle quali si possono ammirare la natura, come il Monte Fuji, e altre sceme invece diverse in cui si notano assembramenti vari di persone, dettagli delle architetture e i carri trainati dai buoi. Genjō Sanzō È un personaggio letterario protagonista del Viaggio in Occidente, ispirato al monaco buddhista cinese Xuanzang, di cui era in origine un appellativo. Viaggia verso ovest su ordine delle tre manifestazioni di Kannon. Anche se di fatto non prende ufficialmente i voti, mantiene abitudini monastiche come cibo, abiti e vita spartani. Predica gli insegnamenti filosofici come: Muichi motsu (il non attaccamento al nulla). Porta sempre con sé due armi e un sutra dell’oscurità che deve diffondere e proteggere. Sankō Kokushi Altra rappresentazione di un monaco della scuola Rinzai giocò un ruolo fondamentale nella diffusione del Buddhismo durante i periodi Kamakura e Nanbokuchō. Fa parte di una serie di ritratti. Educato al Buddismo Tendai si convertì allo Zen. Kasuga Taisha Si tratta del tempio Shintoista del periodo Nara, ma è importante per il suo Mandala del cervo, colore su tela. Si tratta del cerco sacro del Santuario di Kasuga; la trasmissione del buddhismo non comportò automaticamente il rigetto delle divinità a cui i giapponesi avevano fino ad allora portato devozione, ma, proprio come avvenne in India con il pantheon tradizionale, vennero accolte nel culto e ad ognuna venne

assegnato un ruolo come manifestazione locale delle figure sacre della religione buddhista. Sulla scia di questa concezione, nel periodo Kamakura, grandi santuari come quello di Kumano e Kasuga iniziarono a produrre raffigurazioni pittoriche della cinta sacra o delle divinità venerate all’interno dei vari edifici. Il santuario di Kasuga è un centro di culto dedicato al Dio ancestrale del potente casato dei Fujiwara. Al centro del dipinto campeggia un cervo dipinto sopra una nuvola. Ha la sella come quasi tutte le rappresentazioni di cavalcature particolari. Quando si vede una rappresentazione di cervo con una luna piena dipinta sopra, in realtà è il Kasuga Shika Mandara e ha sul dorso uno specchio, quindi non la luna, al quale è stata applicata foglia d’oro, proprio anche per sottolineare la sacralità dell’oggetto (lo specchio) nello Shintoismo. Il cervo è un animale protetto a Kasuga in quanto messaggero delle divinità. Murasaki Shikibu Nikki Emaki È la rappresentazione dei suoi diari nei quali vengono rappresentati le scene di corte ma in maniera in cui si sente che l’atmosfera è proprio diversa, sia per come vengono rappresentati i personaggi, un po’ goffi, piuttosto imprecisa. I volti sono paffuti con delle espressioni buffe. La pittura presenta dei colori molto spenti. LA SCULTURA Nel periodo Kamakura uno dei punti fondamentali di svolta dell’estetica giapponese è la scultura. In questo momento si passa dall’Ichibozukuri (scultura in un unico blocco di legno) all’Yosegizukuri, la cosiddetta struttura a blocchi, pezzi di legno assemblati, che permette la minor fessurazione del materiale, il fatto che le sculture possono essere cave e vengono poi aggiunti degli occhi di cristallo per dare maggiore realismo. La scuola più importante che domina tutto il periodo Kamakura è la Scuola Kei (Kōkei). Tutti hanno il Kei nel suffisso del loro nome, sono tutti di derivazione di scuola Jōchō che aveva scolpito Amida nel Byōdoin; questo tipo di scultura si sviluppa in seguito alla ricostruzione del Tōdaiji di Nara distrutto dalle guerre civili, a questo atelier, a questi artisti, viene affidata la ricostruzione di queste sculture del tempio, riprendono le fattezze tradizionali ma applicano questa visione molto diversa. I più famosi sono Kōkei, Unkei e Tankei. Ritratto di Chōgen

Questa scultura in legno, raffigura il monaco Chōgen con le mani giunte in preghiera che tengono in mano un rosario abbastanza schiacciato, le gambe incrociate. Rivela un personaggio avanti negli anni, una figura che per tutta la vita ha girato il Giappone per cercare i fondi per ricostruire il Tōdaiji, consacrato dall’Imperatore Shōmu successivamente distrutto da un incendio nel 1580. Chōgen aveva ottant'anni quando fu così effigiato, la tradizione vuole che questa scultura lo ritragga in preghiera di ringraziamento per esser stato autorizzato a prelevare legname dalle foreste di Suō dove si ergevano le alte criptomerie necessarie a fornire i grandi pilastri e le trabeazioni per l'imponente edificio. Questa scultura è intensissima dal punto di vista del ritratto, ed è insolita per due motivi, innanzitutto è costruita in un solo blocco di legno (ichibokuzukuri) in un'epoca in cui la tecnica dominante era ormai quella dell'assemblaggio (yosegizukuri) di parti scolpite separatamente e inoltre per essere stato il ritratto eseguito in vita in luogo che dopo la morte com'era più consueto. E in effetti gli altri ritratti di Chōgen della stessa epoca sono tutti postumi e la figura ne risulta assai più idealizzata. Il realismo assoluto della statua è impressionante, la profondità delle rughe, gli occhi semichiusi, la testa assolutamente reale, i dettagli del collo e delle labbra. Kōkei Un’altra statua che viene spesso scolpita è quella di Genpin, uno dei sei patriarchi della Scuola Hōsso. La scultura del periodo Kamakura risente un po’ dell’influenza del periodo Tenpyō (710-794) dell’epoca Nara e dallo stile continentale della Cina dei Tang (618-906) però c’è un approccio stilistico, una volontà di creare qualcosa che sia pur nella tradizione ma con diverso da quello che si era visto in precedenza. Anche in questo caso c’è la volontà di creare un ritratto specifico, di caratterizzarlo in modo particolare. Agyō Segue tutte le indicazioni di fortissimo realismo tipiche della Scuola Kei, vi è molto movimento in questa statua che ha il petto nudo, mette in mostra un a muscolatura molto tesa, i tendini e i muscoli come se fosse nel pieno di una lotta, le braccia in contrasto e le gambe divaricate in un certo modo con uno spostamento dell’anca in avanti. Il realismo dell’espressione feroce con questi pungenti occhi di vetro dalla cornea striata di sangue che guardano il nemico, la

fronte corrucciata e la bocca spalancata (Agyō). Sono proprio il simbolo di quello che è l’affermarsi di uno stile e una volontà molto confacente di una nuova classe del Giappone, quindi quella dei samurai.

Ungyō A questa statua specifica manca un braccio, le parti più sporgenti sono quelle che tendono a rompersi per prime. Sono sculture molto grandi, i dettagli sono molto nitidi, il petto, il collo soprattutto; è interessante anche le viso, l’espressione molto intensa, la rabbia, la forza e la lotta sono trattenute. SCUOLA KEI Troviamo il capostipite Kaikei, uno dei migliori allievi di Kōkei. Viene talmente apprezzato dalla corte che l’Imperatore gli attribuisce il nome di Hōkyō (maestro del ponte della legge Buddhista) e Hōgen; sono titoli importantissimi che vengono dati solo a degli artisti artigiani direttamente dall’Imperatore. Una delle iconografie classiche è la statua di Amida Nyorai, la divinità più venerata del Paradiso Occidentale della Terra Pura. In questo caso è benedicente, nel mudra del Raigōin che indica il benvenuto al credente che entra nel Paradiso. È una figura molto amata e scolpita in modo molto simile a quelle scolpite nel periodo Heian, ma le proporzioni del corpo sono bilanciate in un modo diverso, il volto è molto gentile. C’è un tentativo di dargli una forma un po’ più contemporanea. È in legno di cipresso coperta in foglia d’oro e la testa è stata scolpita in un blocco di legno separato. Miroku Bosatsu Anche qui il realismo sta nel rappresentare un tentativo di movimento che non si era visto nella scultura precedente, dovuto ai fianchi che si spostano e all’interessante uso che si fa dei nastri, avvolti sul braccio e scendono sul corpo e i piedi divaricati. La postura non è frontale quindi. Jizō Bosatsu La statua è il legno di cipresso con pigmenti colorati e accessori in bronzo dorato. È considerato un’Importante proprietà culturale. Si trova su una base di un fiore di loro sproporzionato rispetto alla scultura, è bianco con petali dorati che sembrano non c’entrino nulla con la statua, parrebbe un’aggiunta successiva.

Jizō è il Bodhisattva compassionevole che abita l’Inferno e gli altri sei regni dell’illusone dove non c’è il Buddha. Di solita nella sua mano destra regge un bastone (shakujō) con degli anelli di metallo che tintinnano quando lui si sta avvicinando, mentre nella sinistra regge un hōju, il chintamani che esaudisce tutti i desideri. Gli ornamenti sul petto (kyōshoku) e i braccialetti (wansen) sono di bronzo dorato e sono ornamenti tipici dello stile di Kaikei. L’espressione del volto rotondo è particolarmente giovane e gentile, gli occhi non sono di cristallo inseriti ma scolpiti nel legno. La superficie è finemente dipinta con inserzione di foglie d’oro nelle decorazioni della veste. Hachiman Questo è il sincretismo tra Buddhismo e Shintoismo, è una delle divinità Shintoiste trasformate nel panteon Buddhista. In questa veste è noto come “Hachiman sōgyō shin”. Indossa un kesa e porta uno shakujō nella mano destra. Nel periodo Kamakura particolarmente venerato dai samurai come la divinità dell’arco e delle frecce che venivano consacrate a lui, che li proteggeva nella battaglia. Si riconosce per il drappeggio particolare della veste, sempre lunga fino ai piedi e decorata in modo particolare, tipica della veste del monaco.

n questa veste è noto come ‘Hachiman sōgyō shin’. Indossa un kesa e porta uno K

shakujō nella mano destra. Nel periodo Kamakura particolarmente venerato dai samurai come la divinità dell’arco e delle frecce Tempio Kōfukuji All’interno del tempio troviamo una struttura chiamata Hokuendō, un edificio a pianta ottagonale, costruito intorno al 1210 e all’interno del quale si trovano delle sculture molto importanti, tra cui la statua create da Unkei. Muchako e Seshin Muchaku (Asanga) affianca, accanto a Seshin, Vasubandhu. Si tratta di un monaco, una delle figure più famose del primo buddhismo indiano. Rappresentato come una figura stante quasi ad altezza naturale, slanciata tiene in mano un oggetto cilindrico, forse un reliquiario, avvolto in un pezzo di stoffa. Muchaku è riflessivo e introverso, il suo viso è serafico, attento all’oggetto che sta portando. Indossa una vesta tipica da monaco con pieghe che ricadono pesantemente incise in modo irregolare. La posizione è assolutamente naturale, non è in posa o visto frontalmente. Unkei ha creato un vero e proprio ritratto del monaco indiano perfettamente credibile e inserito nell’iconografia del Giappone del XIII secolo.

Viceversa, Seshin è più corpulento, più anziano e le mani sono in una posizione particolare, alcuni dicono che stia gesticolando con le mani mentre parla, altri invece che anche lui avesse in mano qualche oggetto che in realtà è andato perduto. Kongara Dōji È un Kimkari, un’altra divinità. È uno degli otto grandi giovinetti Hachidaidōji, fanno parte degli assistenti di Fudō nel Buddhismo esoterico indiano. Questo in particolare ha le mani giunte e regge un Vajra quindi anche lui è uno dei protettori del male del Buddhismo esoterico. Il volto è privo dell'espressione feroce che di solito lo contraddistingue, il corpo, assai pieno e tondeggiante, tipica del giovinetto, si rivela una ricerca dei volumi e del movimento sottolineata dalla sciarpa ondeggiante, il tutto segno di distacco dallo stile Tenpyō ispiratore. La scultura conserva ancora delle tracce di pittura originale e del decoro. L’abito viene applicato con la tecnica della foglia d’oro e il suo intenso sguardo che non guarda avanti ma verso il fedele, davanti a Fudō. Nella pittura non rende veramente l’idea del protettore, è quasi al limite della caricatura. La capigliatura tipica presenta dei riccioletti. Niō Sono all’interno del portale centrale del Tōdaiji. C’è sempre una contrapposizione tra le due statue, uno col fianco da una parte e uno dall’altra. Ungyō ha la gamba sollevata per accentuare il suo movimento, Agyō con in mano il baston...


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