Paleografia greca - Appunti esaustivi e di facile lettura, di grande aiuto PDF

Title Paleografia greca - Appunti esaustivi e di facile lettura, di grande aiuto
Author Chiara Rossi
Course Paleografia Greca 
Institution Università degli Studi di Bari Aldo Moro
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Appunti esaustivi e di facile lettura, di grande aiuto ...


Description

Oggetto di queste prime lezioni è quella che potremmo definire la protostoria del libro greco, cioè la storia del libro greco prima dell’epoca a cui si riferiscono i più antichi referti di libri greci realmente conservati (papiro di Derveni e di Timoteo, e prima ancora il papiro greco ritrovato a Dafni in stato molto frammentato nella tomba di un poeta). È innegabile che il papiro che è la materia di questo libro fosse impiegato come supporto scrittorio dai greci anche nell’epoca precedente (IV secolo Derveni e Timoteo). Importanza di due fonti: letterarie e iconografiche che possono indirettamente darci alcuni indizi per ricostruire questi tasselli che ci mancano. Curiosità: in molte mitologie delle civiltà antiche c’è una divinità che in qualche modo è legata alla nascita della scrittura (il mito è sempre una chiave importante di lettura perché rielaborazione delle proprie origini e della propria visione del mondo e delle cose: è interessante vedere come ci siano nel pantheon greco divinità per qualunque tipo di attività dell’uomo e di oggetti che il dio ha creato per la prima volta). Non c’è però una divinità che sia legata alla scrittura, silenzio significativo (ad esempio nella mitologia dei sumeri, civiltà alla quale si deve anche storicamente l’origine della scrittura nel grande bacino euroasiatico, c’è un racconto delle nozze di un Dio che sposa una dea e come dono di nozze porta a questa dea che diventa sua moglie è il dono della scrittura. Nel racconto mitologico c’è una descrizione della materialità dei supporti e degli strumenti della scrittura, c’è quasi un indugiare del racconto, un compiacersi nel descrivere aspetti anche banali della materialità della scrittura, la superficie, i solchi dei caratteri cuneiformi. Questo non è un caso isolato, tante altre civiltà presentano racconti di questo tipo. Anche la letteratura greca non ci ha tramandato nulla di simile, nessun autore si è mai soffermato a descrivere la materialità dello scrivere. Non esiste neanche nella letteratura romana. Questo si può spiegare in tanti modi: -

una chiave di lettura può essere (la più antica descrizione di come si fa un rotolo risale a Plinio, che racconta la fabbricazione non perché abbia piacere a descriverla, in realtà non ha nemmeno mai visto produrre un rotolo e i romani non sanno come si produce ma lo vedono come fatto esotico che per la sua estraneità merita di essere raccontata) il ruolo e la funzione che l’atto dello scrivere occupa nella cultura greco-romana. Se si torna con la mente a quanto siano rilevanti le figure degli scribi nel mondo sumerico o nel mondo egizio, figure socialmente rilevanti tutelate e ammirate, che posseggono un loro potere, non è così nel mondo greco e romano, anzi l’atto dello scrivere è considerato solitamente opus servili, attività degradante per i cittadini liberi, o se non degradante quantomeno non degna di ammirazione. Lo scriba nel mondo romano e greco è una figura solitamente collocata ai gradini più bassi della società, bisognerà attendere l’inoltrata età imperiale (II d.C.) quando Roma metterà su una compagine burocratica e amministrativa tutta retta sulla ramificazione degli uffici, solo allora gli scribi cominciano ad avere un loro riconoscimento sociale (iniziano a vedersi epigrafi funerarie

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dedicate agli scribi). Attività solitamente relegata a uomini non liberi, spesso schiavi come i maestri. Non è un caso che se prendiamo in considerazione le pratiche di stesura dei testi da parte degli autori greci e latini l’autografia sia un fatto estremamente raro, l’autore cioè che scrive di proprio pugno le sue opere è un’immagine di fantasia, forse alcuni poeti avevano questa maniera di comporre perché la poesia richiedeva in certi momenti un’introspezione che richiedeva un rapporto diretto con l’atto dello scrivere e del concepimento letterario. Ma sappiamo di molti poeti che non facevano così: quando Orazio prende in giro questo modo di comporre di alcuni “poetastri” che pubblicano centinaia e centinaia di versi dice che questo poeta compone spans, compone dettando mentre gli scribi lo seguono mentre questo cammina avanti e indietro in maniera frettolosa. Abbiamo tanti poeti per quali è attestata esplicitamente la dictatio e l’autografia. Gli autori antichi dettavano agli scribi, non scrivevano di proprio pugno. Lo facevano anche quando scrivevano delle epistole: ad esempio l’epistolario di Cicerone fu scritto tramite dictatio, tante volte capiamo che nella stragrande maggioranza dei casi lui detta mentre sono i rari i momenti in cui dice di scrivere di sua mano. (Tavolette di una donna di Vindolanda, forte romano vicino al Vallo di Adriano nell’Inghilterra settentrionale, che sta invitando alla sua festa di compleanno sua sorella. Bigliettino di betulla, tutto l’invito scritto da una mano, alla fine lei stessa scrive due parole alla sorella per personalizzare l’invito. Uno dei pochissimi esempi di scrittura femminile del mondo antico. Anche questo caso ci fa capire che scrivere è considerato un po' svilente). -

Anche l’iconografia della scrittura parla chiaro: scene in cui si raffigura qualcuno nell’atto di scrivere. Tavola 3: in queste tavole ci sono alcune immagini tratte da pitture vascolari della produzione attica del V secolo. Le prime due sono le due facciate della celeberrima coppa di Duride: (da sinistra a destra) raffigura una scena in cui ci sono una lanterna, una cesta, uno strumento musicale etc. La cesta è in realtà una capsa, cioè un contenitore di rotoli, e l’ombrello è in realtà un rotolo chiuso da un involucro con l’etichetta che pende e l’umbilicus che sporge, quasi una maniglia attraverso la quale si manteneva il rotolo, il silupos che pende con il titolo. Siamo in una scuola, tenendo presente che nel mondo antico non esiste una scuola simile all’esperienza moderna, non esiste luogo adibito all’insegnamento, non un luogo preciso ma molto spesso gli insegnanti, che sono schiavi, girano per le case come venditori qualunque e si portano dietro qualcuno dei giovani che vogliono imparare e talvolta insegnano per strada, nei luoghi frequentati, nell’agorà, senza un piano di scrittura. Se la famiglia è ricca, precettore pagato che insegna dentro casa. La casa non domestica, privata, è invece questa. Per connotare la scena ci sono dunque questi

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oggetti. Nella figura ci sono due coppie: un uomo adulto seduto di fronte ad un giova, i primi due stanno evidentemente imparando a suonare (maestro e discepolo), e l’altro (sistema gerarchico: prima la musica, poi è importante leggere e scrivere. La musica ha un ruolo importante nell’antichità, un sacco di divinità rappresentate mentre suonano, non mentre scrivono) docente che ha in mano un rotolo (testo transversa charta perché la scritta fosse direttamente visibile a chi osserva l’oggetto, si legge infatti un incipit esametrico con impaginazione a bandiera) il ragazzo è in piedi con tipica posizione del discepolo. E in piedi probabilmente sta ripetendo il testo che il maestro segue sul libro e ce n’è un altro attento ancora più anziano che ascolta e osserva. L’altra parte della coppa gli oggetti sospesi sono sempre quelli, questa volta anche delle tavolette rappresentate da un oggetto rettangolare. I primi due un allievo un pò più adulto e esperto senza barba che sta suonando lo zèfiro e un fanciullo che canta in piedi, accanto un’altra figura adulta con in mano una tavoletta e nell’altra uno stilo (oggetto metallico appuntito da una parte e a spatola dall’altra per spianare la “cera”) che probabilmente sta correggendo su questo codice di tavolette che non si apre come un libro ma in verticale, un lavoro preparato dallo studente. Questa coppa già ci consente di fare delle riflessioni: intanto tra le più antiche attestazioni iconografiche della scrittura noi abbiamo scene di scuola. In queste scene ritroviamo entrambi i supporti della scrittura, tanto il codice, tavolette, quanto il rotolo. È confermata la visione delle cose che ci restituisce il ritrovamento di Dafni: medesima distinzione funzionale tra rotolo e il codice, perché qui rotolo è il libro vero proprio che si legge e sul quale non si scrive, destinato ad una lettura, invece la tavoletta è l’oggetto sul quale si scrive, testimone di una testualità in fieri e reiterata, moltiplicabile. Già questa coppa ci dice tanto. 3a frammento con un altro fanciullo che legge, anche qui riprodotta la scrittura. Poi (3b) il lekythos raffigura questa volta due donne in una scena scolastica (neanche le donne erano escluse dai processi di apprendimento). 3b nuovamente maestro e discepolo che evidentemente sta ripetendo l’esercizio che ha scritto sulla tavoletta (rotolo con tante pagine), il maestro sta verificando l’esattezza sul rotolo. 3d: scena di lettura femminile non sappiamo se in contesto scolastico o privato. 3e: hydria con sicuramente scena scolastica femminile. 3f: capsa con coperchio aperto. Scena di lettura privata e domestica. Scuola e situazioni private domestiche. Tavola 4

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a. Scena corale con figure con strumenti musicali, figure in piedi che cantano, recitano e ballano, figure che osservano, una figura seduta che osserva la scena con un rotolo in mano che non guarda il rotolo. Questa scena è stata considerata come rappresentazione di una scena teatrale e la donna seduta ha in mano il libretto d’opera e segue con la testa rivolta alla visione scenica, non legge. b. Un’altra scena di scuola, alle due estremità la tavoletta con cui si scrive (in mano lo stilo) e il rotolo con cui si legge. Tavola 5 a. Scena scolastica con i due fanciulli, uno ha in mano un rotolo, l’altro ha in mano una specie di valigetta che altro non sono che tavolette appese con uno spago. b. Idea di movimento delle fanciulle che probabilmente stanno andando a scuola, l’una trascina l’altra e l’altra ha in mano le tavolette legate. c. Rotolo in basso con la scrittura etc. Quali sono le figure sociali legate alla scrittura e alla lettura in questo periodo? Fanciulle e fanciulli, maestri che sono schiavi. Non c’è un cittadino libero raffigurato nell’atto di leggere e scrivere, persino per la lettura a quest’epoca non conosciamo un’iconografia della lettura che sia fuori da queste tipologie di scene e sia fuori dal coinvolgimento di figure sociali diverse (il fanciullo è ancora minorenne, non ancora cittadino libero, le donne non lo saranno mai anche loro ai margini della società, il maestro la feccia). Per avere il cittadino libero che legge e tiene in ano il rotolo dobbiamo aspettare la inoltrata età ellenistica quando ormai il sistema dei valori del mondo greco è ormai cambiato, il sistema delle poleis in cui il cittadino si identifica è ormai scomparso, l’homo politicus (Cicerone) che si identifica socialmente con il suo ruolo e i suoi interessi politici scompare, mentre durante l’epoca ellenistica le poleis cambiano completamente segno come anche la vita del cittadino greco, perché da una dimensione pubblica che si contrae sovraavanza la dimensione privata e domestica, dell’individualismo e introspezione. In questo periodo, quando tra l’altro l’alfabetismo conosce una dimensione maggiore, la lettura diventa un segno di distinzione sociale, quasi uno status simbol nell’avere una personale e dei libri, sulla tomba si è raffigurati con un rotolo in mano perché leggere è attività di uomo libero. Condizione che si afferma fino all’ellenismo inoltrato e che in età romana sarà ancora più accentuato (affreschi pompeiani dei coniugi con il rotolo, donne con tavolette, esplosione di strumenti e supporti di scrittura, ma siamo in un altro mondo e in un’altra epoca mentre all’alba della storia del mondo greco il libro esiste ma

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sta dentro una società che ha questo sistema dei valori e questa rappresentazione sociale della lettura e della scrittura, quest’attività non degna di un uomo libero, nonostante i libri ci siano). Noi possiamo dividere la storia del libro greco in due grandi fasi e il discrimine tra la prima e la seconda fase si colloca in quest’epoca, tra V e IV secolo a.C. Prima fase. Abbiamo delle attestazioni indirette della diffusione del libro in forma di rotolo nel mondo greco già a partire dall’VIII secolo. Vi sono alcune epigrafi greche arcaiche (scrittura schematica e rigida) che hanno delle forme particolari, che sono ben più arrotondate delle altre epigrafi arcaiche, sono varianti, sviluppi in senso corsivo delle altre forme ( epsilon, iupsilon, sigma), realizza curva, ammorbidisce il tracciato della lettera. Queste epigrafi si trovano ad esempio nell’isola dell’Eubea, a est di Atena, isola che noi sappiamo per certo essere stata più direttamente a contatto con i traffici commerciali fenici. Questi esiti corsivi sono presumibili soltanto se immaginiamo che la scrittura abbia fatto uso di papiro e inchiostro, perché questi sviluppi corsivi non possono prodursi nelle scritture epigrafiche né tantomeno sul legno della scrittura a sgraffio, bensì su materia morbida. È possibile che alcune zone del mondo greco, come appunto l’Eubea, siano entrate in contatto in maniera prematura rispetto ad altre zone con i Fenici che sappiamo diffondevano il rotolo di papiro che acquistavano in Egitto. I veri commercianti del papiro nel Mediterraneo erano i Fenici che acquistavano dagli Egizi che erano i produttori. Questo ci dice che alcune zone della Grecia sin dall’VIII-VII secolo conoscevano il papiro e c’era una frequenza d’uso della scrittura su papiro tale da indurre a trasformazioni del tratteggio di questo tipo, le prime attestazioni corsive anche se dovremo aspettare secoli prima di vederla attestata nelle scritture greche. Uno delle più antiche attestazioni letterarie del libro in forma di rotolo di papiro è in un dialogo di Platone che sta raccontando un fatto più antico. Dialogo dedicato a Crizia, celebre uomo politico e scrittore (seconda meta del V secolo a.C.), in cui si dice che Crizia aveva bisogno di consultare i manoscritti di Solone e dice che per consultarli bisogna accedere alla casa degli avi di Solone. Notizia estremamente interessante perché vuol dire che all’epoca di Solone e anche ancora nel V secolo inoltrato i libri in circolazione sono pochissimi, esistono ancora i manoscritti di Solone ma sono solo pochi esemplari tanto è vero che alcuni secoli dopo coloro che vogliano consultarli possono trovare i manoscritti solo nella casa degli eredi, non ci sono copie che circolano, non c’è circolazione libraria o mercato librario, non ci sono ancora biblioteche nelle quali si possa consultare il libro. Non vi è vera e propria circolazione libraria e non vi è la circolazione di più esemplari degli stessi testi. È ovvio che sicuramente c’entrano l’alto costo della materia scrittoria (fuori dall’Egitto il papiro è sempre un materiale di importazione e quindi costa molto), sicuramente avrà il suo peso anche una diffusione piuttosto limitata ancora dell’alfabetismo, ma fondamentalmente siamo in 5

questa prima fase in una civiltà che è ancora tutta imperniata sull’oralità. Emblematico l’atteggiamento dello stesso Platone nei confronti del libro: Platone è un filosofo che vive tra i libri, eppure è fortemente scettico nei confronti del libro perché dice che i libri sono incapaci di rispondere e porre essi stessi domande, nessun libro sostituirà mai un altro individuo. C’è anche l’idea, in Platone, del rischio, lui sente che è su una linea di un passaggio epocale, sente il rischio insito in questa rivoluzione. Il rischio è quello di estrapolare il pensiero e le conoscenze dall’interiorità dell’uomo e portarle all’esterno su un oggetto fisico estraneo. Temeva che a lungo andare l’uomo avrebbe perduto la propria cultura, perché non l’avrebbe più avuta dentro di sé ma l’avrebbe depositata in un oggetto esterno quale il libro. (Interessanti gli atteggiamenti critici, quasi timorosi, degli intellettuali nei confronti della diffusione del libro e l’atteggiamento oggi degli intellettuali difronte alla diffusione del libro elettronico, mutatis mutandis). Linea di confine tra primo e secondo periodo. Erodoto e Tucidide sono due storici che appartengono a due generazioni diverse (seconda metà del V l’uno, a cavallo della seconda metà del IV l’altro) e hanno un atteggiamento nei confronti del libro diametralmente opposto. Entrambi convivono nello stesso contesto storico e culturale, ma hanno due visioni diverse: uno è legato al passato, l’altro proteso al futuro. Erodoto diffonde la propria opera con la recitazione e l’opera che reclama vive nell’hic et nunc. Tucidide, invece, nella sua prefazione, programmaticamente dice che lui scrive per i posteri e quindi gli interessa scrivere e che la sua opera circoli necessariamente sui libri perché resti. È qui che la civiltà greca sta passando lentamente da una impostazione tutta legata all’oralità alla impostazione con centralità dello scritto, passaggio lento e graduale ed ecco perché c’è la necessità di distinguere due fasi diverse nella storia del libro. La seconda fase comincia con Aristotele e la sua biblioteca, che è una delle prime a noi note in cui il discorso intorno al sapere e alla conoscenza ruota come un perno intorno al libro. Tutta la produzione letteraria e scientifica di Aristotele presuppone una grande quantità di libri letti, consultati, studiati, trascritti. Biblioteca che sarà modello della grande biblioteca regia di Alessandria di Tolomeo. Dal IV secolo in poi è non solo l’epoca delle più antiche testimonianze di libro che noi possediamo e che possiamo analizzare ma è veramente un’epoca di passaggio dalla protostoria alla storia del libro. Epoca in cui esplode almeno a partire da Atene, per poi irradiarsi in tutto il mondo greco, il fenomeno del commercio librario, botteghe librarie che trasformano il libro in un oggetto di consulto, ne moltiplica esponenzialmente la diffusione e allargano anche dal punto di vista sociale il ventaglio dei suoi lettori. Ne conosciamo tanti di passi legati al commercio librario, basta leggere Aristofane nel quale si trova una miriade di riferimenti anche ironici e sarcastici sui cittadini ateniesi che si precipitano nelle botteghe librarie perché devono giocare a fare i critici letterari e discorrere sulle novità editoriali dell’epoca. Il libro comincia a diventare un 6

oggetto diffuso nella quotidianità del cittadino greco. Da quel momento in poi il libro veramente comincia lentamente la sua diffusione geografica e sociale, conoscerà un incremento in età ellenistica e poi nella prima età imperiale, soprattutto II e III secolo d.C. che forse sono i secoli in assoluto di maggiore diffusione dell’alfabetismo e anche di maggiore diffusione del libro e anche di una diffusione più articolata del libro, cioè un pubblico di lettori che si fa più articolato al suo interno, tipologicamente parlando, con esigenze di varia natura, il dotto ma anche l’uomo comune a cui piace leggere ad esempio la letteratura di consumo (letteratura molto più varia di temi, generi e stili perché è più complesso anche il gruppo dei lettori, esempio Cena Trimalchionis in cui Trimalchione pretende di stupire i suoi ospiti dicendo di possedere tre biblioteche, una greca e una latina, per caricare l’effetto comico, parvenu arricchito che però si dota di una biblioteca perché è uno status symbol).

PAPIRO DI DERVENI Una campagna di scavo condotta nel 1962, a nord di Tessalonìca proprio presso il villaggio di Derveni in Macedonia: si tratta di una serie di microframmenti carbonizzati, 160-170 frammenti poco più grandi di un francobollo, carbonizzati perché il rotolo fu bruciato nel luogo funebre che accompagnava la sepoltura accanto alla quale il papiro è stato rinvenuto. Una tomba al cui interno furono rinvenute delle armi, il che fa pensare alla tomba di un guerriero. È durato anni il restauro a cura della Biblioteca Nazionale Austriaca, si è ricomposta una buona parte di questo rotolo, tutti i frammenti che abbiamo restituiscono circa 22 colonne di scrittura, di queste 22 colonne di scrittura abbiamo solo la parte superiore con un po' del margine superiore del rotolo, in genere dalla 11 alle 16 righe di scrittura. Le prime 11 o al massimo le prime 16. Probabilmente il rotolo doveva essere in origine lungo circa 3 metri, quindi un rotolo piuttosto piccolo. Contiene una Teogonia orfica, racconto mitologico sulle origini secondo la religione...


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