Neuromarketing libro PDF

Title Neuromarketing libro
Author Federica Buonomo
Course Psicologia dei consumi e Neuromarketing
Institution Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM
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“Neuromarketing, Comunicazione e Comportamenti di Consumo” CAPITOLO 1 – IL CONTRIBUTO DEL NEUROMARKETING PER LO STUDIO DEI COMPORTAMENTI DI CONSUMO E LA COMUNICAZIONE CHE COS’è IL NEUROMARKETING E COME FUNZIONA: è un nuovo campo di studio nato dalla convergenza delle teorie di mktg, scoperte neuroscientifiche, economia comportamentale, psicologia dei consumi, comunicazione, e tecnologie di analisi di indici psicofisiologici e neurologici. L’idea di base è che le decisioni possano essere caratterizzate da processi irrazionali, intuitivi, euristici ed affettivi. Il neuromktg non potrà mai guidare i comportamenti dei consumatori, ma offrire la possibilità di misurare in maniera diretta le emozioni e i processi, di cui i consumatori potrebbero non essere consapevoli, delle scelte di consumo e le reazioni agli stimoli pubblicitari. Il neuromktg offre tecniche capaci di misurare il coinvolgimento emotivo, la focalizzazione attentiva e la memorizzazione, aspetti determinanti del processo di consumo. Il principio base del neuromktg recita che il consumo è un atto dotato di senso, in cui la dimensione emotiva, relazionale e identificatoria (nel gruppo) ha un ruolo predominante rispetto alla funzionalità del prodotto. Dagli anni ’70 in poi abbiamo assistito ad un mutamento paradigmatico nel modo di studiare i consumatori grazie ad una nuova modalità di rappresentazione dei processi decisionali. Questa nuova modalità si basa sulla prevalenza della dimensione emotiva nella percezione delle stimolazioni e sulla non-esclusione ma mutuo influenzamento dei due processi di decodifica di queste: quello emotivo e quello cognitivo, che, però, vengono mediati da sistemi cerebrali del tutto differenti anche se interagenti. Nel 1996 LeDoux espose la sua posizione a riguardo: egli sosteneva che il sistema cognitivo fosse caratterizzato dall’attivazione della zona corticale, secondo un processo più lento e dispendioso, e da un altro processo (emotivo) con funzione adattiva, più veloce e collegato alla zona talamica, la parte più ancestrale del cervello (vedi p73). Le neuroscienze studiano il sistema nervoso partendo dall’analisi dei processi biologici integrandoli con quelli di psicologia e psicofisiologia. Per fare ciò si servono di sofisticate tecnologie: la risonanza magnetica funzionale (fMRI), la risonanza a emissione di positroni (PET), l’analisi elettroencefalografica e l’analisi dei segnali psicofisiologici (come la frequenza cardiaca e respiratoria). Le principali tecniche di misurazione del neuromktg sono: • Eye tracking: misurazione del movimento oculare tramite uno strumento (eye tracker) che permette di analizzare le fasi di esplorazione oculare (saccadi), i tempi di fissazione, il percorso di visione, la dilatazione pupillare (strettamente connessa all’attivazione fisiologica) e il blinking. Gli output derivanti sono le Heat Map (in funzione della durata e del numero di fissazioni), le Focus Map (restituiscono info sulle aree non osservate) e gli Scan Path. Lo strumento può essere utilizzato sia in laboratorio che sul campo.

Analisi della skin conductance: determina il grado di attivazione psicofisiologica e viene misurata tramite anelli o braccialetti in grado di rilevare il cambiamento del livello di sudorazione indicatore del grado di arousal provocato sia da stimolazioni ambientali che da stati interni. • Analisi respirazione e battito cardiaco: la velocità e la profondità del respiro è correlata al grado di attenzione e tensione emotiva, mentre il battito cardiaco allo stato di concentrazione. Si possono misurare tramite strumenti posizionati sul corpo del soggetto o a distanza tramite l’analisi del flusso sanguigno del volto fatta da una webcam. • Misura espressioni facciali: si valuta il movimento dei muscoli del volto in relazione all’emozione provata. Per analizzare le espressioni facciali si utilizzano software specifici come il Face Reader, per analizzare le microespressioni, invece, ci si affida al modello FACS (Facial Action Coding System) e alle competenze di un esperto in grado di valutare con la moviola i movimenti del volto. • Analisi tempi di risposta e latenza: è una misura del processo di comparazione tra stimoli in termini di velocità di risposta ad essi valutandone la forza di associazione. Tempi di latenza più brevi indicano un più radicato atteggiamento nei confronti di quello stimolo. • Analisi dell’elettroencefalogramma EEG: si misurano le onde cerebrali e le zone del cervello attivate dalle determinate stimolazioni. La forza di tutti questi strumenti sta nella loro capacità di rilevare anche i più lievi cambiamenti e nella possibilità della loro sincronizzazione e integrazione reciproca. Negli ultimi anni la neuroscienza ha sviluppato sistemi di indagine sul cervello non invasivi in grado di misurare le attivazioni cerebrali. Gli strumenti di Brain Imaging si basano sulla fMRI, in grado di misurare il flusso sanguigno nelle varie parti del cervello, e sulla Magnetoencelografia (MEG), attivata dai campi magnetici determinati dalla attivazione elettrica del cervello. Queste tecniche hanno permesso di mappare il cervello e individuare quali zone si attivano in relazione a particolari comportamenti o esperienze. Anche la EEG può essere considerata una tecnica di Brain Imaging, la più antica, anche se la sua efficienza è ridotta in quanto permette di misurare l’attivazione solo sullo scalpo. Nell’analisi dei processi inconsapevoli il neuromktg può contribuire a valutare tre processi fondamentali nelle scelte di consumo: • Attenzione: può avvenire in maniera guidata (top-down) e quindi direzionata dalle aspettative della comunicazione, oppure in maniera spontanea (bottom-up), stimolata dall’ambiente. Nel mktg l’eccesso di novità può avere effetto negativo: è bene infatti trovare un perfetto equilibrio tra l’attrattività data dalla novità e il riconoscimento di ciò che è noto e familiare. • Emozione: gioca un ruolo determinante. È pressochè inconsapevole e immediata. Dell’emozione è possibile misurare la valenza (positiva o negativa), l’arousal (intensità) e la sua motivazione. • Memorizzazione: processo più articolato da misurare. Si presenta con due dimensioni: una in entrata, ovvero la codifica delle informazioni il loro radicamento nel sistema mnemonico, e una in uscita cioè il recall di ciò che si è memorizzato e il riconoscimento. I contributi più importanti del neuromktg si riferiscono ai processi neurologici e psicofisiologici legati a: • Rappresentazione degli stimoli e capacità di attirare o meno l’attenzione: la prima è influenzata dalle possibili scelte, dai processi interni e dalle condizioni esterne. L’attivazione della rappresentazione del prodotto può essere più rapida per quelli più graditi ed avvenire in maniera inconsapevole. Non attira l’attenzione tutto ciò che è davanti ai nostri occhi, questa è influenzata dal contesto o da come vengono presentate le informazioni. Secondo il processo bottom-up solo gli stimoli salienti attirano la nostra attenzione, ma vanno anche considerati i bias attentivi. Secondo questi, ad esempio, i consumatori prestano più attenzione agli a ciò che sta in alto a dx del campo visivo durante la fase di acquisto. Il processo top-down, invece, contribuisce a rendere più facilmente rilevabili alcuni stimoli piuttosto che altri. Le aspettative, ad esempio, sono in grado di generare la cecità attenzionale per cui si vede solo ciò che ci si aspetta di vedere. Queste fanno in modo che gli stimoli coerenti con esse risultino più pregnanti rispetto a tutti gli stimoli neutri. È per questo motivo che il movimento degli occhi risulta differente se vi è un obiettivo preciso rispetto a quello determinato dalla semplice osservazione libera. • Previsione del valore attribuibile allo stimolo di consumo o comunicazione: le ricerche hanno dimostrato che vi sono tre aree del cervello coinvolte nella valutazione della piacevolezza dell’esperienza di consumo. Esse sono il corpo striato, la corteccia vento-mediale prefrontale e la corteccia dorsolaterale prefrontale. Tramite la misurazione del grado di attivazione di queste aree del cervello, il neuromktg è in grado di stabilire il grado di piacevolezza attribuito dal soggetto all’esperienza di consumo o alla comunicazione pubblicitaria. •

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Memorizzazione e relativo apprendimento dei processi di consumo: gli studiosi si sono concentrati sia sulla misurazione della memoria implicita, cioè quella che non arriva alla coscienza del soggetto, sia su quella della memoria esplicita. Vi sono numerosi studi in grado di dimostrare l’effetto inconscio che possono avere alcune stimolazioni, come quelli riguardanti l’effetto priming.

LA RISCOPERTA DELL’INCONSCIO: negli anni ’50 Ogilvy scrisse che “le persone non pensano ciò che sentono, non dicono ciò che pensano e soprattutto non fanno ciò che dicono”. Con tale frase afferma l’incapacità delle persone di essere consapevoli delle proprie reazioni di fronte alle stimolazioni e la difficoltà delle ricerche di mercato di poter individuare le motivazioni profonde in grado di spiegare i comportamenti di consumo. A discapito di ciò che annunciavano le teorie economiche della prima metà del ‘900, tutte le volte che il consumatore deve fare una scelta può essere inconsciamente coinvolto da processi di cui non è assolutamente consapevole. •

L’INCONSCIO COGNITIVO: termine coniato nel 1987 da John Kihlsrom per descrivere quei processi cognitivi non consapevoli. Noi esseri umani siamo consapevoli degli output derivanti dai processi cognitivi ed affettivi, ma difficilmente sapremmo descrivere i processi che li originano perché molto di quanto fatto dalla mente umana avviene fuori dalla coscienza. A fronte di quanto dichiarato dai consumatori i comportamenti di consumo possono essere molto diversi. Ciò spiega, ad esempio, l’insuccesso della gran parte dei prodotto nuovi: solo il 31% di questi, infatti, supera la prova di lancio. Questo accade perché vi sono delle discrepanze tra ciò che viene rilevato in fase di ricerca e ciò che poi guida i comportamenti dei consumatori nella quotidianità. È qui che viene in aiuto il neuromktg: può aiutare ad avere una conferma di quello che i consumatori dichiarano spontaneamente tramite l’analisi di quello che sentono emotivamente prima della sua razionalizzazione.



L’INCONSAPEVOLEZZA DEI CONSUMATORI: i consumatori spesso non hanno consapevolezza dei motivi per cui acquistano determinati prodotti o per cui hanno determinate opinioni e atteggiamenti. Questo accade perché non hanno consapevolezza dei loro processi cognitivi superiori anche se cercano comunque di fornire giustificazioni (esperimento calze tutte uguali) rifugiandosi in rappresentazioni stereotipiche, nelle abitudini o nel senso comune. Noi umani possiamo avere accesso attraverso l’introspezione ai contenuti coscienti, ma non tutti i processi producono un contenuto cosciente. L’elaborazione degli stimoli che non arriva alla consapevolezza nella forma di contenuto cosciente può, infatti, venire comunque registrata implicitamente e avere una grande influenza sul pensiero e il comportamento. A questi processi inconsapevoli va poi aggiunto tutto ciò che i consumatori non dichiarano perché influenzati fortemente dalle regole sociali (desiderabilità sociale).

PERCHè CIò CHE DICHIARANO I CONSUMATORI NON COINCIDE CON Ciò CHE FARANNO? La misurazione di ciò che è implicito è divenuto un ambito di studio anche grazie alla pubblicazione di un lavoro riguardante l’utilizzo dell’Implicit Association Test (IAT). Questa misurazione differisce da quelle classiche in quanto non si serve delle informazioni dichiarate spontaneamente dai soggetti riguardo ad un oggetto in esame, ma ne ricavano la sua valutazione tramite i tempi di reazione associati ad un compito di tipo cognitivo. Pittosto che studiare i consumatori come decisori razionali occorrerebbe studiarli sapendo che questi possono essere dei razionalizzatori puri, capaci cioè di trovare delle giustificazioni a tutto ciò che hanno sentito anche inconsapevolmente. Questo modello ha alla sua base l’assunto che i comportamenti economici delle persone sia no guidati da aspetti razionali, frutto di una modellizzazione idealizzante che serve ad ordinare una realtà complessa, semplificando i fenomeni allo scopo di poterne ricavare regolarità predicibili. In linea con questo modo di leggere i comportamenti di consumo è ciò che hanno rilevato Iyengar e Lepper in merito al contrasto tra attese e preferenze dei consumatori e ciò che viene registrato in termini di azione osservata. Chiedendo ad un gruppo di consumatori di esprimere la propria preferenza tra un punto vendita con grande scelta e uno meno fornito, non risulta strano scoprire che il primo risulta il più preferito. Tuttavia, grazie al paradosso della troppa scelta, i due autori hanno dimostrato l’incongruenza tra ciò che è stato detto e ciò che è stato successivamente agito. Essi crearono due condizioni diverse in store: in una mettevano a disposizione 24 diversi tipi di marmellate, nell’altra solo 6. Nel primo caso si fermò ad assaggiare le marmellate il 60% dei passanti, nel secondo il 40%. Tuttavia, l’atto d’acquisto fu differente: nel primo caso

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solo il 3% dei passanti comperò la marmellata, nel secondo il 30%. Questo accadde perché l’eccessiva scelta ha prodotto un sovraccarico decisionale in grado di ridurre notevolmente l’atto d’acquisto. •

IL RAPPORTO RA PENSIERI AUTOMATICI, EMOZIONI E RAZIONALIZZAZIONE: il sistema cerebrale ha una grande funzione adattiva, infatti i processi cognitivi e i comportamenti sono programmati per essere svolti in maniera automatizzata o in maniera consapevole. Ciò ci permette di avere pensieri latenti o pensieri veloci: i primi, caratterizzati da attenzione, fatica, concentrazione avvengono in maniera consapevole, i secondi avvengono in maniera veloce, adattiva, automatica e per processi di semplificazione o errore (bias o euristiche) in cui la dimensione emotiva ha valore determinante. Ne consegue che i comportamenti sono determinati sia da aspetti associativi, analizzabili con tecniche di indagine che fanno uso di misure implicite, sia da aspetti deliberativi, rilevabili con tecniche di indagine facenti uso di misure esplicite.



CASO NEW COKE: nel corso del 1985 la coca cola cercò un modo per rispondere alla continua crescita delle quote di mercato del competitor pepsi modificando la formula originale della bevanda e lanciando la new coke, di gusto più simile alla pepsi. Tale scelta fu guidata da quanto era stato razionalmente dichiarato dai consumatori in merito alle loro possibili scelte d’acquisto se la coca cola fosse stata prodotta con una ricetta più simile a quella della pepsi, più dolce, più aromatica e meno gassata. Fu allora condotta una grandissima ricerca di mercato i cui risultati suggerirono un posizionamento del prodotto più vicino al gusto del prodotto della pepsi. Nei test la nuova coca batteva la vecchia 61 a 39. Anche nei test comparativi con la pepsi, la new coke vinceva a mani basse. Ma non appena il prodotto venne lanciato ci fu il caos più totale: la coca cola iniziò a ricevere valanghe di lettere e telefonate di lamentela. Tutto ciò accadde perché la coca cola non aveva considerato gli aspetti intangibili del suo prodotto: il nome della marca, la storia, l’immagine, il packaging e il patrimonio culturale. Tutti aspetti in grado di attivare emotivamente più di quanto potesse fare un gusto percepito più vicino ai desideri dichiarati. La valenza simbolica si era dimostrata più importante del gusto. In poche settimane la coca cola tornò ala vecchia formula rilanciando il prodotto con il nome di classic coke. Anni dopo l’evento fu realizzata una sperimentazione neuroscientifica replicando l’esperienza e utilizzando, questa volta, sia tecniche classiche di indagine (self report) che la fMRI in grado di valutare quali aree del cervello venivano attivate sia in condizione di blind sia in condizione di visione della marca durante l’assaggio del prodotto. I risultati misero in evidenza che nel caso in cui il consumatore era consapevole di assaggiare coca cola si attivava nel suo cervello una zona correlata alle emozioni piacevoli, nella condizione di blind, invece, i soggetti dichiaravano di preferire la pepsi, ma la zona legata alle emozioni piacevoli non si attivava, si attivava invece quella correlata alle ricompense in condizioni di appetito.



L’INCONSAPEVOLEZZA DELLE ATTESE – LA PERCEZIONE DEL VINO E DINTORNI: il vino ha una forte connotazione sensoriale, olfattiva e visiva e, in più, il modo in cui viene descritto ha una valenza comunicativa di grande impatto. Alcuni autori hanno voluto comprendere il valore che processi automatici o inconsapevoli possono avere non solo nella percezione del prodotto ma anche nelle aspettative sulla degustazione. A tal proposito vennero coinvolti 54 esperti di vino, la sessione sperimentale più interessante è stata quella riguardante il confronto tra un vino rosso ed uno bianco colorato di rosso, la quale richiedeva ai soggetti di fornire una descrizione sensoriale. Le parole utilizzate dai soggetti per descrivere il vino rosso e quello bianco colorato di rosso furono pressochè identiche anche se le sensazioni olfattive e gustative provocate dai due vini erano molto differenti. La vista del colore rosso in entrambi i casi, infatti, ha influenzato la valutazione dei soggetti così tanto da annullare la capacità di riconoscimento sensoriale del gusto e dell’olfatto. Attraverso l’immagine offerta dal PET si evince infatti come la corteccia visiva abbia avuto un ruolo determinante anche nella percezione olfattiva dimostrando la capacità di influenzamento che la stimolazione visiva ha nei confronti di gusto e olfatto. In un altro esperimento sono stati fatti assaggiare ad un gruppo di soggetti particolarmente sensibili al tema della sostenibilità degli yoghurt biologici e non biologici e si è scoperto come cambiava la percezione del gusto di questi in relazione alla consapevolezza che lo yoghurt fosse bio o meno. L’esperimento è stato condotto attraverso tre fasi: nella prima è stato fatto assaggiare il prodotto in blind e i risultati hanno mostrato una preferenza nei confronti degli yoghurt convenzionali, nella

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seconda è stata fatta esprimere una preferenza senza l’assaggio del prodotto ma solo tramite la visione delle etichette ed hanno raccolto maggior favore gli yoghurt bio, nella terza fase sono stati fatti assaggiare i prodotti in una condizione informata e le preferenze sono state rivolte agli yoghurt bio. La percezione del gusto è cambiata grazie alla comunicazione dell’etichetta. Questo dimostra come le aspettative abbiano un ruolo determinante nella valutazione degli oggetti. A volte queste possono anche guidarci verso una valutazione corretta nella percezione di un gusto (individuazione gusto bevande facilitata dal colore con cui venivano presentate). Questi studi dimostrano come la reazione inconsapevole, se adeguatamente misurata, possa mettere in guardia il mktg prima di prendere decisioni complicate: riprendere il cervello mentre attua un comportamento di osservazione o scelta permette di comprendere come le emozioni influenzano le nostre scelte e quali attività neurali sono coinvolte nei vari casi. La conoscenza di tali elementi permette di ottimizzare quello che è stato definito lo shopping emozionale. UN NUOVO MODO DI INTENDERE IL RAPPORTO TRA EMOZIONE E DECISIONE: le emozioni sono state considerate variabili disturbanti del processo decisionale in grado di alterare la valutazione logica e razionale della realtà. Platone, nel Fedro, parla di una biga composta da un cavallo bianco, facilmente assoggettabile, che rappresenta la parte emotiva ed irascibile dell’anima (eros) e da un cavallo nero, indomito e sfrenato, simbolo della parte concupiscibile e istintuale (tsanathos). È sul cavallo bianco che l’auriga deve lavorare perché, mentre l’emotività serve a sostenere la ragione, l’istinto, lasciato libero a sé stesso, rende l’uomo simile ad una bestia. Per decenni il decisore è stato studiato come un soggetto razionale e le scienze cognitive hanno considerato l’emozione come un elemento determinato dall’elaborazione delle informazioni, quindi secon...


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