Libro Shoah - Riassunto con elementi principali PDF

Title Libro Shoah - Riassunto con elementi principali
Author Alessia Rodella
Course Storia della scuola e dell'educazione
Institution Università degli Studi di Ferrara
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Riassunto con elementi principali ...


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POLITICA DELLA MEMORIA : ISTITUTI, MUSEI E MEMORIALI 1945-2013

Il museo statale di Oswiecim (Auschwitz) È sorto subito dopo la liberazione del campo di sterminio. Nell’immediato dopoguerra, Auschwitz il luogo che rappresentò il centro della Shoah, non narrava dello sterminio degli ebrei nelle mostre che cominciarono ad essere organizzate in quell’area. Nel primo dopoguerra l’attenzione del nuovo governo polacco era tutta assorbita dal tentativo di celebrare la sofferenza subita dal proprio popolo sotto il dominio nazista e la figura del prigioniero dei lager era presentata come quella di un eroe combattente. La ricostruzione storica che veniva proposta a livello istituzionale ruotava attorno a tre temi : - il patriottismo polacco - il socialismo, come ideologia opposta all’imperialismo - fede cattolica, che aveva guidato il popolo polacco verso la salvezza Tra il 1945 e 1946 ciò che restava di Auschwitz non fu messo immediatamente sotto tutela e nella Polonia che attraversava una pesantissima crisi economica , molti materiali presenti in quel luogo furono riutilizzati altrove : molte baracche ad esempio, vennero smontate ed il legno trasportato a Varsavia per la nuova edilizia urbana. In quegli anni ad Auschwitz si affermava la necessità di valorizzare la memoria conservando l’aspetto di quei luoghi, ma allo stesso tempo si palesava l’incapacità di farsi carico della manutenzione del sito da parte dello Stato. Il 2 luglio 1947 la Polonia sanciva per legge che gli edifici del campo di concentramento di Auschwitz fossero preservati per farne luogo di memoria e che sorgesse il museo statale della città. I primi a lavorare all’interno del museo furono gli stessi sopravvissuti. La prima mostra organizzata nel museo proponeva due elementi centrali: lo sterminio polacco e quello ebraico. La centralità dello sterminio ebreo qualche mese dopo fu però sensibilmente ridotta poiché in quel momento storico in Polonia significava utilizzare nuovamente categorie adoperate dai nazisti e riproporre dunque classificazioni razziste. Predominante restava l’idea che all’interno del lager dovesse essere messo in risalto soprattutto l’eroicità della resistenza polacca. Nel 1950 la sala dedicata alla questione ebraica fu eliminata e la Shoah fatta rientrare all’interno del tema dello sterminio di tutta la popolazione del campo. Nel 1955 con l’inaugurazione di un nuovo percorso si cominciava a rappresentare la sofferenza degli internati e non più soltanto l’eroismo di chi resistette. Cominciava a essere inserito anche il concetto di “vittima inerme” . Di “olocausto degli ebrei” si parlava ma non gli si conferiva alcuna eccezionalità, neppure dal punto di vista numerico delle vittime di Auschwitz : ebrei e non ebrei erano accomunati sotto il medesimo destino di morte. Nel 1979 l’Unesco dichiarava quel luogo patrimonio dell’umanità. Nel mentre Giovanni Paolo II, primo papa ad aver visitato il lager, celebrava una messa trattando all’interno dell’omelia la vicenda di Massimiliano Kolbe (prigioniero politico diventato martire) , richiamando l’attenzione su Edith Stein e sullo sterminio ebraico.

Yad Vashem (Israele) Nato nel 1953 a Gerusalemme, oggi è l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah in Israele. “Yad Vashem” significa “un memoriale, un nome”. Il progetto doveva essere quello di ridare un nome e una memoria ad ognuno dei 6 milioni di ebrei annientati e resi soltanto numeri ed anonime vittime della politica di sterminio razziale e nazista. Il centro simbolico di Yad Vashem è l’archivio circolare costituito da uno spazio organizzato per accogliere 6 milioni di schede, mentre ne presenta concretamente solo 2 milioni corrispondenti all’identità di quelle vittime della Shoah cui si è riusciti a fornire un nome, una storia e dunque una memoria. All’esterno si trova il giardino dedicato ai Giusti tra le Nazioni cioè a quelle persone che in 44 differenti Paesi salvarono la vita altrui a rischio della propria : per ogni Giusto è piantato un albero di carrubo che è considerato “l’albero dell’altruismo” poiché da frutto solo dopo 70 anni. Presso lo Yad Vashem è presente anche una sala della Rimembranza nella quale dei fuochi ardono sopra le lastre di quella che è la topografia dell’orrore , costituita dai nomi dei luoghi in cui sorsero i campi di sterminio. Il memoriale dedicato ai bambini invece propone un luogo buio illuminato dalla luce flebile delle candele, un milione e mezzo di luci a ricordare il numero delle piccole vittime della Shoah di cui una voce scandisce nome, anno di nascita e luogo. Infine è presente il museo che ripercorre le fasi della Shoah. Yad Vashem apre al pubblico nel 1957. Le mostre proposte inizialmente narravano la costruzione e diffusione dell’antisemitismo in Europa, la resistenza ebraica alla politica razziale nazista, le rivolte a Sobibor e Treblinka fino alla lotta de sopravvissuti per raggiungere la Palestina. Dal 1993, è stato progettato un nuovo percorso all’interno del museo che propone dieci sale ciascuna dedicata ad una pagina della Shoah, ma raccontata attraverso le storie personali di vittime o sopravvissuti nel quale cè stato uno slittamento dell’attenzione dal destino del gruppo al destino del singolo nel percorso museale dello Yad Vashem. Il curatore e presidente del museo parlava di “sei milioni di singoli omicidi, non di sei milioni di vittime”. *Il processo Eichmann Adolf Eichmann era l’uomo che aveva organizzato con cura i convogli per la deportazione degli ebrei d’Europa verso i campi di sterminio. Alla caduta del nazismo, Eichmann era fuggito dalla Germania e tramite documenti falsi che ne attestavano la nuova identità rispondente al nome di “Riccardo Klement” si era rifugiato in Argentina facendo perdere le proprie tracce. Era dunque assente tra gli imputati di Norimberga. Il figlio di Eichmann lasciò trapelare il vero cognome della propria famiglia e nel 1960 Eichmann fu segretamente prelevato da Buenos Aires (in Argentina non c’era estradizione) e portato a Gerusalemme per il processo. Era il primo processo a un criminale nazista che si svolgeva in Israele.

Adolf Eichmann fu condannato a morte per crimini contro l’umanità, crimini contro il popolo ebraico e crimini di guerra ; fu impiccato il 31 maggio del 1962 presso la prigione di Ramleh (Tel Aviv). L’evento, di portata storica fu seguito anche da Hanna Arendt come inviata per l’organo di stampa “New Yorker” e le sue riflessioni sul processo e sull’imputato portarono alla successiva stesura de la Banalità del male. Qui l’evento storico, descritto come il male assoluto e non rappresentabile, il confronto di quell’uomo banale e comune che era stato al centro dell’organizzazione dello sterminio di milioni di persone , che in quel momento rifiutava qualsiasi responsabilità personale, permise tramite le parole della giornalista, una diversa percezione dell’evento storico : vi erano stati coinvolti uomini e donne mediamente normali, tanto che il lato più spaventoso del genocidio messo in atto era rappresentato da questa normalità e da un’organizzazione sociale rimasta inalterata rispetto al presente.

Lo U.S Holocaust Memorial Museum (United States) Nato dal lavoro di una commissione appositamente nominata dal presidente degli Stati Uniti nel 1978. Nel 1978 Jimmy Carter presidente degli Stati Uniti affidò ad Elie Wiesel scrittore di livello internazionale e sopravvissuto della Shoah, la presidenza della commissione per l’Olocausto, con il compito di valutare le modalità di realizzazione di un memoriale statunitense dedicato alle vittime del genocidio nazista. Gli obiettivi di lavoro che furono proposti furono : - la costruzione di un museo memoriale a Washington - la presenza di una fondazione interna al museo che si dedicasse al lavoro educativo e formativo sulla memoria - la creazione di una “commissione di coscienza” che oggi è confluita nel Centro per la prevenzione del genocidio ; - la proclamazione di un Giorno della Memoria a livello nazionale ed internazionale. La commissione denunciò come in molti luoghi , soprattutto nei Paesi dell’est, i monumenti pubblici eretti a memoria del genocidio, non citassero gli ebrei tra le vittime. La commissione si era scontrata con l’evidente sottovalutazione del fenomeno della Shoah ebraica. Il 26 aprile del 1993, l’U.S. Holocaust Memorial Museum apriva le proprie porte al pubblico. La visita al museo era ed è caratterizzata dal legame diretto di ogni visitatore con l’identità di una persona che fu toccata dalla persecuzione e della quale si viene a conoscere il destino soltanto alla fine della visita. La mostra narra la costruzione dello Stato razziale nel Terzo Reich ed i suoi effetti sui gruppi perseguitati. Il museo si è comunque aperto a mostre che hanno narrato anche i destini di tutte le categorie d’internati: rom, disabili, popoli slavi, comunisti socialisti, testimoni di Geova e omosessuali.

------ Nel 1994 negli Stati Uniti per iniziativa di Steven Spielberg è nata anche la Survivors of the Shoah Visual History Foundation. La fondazione ha raccolto e firmato cinquantaduemila interviste ai testimoni dello sterminio nazifascista in 56 Paesi offrendo un archivio fondamentale di voci che altrimenti sarebbe andate perdute.

GERMANIA L’identità collettiva dei cittadini tedeschi restava fortemente legata al confronto con quello scomodo passato ed il passaggio generazionale non indusse alla rimozione. Dachau nella zona della Baviera fu il primo campo di concentramento a sorgere nei confini tedeschi. Aperto nel marzo 1933 sono state internate circa duecentomila persone, dove vi è morto quasi un quarto degli internati. Nel 1955 il Comitato internazionale del campo proponeva la creazione di un memoriale all’interno del sito. Nel 1965 il memoriale fu inaugurato: era il primo a sorgere nella Repubblica federale tedesca. Il memoriale divenne anche luogo legato al recupero della storia delle vittime passate sotto silenzio: tra gli anni 70-80, rom e stinti, testimoni di Geova, omosessuali ne fecero il simbolo della propria storia di persecuzione sotto il nazismo. Dachau restava a testimoniare la molteplicità di categorie che avevano subito la persecuzione fin dal 1933, comprese le vicende delle sperimentazioni mediche. La Germania ha rappresentato un interessante terreno di confronto per le politiche della memoria e lo testimonia anche una rapida indagine rivolta alla realtà dell’odierna capitale. A Berlino la storia si esprime in prima istanza nella topografia stessa della città; esiste pure il caso significativo di un progetto che ha inserito dei “quadri di memoria” nelle strade quotidianamente percorse dai berlinesi. Renata Stih e Frieder Schnock sono stati i due artisti che hanno trasformato le strade del quartiere in un percorso dedicato alla memoria indicando in ottanta cartelli posti lungo le vie cittadine, la legislazione antisemita messa in atto nel terzo Reich. All’inizio degli anni Novanta nella capitale prese corpo anche l’iniziativa di realizzare un centro di studio e documentazione della storia ebraica che lo sterminio nazista aveva tentato di cancellare. Nacque un museo : Judisches Museum fortemente radicato alla narrazione della Shoah. Nella stessa città di Berlino oggi è presente anche un memoriale dedicato alle vittime della Shoah in Europa. L’inaugurazione del memoriale è avvenuta il 10 maggio 2005. Il percorso prende il via da una serie di lettere e messaggi rinvenuti lungo i binari della

deportazione. Una sala, denominata “Sala delle famiglie” narra origine e cultura di famiglie ebree perseguitate dal nazismo; la “Sala dei nomi” è invece una stanza completamente vuota, nella quale sono proiettati e letti ad alta voce in più lingue i nomi delle vittime ebree dello sterminio. A pochi chilometri di distanza nell’ottobre 2012 è stato inaugurato pure il memoriale dedicato alle vittime rom e sinti della persecuzione nazista, l’altro sterminio di stampo razziale che ha ottenuto riconoscimento dopo un complesso iter di ricerca e documentazione. FRANCIA Nel gennaio 2005 anche a Parigi è stato inaugurato il Memorial de la Shoah un museo dedicato alla narrazione della storia degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Il museo parigino è un importante centro di documentazione, ma anche luogo che offre percorsi di formazione museale ed un simbolismo che in parte richiama Yad Vashem : il “Muro dei Nomi” che ricorda l’identità degli ebrei scomparsi in seguito alla deportazione dalla Francia ed il “Muro dei Giusti” che fa memoria di quella parte di popolazione francese che si adoperò per la salvezza degli ebrei. Il 21 settembre 2012 la Francia ha inoltre inaugurato un museo/memoriale a Drancy, nel luogo in cu sorgeva il campo d’internamento da cui passarono, tra 1941 e 44 gli ebrei destinati alla deportazione verso i campi di sterminio del Reich. Drancy rappresenta il luogo simbolo della Shoah in Francia. ITALIA L’Italia è una delle nazioni in cui i tema della memoria del nazifascismo è stato affrontato da tempo a livello sia istituzionale che legislativo, ma lo si è fatto puntando il dito alle vicende avvenute oltreconfine e minimizzando i fatti consumatisi sul territorio nazionale utili. Il nostro Paese già negli anni 50 era una delle poche nazioni ad avere sul proprio territorio enti che perseguivano l’obiettivo di conservare e diffondere la conoscenza di quanto avvenuto durante il periodo della Resistenza e dunque della guerra. Tra gli anni 50 e 60 l’Italia, in particolare con la rete degli istituti Insmli, ha rappresentato un riferimento culturale fondamentale per gli studi sulla resistenza, assolutamente in anticipo rispetto all’interesse del resto d’Europa per il tema della memoria. Nel 1955, nell’ambito specifico della storia della Shoah in Italia, a Milano si costituiva il Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec) per volontà della Federazione giovanile ebraica italiana. L’obiettivo era quello di documentare, studiare e diffondere la storia della Shoah ed il contribuito ebraico alla Resistenza. Le ricerche hanno permesso un’approfondita conoscenza del percorso di persecuzione razziale avviato in Italia ai danni della popolazione ebraica ed ha evidenziato la costante sottovalutazione delle responsabilità del fascismo italiano nella deportazione, persecuzione e genocidio degli ebrei d’Europa. Nel dicembre 1961 era l’istituto storico della resistenza di Modena il primo costituito in Emilia Romagna e membro dell’ Insmli a procedere nell’impegno formativo

organizzando una mostra temporanea sulla Resistenza e deportazione a Carpi (la cittadina nei pressi di Fossoli, luogo in cui fu attivo un campo di transito che segnò il passaggio di gran parte dei deportati verso i lager, tra i quali anche Primo Levi) presso il palazzo dei Pio (Carpi); era una mostra che avrebbe per la prima volta affrontato contemporaneamente il tema della deportazione politica e di quella razziale. Fu anche l’occasione per lanciare una proposta di un concorso per erigere un “monumento al deportato politico e razziale” per valorizzare il sacrificio e la resistenza delle vittime dei nazisti in città. Fu inaugurato il 14 ottobre 1973, alla presenza di Giovanni Leone, Presidente della Repubblica e segnava un successivo passaggio culturale che poneva all’attenzione degli storici, ma anche della società civile, non soltanto il tema Resistenza, ma anche il suo collegamento con l’ambito della deportazione di stampo politico, come pure razziale. Il 10 aprile 2002 è stato inaugurato a Prato alla presenza del presidente della Repubblica Ciampi, il Museo della Deportazione e della Resistenza. Era stato fortemente voluto da Roberto Castellani, un operaio tessile sopravissuto alla deportazione politica del 1944 che lo aveva condotto come prigioniero nel lager di Ebensee. Il museo da un lato pone particolare attenzione alla ricostruzione della storia locale legata alle stragi nazifasciste ed alla deportazione politica che ha segnato fortemente la regione Toscana, dall’altro descrive il contesto della deportazione di stampo razziale in Italia proponendo le testimonianze di ciascuna delle categorie di internati presenti nei campi di sterminio nazisti. La chiave di lettura è dunque quella della deportazione per proporre la conoscenza e la centralità della Shoah che permette di studiare e conoscere anche le altre categorie di internati : oppositori politici, asociali, rom, disabili, omosessuali, testimoni di Geova. Il 30 maggio del 2003 è stato inaugurato a Torino il Museo diffuso della Resistenza, della deportazione, della guerra, dei diritti e della libertà.

 L’OBIETTIVO DI INSEGNARE LA SHOAH La scuola italiana attraverso i libri di testo utilizzati negli istituti pubblici, diffondeva i valori che avevano caratterizzato la pagina della Resistenza e gli ideali della Costituzione della Repubblica Italiana? Nel 1993 si teneva a Torino il convegno Shoah e deportazione nella didattica della storia , anche se non era ancora istituito il giorno della memoria, cominciavano a moltiplicarsi le iniziative scolastiche che ruotavano intorno a questa tematica, merito soprattutto degli ex deportati che proprio alle scuole si rivolgevano nel tentativo di riferirsi al luogo privilegiato di diffusione della conoscenza. A partire dagli anni Ottanta l’educazione sulla Shoah acquista un profilo specifico dal punto di vista pedagogico e didattico. Se il tema da sviluppare è rimasto quello della edificazione di una memoria sociale della Shoah e dei genocidi a partire dalle aule scolastiche fino alla diffusione nella società civile, la ricostruzione storica è centrale e fondante, serve una costante e profonda riflessione pedagogica , che sia filosofica e teoretica e non soltanto didattica,

che individui come campo d’intervento sia l’educazione formale (quella delle scuole e dei molteplici corsi) sia l’educazione informale. Nel 1947 la casa editrice Francesco de Silva mandava alle stampe appena 2500 copie di “se questo è un uomo” di Primo Levi , ebreo italiano sopravvissuto al campo di Auschwitz che aveva impiegato quasi due anni di lavoro nella stesura del testo, generato dall’immediata scelta di raccontare. È nota la vicenda del rifiuto di pubblicazione da parte di Einaudi. Non era ancora l’epoca della disponibilità all’ascolto dei testimoni della Shoah. Nel primo dopoguerra cominciavano processi di consapevolezza e conoscenza di quanto avvenuto. All’inizio la memoria della deportazione ebraica fu sottostimata e la difficile esperienza di Primo Levi nel suo tentativo di testimonianza lo dimostra ampiamente : caduta nell’oblio dopo la sua prima pubblicazione Einaudi pubblicò di nuovo l’opera che soltanto da quel momento conobbe la massima diffusione. Fino agli anni Novanta la Shoah era affrontata a scuola soltanto come questione letteraria con le opere di Primo Levi, Anna Frank e Giorgio Bassani, ammettendo l’unicità e quindi l’impossibilità di rappresentare Auschwitz. Il primo approccio al tema della Shoah fu spesso legato alla descrizione di ciò che veniva indicato come olocausto : rappresentazione del male assoluto, incomprensibile lontano dalla società civile, messo in atto da dei mostri. Il termine rimandava al sacrificio del popolo ebraico, come agnello sacrificale. Era la negazione della possibilità di storicizzare l’evento trascorso per relegarlo nel religioso. La storicizzazione della Shoah si dimostra l’unico strumento utilizzabile in ambito scolastico in grado di riportare la riflessione all’interno dell’ambito formativoeducativo. Storicizzare la Shoah significa sottoporla a indagine storica per comprendere i meccanismi umani che l’avevano alimentata, per scoprire che si era mossa attraverso i congegni tipici della burocrazia e della tecnica verso l’obiettivo della distruzione totale di una parte di umanità attraverso un’ideologia diffusa per mezzo della “scuola di Auschwitz”. Quella scuola dove si era formati soggetti come Eichmann, colui che pianificò i trasporti ferroviari dei deportati verso i lager, solerte carnefice che non sparò mai ad un ebreo ma che si limitò a firmare carte. Persona in grado di rifiutare le proprie responsabilità personali dichiarandosi suddito di un regime, incapace di sottrarsi alle azioni criminali poiché quel regime non permetteva di scegliere in maniera dissonante. Queste persone, uscite dalla “scuola di Auschwitz” rappresentavano quel...


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