Pedagogia Generale. Appunti esame 24 CFU PDF

Title Pedagogia Generale. Appunti esame 24 CFU
Author Mariangela Vedele
Course Metodologia e Pedagogia 24 cfu
Institution Università degli Studi di Cagliari
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Summary

PEDAGOGIA GENERALEPedagogia generale: c’è chi pensa sia solo un preambolo delle altre scienze dell’educazione, o una sintesi di queste, o uno spazio in cui definire i problemi educativi da sottoporre a ricerca scientifica, o ancora un “dispositivo” che attraversa i settori educativi per affrontare a...


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PEDAGOGIA GENERALE Pedagogia generale: c’è chi pensa sia solo un preambolo delle altre scienze dell’educazione, o una sintesi di queste, o uno spazio in cui definire i problemi educativi da sottoporre a ricerca scientifica, o ancora un “dispositivo” che attraversa i settori educativi per affrontare appunto tale argomento ecc. Tutte queste posizioni hanno del vero e la pedagogia (generale) diventa una riflessione generale (libera e aperta) su tali questioni. La sua funzione è di unire tutti gli aspetti pedagogici fra di loro e a tutto ciò che può provenire da altre discipline o dal contesto esterno. Quindi la pedagogia generale: -ha una funzione generativa e regolativa -ha un’identità critica (che si lega alla filosofia come discussione dei fondamenti dei saperi) -si pone come esercizio critico rispetto alle questioni che tratta (principalmente educazione/formazione) -deve permanere al centro della pedagogia in quanto assume il ruolo critico di sintesi, legittimazione e focalizzazione -è il settore chiave della pedagogia che ne racchiude il senso (rispetto al passato), ma che porta anche a un continuo ripensamento della disciplina (dati i dibattiti verso il futuro) La pedagogia generale nella sua riflessività si articola attorno a tre nuclei (problemi, teorie, modelli) e lo fa attraverso un dibattito sempre più complesso. Basta considerare l’esempio della relazione educativa: esso si nutre delle scoperte delle altre discipline, i cui risultati si dirigono verso l’ambito educativo; perciò il tutto veicola fra le scienze e la riflessività/intenzionalità pedagogica, grazie a cui si aprono molti orizzonti. Perciò la pedagogia generale diventa una “tutrice” del senso e dell’obiettivo dell’educazione e anche un esercizio di riflessività aperta, un modo di pensare/organizzare l’educazione. Quindi la pedagogia generale verte su problemi, teorie, modelli; i problemi possono essere tradizionali o meno, ma in ogni caso devono essere affrontati attraverso una riflessività aperta, poiché la pedagogia ha proprio il compito di tenere viva l’intenzionalità pedagogica in ogni suo ambito (e lo fa attraverso il dibattito critico), coltivando il “senso” del pedagogico. Oggi la questione è diventata ancora più complessa poiché il concetto di educazione è stato revisionato: in passato essa serviva alla costruzione di un soggetto secondo regole sociali e guidato da inculturazione, apprendimento e conformazione, oggi il fulcro della pedagogia diventa la formazione (che ha qualcosa in più dell’educazione). Cos’è la formazione? E’ il processo di crescita, sviluppo, orientamento che fa del soggetto ciò che è e verte soprattutto sulla vita interiore di questo che porta al superamento della materialità per finire verso la spiritualità, lo sviluppo dell’io e della personalità. Perciò si può dire che la formazione sia lo sviluppo del soggetto nella sua umanità, il quale cresce nella costante mediazione tra coscienza individuale e oggettività culturale. In che rapporto sta con l’educazione? La formazione, come “vita spirituale” implica inculturazione, apprendimento e socializzazione e infatti è grazie a questi processi che la cultura arriva all’individuo; allora l’educazione, come unione delle tre componenti, sta alla base della formazione, però quest’ultima va oltre, spostandosi sul piano personale, interiore, spirituale. Si può dire che l’educazione trasmette e conforma il soggetto, la formazione lo coltiva nella sua individualità (di essere singolo e creativo). Perciò fra educazione e formazione c’è un rapporto di continuità e discontinuità, di integrazione e opposizione: c’è un rapporto dialettico.

Quale mutamento socio-antropologico ha alle spalle? Sullo sfondo del “rilancio” moderno del concetto di formazione ovviamente ci sono questioni socio economico- culturali: nel presente ogni soggetto si deve mostrate responsabile e attivo di fronte al cambiamento, deve farsi “individuo” nel senso di saper guidare se stesso. Per coltivare l’umanità nel mondo attuale sono essenziali tre capacità: 1. La capacità di giudicare criticamente sé stessi e le proprie tradizioni: non accettare verità date per vere dalla tradizione o dall’abitudine, mettere in gioco le credenze e accettare solo quelle che resistono a coerenza e razionalità. Per fare questo è necessario saper ragionare in modo critico e sfidare la tradizione. 2. I cittadini devono concepire sé stessi non solo come membri di una nazione o di un gruppo, ma anche come esseri umani legati ad altri esseri umani da interessi comuni e dalla necessità di un reciproco riconoscimento. Tutti ci pensiamo come parte di un gruppo o categoria, solo dopo ci riconosciamo come esseri umani e per questo trascuriamo bisogni o capacità che ci legano a cittadini che vivono lontano da noi, precludendoci possibilità di comunicazione, amicizia, ma soprattutto ignorando responsabilità. 3. Il terzo requisito potrebbe essere inteso come “immaginazione narrativa”, ossia la capacità di mettersi nei panni di un’altra persona e di capire la sua storia (emozioni ecc) e questo non signific mettere da parte il proprio senso critico, perché comunque nel fare ciò si mantengono la propria identità e giudizi. Ma alla base del giudizio (giusto, responsabile e razionale) c’è la conoscenza, e per questo è necessario comprendere l’altro attraverso l’immaginazione. Anche in pedagogia è fondamentale la costruzione di teorie, cioè quadri generali o modelli in grado di orientare la comprensione dell’oggetto di studio, cioè l’educazione/formazione. 1. Le teorie della complessità sono interdisciplinari ed emergono dalla riflessione scientifica, epistemologica, filosofica, ma agiscono da tempo sul fronte pedagogico. La complessità mette in luce la varietà del linguaggio e dei temi della pedagogia, così come degli ideali ed essa si è inserita anche nel modo di pensare la formazione, che va vista come un processo dinamico, aperto e plurale. Questo perché è cambiata anche l’ida di soggetto (non è più unico e lineare) e di cittadinanza (si pensi alla globalizzazione). Allora bisogna “formare alla complessità”. 2. Le teorie della differenza sono esplose nella cultura del ‘900 proprio attraverso le scienze umane, ma anche attraverso la filosofia, il femminismo ecc. La differenza si è posta come misura per 3. pensare l’educazione e la formazione, attraverso modelli che valorizzino pluralismo e disomogeneità. Le teorie dell’ecologia vedono come l’ecologia, da scienza legata allo studio ambientale, si sia fatta strada fra i vari ambiti della conoscenza e dell’esperienza, diventando parte della formazione che è al centro della cultura non solo per un collegamento con l’ambiente, ma anche con la mente. L’ecologia quindi diventa un modello e un valore che deve essere messo a fuoco per pensare l’io, la mente e la relazione fra soggetti. Ma c’è ancora molto lavoro da compiere. 1A. Il paradigma della complessità (E. Morin) Complessità deriva da “complexus” e indica un insieme di costituenti eterogenei associati (pone così il paradosso dell’uno e del molteplice), ma indica anche il tessuto di fatti/azioni che costituiscono l’esperienze e quindi si presenta come ambiguità, disordine e incertezza. 2A. In Italia però tutto questo si è presentato in modo diverso rispetto alla Francia poiché (a) il tutto è stato meno al centro del dibattito pedagogico, (b) c’è stato uno schieramento meno compatto, anche a livello politico e infine (c) è mancato un punto di aggregazione teorica e “politica” che permettesse la diffusione e il confronto di tale pedagogia con gli emergenti tecnicismi e altre teorie scientifiche/psicologiche.

3A. fa riferimento in primo luogo alla denuncia della degradazione dell’ambiente e alle conseguenti preoccupazioni riguardo il futuro della specie/vita umana: in questo senso si articola quindi una campagna pedagogica di sensibilizzazione, favorita dalla neutralità e universalità del problema. L’obbiettivo è sempre la consapevolezza. Come si articola il discorso pedagogico? Esso ha caratteri riflessivi e generali da una parte e critici/problematici dall’altra. Per questo si può arrivare a dire che si tratti di un discorso filosofico, se si intende la filosofia come riflessività critica e problematizzante, che tiene sempre aperte le sue tematiche. Così la pedagogia generale discute in modo aperto i suoi problemi, partendo da più punti di vista e proseguendo con il confronto. Si richiede perciò che il soggetto sia libero, autonomo, creativo, aperto, dinamico, responsabile e per questo l’educazione richiede/reclama la formazione. Il compito che si ha verso i giovani è quello di far crescere la loro interiorità. Il mondo attuale, definito da una società della partecipazione e dell’agire responsabile, richiede soggetti forti nella loro iniziativa e libertà. Se quindi il soggetto si deve formare in questo modo per questo tipo di società, deve essere dotato di una buona “forza del carattere”, ma un carattere inteso in modo “soft”, come identità disponibile a stare con gli altri e in grado di orientare se stesso. Il carattere è coscienza di sé, volontà di essere sé stessi e di agire nel mondo, ma è anche sensibilità intrapersonale e interpersonale e a questo deve puntare la pedagogia. Ciò può avvenire risvegliando i giovani alla cura di sé e alla coltivazione del carattere verso l’unicità personale: tale risveglio è sì etico, ma anche estetico, in qualità di “darsi-forma” e di crescita continua. Si tratta di un esercizio che dura tutta la vita, comincia in famiglia e prosegue a scuola, dove la cultura sostiene tale processo; poi prosegue ancora grazie ai media, che oggi trasmettono modelli per lo più omologati, ma anche creatività e novità, infine si continua lo sviluppo attraverso la socializzazione nelle diverse agenzie, dall’associazionismo ai luoghi di lavoro, che diventano un “banco di prova” delle capacità relazionali. è stato evidenziato che la pedagogia è liberare e promuovere, è far uscire dai condizionamenti, rendendo ogni individuo protagonista della propria formazione (in modo che diventi auto-formazione). L’ottica della libertà è quindi sempre più importante, il principio guida è quello di promuovere un io che si fa portatore di un progetto di vita e di una personalità unica e irripetibile. Tutto ciò è il risultato di un lungo processo di dibattiti e teorie; il principio della libertà è diventato il motore stesso della pedagogia, così come l’emancipazione ha assunto un valore chiave in una società in cui l’io deve essere attivo, dinamico, produttivo e responsabile. Tutto questo però comporta un ruolo e un compito della pedagogia piuttosto complesso, che coordina il politico, l’istituzionale e il pedagogico e integra teorie e pratiche; per questo in tale disciplina è racchiuso il senso e la norma dell’educare. La varietà della pedagogia generale mette in luce anche un altro aspetto cruciale: il ruolo determinante che l’educazione ha avuto in ogni società, in cui riguarda l’aspetto fondamentale della trasmissione dei saperi; infatti è proprio l’educazione che permette la crescita e la sopravvivenza delle società e lo fa formando i giovani sulla base della tradizione. Il problema della sopravvivenza di una società consiste nella trasmissione dei saperi, possibilità data dall’educazione, si vede infatti come l’uomo è sempre stato coinvolto in una ricerca di liberazione ed espansione e in un modo di educare se stesso e gli altri uomini. L’educazione quindi costituisce l’insieme di quegli strumenti necessari alla trasmissione dell’educazione; quest’ultimo è un concetto che assume molti significati, fra cui azione che favorisce lo sviluppo fisico/intellettuale/morale della persona umana, verso la coscienza di sé. Il termine educazione designa molti significati, già le due etimologie sono diverse fra loro: la prima allude all’allevare dal punto di vista organico/fisico, la seconda indica il favorire lo sviluppo da un

punto di vista mentale/caratteriale/sociale. Ciò avviene in contesti in cui il bambino può essere sostenuto e aiutato dall’adulto, ma ciò non basta, perché il punto fondamentale riguarda la conquista della maturità da parte della persona: quindi l’ “allevamento” è collegato ad aspetti affettivi/emotivi che si collegano a loro volta al contesto esterno del periodo. Quindi l’educazione è l’insieme di tutti questi aspetti, un cui aspetto fondamentale è la comunicazione. vuole rendere l’uomo in grado di “ragionare con la propria testa”, in linea con ciò che ci si aspetta da lui in quel periodo storico. Per questo diventano così importanti inculturazione e acculturazione; è però importante sottolineare che l’assimilazione alla cultura propria o altrui non è sempre educativa, deve avvenire nel modo giusto (evitando preconcetti e pregiudizi per esempio). L’educazione è basata sulla tradizione, ma al tempo stesso mira al superamento di questa per il progresso e ciò talvolta può assumere il carattere del distacco o ribellione. Per non dimenticare poi il fatto che educare guardando al futuro ha spesso portato a immaginare aspetti utopici. L’educazione si basa sia su fattori esogeni che endogeni: gli endogeni sono propri del soggetto, in parte innati e in parte acquisiti, gli esogeni derivano dall’ambiente esterno. Questi due tipi di fattori sono presenti e fondamentali, così come lo è il rapporto reciproco fra educatore ed educando. La nascita della pedagogia: Socrate pone il soggetto come destinatario della crescita: a lui interessa il colloquio interiore all’individuo e lo scambio dialogico con altri; allo studioso interessa rendere l’uomo libero di decidere per diventare responsabile della propria vita e per fare questo sfrutta l’ironia (conduce l’uomo alla conoscenza), l’aporia (valorizza l’incertezza derivante da due validi discorsi opposti), la dialettica (discussione che spinga ad una soluzione), la maieutica. Platone invece, rifacendosi all’eredità di Socrate, guida l’educazione in linea con il suo tempo: ricostruisce la paideia passando attraverso la lezione socratica, così come lo stato del periodo; in particolare guarda al legame educazione-Stato come due fattori legati che si influenzano a vicenda: pedagogia e politica dipendono l’una dall’altra. In seguito la disciplina ha incontrato le influenze del cristianesimo, della scienza moderna e della democrazia contemporanea, diventando sistematica e deduttiva. Ma l’influenza più importante deriva dalla filosofia, che ha reso il discorso pedagogico speculativo; si è arrivati a pensare ad un eccessivo legame fra le due e al fatto che la filosofia abbia portato una logica astratta e metafisica al campo pedagogico. Dewey comincia chiedendosi se esiste e se può esistere una scienza dell’educazione. Bisogna però partire chiarendo il fatto che la parola “scienza” ha più significati. C’è chi vuole limitarla alle scienze in cui si arriva a risultati esatti attraverso metodi rigorosi (cosa che includerebbe solo matematica e pochissime altre discipline), ma c’è anche chi vuole estendere il termine a più ambiti e a più discipline, definite ovviamente da aspetti come il metodo. Il fatto è che i metodi tendono sempre a cambiare verso un miglioramento e questo è ciò che deve affrontare anche la pedagogia. Strutturare i metodi in un certo modo fa sì che lo studioso possa essere utile non solo a sé stesso e al pubblico, ma anche ai ricercatori successivi, per portare beneficio e dirigersi verso il progresso. Quindi è importante sottolineare che la scienza porta a diversificazione più che uniformità, anche se serve rigorosità nei metodi ecc e per questo si crea concorrenza e progresso. Ormai – anche in Italia – si parla di “scienze dell’educazione” per indicare il campo di studi che solitamente veniva indicato come pedagogia, infatti il processo di trasformazione di tale disciplina dura da molto tempo (perfino secoli), tuttavia non si può ancora parlare di “morte” della pedagogia; anzi, si può dire che proprio le scienze dell’educazione evidenzino le tematiche e la complessità della pedagogia stessa, arrivando a un collegamento con essa che non è sempre pacifico. Bisogna specificare che parlando di “scienza” (o in generale o di scienze dell’educazione) si indica un sapere valido quanto la pedagogia (o la filosofia, nell’esempio citato), ma specifico per un aspetto metodologico (si basa su esperienze replicabili che

permettono di fare previsioni) e per uno logico strutturale (il tutto si fonda su concetti ben definiti da cui si possono trarre regole/ipotesi valide). Per educazione bisogna intendere quell’insieme di azioni che favoriscono lo sviluppo della persona nella sua totalità, qualcosa che riguarda la conformazione del soggetto e che è per lo più sociale. il fine è spesso quello di emancipazione per gli uomini: l’educazione riguarda ogni ambito della vita e per questo oggi si parla di educazione permanente (modello lifelong learning). costituito da molti settori diversi che costituiscono la “soggettività” e anche se sta diventando un concetto sempre più ampio e importante non è in grado da sola di risolvere le problematiche esistenziali. Se educare significa formare un soggetto non si può osservare solo un modello, ma tenersi aperte infinite possibilità e a proposito di questo la formazione diventa la categoria più adeguata per pensare la pedagogia. ma l’ha indirizzato verso quello di formazione e quindi verso più prospettive (culturale, economica, sociale ecc), tutte riguardanti il soggetto in sé; però date tutte le problematiche contemporanee questo processo diventa complesso e si tende a concentrarsi di più sul percorso stesso che sul risultato. La pedagogia nel corso della sua storia è stata connotata come: - Scienza perché è un insieme sistematico di conoscenze riguardo l’uomo e la sua costituzione personale/sociale - Arte perché significa applicare conoscenze per realizzare un progetto - Filosofia perché ha basi speculative Pedagogia deriva da “pais” = bambino e da “agon” = guidare e indicava, nella Grecia classica, la guida o conduzione del fanciullo, in sostanza l’educazione, mentre il pedagogo era appunto colui che fungeva da guida. Nel corso del tempo la pedagogia si è allargata fino a comprendere tutto l’arco della vita e si è specializzata in settori sempre più precisi. Dagli anni ’80 allora la pedagogia è diventata un sapere complesso (perché rifiuta di ridurre la molteplicità), plurale (perché aperto a più metodologie) e unitario (perché ricolloca entro un quadro unitario tutte le frontiere dell’educazione). E’ importante notare la centralità del concetto di formazione, che poi supera quello di educazione poiché ne descrive gli aspetti specifici e soggettivi fissandoli in un quadro universale. Questa situazione è stata raggiunta a fatica, dopo la subordinazione ad altri saperi. Quindi la formazione è posta al centro sia riguardo il soggetto (per la conquista di sé stesso/della personalità) sia in relazione al rapporto fra questo e la società/contesto e proprio per questo collegamento diventa ciò che meglio rappresenta la prospettiva pedagogica e che ancora la teoria alla pratica. E in questo senso tutte le pedagogie minori che si sono sviluppate di recente vengono unificate dalla pedagogia. Pedagogia generale e sociale vengono considerate come due volti della stessa medaglia nel senso che entrambe si occupano di problematiche educative e formative: dalle denominazioni delle due branche sembra che la prima si occupi più di fornire le coordinate generali d’interesse, mentre la seconda di applicarle agli ambiti sociali. Però ciò non è del tutto esatto: il “sociale” è nell’interesse di tutta la pedagogia da sempre, sia a livello teorico che pratico. la pedagogia sociale costruisce ipotesi di metodi adeguati ai contesti specifici e le basi per fare ciò vengono fornite dalla peda generale. Dunque la peda sociale è parte della generale, solamente nell’affrontare una tematica come può essere la scuola la collega alla più ampia visione globale del contesto sociale. Il motivo d’esistenza della pedagogia sociale risiede proprio nel fatto che essa si riferisce ai contesti specifici, altrimenti la pedagogia generale, una volta assorbita la dinamicità della società, non avrebbe motivo di essere messa in discussione. La pedagogia sociale nasce insieme alle diverse forme di educazione e riflette su esse, ma non per questo è una scienza senza metodo: mantiene sì il suo carattere teorico, ma lo supera anche, attraverso me...


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