Attilio Brilli - Viaggio in Italia ( Riassunto) PDF

Title Attilio Brilli - Viaggio in Italia ( Riassunto)
Course ginecologia e ostetricia
Institution Università Vita-Salute San Raffaele
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Attilio barili analisi del cammino in Italia di fame e malattie mentre dormivano nel letto...


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Viaggio in Italia ATTILIO BRILLI

1. Il mondo moderno e l’idea del viaggio in Italia Il viaggiatore ha esercitato un’accesa suggestione e una fascinazione sulla comunità stanziale. Ha incarnato l’essenza mitica della civiltà occidentale impegnato nel viaggio iniziatico e nella sfida all’ignoto. Una tradizione permeata dal mito cristiano e dalla letteratura mitica che sono ampiamente conditi dal tema del viaggio. L’interesse di questo studio è rivolto a quanti si dedicavano alla peregrinatio poenitentialis come un lasso di tempo circoscritto, un’esperienza episodica. L’homo viator ha captato su di sé ammirazione e diffidenza. I segni distintivi di questo uomo viaggiatore sono di volta in volta gli emblemi dei posti visitati. Esiste inoltre una suggestiva iconografia dei santi

protettori dei peregrinantes: San Rocco, Giacomo di Compostela, Giuliano l’ospitaliere,

Leonardo,

Martino, Cristoforo. Alla pratica del viaggio si devono i primi libri che tracciano

percorsi: guide rudimentali. C’è una profonda differenza che separa i pellegrini delle varie epoche. Questo consiste nel travaso da una forma all’altra di viaggio utilizzato. Pur nel mutamento del modo di viaggiare e quindi il conseguente variare dello sguardo del viaggiatore sia culturale che religioso che rimane immutato nel tempo, l’intento di rinnovare fede e slancio nel viaggio stesso ad ogni tappa, nonostante le difficoltà. Forte influenza al viaggiatore moderno arriva dal mercante, il quale trasmette la necessità

di rendere produttivo il viaggio: viaggi di spionaggio tecnologico, di

istruzione tecnica, documentazione. Ma rimane ben saldo il desiderio individuale di conoscenza che ci fa dire che il viaggiare diventa una vera e propria ars peregrinandi. Petrarca è il prototipo del viaggiatore moderno. Egli lascia intendere la propria vita erravonda come un’imitazione dei grandi erranti del mondo antico: omerici, virgiliani e apostoli. Un segnale prezioso e assolutamente nuovo per i tempi in cui visse: l’idea che si potesse comppiere un viaggio solo e unicamente per l’amore del vedere. Nel 1933 Petrarca si mette in cammino da Avignone per Parigi, poi Gand, le fiandre, Liegi, Aquisgrana, Colonia e Lione. Questa sua lunga peregrinazione preannuncia l’idea moderna del viaggio, dove si osserva antropologicamente, ma anche naturalisticamente e infine spiritualmente il paesaggio. A partire dall’ultimo scorcio del Cinquecento il viaggio rappresenta una forma di splendido e amato spreco, taumaturgica pratica per l’anima. Il viaggio in Italia del tardo Rinascimento si configura i come peregrinazione di città in città e non più come soggiorno protratto in un solo centro. L’idea del viaggio che si diffonde presso l’aristocrazia europea nell’ultima parte del XVI è

nata sulla base della curiosità intellettuale. Il viaggio in Italia non viene interrotto neanche durante periodi drammatici. Il nuovo viandante è un giovane poco più che adolescente accompagnato da un tutore Figlio di borghesi o aristocratici per lui il viaggio ha finalità educative: il maggior sostenitore del viaggio con valenza pedagogica è Francis Bacon. Si percepisce una diversa interpretazione del viaggio a partire dal XVII secolo, quando la borghesia dell’Europa settentrionale oscilla verso il polo pragmatico, mentre per gli anglosassoni verso quello edonistico. Il più esaustivo autore riguardo al tema del viaggio in Italia, nel Settecento, è senz’altro Edward Gibbons. Non si può tacere l’opinione che hanno i cittadini del Nuovo mondo in merito al viaggio in Italia nel XVIII secolo: Jefferson è portavoce del pensiero dei puritani americani, i quali sostengono che il viaggio in Europa porti il giovane viaggiatore verso una forte inclinazione al lusso e alla corruzione nel contemporaneo disprezzo per i costumi del proprio paese di origine. Il viaggio in Italia costituirà un’esperienza fondamentale anche se sofferta intimamente e non priva di contraddizioni per i grandi scrittori. Con lo Itinerary del 1591 si ha il primo vero e proprio prototipo di guida da viaggio. Gli inglesi definiscono questa nuova letteratura nascente come: travel literature, i tedeschi: Reisenliteratur. La diffusione dell’idea del viaggio in Italia presso i propri paesi la dobbiamo in particolare ai maggiori autori del XVI e del XVII secolo. Il Seicento vede fiorire in tutto il suo rigoglio e nelle varie diversificazioni quella che definiamo letteratura di viaggio, una letteratura a cui dobbiamo informazioni e descrizioni essenziali per la lettura del passato di vari paesi, specchio nel quale scoprire aspetti inattesi di noi stessi e del nostro ambiente. La pubblicistica relativa a questo argomento tende a appiattire il fenomeno in una sincronia assoluta e fuorviante nella quale motivazioni, umori e prospettive romantiche si fondono e si confondono con atteggiamenti razionalistici di stampo settecentesco e addirittura con l’eredità culturale della nuova scienza. Il viaggiatore contemporaneo non concepisce l’Italia come quel fascinoso panorama di arcaicità e di

fastosa decadenza che viceversa seduce il viaggiatore

romantico (‘800). Tanta è la passione che avvince coloro che guardano all’Italia come sconfinato repertorio della tradizione classica che nel 1666 Colbert istituisce la Accademia di Francia, a Roma, punto di sosta e aggregazione per artisti di tutta Europa. Il Settecento è il secolo d’oro del viaggio in Italia. Il viaggiatore seicentesco è sempre un filosofo sperimentale, l’eredità che il XVI secolo consegna al successivo consiste in un’autentica passione per l’Italia quale immenso deposito di antichità, opere d’arte attrazioni naturali e variegato repertorio di forme politiche. La consuetudine del viaggio coinvolge sempre più aristocratici e borghesi; il Settecento assiste ad un altro fenomeno: la cospicua presenza delle donne. Il viaggio

apre alle donne spazi inediti. Gibbon pennella le caratteristiche tipiche del viaggiatore e l’effige appare retorica e statutaria; Sterne all’opposto vede quella del viaggiatore come una figura vittima di infermità del corpo e imbecillità della mente: i viaggiatori per Sterne sono delinquenti dati in consegna ad alcuni pedagoghi. In questo secolo il viaggio in Italia viene inteso all’interno del Grand Tour dei punti di maggior interesse del continente. Nell’età dei Lumi il viaggio in Italia da una specifica ideologia che struttura la capacità della percezione e quindi la resa descrittiva. Il successo della letteratura di viaggio è manifestazione tangibile di una vera e propria mania. Voltaire afferma che varietà e differenze raccolte nel corso dei viaggi sotto forma di dati empirici hanno il fine di porre in evidenza la dimensione più autentica e naturale dell’uomo. Samuel Johnson afferma che la diversità riconosciuta riconduce alla una morale comune e a un principio di uniformità etico e estetico degli esseri umani. Sottoponendo il viandante alle molteplici varietà della natura esso viene spinto a guardarsi dentro e a formare i propri atteggiamenti. Come il viaggiatore del XVIII secolo percepiva l’Italia? Privilegia il concetto di natura piacevole, addomesticata e immota. Emendata dalle sue stravaganze. Preferenze a paesaggi eroici o a idealizzate scene di genere ove la piacevolezza deriva da una percezione di famigliarità in contesti topografici nuovi. Il pittore topografico e di paesaggi, nell’età dei Lumi sembra avere interiorizzato il pensiero di Johnson riguardo alla grande uniformità che avvolge l’umanità. Più di un’inquietudine increspa lo specchio di una natura immobile e sempre uguale: è la categoria del sublime. L’erompere in forme patetiche e grandiose che hanno la forza di strappare lo spirito dell’uomo all’angusta sfera del reale e dell’opprimente prigione della vita fisica per spingerlo alla contemplazione della natura intesa come potere e minaccia. La nuova dimensione del sublime è occasione all’animo umano di espandersi oltre se stesso e misurarsi con la grandiosità della natura e far risaltare la fragilità umana. Il paesaggio delle Alpi ha costituito il topos per eccellenza del sublime. Con l’ampiamento della gamma dei protagonisti, i viaggiatori non sono più quelli di prima, il loro grado di differenza è dato dalle variate finalità dell’impresa. L’eclissi dello spirito cosmopolita sancisce la fine del Grand Tour e rimane l’esclusiva del viaggio in Italia. Non ci sono più solo i giovani, bensì: professionisti, uomini di chiesa, ex graduati, famiglie borghesi. Alcuni di questi trasforma il soggiorno temporaneo in una scelta di vita definitiva. Uno dei motivi nuovi del viaggio ottocentesco è la ricerca e l’indagine antiquaria e artistica in settori specifici. In età romantica si sviluppa una coerente e duratura teoria estetica che non prende più avvio dal principio di imitazione tipico del Settecento, che intendeva il viaggiatore alla stregua di un nitido specchio sulla quale si riflette il mondo esterno. L’attenzione si sposta dalla realtà esterna all’animo

di chi osserva. Il viaggiatore scopre il fascino delle differenze, sempre con maggiore insistenza si cerca la cifra caratterizzante: rinnovata capacità di stupirsi (sindrome di Stendhal). Questo è solo un risvolto del nuovo sguardo del viaggiatore, che fa il paio con l’angoscia che insidia il viaggiatore romantico: approdando in Italia egli ha la sensazione di essere arrivato alla sorgente antica e perenne del desiderio, ma di esserci giunto troppo tardi. Il viaggiatore romantico ha bisogno per far schiudere un orizzonte immaginativo, un aggancio alla realtà oltre la quale getta lo sguardo. Questo aggancio gli viene offerto dalla categoria estetica del “pittoresco”. La lunga fortuna della tradizione pittoresca nella cultura del viaggio si denota negli acquerelli, nei road books. I canoni estetici del pittoresco soddisfano la propensione allo stereotipo, ma in pari tempo gettano un’esca per l’accensione dell’immaginario. Elementi del repertorio che compaiono sono: le rovine, l’architettura gotica, capanne, mulini, edifici aulici, le gore

d’acqua, animali domestici, di fattoria, selvatici, zingari, mendicanti, villici. Il termine

pittoresco si identifica con l’Italia al punto che, dice la Jameson, se non avesse visitato l’Italia non avrebbe mai

capito la parola pittoresco. John Ruskin distingue un pittoresco nobile da uno

superficiale. Un contributo essenziale alla tradizione del viaggio in Italia a partire dalla fine del XVIII secolo dai viaggiatori del Nuovo Mondo. Gli americani dimostrano grande simpatia per l’Italia a differenza del tradizionale riserbo britannico. Il rapporto con gli americani è più complesso di quel che appare: la tradizione puritana inculca nel viaggiatore una visione negativa della terra italica, al contempo è un forte richiamo proprio perché patria di tanti padri della cultura e della chiesa stessa. Siamo ormai in un’epoca in cui il viaggio in Italia alla vecchia maniera, individuale si tramontato per sempre e sussista soltanto come romantica reverie. Thomas Cook è considerato il creatore dei viaggi organizzati, da lui in poi il turismo prende le sembianze di una iniziativa imprenditoriale. 2. La preparazione al viaggio e il corredo del viaggiatore La tradizione odeporica si è data ergendosi a canone letterario, rigidi canoni che hanno privilegiato specifici temi e figure retoriche. A sentirli narrare sembra che gran parte dei viaggiatori non abbiano viaggiato con l’ingombro del corpo e con il fardello dei desideri, timori e ansie. Camuffati da diari e da epistolari, spesso redatti ad anni di distanza dall’effettivo svolgimento, i libri di viaggio restituiscono l’immagine di un viaggiatore all’apparenza insensibili non solo agli stimoli e alle necessita corporali, ma anche al tedio e alle preoccupazioni. La letteratura di viaggio ha privilegiato le osservazioni, la figura del viaggiatore viene opportunamente nascosta. Bisogna dare conto però di alcuni autori che infrangono il canone per scelta, ma anche per difficoltà a tacere il proprio disagio.

Ne è un esempio Tobias Smollett, per il quale il viaggio si prospetta come un’odissea. E ancora Sterne, nella sua letteratura traspare l’idea che spostarsi implicasse una buona dose di disagi. I suoi scritti sono un corredo di doglianze per malanni, furti e avvelenamenti subiti. L’interesse di tanti viaggiatori non volge alla bellezza dei monumenti o dell’arte, bensì a scopi inconfessabili. Il discendere la penisola pare accendere pulsioni e brividi fino a quel momento ignoti. La liceità fa parte del prototipo del viaggiatore, il quale non conosce limiti alle proprie avventure amorose. Infatti sono il frutto di un atteggiamento tipico dello straniero a cui tutto è permesso. Fino a buona parte del XIX secolo il viaggiatore è vincolato nei preparativi al viaggio ai precetti di Francis Bacon. I suoi scritti si rivolgono al viandante che vuole affinare la propria cultura, mosso da uno spirito di conoscenza. Non sorprende quindi che sia necessario premunirsi di attrezzi atti all’attività scientifica. Inoltre è necessario conoscere la lingua e le tradizioni locali e la geografia. Uno degli esempi più emblematici di guida di viaggio o vademecum è di Kitchiner: The traveller’s oracle. Alla complessa fase preparatoria apparteneva la scelta di uno o più compagni di viaggio. Quando a partire era il rampollo poco più che adolescente di una famiglia aristocratica, il compagno di viaggio che lo affianca era un vero e proprio tutore. Nel corso del XVIII secolo le famiglie aristocratiche erano solite far scortare i loro giovani eredi da autentici cortei di pedagoghi e di inservienti, ma non mancano viandanti parsimoniosi e solitari. Non possiamo non cogliere una moderna saldatura fra un romantico spirito itinerante e un ormai irrinunciabile bisogno di sempre maggiori comodità. Primaria necessità era procurarsi una buona guida dell’Italia. Il mutamento radicale del libro di viaggio avviene nel decennio 1830-40 con la comparsa nel primo caso di una vera e propria saggistica topografica e di viaggio. Dietro lo sviluppo delle guide c’è il notevole incremento del turismo. Non possono mancare libri sull’arte e stradari. Accanto a volumi come quelli elencati, fin dal Cinquecento, il forestiero si documenta anche su testi italiani. Non meno importanti le carte geografiche. I preparativi per la partenza possono essere esaltanti ma anche terribilmente noiosi. La burocrazia segnala una intransigente invadenza. Il passaporto costituisce una fondamentale garanzia in ogni paese, i viaggiatori dovevano ottenere in anticipo il visto d’ingresso nei vari stati in cui erano suddivisi i paesi. Per quanti provenivano dal mare era necessario presentare un bollettino di sanità. Un altro problema era la salvaguardia del denaro portato appresso. Lo sviluppo del moderno sistema bancario ha permesso, dalla fine del XVII, l’utilizzo di lettere di credito. Pur lontani i tempi in cui

era obbligatorio fare testamento prima della partenza, il viaggio nell’età moderna rappresenta pur sempre la rottura momentanea di un sistema preordinato di vita. Per questo era consuetudine far celebrare messe pro itinerantibus. Protagonista del viaggio è senz’altro la valigia. Fra 6 e 700 si afferma una valigeria varia e funzionale. Eredi dei cassoni rinascimentali, i bauli sono di legno coperti in pelle con rinforzi per gli spigoli. Portarsi un’arma appresso diviene un’abitudine consolidata: nel gergo dell’epoca dei maneggevoli terzaroli. Il necessaire è lo strumento che più di ogni altro è connesso all’arte del viaggiare. È il prediletto del viaggiatore. Questo feticcio compare alle soglie dell’età moderna e non cessa di perfezionarsi fino agli inizi del Novecento. Non esiste bisogno che non venga soddisfatto da questi cofanetti, durante il viaggio. Sono veri e propri campionari di utensili utili per: la rifocillazione, la toeletta, scrivere, cucire. È un’estensione dell’agio e del rassicurante lusso di casa. Uno degli oggetti maggiormente diffusi sono gli scrittoi da viaggio: il writing box. Intorno alla metà dell’Ottocento gli abiti della nuova itinerante borghesia non devono essere né troppo eleganti né troppo trasandati, ma assumere un proprio stile e una propria fisionomia. Per lunga tradizione il vestiario del viaggiatore si è sottratto ai mutamenti del costume e delle mode; fino al XIX secolo l’abito indossato nei lunghi tragitti non è altro che il vestito smesso per usura. Caratteristica basilare del guardaroba da viaggio femminile è la mancanza di articolazione consistendo l’abito in una gonnella e in una casacca. Dal mantello deriverà il capo turistico per eccellenza anche ai giorni nostri: lo spolverino. Altro capo di vestiario essenziale è il gilet. 3. Il fragore delle ruote e i mezzi di trasporto Oggi consideriamo il viaggio un celere spostamento, un tempo era un’esperienza irripetibile che esigeva un’accurata preparazione. La buona riuscita di un viaggio dipendeva dai ritrovati più aggiornati della tecnica. Buona parte degli inconvenienti del viaggio si possono evitare procurandosi un’ampia carrozza, da essa si può trovare la derivazione dei moderni veicoli per le vacanze: roulotte e caravan. Il rudimentale carriaggio adibito al trasporto di persone presenta fra il XIV e il XVI secolo, elementi che s’ingegnano a favorire un minimo di comodità. La più importante innovazione è l’isolamento del corpo centrale e la creazione di una vera e propria cabina privata. Con l’avvento del secolo d’oro del viaggio: il Settecento, le descrizioni delle carrozze sono moltissime. Agli inizi dell’Ottocento le carrozze subiscono sostanziali modifiche per quanto concerne il trasporto dei passeggeri sia per le caratteristiche tecniche.

La diligenza postale è il mezzo pubblico per eccellenza, oltre che il più economico. I passeggeri vi sono così variamente assortiti e così casualmente appaiati, così costretti a trovare una buona sistemazione, così desiderosi di trascorrere assieme e con piacere un non breve lasso di tempo che non possono con contrarre l’abitudine di parlare e di rivolgersi con gentilezza ai vicini. Agli inizi del XIX secolo la carrozza può trasportare, a passo d’uomo, fino a trenta passeggeri. La mancanza di spazio, il contatto con gli altri, il caldo e il fetore trasformano la carrozza in una galera di schiavi e quelli che si trascorrono sono ora da purgatorio. La carrozza privata è un lusso che pochi viaggiatori si possono concedere. Attività assai diffusa è quella del vetturino, un tassista ante litteram, un’attività rischiosa che richiede spirito di iniziativa poiché deve essere pronto in qualsiasi momento a percorrere anche grandi distanze. In Italia i vetturini sono numerosi. Talora si può formare una vera e propria carovana di vetture sotto le direttive di un’altra figura ricorrente in Italia: il procaccia. Egli fornisce il mezzo di trasporto per chi non viaggia con la carrozza personale, il corriere o il postale. Nella seconda parte dell’Ottocento il tema della carrozza è sempre più centrale, tanto che si diffondono riviste che ne parlano. Si arriverà a pensare che non sono né il cibo scadente né la mancanza di riposo a rendere sgradevole il viaggio bensì la carenza di spazio. La vita in carrozza, seppure in una vettura padronale fornita di ogni comodità, si traduce in periodi interminabili di tempo impiegati a percorrere le distane che separano le varie città. La carrozza impone un’organizzazione del tempo tutta interna al veicolo, la maggior parte del quale viene

dedicato alla lettura e ai giuochi da tavolo come gli scacchi o quelli di società. Per

comprendere quale fosse la velocità media del viaggiatore bisogna ragionare “per poste” situate ogni 6/8 miglia. La velocità media di una carrozza oscillava dalle quattro alle sei miglia l’ora così che nel corso della giornata si percorrevano dalle cinquanta alle settanta miglia. Fino alla metà dell’Ottocento, il viaggio in Italia esclude una permanenza in mare troppo prolungata. La crociera per diporto è una consuetudine abbastanza tarda nella storia del viaggio. I vascelli che compaiono nei diari sono adatti a bordeggiare sotto costa o percorrere tratti relativamente brevi di mare aperto. Pessime sono di solito le condizioni di viaggio. Con gli anni poi...


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