Patologia Mammaria I PDF

Title Patologia Mammaria I
Author Angela Alessandro
Course Anatomia patologica
Institution Università degli Studi del Molise
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Patologia Mammaria I...


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ANATOMIA PATOLOGICA - “PATOLOGIA MAMMARIA I” Oggi affronteremo il primo capitolo della patologia mammaria; tutte le lezioni a riguardo saranno tenute dal Dott. Santinelli. Il professore ha voluto precisare che la patologia mammaria è un argomento molto importante, in quanto è la patologia neoplastica più diffusa in assoluto, con un impatto sociale unico. Secondo le stime 1 donna su 9 soffre di neoplasia mammaria (nei paesi del nord Europa, l’incidenza arriva anche a 1.3‐1.4‐1.5). Vista la vastità dell’ argomento, non verrà trattato tutto a lezione e dovremo completare le parti mancanti nel libro di testo. Gli argomenti trattati a lezione saranno: le lesioni proliferative dell’epitelio mammario (duttali e lobulari) sia tipiche che atipiche; il carcinoma mammario nella sua forma intraduttale e nella sua forma infiltrata; cenni riguardo alla classificazione molecolare del cancro della mammella (solo se ci sarà tempo e non tanto per l’esame ma più per cultura personale); invece NON verranno trattate ma dovranno essere comunque studiate sul libro: Le lesioni proliferative nodulari tumorali della mammella miste o composte, ovvero quelle lesioni che comprendono una parte epiteliale e una stromale, come il fibroadenoma, una lesione tumorale benigna della mammella, molto frequente anche tra le giovani donne (nella pratica clinica il fibroadenoma viene asportato solamente perché tende a crescere e non perché provoca danni, infatti non infiltra il parenchima) Il tumore fillode o filloide, una neoplasia formata da una componente epiteliale e una componente stromale (che è l’attore principale della lesione stessa), in cui distinguiamo tre differenti tipologie: o Tumore filloide benigno, in cui la componente stromale è ipercellulata senza atipie o Tumore filloide borderline, in cui lo stroma è ipercellulato con iniziali atipie e con margini che non sono smussi come nel fibroadenoma o nel tumore filloide benigno ma frastagliati e di tipo infiltrativo o Tumore filloide maligno (raro) con componente stromale francamanente maligna, di tipo sarcomatosa e che quindi potrà avere un aspetto tipo fibrosarcoma, tipo leiomiosarcoma, tipo eterologo condro‐ od osteosarcoma (raro) ma comunque si tratterà sempre di sarcoma. Dal punto di vista clinico è necessario trattare questa variante maligna di tumore filloide, in quanto la componente sarcomatosa può metastatizzare, principalmente i polmoni, per via ematica. La diagnosi differenziale tra le tre tipologie si fa esclusivamente in base alla componente stromale poiché la componente epiteliale non partecipa alla malignità. Nello specifico si andrà a valutare l’ipercellularità sempre maggiore, l’atipia delle cellule stromali, i nuclei in mitosi che devono essere ben superiori alle 10x10 HPF (High‐Power Field) nel sarcoma, l’overgrowth (ovvero la sovracrescita dello stroma rispetto alla parte epiteliale) e i margini della lesione, sempre infiltrativi quando la lesione è di tipo sarcomatoso. .

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PATOLOGIA MAMMA RIA CENNI ANATOMICI E FUNZIONALI a ghiandola mammaria è composta dai dot ti galattofori che fuoriescono dal capezzolo attraverso 15‐20 o rifizi; inter namente tali dotti si dira mano in m niera progressiva, pri ma in dotti intermedi, in s eguito in piccoli dotti per dare vi ta infine all ’unità terminale duttu lo‐ lobulare, formata dal uttulo e d al lobulo, c ostituito a sua volta dagli acini che secernono il latte. Tutto questo alb ero mammario è imm erso in uno stro ma fibroadiposo di sostegno; più precisamen te, nella hiandola m ammaria troviamo du e tipologie di stroma: uno strom a s pecializzato che sta in torno agli acini e che f orma il lobulo insieme ad essi, e le cu i cellule con tengono i ecettori pe r gli estrogeni, il progestero ne e la prol attina (quindi possono essere stim olate dal punto di vista ormonale), e uno stroma di sostegno fibroadiposo che forma la res tante part e. ’epitelio si a degli acini che dei lo buli è comp osto da du e strati di ellule: un o strato int erno di cell ule epiteliali luminali secretorie, che ne gli acini producono i co mponenti del latte e ei dotti so no qu elle in grad o di modific are la com posizione del fluido che vi pas sa dentro; un secondo strato forma o dalle cellule mioepiteliali, co mprese tra le cellule luminali epit eliali e la membrana bas ale, che sv olgono sia na funzione di sostegno per i dot ti e per gli acini; queste cellule sono così chiamate perché con tengono sia filamenti di cheratina che filamenti di actin a nel loro citopl asma, grazie ai quali p ossono fare piccoli mo vimenti co ntrattili, fav orendo cos ì lo sposta mento del latte con tenuto nel lume sia d egli acini ch e dei dotti. NOTA BENE : è importa ntissimo ri conoscere questi due ipi di cellule mediante l’utilizzo di anticorpi monoclonali (immunoistochimica ) per deter minare la ti pologia di l esione. Tro vare il connubio di queste due tipologie di cellule (cellule lumina li e cellule mioepiteliali) nelle lesioni è una g aranzia di benignità, infatti se la lesione produce entra mbi i tipi di cellule, vu l dire che non è mono clonale (caratteristica tipica di malignità).

Modificazio ne della gh iandola m ammaria a ghiandola mammari a è una ghiandola sott oposta a stimoli ormonali, soprat tutto estrogeni e progestero ne, quindi l a mammell a è sottoposta a tutte le modifica zioni legate alla storia naturale della donna, per esem pio: nella gr avidanza l a compone nte epiteliale si ipertro fizza in maniera enorme a discapito della compon ente strom ale; nella m enopausa si assiste ad una subatrofia di t utta la part e epiteliale , soprattutto dei lobuli ma anche dei dotti, che viene so stituita dalla omponente stromale, la quale n lla prima f ase di questa atrofia è soprattutt o di tipo fibroso, poi diventa sem pre più di tipo adipos o, fino ad avere, nelle persone anziane, delle mammelle molto .

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adipose con qualche dotto residuo sparso, ma senza lobuli. Anche la ciclicità mensile porta a delle modificazioni della mammella, a carico sia della componente epiteliale ma soprattutto di quella stromale, a causa dell’imbibizione (ritenzione) di acqua nella seconda parte del ciclo. La mammella è un organo in continuo cambiamento e uno dei fattori cancerogeni della mammella è la stimolazione ormonale, la quale, se va al di fuori di quella che è la normale durata, risulta essere un fattore cancerogeno; per esempio a causa delle terapie sostitutive ormonali, che alcune donne fanno per i disturbi della menopausa, la mammella, che è stata programmata per essere sottoposta a stimolo ormonale per 35 massimo 40 anni, può reagire in maniera anomala e portare alla formazione del cancro. ESAMI PER LO STUDIO DELLA MAMMELLA Come si arriva alla diagnosi di neoplasia mammaria? In maniera Occasionale Attraverso lo Screening Lo screening in Italia Tutte le donne dopo i 50 anni (si sta cercando in realtà di abbassare l’età dello screening) vengono chiamate per fare un esame mammografico in due proiezioni, per vedere se ci sono lesioni sospette oppure no, per poi procedere ad un approfondimento nel caso in cui venga riscontrata una lesione. A parte questo, la donna da 0 a 50 anni può comunque aver bisogno di sottoporsi ad un approfondimento mammario; di solito la sorveglianza di base della mammella è attuabile mediante autopalpazione, ma è possibile anche sottoporsi alla palpazione da parte del medico di base o del ginecologo durante la visita senologica, o ad esami strumentali. Esami strumentali Gli esami strumentali principi della mammella sono due: ecografia e mammografia. Questi due esami vanno usati in maniera complementare, in quanto ci danno delle informazioni differenti: l’ecografia: legge meglio il seno più denso (legge meglio la mammella delle donne giovani) la mammografia: legge meglio il seno meno denso. (legge meglio la mammella delle donne adulte) Il seno denso è un seno molto ricco di componente epiteliale e/o di componente fibrosa, che fa sì che all’ RX (nella mammografia) il seno compaia di colore bianco, radiopaco; su un seno radiopaco una lesione maligna, come un cancro che infiltra la mammella e che dà una reazione desmoplastica e fibrosa, è un po’ difficile da vedere, mentre nell’ecografia lesioni molto cellulate si vedono come lesioni ipoecogene. Al contrario il seno meno denso è un seno adiposo e viene affrontato attraverso esame mammografico. In genere è preferibile iniziare con l’ecografia, e se nell’ecografia non c’è niente il sospetto diagnostico finisce lì, mentre dopo una certa età, in correlazione con la trasformazione della ghiandola mammaria che diventa sempre più ricca di tessuto adiposo, la mammella si studierà molto bene anche con la mammografia. Di solito dopo i 40 anni la mammografia inizia ad avere sempre più valore nell’ispezione del seno. I due esami, come già specificato, vengono usati in maniera complementare, proprio per il fatto che forniscono informazioni differenti, per esempio la presenza di microcalcificazioni si studia meglio con la mammografia che con l’ecografia, dunque a seconda di quelle che sono le lesioni posso utilizzare un metodo strumentale o un altro.

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Esiste un’ulteriore indagine strumentale: la risonanza magnetica (RM). È un esame che ha un’altissima sensibilità, ovvero da pochi falsi negativi, però la specificità non è così tanto alta, quindi da vari falsi positivi, per cui si può utilizzare solo in alcuni casi. Nella pratica clinica posso disporre di tutti questi esami strumentali, ma se questi mi riportano qualcosa che non va nella mammella, per esempio un nodulo, una forma ed una dimensione sospetta della mammella, delle microcalcificazioni sospette, un grado di distorsione, aree stellate, un’area di addensamento, una zona ipoecogena (quindi qualcosa della cui benignità il radiologo non è sicuro) allora bisogna passare alla seconda fase dell’indagine: le procedure diagnostiche di tipo invasivo.

Procedure diagnostiche di tipo invasivo Tra le procedure diagnostiche invasive troviamo: 1. Fine needle biopsy, con un ago di 21 gauge. Procedura diagnostica di tipo citologico. Viene tirato su un liquido con delle cellule che vengono analizzate. Essendo un’indagine citologica, non fa vedere la struttura della mammella in esame, ma fa vedere solo le cellule ed eventuali alterazioni. Non possiamo fare delle considerazioni istologiche (come il grado di infiltrazione) posso solamente dire che questo che ho di fronte è un carcinoma. 2. Core biopsy, con un ago più grande da 14 gauge. Procedura diagnostica di tipo istologico. Produce frustolini di tessuto lunghi 1‐1,5 cm e larghi 1‐1,1 mm. 3. Ex‐vacum biobsy o vacum assistant biopsy (vab, detta anche mammotome), con un ago da 11 gauge o anche da 9 gauge (al diminuire dei gauge l’ago aumenta di diametro ). Produce frustolini lunghi circa 1,5 cm e larghi 2‐2,2 mm. 4. Nodulectomia diagnostica, eseguita in day surgery. Non è altro che una piccola escissione di parenchima mammario che poi viene analizzata. Si utilizza quando ho per esempio un nodulino che non riesco ad ispezionare con i primi tre esami. Questi esami vanno utilizzati a seconda del problema che si ha di fronte. Dall’alto verso il basso sono in ordine crescente di informazioni e di invasività che mi possono dare, tranne la nodulectomia diagnostica che è un esame di salvataggio quando non posso, per motivi tecnici, utilizzare un esame bioptico con un ago da 14 o da 11 gauge e devo andare a vedere cosa c’è. Dall’alto verso il basso sono anche in ordine crescente di costo e di invasività. Se per esempio l’esame citologico costa 1, la core biopsy costa 4, la ex‐vacum biopsy costa 10 e la nodulectomia diagnostica può costare anche 20. La tendenza ultima nel 2017 è quella di utilizzare la citologia nei sospetti bassi. Per quanto riguarda le microcalcificazioni queste vanno studiate con le fine needle biopsy o con il core o la VAB. Se con la citologia non vedo malignità, allora il problema è risolto. Se ho il sospetto con la citologia che questa lesione non sia benigna allora dovremo andare più a fondo e studiare la lesione con la VAB e con la Core biopsy. Tipi di refertazioni Noi possiamo avere due tipi di refertazioni: Citologica Istologica .

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Refertazione dell’esame citologico Nell’esame citologico le informazioni che ottengo provengono solo dalle cellule, dunque non vedo né la struttura né l’architettura delle lesioni, che invece è importante; per questo motivo l’esame citologico difficilmente fa una diagnosi, più che altro fa una descrizione di eventuali atipie citonucleari, che si riassume con una sigla che si rifà alla classificazione C; in altre parole tiro su queste cellule, le striscio su vetrino, cerco di capire cos’è quella lesione e poi descrivendo le cellule che vedo, faccio un riassunto dando una sigla che va da C1 a C5: C1: significa prelievo non idoneo, non diagnostico, per qualche motivo le cellule non sono venute su o sono venute su ma sono tutte rovinate, oppure c’è tantissimo sangue che mi offusca la visione, per cui non vedo niente. C2: prelievo adeguato e lesione benigna, ho tirato su le cellule, le ho guardate e quelle cellule sono tipiche cellule benigne, magari un po’ iperplastiche ma pur sempre benigne, si associano cellule epiteliali e cellule mioepiteliali. C3: probabilmente benigno, ho una probabilità di circa l’85% che quelle cellule che vedo siano benigne, ma anche la possibilità del 15% circa che siano associate a una lesione maligna. C4: probabilmente maligno, ho una probabilità di circa l’85% che quelle cellule che vedo siano maligne, ma anche la possibilità del 15% circa che siano associate a una lesione iperplastica molto proliferante ma benigna. C5: prelievo adeguato e lesione sicuramente maligna, sono sicuro che quelle cellule che ho sfilato sono maligne, tuttavia il problema è che io vedo solo cellule, non vedo tessuto, non vedo l’architettura, non posso dire dal punto di vista citologico se quel maligno che vedo è un maligno infiltrante oppure un maligno intraduttale, perché le cellule che compongono un cancro infiltrante e quelle che compongono un cancro intraduttale sono uguali. N.B: Il C3 ed il C4 sono categorie di dubbio che richiedono un ulteriore approfondimento con la biopsia. L’esame citologico lo dedico alle lesioni che dal punto di vista strumentale vedo come quasi sicuramente benigne, per esempio una distorsione, un nodulo (le microcalcificazioni non si studiano con la citologia perché non si riesce a trovarle nell’ago aspirato, quindi non posso mai essere sicuro di aver aspirato nel posto giusto). Dunque posso studiare con la citologia solo quei noduli e quelle distorsioni che dal punto di vista strumentale mi fanno stare abbastanza tranquillo, anche se non al 100%, ma delle quali gradirei un approfondimento più invasivo. Quindi l’approfondimento citologico è l’esame principe nel probabile benigno, detto dal punto di vista strumentale di una lesione, tuttavia se ho una lesione che sospetto, l’esame principe diventa la core biopsy e poi anche l’ex‐ vacum biopsy. .

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Refertazione del ’esame istologico Una differenza fondamentale tra reperto bioptico e reperto istologico è che nella citologia io faccio una descrizione di quello che vedo, nella istologia io faccio sempre una diagnosi. Sicuramente la core biopsy con un ago di 14 gauge ci dà molte più informazioni. Le core biopsy si fanno sempre dopo aver fatto una piccola incisione sulla cute con il bisturi, e poi si infila l’ago perché è abbastanza grande. È un ago che produce dei piccoli cilindri istologici di parenchima mammario di circa 2 cm di lunghezza con un calibro (cioè il diametro della base) di circa 1,1 mm. Questi sono due fustolini in ematossilina eosina e in una cassetta di inclusione

La caratteristica di questo ago è che ogni volta che lo si infila si porta via un fustolino, quindi per avere due fustolini devo infilarlo due volte e così via, il tutto in anestesia locale (per cui la donna non sente dolore). Qui logicamente non studio soltanto le cellule ma anche l’architettura del tessuto. In caso di lesioni come un nodulo, una distorsione, una lesione intensa o ipoecogena, delle microcalcificazioni (già con la core biopsy le microcalcificazioni si possono iniziare a studiare perché ho una probabilità di circa il 75% che queste microcalcificazioni possano essere comprese in questi fustolini se ho una buona manualità nel fare la biopsia) la core biopsy può dirimere il dubbio e darci non solo una descrizione di come sono fatte le cellule, ma anche della struttura del tessuto. Grazie a questo posso fare una diagnosi ben precisa e corredarla anche ad una classificazione di giudizio che in questo caso è la B, che va da B1 a B5. Anche la B ha delle incertezze, ma di tipo biologico e non diagnostico. È sempre associata a una diagnosi della lesione, grazie al fatto di avere non solo la citologia ma anche la struttura, quindi tante informazioni in più. B1: parenchima normale con un normale rapporto tra tessuto adiposo e fibroso per l’età della paziente, senza lesioni di nessun tipo, quindi può darsi che non è stato centrato il bersaglio e l’esame si dovrà ripetere (può anche voler dire materiale non idoneo alla diagnosi, perché per esempio il pezzo si è rovinato o la donna si muove e si agita e non riesco a prelevare abbastanza materiale, ma sono casi molto rari, ben sotto il 5%) B2: lesione benigna associata alla diagnosi (es. “frammenti di fibroadenoma”, “parenchima mammario con focolai di adenosi” ecc.)

B3: ha una concezione diversa rispetto al C3, perché mentre su C3 avevamo un dubbio di tipo diagnostico (in quanto vedevamo delle cellule e non sapevamo se fossero benigne o maligne) nel B3 facciamo una diagnosi ben precisa di lesioni, che però hanno un’incertezza biologica perché io so che quelle lesioni si associano ad altre lesioni che sono maligne. o Per esempio trovo “frammenti di papilloma intraduttale sclerosante” che è una lesione benigna, ma lo classifico come B3 perché la letteratura mi dice che il papilloma in circa il 10% dei casi può avere vicino una lesione maligna (è un’incertezza non diagnostica, io so che quello è un papilloma, ma biologica) quindi dovrò asportarlo con un po’ di parenchima intorno per studiarlo .

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o Un’altra lesione benigna di questo tipo è il nodulo scleroelastotico, sul tavolo operatorio se lo vedo lo asporto tutto, ma in biopsia trovo solo “frammenti di nodulo scleroelastotico” e anche qui si è visto che in circa il 10% dei casi può avere vicino una lesione maligna, anche se di basso grado, quindi va rimosso (soprattutto se è di grandi dimensioni) o Un altro esempio è l’iperplasia duttale atipica: posso avere uno o due dotti con una proliferazione all’interno che non è tipica, e faccio diagnosi di B3 perché so che in questo caso con una probabilità del 35‐40% posso trovare vicino qualcosa di più, solitamente un carcinoma intraduttale, quindi anche in questo caso dovrò fare un’asportazione chirurgica. o Anche il fillode benigno è un B3, perché per essere sicuro che sia benigno lo devo asportare e vedere tutto dato che in alcune parti può essere blastomatoso ed evolversi in tumore filloide maligno, se vedo solo un pezzettino di questo nodulo di 2‐3 cm non posso sapere se dentro ha già uno stroma blastomatoso, che è andato verso il maligno. o

Quindi la B3 va sempre rimossa e richiede un approfondimento diagnostico alla ricerca della lesione maligna associata.

B4: come frequenza è al di sotto dello 0,5% e vuol dire biopsia con fustolo normale ma con al lato cellule epiteliali atipiche, compatibili con carcinoma, staccate dal fustolo principale, che non posso ignorare per sospetto di malignità; anche in questo caso come nella C si tratta di incertezza diagnostica, ma il peso del B4 nella classificazione B è praticamente inesistente B5: lesione maligna con una diagnosi ben precisa (es. “parenchima mammario con focolai di carcinoma mammario intraduttale, “carcinoma mammario infiltrante di tipo duttale”, “frammenti di tumore filloide maligno”, “linfoma” anche se raro ecc.). Se devo andare a studiare delle microcalcificazioni particolarmente difficili da prendere per qualche motivo, l’esame principe non è tanto questo (anche se anche questo si può utilizzare) ma è la VAB (Vacuum Assiste...


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