Neuroscienze Affettive ED Educazione PDF

Title Neuroscienze Affettive ED Educazione
Course Psicologia dello sviluppo
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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NEUROSCIENZE AFFETTIVE ED EDUCAZIONE INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA Emozioni e apprendimento si intrecciano perché si impara fronteggiando situazioni che l’obiettivo della sopravvivenza carica di significati emotivi (evoluzione) e si apprende profondamente solo ciò che smuove emozioni e affetti (ontogenesi). L’attenzione è costantemente rivolta sia al dettaglio tecnico della ricerca sia alle potenzialità dei risultati di laboratorio rispetto alla rilevanza esterna, ecologica delle conclusioni che se ne possono trarre. La possibilità di coniugare affetti e neuroscienze ha costituito un passo avanti molto significativo nella direzione di una sintesi di visioni “umanistiche” e “organiciste” della vita e della mente. Meno presente nel panorama culturale appare una prospettiva che guardi con esplicite finalità educative alle evidenze neuroscientifiche sul ruolo di emozioni e affetti nella costruzione della conoscenza. L’assunto di base è che la conoscenza non si acquisisce in un vaccum relazionale e sociale ma nel contesto della dinamica “insegnamento-apprendimento”, in un particolare ambito socio-relazionale che vede agire persone diverse animate da scopi comuni e complementari -> trasmettere/acquisire conoscenze e modi di apprendere. PREFAZIONE Varie scienze danno suggerimenti sul modo migliore per educare, nessuna di esse propone idee definitive ma sarebbe sciocco ignorarne qualcuna. INTRODUZIONE L’apprendimento è dinamico, sociale e dipendente dal contesto, perché ci sono le emozioni, che costituiscono una parte importante di come, cosa, quando e perché le persone pensano, ricordano ed apprendono. È letteralmente impossibile, dal punto di vista neurobiologico, costruire ricordi, impegnarsi in pensieri complessi o prendere decisioni sensate senza emozioni. L’intuizione che “pensiamo profondamente solo alle cose che ci stanno a cuore”, ha importanti implicazioni per l’educazione. Le emozioni si sono evolute per mantenerci in vita. Gli esseri umani provano emozioni di base (paura, disgusto) per tenersi lontani da precipizi e evitare cibi avariati. Abbiamo emozioni sociali (amore). Grazie alla nostra intelligenza, al cervello plastico, possiamo anche sviluppare emozioni che colorano e orientano i nostri sforzi intellettuali e sociali (curiosità, ammirazione, compassione, indignazione, interesse). Negli esseri umani, una gestione efficiente della vita significa non solo garantire la nostra sopravvivenza fisica ma anche la vita sociale ed intellettuale. Emozioni complesse sono costruzioni mentali attive, che non riguardano il contesto fisico reale, ma inferenze con ciò che pensiamo di conoscere sul mondo. Le emozioni si sviluppano con la maturità e l’esperienza. Le emozioni sono competenze, schemi organizzati di pensieri e comportamenti che costruiamo attivamente per adattarci alle varie circostanze, incluse le richieste scolastiche. Le emozioni coinvolgono reazioni automatiche mentali e corporee alle situazioni: le persone, i gruppi di diverse culture ed età reagiscono in maniera differente. Attraverso l’esperienza le persone apprendono come interpretare le situazioni e come dare senso alle proprie reazioni emotive. Le interpretazioni e le inferenze emotivamente ricche degli studenti e degli insegnanti costituiscono un aspetto centrale di come essi apprendono.

PARTE PRIMA: cosa sono le sensazioni emotive e come le supporta il cervello? Capitolo 1: sento dunque apprendo Connessioni tra funzioni cognitive ed emotive in grado di rivoluzionare la nostra comprensione dell’apprendimento nel contesto scolastico. La biologia contemporanea rivela che gli esseri umani sono fondamentalmente creature emotive e sociali. Non significa che le emozioni governano la nostra cognizione o che il pensiero razionale non esiste ma si tratta di riconoscere che lo scopo originario dell’evoluzione dei nostri cervelli è stato quello di gestire la nostra fisiologia, ottimizzando la sopravvivenza e permettendoci di evolvere. L’evoluzione delle società umane ha prodotto un contesto sociale e culturale complesso e progredire all’interno di questo contesto significa che solo le nostre azioni e decisioni più banali e routinarie si verificano al di fuori della nostra realtà socialmente e culturalmente costruita. La salute e la malattia del cervello e del corpo possono influenzarsi reciprocamente. Gli stessi sistemi che supportano le interazioni sociali e le relazioni sono utilizzati per le decisioni personali e spesso inconsapevoli, che sottendono gran parte del nostro pensiero. L’apprendimento non è un processo razionale o disincantato e nemmeno è un processo isolato. Ragionamento, decisioni ed emozioni: evidenze da pazienti con danni cerebrali. Anni 80 -> approccio top-down: i processi di apprendimento, linguaggio e ragionamento concepiti come sistemi di ordine superiore, che si imponevano su un corpo che si limitava ad obbedire. Si sottovalutava il ruolo fondamentale delle emozioni nel dirigere il comportamento e il pensiero razionale. Evidenza emersa da studi psicofisiologici e studi su soggetti che presentano un danno cerebrale e su soggetti sani ci ha permesso di ipotizzare un meccanismo neurale specifico alla base del ruolo e del funzionamento della segnalazione emotiva nel processo decisionale normale e anormale. Presi nel complesso mostrano che senza emozioni la cognizione ha meno sostegno. I pazienti con lesioni prefrontali hanno deficit sociali, fondamentalmente problemi che hanno a che fare con le emozioni e quindi si manifestano anche nell’ambito decisionale. I processi emotivi sottostanno a decisioni e attività di apprendimento apparentemente razionali. Importanza della capacità di percepire ed incorporare il feedback sociale ai fini dell’apprendimento. Due importanti ipotesi: 1. L’interessante possibilità che i processi emotivi siano necessari per il trasferimento delle competenze e conoscenze acquisite nel contesto scolastico a nuove situazioni e nella vita reale. Le emozioni possono giocare un ruolo vitale nell’aiutare i bambini a decidere quando e come applicare ciò che hanno appreso a scuola per il resto della loro vita 2. È possibile che l’influenza sociale della cultura modelli l’apprendimento, il pensiero e il comportamento attraverso una via emotiva I pazienti con danno emerso nell’infanzia sembrano non aver mai appreso le regole che guidano il comportamento sociale e morale. I pazienti con danno emerso in età adulta distinguono il “giusto” dallo “sbagliato” in un contesto sperimentale ma sono incapaci di utilizzare quest’informazione per dirigere il loro comportamento. In assenza dell’abilità di manipolare le situazioni e contrassegnare tali situazioni come positive o negative da un punto di vista affettivo, questi bambini falliscono nell’apprendere il normale comportamento sociale. Gli stessi sistemi neurobiologici che supportano il funzionamento emotivo nelle interazioni sociali supportano generalmente anche i processi di decisione. Senza un accesso adeguato al feedback emotivo, sociale e morale (elementi importanti della cultura) l’apprendimento non può dare efficacemente informazioni al funzionamento nella vita reale.

Una prospettiva fisiologica ed evoluzionistica su emozioni e cognizioni: dalle risposte automatiche alla moralità alla creatività, al ragionamento superiore e alla cultura. Il cervello si è evoluto sotto numerose pressioni e oppressioni precisamente per far fronte al problema di leggere le condizioni del proprio corpo e rispondervi in modo conforme, e ha cominciato a farlo attraverso il meccanismo delle emozioni. Più gli individui si sviluppano e s’istruiscono, più affinano le loro opzioni comportamentali e cognitive. Non importa quanto complesso ed esoterico possa diventare, il nostro repertorio di opzioni cognitive e comportamentali continua ad esistere al servizio di obiettivi emotivi. Pensiero emotivo: verso una concezione evidence-based. Cognizione ed emozione sono considerate come due aspetti interrelati del funzionamento umano. Le emozioni implicano la percezione di un innesco emotivo adeguato: una situazione reale o immaginaria che abbia il potere di indurre un’emozione, così come una catena di eventi fisiologici che attivi cambiamenti sia nel corpo sia nella mente. Il pensiero razionale e il ragionamento logico esistono ma senza le emozioni non possono essere utilizzati in modo appropriato ed utile nel mondo reale. Pensiero emotivo -> ampia sovrapposizione tra cognizione ed emozione; comprende i processi di apprendimento, memoria e decisionali in contesti sociali e non sociali; nell’ambito del pensiero emotivo si dispiega la creatività, attraverso modalità di riconoscimento di situazioni complesse e attraverso l’invenzione di risposte proporzionalmente sempre più flessibili ed innovative. Il ragionamento di livello superiore e il pensiero razionale contribuiscono alle emozioni morali e sociali di alto livello, che costituiscono quel ramo specializzato di processo decisionale che è l’etica. I pensieri emotivi, sia coscienti sia inconsci, possono alterare lo stato del corpo in modi peculiari. A loro volta le percezioni corporee di questi cambiamenti reali o simulati, contribuiscono sia consciamente sia inconsciamente ai sentimenti, i quali a loro volta possono influenzare il pensiero. Il supporto alle relazioni tra corpo, emozioni e cognizione proviene principalmente dalla ricerca neurobiologica e psicofisiologica, in cui l’induzione dell’emozione causa cambiamenti mentali ed effetti fisiologici nel corpo. A loro volta, le emozioni esperite si basano su sistemi cerebrali somatosensoriali. Implicazioni educative: la necessità di ulteriori ricerche. Nell’attività di insegnamento rivolta ai bambini, ci si focalizza spesso sulle abilità di ragionamento logico e sulla conoscenza fattuale. Due problemi di quest’approccio: A. Né l’apprendimento né la fase di richiamo di ciò che si è appreso si verificano in un dominio esclusivamente reazionale, separato dalle emozioni B. Nell’insegnare agli studenti a minimizzare gli aspetti emotivi del loro piano di studi e a funzionare il più possibile nell’ambito del dominio razionale, gli insegnanti possono incoraggiarli a sviluppare quel tipo di conoscenza che di per sé non si trasferisce adeguatamente alle situazioni del mondo reale. Possedere semplicemente la conoscenza non implica che uno studente sarà in grado di utilizzarla vantaggiosamente al di fuori della scuola La fisiologia delle emozioni e il conseguente processo del “sentire” hanno enormi ripercussioni sul modo in cui apprendiamo e sul modo in cui consolidiamo e abbiamo accesso alla conoscenza. Capitolo 2: il riposo non è ozio Molti programmi di formazione esperienziale enfatizzano l’importanza del tempo per l’introspezione; gli interventi e le terapie che insegnano le competenze di riflessione e mindfulness portano a benefici soprattutto nel funzionamento sociale ed emotivo ma anche nel rendimento

scolastico. Le concezioni emergenti sul funzionamento del cervello rivelano che le reti neurali responsabili del mantenimento e della focalizzazione dell’attenzione sull’ambiente sembrano alternarsi con la cosiddetta “modalità di default” delle funzioni cerebrali (DM) che viene spontaneamente indotta durante il riposo e durante stati mentali non attentivi che si hanno da svegli. Gli studi che esaminano le differenze individuali in termini di connettività cerebrale durante la DM (misurano come le aree della rete si coordinano durante il riposo e si disconnettono durante la fase di attenzione verso l’esterno) hanno valutato che le persone con una forte connettività durante la DM, a riposo hanno un punteggio più alto nelle prove di abilità cognitiva (pensiero divergente, comprensione della lettura, memoria). L’elaborazione neurale durante i cali di attenzione verso l’esterno può essere correlata a sé, all’elaborazione sociale e a pensieri che trascendono le rappresentazioni semantiche concrete. Un efficiente monitoraggio e controllo cerebrale degli stati mentali diretti a un compito e di quelli non diretti ad un compito può essere alla base di importanti dimensioni di funzionamento psicologico. Possibilità che scarse opportunità di gioco per i bambini e di momenti in cui riflettere con calma e sognare ad occhi aperti per gli adolescenti possano avere conseguenze negative, sia per il benessere socioemotivo sia per la capacità di svolgere in maniera ottimale i compiti. La premessa generale è che anche se sognare ad occhi aperti e l’avere altri cali di attenzione portano momentaneamente a scarse prestazioni nei compiti che richiedono concentrazione, la capacità di riflettere durante tali momenti e il tempo per indulgere nel vagare con la mente possono essere fondamentali per lo sviluppo sano e l’apprendimento a lungo termine. Guardare fuori e guardarsi dentro: la scoperta di reti cerebrali complementari. L’attenzione non è una proprietà generale di tutto il cervello ma il prodotto di reti specifiche che contribuiscono a vari aspetti del processo. 3 sistemi responsabili del monitoraggio, della risposta all’ambiente che ci circonda e della messa a fuoco mentale degli stimoli in arrivo: allerta, orientamento e controllo esecutivo -> funzioni che fanno riferimento alle regioni laterali frontali e parietali, importanti per lo sviluppo cognitivo. Le reti attentive descritte prima sono parte di reti cerebrali che possono approssimativamente essere concettualizzate come alla base di due sistemi che si alternano. Una di queste reti è il Task Positive Network -> attivazione associata un impegno attivo in compiti diretti a uno scopo che coinvolgono l’attenzione verso il mondo e valutano la rilevanza degli stimoli esterni; supporta il sistema del “guardare fuori”. Un’altra rete è la Task Negative Network o “stato di riposo”, è associata alla “modalità di default” di funzionamento cerebrale, comprende principalmente le regioni lungo la linea mediana del cervello (lobi sia parietali sia frontali) insieme a regioni più laterali nella parte inferiore del lobo parietale e la parte mediale del lobo temporale, negli esperimenti di neuroimaging si nota che l’attività in queste regioni si intensifica durante il riposo passivo, questo sistema è il “guardarsi dentro”. (Rete: insieme di regioni cerebrali la cui attività è funzionalmente coordinata. Sistema: capacità psicologicamente rilevanti che sono supportate dalla rete cerebrale.) Più una rete si attiva, meno si attiva l’altra. L’alternarsi di queste reti riflette lo spostamento da uno stato di monitoraggio esterno e di focalizzazione su attività dirette ad uno scopo (guardare fuori) a uno stato mentale più libero, diretto interiormente e indipendente dagli stimoli (guardarsi dentro). L’efficienza e la coregolazione di queste reti migliorano con la maturazione del cervello durante l’infanzia ma i rudimenti di tale organizzazione funzionale sono presenti fin da piccoli. È probabile che le reti che supportano i sistemi per “guardarsi dentro” e per “guardare fuori” siano codipendenti e coregolate. La qualità dell’attività cerebrale DM durante il riposo è connessa alla qualità delle successive risposte neurali e comportamentali agli stimoli ambientali e le fluttuazioni

complementari, momentanee o durature, in queste reti sono importanti per la percezione, l’attenzione e la cognizione diretta ad uno scopo. Vi è una notevole variabilità tra gli adulti nell’intensità della connettività DM e, anche se i pattern di attività cerebrale durante il riposo sono relativamente stabili in età adulta, può alterare il funzionamento delle reti DM e migliorare le capacità di attenzione sostenuta su un compito. Differenze individuali nel funzionamento socioemotivo. Un funzionamento DM atipico è connesso ai sintomi socioemotivi della schizofrenia, dell’autismo, del disturbo da deficit di attenzione, dei disturbi di ansia, della depressione e di altre condizioni. Le differenze del funzionamento DM tra queste popolazioni sembrano connesse in modo consistente ai sintomi caratteristici della malattia. Differenze individuali nel funzionamento cognitivo. Alcuni aspetti del funzionamento DM, durante il “riposo” e durante le attività, sono legati all’intelligenza negli adulti, alle abilità di lettura e memoria e alla capacità di porre un’elevata attenzione in compiti cognitivi. La risonanza magnetica funzionale (fMRI) mostra, nei cervelli a riposo delle persone con QI più elevati, una connettività DM maggiore rispetto a quella misurata nel cervello di persone con QI medio. Un’efficiente sottoregolazione dell’attività DM durante compiti di attenzione verso l’esterno predice in tempo reale le prestazioni cognitive di questi compiti. Anche se fino ad oggi l’obiettivo principale delle ricerche sull’attenzione relative alla sviluppo e all’educazione è stato il “guardare fuori” nell’ambiente, i risultati delle ricerche che abbiamo riportato suggeriscono che:  La qualità dell’elaborazione neurale che supporta il sistema per “guardare fuori” è legata alla qualità dell’elaborazione neurale che supporta il sistema per “guardarsi dentro” e alla capacità di spostarsi in modo efficiente tra queste due modalità  La qualità dell’elaborazione neurale durante il “guardarsi dentro” è connessa al funzionamento socioemotivo, così come ad altre dimensioni di pensiero che trascendono il qui e ora Cosa fa la mente quando il cervello “riposa”? i ricordi, le previsioni, le emozioni e il sé mentale. Quando una persona si disimpegna da un comportamento diretto ad un obiettivo esterno, la sua mente non è inattiva. Non c’è da stupirsi che alcuni settori del cervello siano molto attivi durante le procedure di neuroimaging che inducono il “riposo”. Diminuire la vigilanza percettiva offre l’opportunità di vagare mentalmente lontano dal contesto fisico attuale, mantenendo solo l’attenzione sufficiente per svolgere i comportamenti automatici e per monitorare l’ambiente. Esiste un crescente numero di studi di neuroimaging che riportano attivazioni nelle regioni DM durante compiti diretti ad uno scopo che coinvolgono l’introspezione, l’elaborazione socioemotiva e autoreferenziale o la simulazione. L’elaborazione relativa al perspective taking (assunzione di prospettiva) cognitivo o alle funzioni tradizionali della teoria della mente o quella relativa alla valutazione degli aspetti fisici e cognitivi più concreti e immediati delle situazioni sociali, non risulta particolarmente associata alle regioni DM. Le regioni del cervello coinvolte nella DM sembrano essere specificamente reclutate e specializzate per l’elaborazione di informazioni astratte, rilevanti per gli aspetti psicologici, affettivi e soggettivi di sé e di altre persone nella vita quotidiana e per funzioni più complesse, morali, socioemotive, di previsione e retrospezione. Un esempio di “guardarsi dentro” spontaneo durante l’apprendimento sociale. Il valore di una pausa di riflessione nel passaggio dalla considerazione di dettagli concreti, orientati all’azione, legati al contesto di questa situazione specifica, alla costruzione di una comprensione delle implicazioni emotive più ampie e a lungo termine per la propria o per qualsiasi situazione.

Lo sviluppo psicologico sano richiede opportunità e competenze per “guardarsi dentro”? Una delle conseguenze delle scoperte sulla modalità di default è che il cervello funziona in base ad una distinzione tra l’elaborazione delle informazioni su fatti e circostanze di tipo concreto, fisico e immediato e le procedure e le informazioni astratte sulle circostanze e sulle implicazioni mentali, ipotetiche e a lungo termine. Ipotesi che le competenze importanti per la riflessione e per la costruzione di un significato personale possano dipendere fortemente dalle funzioni psicologiche associate all’attività nelle reti cerebrali DM e possano essere limitate se le richieste di attenzione e le distrazioni ambientali sono costantemente troppo alte. Implicazioni preliminari per l’educazione. Insegnare a scuola le competenze per un’elaborazione produttiva interna, autodiretta, possa essere utile sia per il benessere socioemotivo sia per le competenze scolastiche. Le ricerche sulla DM suggeriscono che affinché gli studenti si impegnino attentivamente in modo ottimale sui compiti occorrono anche competenze ed opportunità per il consolidamento di alta qualità della conoscenza; fornire adeguate opportunità per sviluppare la capacità di distogliere in maniera appropriata ...


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