Mazzi - IN Viaggio CON LE MUSE PDF

Title Mazzi - IN Viaggio CON LE MUSE
Course Didattica della Lingua Italiana a Stranieri
Institution Università per Stranieri di Siena
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Summary

Riassunto dettagliato del libro...


Description

IL FULGORE DEI TESORI SACRI E PROFANI Il vocabolo ‘’thesaurus’’ discende dall’antichità e definisce quegli edifici in cui si custodivano i doni votivi e i bottini di guerra; esso indicava sia l’ambiente appartato sia il contenuto di cose rare e preziose. Il legame fra la stanza dell’archivio, la biblioteca e la stanza del tesoro era stretto e, di solito, la stanza del tesoro si disponeva su due piani: comunicava solo con un altro ambiente ed era situata all’ultimo piano di due o più livelli sovrapposti e collegati solo da strette scale a chiocciola. Questo perché, così situata, garantiva anche più sicurezza, preservava gli oggetti dall’umidità grazie agli ambienti sovrapposti, era più facile ‘’difenderla’’ e inoltre, il soffitto, con copertura a volta, proteggeva dagli incendi. Il tesoro annesso alla Sainte Chapelle di Parigi (disperso) era costruito così: su due piano si trovavano la sacrestia, la biblioteca e l’archivio; nelle chiese, la sacrestia svolgeva anche la funzione di stanza del tesoro. Per la chiesa, il tesoro, rappresentava la fama del santo cui era dedicata, grazie anche all’abbondanza di donazioni. Nelle più antiche chiese cristiane, stoffe di materiali pregiati erano drappeggiate sul registro inferiore delle pareti, mentre la parte superiore era affrescata o ricoperta di antichi marmi. Ogni altare aveva il suo corredo liturgico di panni di lino, il cui valore era legato alla leggerezza della lavorazione, o di seta con applicazioni di galloni ricamati in oro. Nel Medioevo, la materia aveva un significato prevalente rispetto alla tecnica necessaria per modellarla, in particolare l’oro e le pietre si consideravano impregnati di luminosità divina e, in quanto frutti della profondità della terra, erano carichi di valori e virtù terapeutiche. Surger (1081 – 1151), abate dell’abbazia di Saint Denis dal 1122, ristrutturò l’abbazia e ne rafforzò i poteri e privilegi, ne arricchì i possedimenti rendendola la chiesa più splendida dell’occidente. Surger fece trasferire, per renderle più visibili, le reliquie dei santi martiri alla ‘’coro superiore’’, ne ornò l’altare con un paliotto prima, e dopo con altri tre pannelli d’oro, in modo che apparisse dorato su tutti i lati; dotò la chiesa di un vasellame prezioso, gemme, candelabri, sculture, vetrate, mosaici e smalti. L’ascesa dal mondo della materia al trascendente avveniva attraverso la luce, con il dominio della luminosità smaterializzante delle vetrate, dei riflessi e degli effetti luminosi delle pietre e dell’oro. Il tesoro di Federico II di Sicilia: viaggiava con il sovrano in bauli, scrigni e cofani intarsiati in avorio. Si deve a lui la raccolta di preziosi manoscritti (latini, provenzali, greci e arabi) e codici laici e profani. I frequenti traffici con l’oriente, i contatti con i mercati veneziani e provenzali integravano la produzione locale, facilitando la circolazione di merci fra oriente e occidente; infatti, le richieste imperiali di armi richiamavano specialisti da Damasco e dalla Spagna. Ebbe care anche le arti meccaniche: orologio astronomico (regalo del sultano di Damasco), macchine idrauliche, sia ad ornamento di fontane sia di utilità all’agricoltura, un albero d’oro e d’argento con uccelli cinguettanti come gli esemplari nelle corti d’oriente (noti da fonti islamiche.). Il tesoro di Carlo IV di Boemia (1346 – 1378): portò il tesoro a Praga per custodirlo nella cappella di Santa Croce, consacrata nel 1365. Molti ritratti di ecclesiastici e laici, figure di apostoli e santi rivestivano il registro superiore della cappella, mentre le insegne della corona di Boemia erano in una nicchia in alto. Dal 1424 al 1796 le reliquie furono spostate a

Norimberga, dentro un forziere in legno di quercia rivestito da una lamina argentea, sospeso al di sopra dell’altare. Nel 1796 il tesoro fu trasferito definitivamente a Vienna. Con il saccheggio di Costantinopoli (12 aprile 1204) da parte dei Crociati, il tesoro imperiale (pietre scolpite, vasi in pietra dura, avori, smalti) fu trasportato in occidente insieme a beni di alcune chiese (Santa Sofia). TESORO DI SAN MARCO ‘’il tesoro trafugato dall’Oriente’’→ è stato riaperto al pubblico nel 1834, è composto da due sale (la sala del tesoro e sala delle reliquie) ed ha meno di 5000 opere. Il Tesoro della basilica di San Marco è stato ricostruito per la terza volta dal doge Domenico Contarini nella seconda metà del XI secolo. Il primo inventario risale al 1283, il quale era il più consistente, formato dai pezzi trafugati durante il sacco di Costantinopoli. I tesori e gli arredi del palazzo imperiale e delle dimore patrizie furono depredati dai crociati e ai veneziani spettò una quarta parte e mezzo delle spoglie. Nel 1345 nel tesoro confluirono i gioielli che l’imperatore bizantino Giovanni Paleologo aveva dato in pegno a Venezia in cambio di un cospicuo prestito di 30.000 ducati, concesso dalla repubblica nel 1343. Il processo di acquisizione dei tesori è accompagnato dalla vestizione dello spazio urbano della città con il reimpiego della capitale bizantina. Sulla facciata della basilica marciana si esposero i cavalli bronzei (derivanti da Costantinopoli), mentre marmi di vario colore furono applicati al rivestimento della basilica, sia all’interno che all’esterno. Fin dalle origini il tesoro è stato conservato in due sale: la stanza delle reliquie e quella del tesoro. Vi si accede tramite una porta del transetto meridionale, tra la basilica e il palazzo ducale. La raccolta è protetta da tre robuste porte di legno e veniva esposta solo 5 volte l’anno (nelle festività religiose o mostrata agli ospiti stranieri.). Tra il 1617 e il 1676 si ricavarono delle nicchie alle pareti per dare una collocazione ai nuovi donativi, mentre successivamente si provvederà a rimodernare le due stanze. Fra le 280 opere conservate, di diverso materiale e di varia epoca e provenienza, spicca fra tutte la ‘’PALA D’ORO’’, che non è custodita all’interno del tesoro, ma esposta sull’altare maggiore della basilica dal 1105. Al piano superiore della basilica, nel 1927, nasceva anche il ‘’Museo di San Marco’’, poi ampliato nel 2003, ideale completamento del tesoro. Il museo raccoglie diverse opere della basilica (dipinti, arredi e arazzi), alle quali sono stati aggiunti frammenti di mosaico staccati nell’800 e più tardi i cavalli di bronzo della facciata. TESORO DI SAN LORENZO ‘’il tesoro dei cittadini della Repubblica e della Cattedrale’’→ fu aperto al pubblico nel 1892 e nel 1956, è composto da un solo piano e 5 sale e nacque nel XII secolo. Gli oggetti, come riportano gli inventari, sono doni devozionali e parte del bottino di guerra provenienti dalle imprese genovesi nel Mediterraneo. I pezzi del tesoro appartengono a 3 diverse istituzioni: il comune di Genova, il capitolo della chiesa metropolitana e la protettoria della cappella di San Giovanni Battista. La diversa proprietà dei pezzi, di enti sia civili che religiosi, è il segno evidente di quanto il tesoro non abbia solo un significato sacro, ma anche cittadino. Gli oggetti del tesoro custoditi con cura nella sacrestia, in occasione del quarto centenario della scoperta dell’America, furono sistemati per essere visti al pubblico in

un ambiente retrostante la sacrestia. A metà degli anni ’50 il problema della fruizione pubblica venne affrontato dall’architetto Franco Albini, che creò un museo ipogeo, costruito nel sottosuolo del cortile dell’arcivescovato, sfruttando il dislivello del terreno esistente. L’articolazione dello spazio museale rimanda suggestivamente anche alla struttura delle ‘’tholos micenee’’, rafforzando la valenza sacrale di questa scelta. Lo spazio espositivo viene suddiviso in 3 camere circolari di diametro diverso: tutti gli elementi concorrono a sottolineare le forme geometriche degli ambienti ed anche l’arredo è essenziale. L’esposizione è organizzata su elementi a tema: la ‘’tholos’’ più piccola ospita il cosiddetto ‘’catino del Sacro Gaal’’, quella successiva i reliquiari più antichi ed altri manufatti legati al culto del Battista e infine, l’ambiente più ampio, accoglie i vasi sacri ancora in uso e il paliotto d’argento per l’altare. Nello spazio centrale sono esposte opere di grandi dimensioni e di forte impatto visivo (statua dell’Immacolata, fatta da Francesco Maria Schiaffino, su commissione di Doge Giovan Francesco il Bignole-Sale). Nell’improbabilità di ampliare la raccolta con nuovi oggetti, la progettazione è stata pensata per la sistemazione delle opere esistenti. IL TESORO DI LORENZO IL MAGNIFICO ‘’il monumento del gusto e della ricchezza del Magnifico Lorenzo’’→ è stato aperto al pubblico nel 1785 e ci sono 90% di arti applicate, 5% pittura e 5% scultura. Il piano terra di Palazzo Pitti è stato dedicato a Lorenzo il Magnifico, lì ricordato con un ritratto di Luigi Fiammingo e dalla maschera funeraria. Il nucleo del suo tesoro sono dei vasi in pietre dure, che comprendono gemme, cristalli di rocca, medaglie. Lui ampliò la raccolta che già era iniziata da Cosimo il Vecchio. I vasi in pietre dure erano pezzi estremamente rari, molto ricercati dai collezionisti 400eschi. Il prezzo dei 33 vasi menzionati nell’inventario del 1492 (21.318 fiorini) equivaleva ad un terzo del valore dei beni di palazzo Medici e la sola Tazza Farnese (oggi a Napoli), era stata valutata 10.000 fiorini. Negli anni dopo la morte, l’8 aprile 1492, il tesoro è travolto dalle vicende legate alla bancarotta medicea e alla fuga della famiglia più in avanti. Non ci sono cambiamenti fino al 1785, quando in un clima pienamente illuministico, i vasi vengono privati del loro contenuto e trasferiti alla Galleria degli Uffizi, nel ‘’Gabinetto delle gemme’’, per volere di Pietro Leopoldo.

LA MAGNIFICENZA E IL CULTO DELL’ANTICO Poggio Bracciolini, per l’arredo del suo studiolo, non cerca solo antiche parole ed immagini esemplari, ma opere classiche, oggetti, materie, linee e rotondità in grado di parlare anche ai sensi, trasmettendo il valore non solo letterario di esperienze e saperi remoti. Cosimo il Vecchio de’ Medici (1389-1464) commissiona a Michelozzo di Bartolomeo il nuovo palazzo di famiglia: con un impianto tradizionale, se lo si paragona al contemporaneo palazzo Rucellai che Leon Battista Alberti stava innalzando in modo classicista, ma anche con ‘’ordine moderno e che avesse in sé un patimento di stanze utile e bellissimo’’, come riporta Giorgio Vasari nelle ‘’Vite’’. Michelozzo, attento alle indicazioni di Cosimo, rimane fedele ad una struttura essenziale; l’impianto è cubico, a bugnato digradante nella muratura esterna, in

sostituzione dell’uso sovrapposto di ordini classici, si contrappone un interno impostato con una sequenza che vuole riprendere, per la prima volta, la ‘’casa degli antichi’’. Il cortile centrale, cuore dell’edificio, è ideato come una sorta di monastico chiostro profano su 3 ordini: al piano più alto una loggia aperta, seguita da un livello a finestre bifore e da un portico quadrato al pianterreno con 3 archi di tipo brunelleschiano per ogni lato, con colonne prive di trabeazione e capitello ‘’composito’’. È decorato da un’alta fascia a graffito, opera del 1452 di Maso di Bartolomeo, in corrispondenza di ogni arco, si trova un tondo scolpito: il centro di ognuno dei lati viene indicato dallo stemma mediceo, mentre le altre figurazioni, legate da festoni, richiamano motivi della mitologia classica, riferimento ad un programma umanistico, ma, allo stesso tempo, trascrizione delle gemme antiche conservate nelle raccolte medicee. La visione più maestosa e imponente di rovine si aveva a Roma, dove confluivano artisti e collezionisti di ogni paese per guardare, misurare, disegnare le antiche figure di marmo o di rame che giacevano sparse qua e là, accanto agli archi, alle terme, ai teatri ancora in piedi, o per essere ammessi a visitare le raccolte private. La nuova Roma, dopo il riassetto michelangiolesco della piazza del Campidoglio, ormai volta le spalle al suo monumento più carico di simboli, il Foro Romano. MUSEI CAPITOLINI – PALAZZO DEI CONSERVATORI ‘’l’immagine di Roma’’→ aperto al pubblico dal 1471, costituito da 3 piani e ha 20 sale. Il Palazzo dei Conservatori, sorto intorno alla metà del XV secolo per iniziativa del papa Niccolò V Parentucelli, contiene il nucleo originario della collezione capitolina, che viene considerata tradizionalmente la più antica raccolta pubblica esistente al mondo. La sua fondazione risale a quando il papa Sisto IV della Rovere, donò al popolo romano, un gruppo di opere antiche, fino ad allora conservate in Laterano, tra le quali la Lupa Capitolina, la mano con il Globe, la testa del colosso bronzeo di Costantino, lo Spinario e il Camillo. Il trasferimento in Campidoglio di opere d’arte da parte di papi continuò anche nei secoli seguenti, con l’intento di appropriarsi di nuovo della valenza simbolica che il colle aveva riacquisito. Nel secondo 25ennio del XVI secolo, soprattutto per la volontà di papa Paolo III Farnese, prese corpo il progetto di riqualificazione del colle capitolino con la sistemazione della platea, la ristrutturazione del Palazzo Senatorio e dei Conservatori e la costruzione di una quinta monumentale sul lato dell’Aracoeli. Per restituire al Campidoglio la sua antica dignità storica, nel 1513 erano state collocate sulla piazza, sotto il portico del Palazzo dei Conservatori, 2 statue colossali di divinità fluviali provenienti dalle terme di Costantino al Quirinale. La nuova concezione, dovuta al recuperato valore delle opere come testimonianze storiche dell’antica grandezza di Roma, maturò di pari passo con il rinnovamento dell’edificio: nel 1568 ha avuto inizio il rinnovamento della facciata e dei portici interni ed esterni del palazzo, la conseguente riorganizzazione degli ambienti al primo piano e il completo rifacimento degli arredi e delle pitture a fresco sulle pareti, per le quali fu deciso dai conservatori un programma iconografico.

MUSEI CAPITOLINI – PALAZZO NUOVO ‘’alla vista del Galata morente’’→ è stato aperto al pubblico nel 1734 ed ha il 70% di sculture classiche, 30% di iscrizioni, tutto distribuito su 2 piani con 15 sale complessive. L’edificio era, fin da subito, destinato a una funzione prettamente culturale: il Palazzo, subito dopo la costruzione, avviata da Clemente VIII Aldobrandini e terminata 50 anni dopo da Carlo Rainaldi, accolse insieme ad alcune sedi di corporazioni la maggior parte delle opere giunte ad allora in Campidoglio, sebbene la sua destinazione a vero e proprio museo avvenne più tardi. Nel 1733, in seguito all’acquisto della collezione del cardinale Alessandro Albani da parte di papa Clemente XII Corsini e alla contestuale donazione al popolo romano, l’assetto e la distribuzione delle opere di scultura antica, trovarono una definitiva articolazione per le sale, rimasta quasi immutata fino ad oggi. Il palazzo prese il nome di Museo Capitolino e la gestione fu affidata ad un Presidente e a un Custode. Nel corso del XIX secolo le donazioni più significative sono state quelle di papa Pio VII Chiaramonti, che inserisce nel percorso museale anche le salette terrene a destra, di papa Leone XII Pecci che acquista per il museo il ‘’mosaico delle maschere sceniche’’ rinvenuto nel 1824, e di papa Gregorio XVI Cappellari, al quale si deve il trasferimento in Vaticano della collezione capitolina di sculture egizie e la restituzione del museo alla magistratura civica. Dopo l’Unità d’Italia, il Palazzo dei Conservatori, sul lato opposto della piazza perde la sua funzione di sede della magistratura capitolina e diventa a tutti gli effetti una sede museale con l’aggiunta di una nuova sala espositiva destinata ad esporre le sculture rinvenute durante gli scavi e gli sterri realizzati durante la costruzione di nuovi quartieri. Nel 1990, dopo l’intervento di restauro, in una sala aperta verso il Cortile del Palazzo Nuovo, è stato collocato temporaneamente il gruppo equestre del Marco Aurelio, sostituito al centro della piazza capitolina da una copia eseguita con accurata precisione grazie al metodo fotogrammetrico. IL PALAZZO DI VENEZIA ‘’il tesoro di Paolo II Barbo’’ → fu aperto al pubblico nel 1947 quando vi fu trasferita la raccolta del Museo romano del Medioevo e del Rinascimento, a Castel Sant’Angelo; è costituito da 2 piani e un interrato. La raccolta 400esca è dispersa e la collezione del museo è stata organizzata dal 1906. Il nuovo allestimento univa il preesistente fondo degli oggetti artistici della Galleria d’arte antica e del museo Kircheriano e numerosi lasciti di arti applicate. Il palazzo è stato costruito per ordine di Pietro Barbo, nominato titolare della basilica di San Marco, futuro Paolo II, nel 1455. Viene donato nel 1564 da papa Pio IV Medici alla Repubblica di Venezia. Nel 1797 è passato all’Austria. Viene restituito allo stato nel 1916; venne avviato un progetto di riordinamento delle collezioni e il restauro dell’edificio; nel 1921 viene istituito il museo, ma il palazzo era inagibile perché diventato sede del governo fascista dal 1929. Attualmente ospita il museo nazionale e la Soprintendenza ai beni artistici e storici. Nel corso dei secoli i numerosi interventi architettonici hanno stravolto le strutture originali e le intenzioni di Paolo II. Nel 1464 il palazzo fu inglobato in una nuova costruzione secondo il progetto attribuito a Leon Battista Alberti. Il primo nucleo di opere appartenenti a Barbo era composto da vasi di pietra dura, gemme, argenti, icone bizantine, mosaici, oggetti liturgici. Raccolse una delle collezioni antiquarie più ricche del periodo, organizzata prima della

costruzione del palazzo. I beni della collezione vanno via via crescendo. Alla morte di Paolo II, una parte della raccolta viene venduta da Sisto IV della Rovere a Lorenzo de’ Medici per risarcire un debito. Inizia la dispersione della collezione e il patrimonio che era protetto da vendita fino alla sua morte, con Sisto IV è destinato a scomparire. GIARDINO DEL BELVEDERE ‘’la Rinascita dell’antico’’→ Il Giardino del Belvedere fu realizzato su volere di papa Giulio II. Il progetto di riordino degli edifici vaticani fu affidato a Donato Bramante. Progetta due corridori lunghi 300 metri per collegare i Palazzi Apostolici e la villa di Innocenzo VIII (Giulio II voleva raggiungere il Belvedere dalle sue stanze). Il terreno presentava piani di dislivello, così lo spazio tra i palazzi venne diviso in tre terrazzamenti di diverse altezze, collegati da scale. Il piano più basso, verso il complesso pontificio, aveva il compito di teatro; il cortile mediano era sfruttato a giardino con fontane e aiuole. L’ultimo piano era il più monumentale, è il luogo dove vengono posti i pezzi migliori della collezione delle sculture. Il progetto prevedeva un’enorme esedra, venne invece costruito un nicchione, dietro la quale si sviluppava un cortile nascosto. La collezione di sculture di Giulio II era nata quando era ancora cardinale e aveva iniziato a raccogliere anticaglie presso Monte Cavallo. Il gruppo di reperti venne trasferito al Vaticano e le statue più belle sistemate nel giardino. Sia Bramante che Giulio II muoiono prima di vedere conclusa la realizzazione del cortile. In seguito, vennero aggiunti in tempi diversi dei bracci trasversali, che dividono il giardino in tre parti: Cortile della Pigna, della Biblioteca e Corte del Belvedere.

LA MISTERIOSA ‘’MAGIA’’ DEGLI STUDIOLI Nella metà del XIV secolo Francesco Petrarca definisce nel “De vita solitaria” il luogo e le caratteristiche dell'ambiente dedicato agli studi. Per lui l'attività creativa poteva essere stimolata solo in mezzo alla natura, lontano dal caos e dalla folla, solo in compagnia dei libri. Al contrario Demostene, e poi Quintiliano, consideravano il paesaggio naturale una distrazione e preferivano un luogo buio e oscuro. Petrarca trova così un compromesso: uno spazio chiuso ma vicino alla natura, da qui nascono gli studioli quattrocenteschi. Ambienti piccoli, coperti a volta, che fanno parte dell'appartamento del signore, spesso privi di illuminazione diretta ma vicini ad una veduta sul paesaggio naturale. Nella Firenze del XV secolo lo “studio” (con funzione di biblioteca o archivio) è la parte più segreta della casa, in esso si accumulano libri e scritture e solo il capo famiglia ha la chiave della stanza. La famiglia dei Medici erano dei grandi collezionisti e nell'inventario fatto alla morte di Lorenzo il Magnific...


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