Pedagogia dei saperi ✓ PDF

Title Pedagogia dei saperi ✓
Course PEDAGOGIA DEI SAPERI
Institution Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
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1.Oggetti e problemi della pedagogia dei saperi Individuarli significa confrontarsi con una vasta fenomenologia di questioni epistemologiche e formative. 1.1. Questioni di confine: i saperi e i loro rapporti La nostra tesi è un’interpretazione dei saperi come sistemi di conoscenze autonomi e capaci di autoorganizzazione, cioè autopoietici. Intendiamo pervenire ad un modello metodologico capace di orientare la prassi pedagogica. L’approccio analogico ha il vantaggio di conferire visibilità e pertinenza teorica alla nostra riflessione – ci permette di individuare delle corrispondenze tra i meccanismi di funzionamento del sapere e quelli del sistema vivente e tra le relazioni reciproche tra saperi e quelle tra organismi e ambiente. 1.1.1. I saperi come sistemi interagenti Una prospettiva sistematica ci permette uno sguardo interno al sistema (quello che include l’osservatore come soggetto osservato) ed esterno (quello compiuto da un osservatore). I due aspetti corrispondono all’osservazione del sistema in due domini differenti: nel primo vediamo la dinamica interna al sapere (il funzionamento delle sue componenti) e nel secondo la descrizione riguarda le relazioni tra ciò che l’osservatore distingue come sistema e come ambiente. La prospettiva sistematica ci permette una duplice visione dei saperi: una di tipo statico (forme, strutture, schemi dell’organizzazione) e una di tipo dinamica (la loro crescita ed evoluzione). Il termine sistema (deriva dal greco “porre insieme”) fa riferimento ad una totalità - una prospettiva di tipo sistematico definisce la comprensione di un fenomeno nel contesto di un insieme più ampio di fenomeni dei quali si stabilisce la natura delle relazioni. La visione sistematica esprime l’opposizione ad un approccio di tipo cartesiano/riduzionistico/analitico perché il tutto è maggiore della somme delle parti. La prospettiva riduttivista interpreta la separazione disciplinare tra i saperi: per conoscere il mondo esso deve essere suddiviso in parti, allora dal punto di vista dell’attività di costruzione del sapere, ne discende la necessità di tracciare linee di demarcazione nette e precise – le quali identificano ciò che viene assunto come oggetto di studio. Dal punto di vista pedagogico parliamo del rapporto tra studio della complessità e studio del dettaglio, sui significati che attribuiamo ai concetti di disciplinarità e interdisciplinarietà, nonché sulla dialettica tra formazione specialistica/disciplinare e formazione trasversale/generale. La prima è di tipo dinamico, cioè riferita all’evoluzione del sistema e la seconda è riferita alla sua situazione ad un certo istante. La descrizione analitica rende disponibile una fotografia dell’oggetto studiato e quella sistematica rende visibili le variazioni dell’oggetto nel tempo, in modo da poterne controllare l’evoluzione o modificare il proprio comportamento in modo da adattarlo all’evoluzione dell’oggetto. Pensare per sistemi significa porre attenzione su questa dinamica. Entrambe le descrizioni sono necessarie all’attività della scienza e la loro pertinenza dipende dal tipo di oggetto o fenomeno osservato. Negli anni ’70 Bertalanffy formula la Teoria Generale dei Sistemi allo scopo di mostrare la necessità del punto di vista di sistematico e ricercare i principi applicabili a tutti i sistemi. A causa dell’inadeguatezza degli strumenti matematici di allora egli non raggiunse mai il traguardo di una teoria formale dei sistemi. Da allora ci sono stati migliaia di pubblicazioni basate sul concetto del sistema nei diversi contesti disciplinari, nonché di modellizzazioni di problemi sociali. Oggi per caratterizzare schematicamente le molte possibili applicazioni, si è soliti distinguere tra sistemi fisici naturali, fisici artificiali, sociali e simbolici. Alla base di questo cambiamento di paradigma ci sono due concetti: concetto di interazione e il concetto di apertura (e chiusura) dei sistemi. Il primo sposta l’attenzione dagli elementi al sistema delle loro relazioni (due elementi sono in interazione quando modificano ciascuno il proprio comportamento in dipendenza del comportamento dell’altro – questo dipende dalla struttura o dall’organizzazione del sistema). L’apertura si riferisce al suo stato rispetto all’ambiente di cui ne fa parte – nel caso dell’apertura si tratta di uno scambio continuo verso l’esterno e verso l’interno – tale scambio permette al sistema di conservarsi in uno stato stazionario, attraverso processi di costruzione e disgregazione (es. organismi viventi). I sistemi chiusi sono isolati rispetto a ciò che li circonda – vale il “principio di equifinalità” secondo la quale lo stato finale del sistema è univocamente determinato dalle condizioni iniziali (se modificate cambia anche lo stato finale – es. fisica classica). L’interazione: descrizione dei saperi nei termini di parti costituenti (concetti, teorie, modelli) che reagiscono

tra loro e che si modificano reciprocamente in forza degli scambi di informazioni interne al sistema e con l’ambiente esterno. Le relazioni interne saranno responsabili dei processi di specializzazione delle conoscenze, mentre quelle rivolte verso l’esterno incideranno sull’aggiornamento e sulla produzione delle conoscenze in direzione interdisciplinare. Gianmarco Minati osserva che lo schema sistematico dell’interazione tra componenti diviene quello dell’interdisciplinarità quando le interazioni considerate sono tra conoscenze e approcci disciplinari. La disciplinarità è l’interazione tra le componenti interne a ciascun sistema-sapere. La concezione cartesiana dei saperi ha due conseguenze: non esistono interazioni tra le parti componenti del sistema-sapere e le relazioni tra le parti sono di tipo lineare. La formulazione in termini di sistemi è adeguata per usi interdisciplinari, ma anche la disciplinarità e l’interdisciplinarità possono essere concepite come fenomeni “sistematici”, ossia come emergenze dall’interazione di elementi all’interno di un sistema. TGS: i sistemi dei saperi sono costruiti di parti interagenti; è possibile considerare ogni sistema-sapere come parte di un super-sistema e come insieme di sotto-sistemi; ogni sistema-sapere è aperto, nel senso che scambia, attraverso la comunicazione, informazioni con l’esterno. Nella prospettiva sistematica di Bertalanffy rimangono dei punti oscuri: Il primo è che il flusso continuo ipotizzato al fine del mantenimento di un sistema aperto in uno stato stazionario implica sia la conservazione sia la variazione del sistema e secondariamente bisogna precisare in che modo l’apertura del sistema garantisce ad esso autonomia ed evoluzione. Il sistema dei saperi funziona sia come autonomo (l’autonomia gli garantisce identità disciplinare e tenuta epistemologica) sia come un sistema eteronomo (fornisce una cultura entro la quale scegliere e intraprendere direzioni di sviluppo). Secondo l’approccio teorico di Bertalanffy un sistema può essere contemporaneamente chiuso e aperto. 1.1.2.Saperi adattivi: analogia tra l’evoluzione della conoscenza e l’evoluzione biologica Una caratteristica fondamentale dei saperi è la loro “adattività”, ossia la capacità dei suoi elementi (concetti, modelli, teorie) di modificarsi per soddisfare nuovi requisiti. Le teorie nascono, si evolvono e muoiono sostituite da nuove teorie. Secondo Popper la scienza inizia con problemi e procede verso teorie in competizione che essa valuta criticamente. La critica della teoria fa sì che nella maggioranza dei casi, quest’ultima venga confutata generando con ciò altri problemi. In altre parole: se ci riferiamo alla nota distinzione tra “mondo tre” (mondo dei contenuti oggettivi di pensiero) e mondo due (mondo degli stati di coscienza e degli stati mentali) allora la prospettiva oggettivista è espressa dicendo che la conoscenza del mondo tre si accresce secondo la logica del metodo delle congetture e confutazioni. P1 (problema di partenza) -> TT (ricerca soluzione/teoria provvisoria)-> EE (eliminazione dell’errore) -> P2 (problema nuovo). Il carattere adattivo è espresso dal passaggio P1 a P2 che rende lo schema un processo di tipo evoluzionistico. Popper sostiene che come gli oggetti anche le piante e gli animali sono “solutori di problemi” - risolvono le situazioni problematiche attraverso il metodo delle sostituzioni provvisorie. Il problema P 2 può emergere come sottoprodotto non intenzionale della soluzione effettivamente prodotta – i problemi nuovi rappresentano cioè possibilità ed opportunità, nel senso che conducono a creazioni o costruzioni nuove. Es. contando i numeri ne deriva non intenzionalmente la suddivisione in pari e dispari, primi e non primi. Il fatto che un certo oggetto del mondo tre generi come conseguenza inevitabile e non intenzionale un altro oggetto esprime, secondo Popper, l’autonomia (relativa) del terzo mondo. Il mondo tre esiste come prodotto dell’animale uomo e questo mondo, seppur in senso non assoluto, esiste in modo autonomo= genera i problemi in quanto sono connessi alla dinamica dell’accrescimento – la conoscenza oggettiva cresce attraverso l’interazione tra noi stessi e il mondo tre e che si dà una stretta analogia tra la crescita della conoscenza e lo sviluppo biologico. Il carattere relativamente autonomo e adattivo dei saperi implica di considerare più in dettaglio l’interazione tra noi stessi e lo sviluppo della conoscenza oggettiva e il legame tra mondo della conoscenza e mondo della vita. La prospettiva popperiana, infatti si limita a richiamare l’evoluzione come logica di funzionamento del meccanismo di accrescimento della conoscenza e non come componente determinante del suo sviluppo. Sebbene i saperi non siano organismi viventi, essi possono essere assimilati a mezzo dell’azione mentale e materiale dell’uomo e dei suoi organi. Luca Cavalli Sforza estende per analogia la teoria dell’evoluzione, dalla biologia alla cultura. La

determinazione biologica non vale nel senso che i geni controllano la cultura, ma nel senso che essi controllano gli organi che ne permettono la produzione = idea che la cultura sia un meccanismo biologico in quanto dipende da organi che ci permettono di comunicare, inventare, costruire nuove idee e macchine utili alla nostra sopravvivenza e alla nostra vita. La teoria alla quale l’autore fa riferimento è neodarwiniana, secondo la quale ogni variazione evolutiva è il risultato di cambiamenti genetici casuali seguiti da selezione naturale. Sia nell’evoluzione biologia e sia in quella culturale c’è una trasmissione; nel primo caso essa è di unità genetiche mentre nel secondo vengono trasmesse le idee (trasmissione di DNA culturale). Mentre la trasmissione biologica è di tipo verticale (da genitori a figli - è lenta e tendenzialmente conservatrice) quella culturale è sia verticale che orizzontale, perciò in grado di conservarsi o di permettere variazioni secondo diversi gradi di velocità. Nell’evoluzione biologica troviamo la mutazione e la selezione naturale – la prima avviene in modo casuale e provoca un cambiamento di gene e la selezione va in base alla mutazione. Nell’evoluzione culturale la mutazione è la creazione/perdita di una nuova idea/innovazione. L’innovazione non è un fenomeno casuale ma è connessa al tentativo di risolvere un problema -in questo senso l’evoluzione culturale è più lamarckiana che darwiniana, perché le innovazioni trasmesse possono derivare dai membri della società (secondo Lamarck ciò che si eredita è l’adattamento stesso). La selezione naturale nell’evoluzione culturale si riferisce alla possibilità di accettare o rifiutare un’idea. Cavalli Sforza istituisce un’analogia tra conoscenza e vita – poiché l’uomo è assoggettato tanto all’evoluzione biologica quanto a quella culturale, esse possono interagire in una relazione di co-evoluzione: l’evoluzione biologica interviene sugli organi di produzione della cultura e l’evoluzione culturale modifica l’ambiente di vita e adotta nuovi stili comportamentali che portano all’evoluzione biologica. La prospettiva di Cavalli Sforza è solo parzialmente utile alla ricerca dei rapporti tra saperi perché: affonda le sue radici in una visione riduzionista e ciò è in contrasto con l’interpretazione dei saperi come sistemi di conoscenza e la vita non interviene direttamente sulla conoscenza ma sugli organi che ne permettono la produzione. 1.1.3.Dal sistema della vita al sistema della scienza Tagliagambe propone una prospettiva epistemologica imperniata sull’idea di confine (tra soggetto e oggetto della conoscenza ma anche tra sistema socioculturale e scienza) a partire dall’impostazione teorica dello scienziato russo Vladimir Ivanovic Vernadskij. Lo scienziato pose al centro della sua teoria l’idea che noi viviamo in un contesto che è stato costruito e plasmato dall’insieme degli organismi viventi. Questa prospettiva è interessante perché: recupera un approccio sistematico e coevolutivo ante litteram; introduce una concezione dell’evoluzione che include il sistema delle conoscenze nel sistema della vita e incentra il rapporto tra organismo e ambiente sull’idea di confine tra sistemi interagenti e ciò ci permette di iscrivere in una prospettiva coerente gli scambi tra interno ed esterno al sistema. Egli parla di un grande sistema composto dalla coesistenza e dall’interazione tra geosfere, biosfera e noosfera, nel qual è inserito anche il pensiero scientifico come espressione della materia vivente. Geosfere= involucri terrestri tra i quali avviene la migrazione degli elementi chimici ad opera degli organismi viventi. La vita degli organismi è all’interno della biosfera, attraverso gli scambi di energia e di materia con il sistema delle geosfere. Gli organismi non subiscono solo la pressione dell’ambiente ma scelgono i frammenti del mondo esterno rilevanti per la loro esistenza e il loro sviluppo – a ogni passaggio interviene una trasformazione. L’ambiente è il mondo in cui gli organismi sono immersi e contribuiscono a modificarne la strutture fisica in base alla loro struttura interna. Questa modificazione è massima quando si ha il passaggio dalla biosfera alla noosfera, concepita come l’ultimo degli stadi di evoluzione della biosfera. La scienza è quindi concepita come un sistema autopropulsivo e autonomo generato a mezzo dell’attività della noosfera – essa infatti rende possibile al sistema delle conoscenze di accrescersi e organizzarsi, nonché di mantenere inalterata tale organizzazione. Il confine/noosfera gioca un ruolo fondamentale: in questa zona di demarcazione esso garantisce identità al sistema, in quanto linea di contatto mette in relazione questo con l’ambiente esterno, permettendo attraverso processi di trasformazione/traduzione l’accrescimento del sistema e il mantenimento dell’autonomia. Questa prospettiva ci permette di sostenere un approccio ai saperi di tipo sistematico e legato alla vita e perché essa riformula il rapporto interno-esterno e autonomia-eteronomia – infatti la

noosfera conferisce autonomia al sistema in quanto ne alimenta la dinamica interna e ne definisce l’organizzazione nel frattempo essa seleziona nel sistema esterno ad esso gli elementi funzionali al suo sviluppo e li trasforma in modo da renderli compatibili con la conservazione della struttura interna. L’ambiente esterno/super-sistema non determina univocamente l’organizzazione del sistema considerato. 1.1.4.Autonomia e chiusura organizzativa dei saperi Piaget assume una prospettiva strutturalista (strutturalismo relazionale) che pone come realtà primaria i sistemi di interazioni o trasformazioni e che concepisce il tutto come il prodotto della composizione di tali interazioni formatrici. Piaget vuole enucleare le eventuali connessioni epistemologiche tra le scienze in modo da riconoscere che essere costituiscono un sistema dinamico, il cui sviluppo dipende sia dai legami fra le varie discipline sia dai legami fra i domini interni ad essere. Procedendo per comparazione, egli evidenzia la convergenza di alcuni grandi problemi di tipo biologico tra le varie scienze – problemi la cui risoluzione rimanda: alla produzione, allo scambio e all’equilibrio = meccanismi comuni alle scienze umane e alle scienze biologiche. Produzione di strutture nuove: cioè sistemi di trasformazioni con proprietà e leggi proprie. Scambio di materiali e informazioni: cioè esistenza di interazioni tra sistema e ambiente esterno. Regolazione interna/equilibrio: capacità di equilibrazione dei sistemi – fa si che il prodotto delle trasformazioni che compongono la struttura del sistema sia ancora un elemento del sistema. Le tre nozioni definiscono ogni attività del sistema, ossia implica di continuo delle scelte, delle informazioni e delle regolazioni. Piaget distingue tra strutture aperte/compiute e strutture chiuse/in formazione. Piaget fa un enorme passo avanti, afferma che un sistema vivente sia sì aperto ma anche che lo scambio continuo con l’esterno non impedisca al sistema la costruzione di “cicli” strutturali interni capaci di assicurare la propria conservazione. Maturana e Varela hanno sviluppato l’idea di complementarità tra le nozioni di chiusura e apertura. Piaget riferisce tali nozioni alle strutture che definiscono il sistema e non al sistema, ciò comporta che la costruzione dei saperi riguarda la produzione di strutture e che i rapporti tra saperi avvengono al livello delle loro rispettive strutture. Questa prospettiva ci permette di considerare la complementarità tra autonomia e eteronomia dei saperi e di concepirla nei termini di processi e dei cicli che definiscono la loro organizzazione. All’interno di una prospettiva strutturalista secondo Piaget le scienze intrattengono un insieme di relazioni interdisciplinari la cui portata supera quella di una semplice “facilitazione del lavoro”. Oggi la tendenza innovatrice agisce nella ridefinizione dei confini disciplinari, in direzione sia di un loro arretramento “verticale” (=ampliamento dell’intensione del dominio considerato) sia in una loro modificazione “orizzontale” (= estensione di tale dominio). Ogni scambio fra discipline può portare ad una vera e propria ibridazione. Al livello più elevato della loro collaborazione (o ibridazione), un dominio può essere spiegato nei termini dell’altro. Allo stesso tempo, ciascuno dei due si arricchisce e si dilata acquisendo caratteristiche e proprietà non individuabili prima della loro messa in relazione. Motivo di questo scambio, è secondo Piaget, la ricerca di spiegazioni, o di modelli causali per la regolarità dei fenomeni. Piaget concepisce l’interdisciplinarità come una condizione del progresso della ricerca, vale a dire come una necessità dello stesso lavoro epistemologico. Maturana e Varela chiariscono ulteriormente la distinzione e la complementarità tra apertura e chiusura di un sistema riconducendola a quella tra struttura e forma. La distinzione piagetiana tra apertura e chiusura è riferita alle strutture: ciò che si produce, si regola e si conserva sono le strutture del sistema . Esse ne definiscono la sostanza (di che cos’è fatto) ma non ci dicono nulla sulla forma. Maturana e Varela si domandano se esiste uno schema di organizzazione valido per tutti gli organismi viventi. Ceruti fa osservare che l’organizzazione debba rimanere invariata per assicurare identità al sistema e che la struttura possa invece variare proprio per garantire l’invarianza dell’organizzazione – quindi l’autonomia del sistema dipende dalla relazione tra chiusura e apertura. Maturana e Varela fanno corrispondere apertura e chiusura all’osservatore che riconosce l’unità del sistema rispetto all’ambiente esterno e quello che include l’osservatore nel sistema osservato = la forma individuata dai due biologi è l’autopoiesi e deve essere rappresentata con la rete. Autopoiesi: capacità del sistema di produrre la propria organizzazione, questo processo di organizzazione circolare e di continua regolazione coincide con il processo di cognizione. Questa

nozione ci consente di definire i sistemi (e i saperi) contemporaneamente aperti e chiusi/autonomi ed eteronomi. I saperi non sono sistemi autopoietici ma gli esseri umani che li producono realizzano la propria autopoiesi. La chiusura organizzativa (dei saperi) ci permette di far convergere le dinamiche del loro sviluppo interno (aggiornamento, revisione, specializzazione) e quelle della loro interpretazione con l’ambiente esterno (contaminazione, collaborazione interdisciplinare) verso la cont...


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