Museologia - I Musei - Riassunti libro Falletti - Maggi PDF

Title Museologia - I Musei - Riassunti libro Falletti - Maggi
Course Museologia 
Institution Università degli Studi di Salerno
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Riassunti libro Falletti - Maggi...


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I MUSEI CAPITOLO PRIMO I Musei tra luoghi comuni e realtà Nel 1946 con la nascita dell'International Council of Museums (ICOM), l'organismo associato alle Nazioni Unite che si occupa dei musei, ha emanato una definizione dei musei: "tutte le collezioni aperte al pubblico di materiale artistico, tecnico, scientifico, storico o archeologico, inclusi zoo e giardini botanici, ma escludendo le biblioteche, a meno che non mantengano sale di esposizioni permanenti". Negli anni successivi, l'Icom ha adottato altre sette diverse definizioni; un cambiamento decisivo si ebbe nel 1951 con l'introduzione del concetto di "interesse pubblico" e si indica cosa il museo deve fare con le sue collezioni: preservarle, studiarle, migliorarle in vari modi ed esporle al pubblico per il suo diletto e la sua istruzione. Tutto ciò diviene importante perchè, per la prima volta, si indica la finalità del museo. Altro cambiamento si ha nel 1961 in cui si definisce che "il museo è un'stituzione permanente che conserva ed espone, a scopo di studio, istruzione e diletto, collezioni di reperti di interesse culturale e scientifico"; quest'ultima definizione è rivolta anche ai concetti di "paesaggio" e "ambiente naturale". Grazie ad Andrè Malraux, ministro della Cultura del governo de Gaulle, nel 1959 si introduce il concetto del termine "patrimonio culturale" in ambito amministrativo con la firma del decreto; ciò evidenzia che non si poteva guardare alla cultura come un insieme di singole eccezionalità perchè ogni elemento ha significato in un contesto culturale, sociale e ambientale che ne è parte integrante. In una storica riunione dell'Icom nel 1971 a Santiago del Cile si dichiarava, esplicitamente, che il museo deve essere a servizio della società e del suo sviluppo. Questa nuova concezione diede il via alla nascita di piccoli musei locali e la loro diffusione porta a parlare di una "Nuova museologia" come aspirazione a "un museo aperto all'esterno, trasportato fuori dalle mura di un edificio, fatto dalla collettività e per la collettività". Nel 1995, la sesta definizione, vede l'aggiunta di due categorie all'interno delle istituzioni che possono chiamarsi museo: amministrazioni pubbliche responsabili di musei e istituzioni impegnate nella formazione e nella ricerca museale. Nel 2004 l'Icom introduce un'ulteriore novità con il concetto di "patrimonio immateriale" e definisce il museo come: "un'istituzione permanente senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali e immateriali dell'uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, le comunica e specificamente le espone per scopi di studio, istruzione e diletto". - Il museo deve essere un'istituzione permanente perchè i compiti che intende svolgere richiedono

una struttura stabile, personale esperto; - La necessità di non avere scopo di lucro si rafforza ancor di più con l'emergere di finalità sociali esplicite, che sarebbero incompatibili con un interesse di mercato;

- I musei non dovrebbero essere dei contenitori di oggetti, ma dei luoghi di incontro e di crescita culturale per la popolazione;

-gli oggetti della cultura sono considerati tali perchè sono in grado di raccontare la storia delle società umane. La ricerca sulle testimonianze materiali e immateriali è un atto essenziale del museo che, attribuisce, una valenza emblematica e la capacità di rappresentare dei significati agli oggetti;

- La parola "ambiente" va concepita, non solo in ambito naturalistico, ma anche come un aspetto fatto di rapporti sociali ed economici, di legami tra persone;

- Sono i compiti fondamentali di un museo. Senza reperti, cioè senza conservazione, non si parlerebbe neppure di museo e mancherebbe un elemento chiave per la comunicazione con il pubblico oltre che per la ricerca. Quest'ultima permette di usare le collezioni per articolare discorsi culturali ripetuti nel tempo e tiene conto del passato. Il museo è una macchina culturale in cui queste tre funzioni si integrano e lavorano insieme;

- L'esposizione di un museo è il suo modo di parlare alla società. L'esposizione delle collezioni permanenti o temporanee soddisfa le necessità di studio e di formazione di studenti e ricercatori, ma serve anche per il diletto. Il fatto che un museo debba fare ricerche implica la presenza di un personale specializzato che opera sulla base di metodologie e deontologie professionali condivise.

CAPITOLO SECONDO Dall'arca di Noè ai musei di domani La parola "museo" deriva da museion, luogo sacro alle Muse. Museion era l'edificio voluto da Tolomeo I Sotere nel III secolo a.C. ad Alessandria d'Egitto. Renzo Piano identifica l'archetipo del museo nell'arca di Noè come "ciò che va salvato dall'oblio e tramandato al futuro". Già nel Mesolitico e nel Neolitico ritroviamo forme archetipiche di museo: tombe e templi. Le prime, in quanto, arricchite da oggetti e suppellettili capaci di rendere il defunto degno di

memoria; i secondi, non sono solo luoghi sacri ma anche scrigni in cui contenere i tesori materiali e culturali della comunità. Tombe, templi, palazzi reali appaiono come musei ante litteram per il fatto di essere stati depositi della memoria collettiva; i musei ante litteram possono essere anche le piramidi dell'antico Egitto: un museo svolge il ruolo di custode della memoria, di luogo in cui una comunità si identifica attraverso la creazione, la conservazione e la coscienza del proprio patrimonio culturale. In questo senso, il museo è fondamentale sia per la comunità che per i singoli individui. - Il Museion di Alessandria d'Egitto Le Muse erano le figure mitologiche alla quale il Museion era dedicato, fatto costruire da Tolomeo I Sotere che incaricò Demetrio di Falera. Fondato intorno al 300 a.C., comprendeva una biblioteca, un osservatorio astronomico e un giardino botanico. Il Museion era un luogo di studio, ricerca, conservazione e rielaborazione del patrimonio. Sarebbe riduttivo, però, ricordare questo luogo solo per le Muse o per la sua biblioteca.. per due ragioni: in primo luogo perchè al Museion si ispireranno i musei universitari; in secondo luogo perchè il confronto continuo fra studiosi e l'attività di ricerca e sperimentazione rimangono un modello di riferimento anche per i musei contemporanei. Esso fu distrutto da un incendio nel 270 a.C. e il culto delle Muse sarà abbandonato ma ritornerà nel periodo rinascimentale. - Cristianesimo e Medioevo L'età romana segnò una battuta di arresto e il termine latino museum fu usato per indicare grotte e anfratti realizzati nei giardini delle ville private abbelliti con mosaici murali e conchiglie. Dalle prime rivolte cristiane fino all'avvento di Teodosio, l'iconoclastia si abbattè sui simboli pagani dell'arte e della cultura greca. Con il declino dell'Impero d'Occidente la fruizione delle opere d'arte risultò impraticabile, ma non solo. Anche con l'avvento dei barbari e dei saccheggi, l'imperatore Avito dovette far fondere le statue per ricavarci il metallo da vendere. Nel Medioevo i protagonisti della conservazione diventano chiese, cattedrali e monasteri. Nelle chiese, oltre a reliquie e oggetti sacri, vi sono "oggetti delle meraviglie" costituiti da reperti inconsueti. - Il Museo Capitolino Sul finire del XV secolo la corte papale decide di riprendere il legame alle Muse e di permettere che la parola "museo" acquisti maggiore importanza. Nel 1471, papa Sisto IV dona antiche statue pagane in bronzo ed è il gesto che porta alla fondazione del primo nucleo del Museo Capitolino, considerato il primo museo moderno della storia. Le motivazioni della sua nascita inducono a sospettare che le ragioni politiche abbiano prevalso rispetto a quelle culturali, soprattutto, per l'affermazione del papato come unico ere politico-culturale dell'impero. - Paolo Giovio e il suo museo a Como La parola “museo” viene usata in senso moderno da Paolo Giovio nato a Como nel 1483, fu per molti

anni a seguito di Giulio de’ Medici che divenne papa Clemente VII e lo nominò vescovo di Nocera dei Pagani. Frequentò il Vasari e strinse amicizia con figure importanti come Francesco I, Cosimo de’ Medici, Carlo V; proprio queste amicizie influenzarono Paolo III Farnese che provò dei risentimenti verso Giovio. Egli ebbe, però, un periodo positivo con papa Paolo III e proprio in questo periodo Giovio diede vita al Museo di Borgo Vico, presso Como: usò per la prima volta la parola “museo” indicando un progetto iconografico ben definito e un edificio che potesse accogliere le collezioni a servizio delle persone come luogo di conoscenza. L’edificio fu ispirato alle ville classiche e fu eretto tra il 1537 e il 1543; la prima sala era dedicata alla raffigurazione di Apollo e delle Muse mentre le altre ospitavano la collezione che comprendeva un numero elevato di ritratti di papi, imperatori ecc. Giovio voleva fare del suo museo un luogo di conoscenza e, per questo motivo, accanto ad ogni ritratto egli collocò i suoi scritti che chiamò “Elogia”: restituivano la storia, la personalità di ogni personaggio rappresentato. L’umanista morì nel 1552, trent’anni dopo la sua collezione venne divisa tra gli eredi e la villa fu distrutta. Studioli e camere speciali: la cultura della segretezza e della meraviglia Giovio propone un nuovo modello, dove la collezione è inserita in un percorso espositivo minuziosamente pensato per offrire al pubblico sia emozioni che conoscenza. Questo progetto non si impose Urbino come unico modo per presentare e conservare le collezioni. A partire dal XIV secolo presso le corti iniziò a diffondersi la raccolta di oggetti rari e preziosi che venivano custoditi negli studioli, luoghi adibiti alla conoscenza ma anche alla conservazione degli oggetti speciali. Tra gli studioli più celebri vi sono quelli di Federico da Montefeltro nel Palazzo Ducale di Urbino, Francesco I de’ Medici in Palazzo Vecchio a Firenze e Isabella D’Este nel Palazzo Ducale di Mantova. Era ambienti privati di piccole dimensioni, spesso segreti ed erano ornati da decorazioni di grande pregio; garantivano tranquillità ed erano ideali per dedicarsi allo studio, ad affari privati e incontri riservati con personalità importanti. Per lo studiolo di Federico da Montefeltro fu scelto, nel 1476, di ricoprire le pareti di rivestimenti lignei con complessi intarsi realizzati con la tecnica del trompe-l’oeil con effetti di illusione prospettica. Tra gli oggetti raffigurati si evidenziavano armi e armature per indicare l’importanza di Federico come condottiero; al di sopra delle tarsie e sotto il soffitto a cassettoni i ritratti di papi, cardinali, poeti, filosofi. Federico da Montefeltro possedeva un secondo studiolo a Gubbio che poi è stato acquisito dal Metropolitan Museum di New York. Lo studiolo del granduca di Toscana Francesco I de’ Medici fu decorato con stucchi e pitture da oltre trenta artisti seguendo le indicazioni di Vincenzo Borghini e realizzato in stile manieristico con la supervisione di Vasari. Sulla volta vennero raffigurati i quattro elementi costitutivi dell’universo secondo le filosofie antiche; mentre sulle pareti vi erano molti dipinti tra cui i ritratti di Cosimo ed Eleonora de’ Medici, le sculture bronzee erano poste in apposite nicchie. Nello studiolo non erano presenti né oggetti devozionali né i testi antichi base per la cultura rinascimentale; il suo scopo, oltre

come luogo di conoscenza, era di conservare gli oggetti rari e preziosi dal punto di vista economico e artistico. Dopo la morte di Francesco I, lo studiolo fu distrutto e i dipinti spostati a Palazzo Pitti e la sua ricostruzione fu possibile solo grazie alle descrizioni di Vasari e Borghini. La collezione di Francesco I costituirono la base per la fondazione della Galleria degli Uffizi inaugurato nel 1581 e dal 1591 aperto ai visitatori che facessero richiesta al granduca Ferdinando I. Dopo il matrimonio con Francesco II Gonzaga, Isabella D’Este decise di creare, nella torre del Castello di San Giorgio, un suo studiolo e una “grotta” caratterizzato da una volta a botte collegato da una scala. Le opere d’arte custodite erano, principalmente, dipinti da lei commissionati ad importanti pittori; mentre gli oggetti antichi erano custoditi nella grotta. Dopo la morte del marito, sia grotta che studiolo furono trasferiti nella Corte Vecchia; gran parte della collezione dei Gonzaga fu venduta a Carlo I d’Inghilterra mentre un’altra parte fu distrutta nell’incendio del 1698. Gli studioli erano completamente diversi dal museo descritto da Giovio: i primi erano strettamente personali; i secondi erano utilizzati da un largo pubblico e per la trasmissione della memoria. Schtazkammer e Wunderkammer Dalla seconda metà del Cinquecento gli studioli assumono una maggiore rilevanza e si diffondono le Schatzkammer o camere del tesoro, ricche di pietre preziose e metalli pregiati. Quella più importante è la Schatzkammer del complesso viennese della Hofburg. I veri luoghi della curiosità e dello stupore sono però le Wunderkammer o camere delle meraviglie: lo scopo principale era quello di creare stupore e meraviglia nei visitatori-ospiti. Le mirabilia, cioè gli elementi che stimolavano sentimenti e desideri grazie alla loro straordinarietà, potevano essere: naturalia nonché i prodotti della natura e artificialia i prodotti creati dall’uomo. L’interesse per le raccolte naturali ha influenzato la realizzazione del primo museo di storia naturale da parte di Ulisse Aldrovandi. Il clima di diffidenza nei confronti degli umanisti, nel periodo di Controriforma, costò ad Aldrovandi l’accusa di eretico: egli fu prosciolto ma poi si dedicò alla raccolta e catalogazione di pesci, proprio per poter essere apprezzato dall’ambito ecclesiastico. Questo progetto gli diede la possibilità di creare il suo museo naturalistico; l’intento principale era quello di raccolta ed esposizione di tutti i possibili esemplari del regno vegetale, animale e minerale. Aldrovandi nel 1568 convinse il Senato bolognese a creare l’Orto Pubblico che diresse per quarant’anni in un cortile del Palazzo Pubblico. Dopo la sua morte, per sua volontà, tutte le sue collezioni furono destinate al Senato di Bologna per far sì che le sue fatiche diventassero importanti ed utili per la città. Nel 1907, nel terzo centenario dalla sua morte, una parte della collezione fu riunita nella biblioteca universitaria di Bologna. Egli scrisse anche una storia illustrata degli animali e nel 1603 coniò il termine “geologia”. La differenza tra questo tipo di museo e le Wunderkammer non è netto, probabilmente, quest’ultime puntano sulla meraviglia e le rende meno vicine al museo naturalistico. Tra le Wunderkammer più spettacolari si nota quella dell’arciduca d’Austria Ferdinando nel Castello di Ambras in Tirolo. Si traferì ad Ambras in un castello gotico che fece trasformare in stile rinascimentale

e si dedicò alla raccolta della sua collezione e alla costruzione della sua camera delle meraviglie. Parti del palazzo furono dedicate a ritratti e a diversi oggetti; si presentava anche una collezione di naturalia e artificialia contenute in diciotto teche alte fino al soffitto. Altre Wunderkammer importanti furono quelle di Alberto V di Baviera a Monaco e dell’imperatore Rodolfo II d’Asburgo nel Castello di Praga. Alberto V aveva degli emissari che erano incaricati di acquistare tutti gli oggetti più strani proprio per realizzare la sua camera che era dedicata ai tre regni della natura. La catalogazione fu affidata a Samuel Von Quiccheberg, venne stampato nel 1565 con il titolo di Museaum Theatrum che fu considerato il primo catalogo a stampa di un museo; le raccolte furono divise in cinque categorie: oggetti religiosi, sculture e opere plastiche, storia naturale, strumenti musicali e scientifici e opere d’arte. Rodolfo II d’Asburgo formò la sua Wunderkammer con oggetti provenienti da varie parti del mondo: i dipinti di Arcimboldo, denti di tigre. L’imperatore era ossessionato da tutto ciò che era occulto. Una delle più importanti camere delle meraviglie italiane fu quella creata da Manfredo Settala con circa tremila mirabilia. Tra gli oggetti più stupefacenti vi era un diavolo meccanico; la catalogazione fu di del fisico Paolo Maria Terzaghi con il titolo Museum Septalianum. Le Wunderkammer erano, spesso, luoghi in cui si osservazione e studio della diversità. Dall’Illuminismo a fine Ottocento Agli inizi del XVII secolo la società era pronta ad accogliere gli stimoli indotti da Francesco Bacone che contrappose una logica di carattere sperimentale e induttivo: un nuovo metodo per far sì che l’uomo domini sulla natura. La nuova idea conquistò gli studiosi e fu la base per la creazione della “Royal Society” (1660), accademia inglese delle scienze, durante gli incontri il “collegio invisibile” discutevano della nuova filosofia volta a promuovere la conoscenza mediante l’osservazione diretta e la sperimentazione. Grazie alla nuova filosofia baconiana nacque nel 1683 l’Ashmolean Museum di Oxford, il più antico museo universitario del mondo. Elias Ashmolean ricevette in dono la collezione di John Tradescant, con l’impegno di realizzare un edificio che potesse contenerla. L’interesse degli accademici, nella logica baconiana, non era più mirato sull’aspetto della meraviglia destinata a pochi ma si sposta sullo studio e sulla sperimentazione. Fu istituito un corso di storia naturale sperimentale e le collezioni dell’Ashmolean furono aperte al pubblico sia agli studiosi che a gente comune con il pagamento di un biglietto. Oltre che primo museo universitario, divenne anche il primo museo “popolare” del mondo. La filosofia di Bacone e degli altri empiristi inglesi definì le basi sulle quali si creò l'Illuminismo, soprattutto, in Francia dove si coniugò l'uso della ragione e della sperimentazione e la fiducia nel progresso. Nel Settecento l'apertura al pubblico delle collezioni si diffuse in diversi paesi europei e anche lo zar Pietro il Grande condivise questa svolta. Lo zar conobbe Leibniz ed ebbe con lui un rapporto epistolare, lo scienziato affermava che le camere delle meraviglie non servivano solo per appagare la curiosità ma anche per perfezionare le arti e le scienze. Dopo il trasferimento della capitale dell'impero russo da Mosca a San Pietroburgo, lo zar decise di creare la Kunstkamera ovvero

il primo museo della Russia in cui le collezione avrebbero consentito al popolo di osservare e istruirsi. La prima mostra avvenne nel 1719 all'interno della casa confiscata al boiardo Kikin; le collezioni furono trasferite nel grande palazzo costruito lungo la Neva per volontà di Piero il Grande e completato nel 1727. Nel 1713 Maria Luisa, ultima della dinastia dei Medici, fu dichiarata erede del Granducato: questa successione non avvenne poichè a seguito del Trattato di Vienna, la corona passò a Francesco Stefano di Lorena. Dopo due anni dalla morte del fratello di Maria Luisa, quest'ultima promulgò una convenzione con la quale cedeva al nuovo granduca le collezioni medicee a condizione che non fossero trasportate fuori da Firenze e, soprattutto, dovevano essere fruibili al pubblico. Inoltre, nel 1769 gli Uffizi furono aperti al pubblico per volontà del granduca Pietro Leopoldo. Il British Museum Il British Museum nasce a Londra nella metà del Settecento, il promotore fu Sir Hans Sloane medico e naturalista britannico succeduto nel 1727 a Newton nella presidenza della Royal Society. Sloane propose a re Giorgio II di donare la sua collezione e nel 1753 fu accettata e una legge (Act of Parliament) decretò la nascita del museo. Nel 1759 il British fu aperto con ingresso gratuito per studenti, persone interessate. La figura dello scienziato si delineava come vera e propria professione e l'educazione pubblica diventava una priorità del museo. Sede iniziale del museo fu il palazzo signorile, Montagu House, poi nel 1847 fu terminato l'edificio che oggi ospita il museo. La specializzazione e l’ordine razionale delle collezioni secondo lo spirito illuminista La nuova ideologia abbandona definitivamente la meraviglia e inizia ad influenzare l’approccio dei musei verso le collezioni: si compie la separazione tra arte e scienza; da un lato inizia ad assumere grande importanza la figura dello scienziato, mentre dall’altro inizia a diffondersi la figura del critico d’arte che doveva c...


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