Dispense 24 CFU Pedagogia PDF

Title Dispense 24 CFU Pedagogia
Course Pedagogia Generale
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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CORSO DI PEDAGOGIA, PEDAGOGIAINTERCULTURALEE DIDATTICA DELL’INCLUSIONEDocente: prof Serena SaniCONTENUTI DEL CORSO 1 Fondamenti di pedagogia e di storia dei processi formativi e delle istituzioni scolastiche. Le basi storiche, teoretiche, epistemologiche e metodologico-procedurali della ricerca peda...


Description

CORSO DI PEDAGOGIA, PEDAGOGIA INTERCULTURALE E DIDATTICA DELL’INCLUSIONE Docente: prof.ssa Serena Sani

CONTENUTI DEL CORSO1 • Fondamenti di pedagogia e di storia dei processi formativi e delle istituzioni scolastiche. • Le basi storiche, teoretiche, epistemologiche e metodologico-procedurali della ricerca pedagogica. • Pedagogia e scuola: i processi di insegnamento-apprendimento e la gestione della relazione educativa in classe. • Scuola, famiglie e società: bisogni formativi e nuove sfide educative (questioni di intercultura, problematiche adolescenziali e giovanili, discriminazioni e dipendenze, dispersione e abbandono scolastici ecc.). • Analisi di modelli e strategie educative per lo sviluppo di una scuola interculturale. • La scuola come ambiente di apprendimento: analisi dei bisogni educativi e formativi degli adolescenti e dei giovani nella società, nelle organizzazioni educative e nelle agenzie di formazione formali, non formali e informali in relazione anche alle ricadute sulle attività educative connesse ai cambiamenti culturali e degli stili di vita di adolescenti e giovani e sulle implicazioni dei fenomeni sociali e interculturali nei contesti scolastici. • Teorie e modelli di interpretazione della relazione educativa in contesti scolastici inclusivi e con riferimento a tutti i protagonisti della rete educativa e formativa. • Le principali prospettive di ricerca pedagogica e didattica su disabilità e bisogni educativi speciali, compresi i disturbi specifici di apprendimento e i più rilevanti modelli di intervento per l’educazione inclusiva. ********************************************************************************

VERSIONE DEFINITIVA, MA POTREBBE CONTENERE ALCUNI PICCOLI REFUSI, POICHÉ IL TESTO NON È STATO REVISIONATO.

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MODULO 1: STORIA DELLA SCUOLA La storia della scuola e delle istituzioni educative si è costituita come disciplina solo in tempi recenti: è entrata nelle aule universitarie solo a partire dai primi anni Settanta del Novecento e si è consolidata come disciplina di carattere scientifico nella seconda metà degli anni Novanta, con la nascita della SISS e della Facoltà di Scienze della Formazione Primaria, favorita dall’esigenza di conoscere meglio i processi storici che hanno portato alla creazione del sistema scolastico moderno. La storia della scuola e delle istituzioni educative rappresenta un segmento fondamentale della nostra storia nazionale e sociale, poiché individua un aspetto importante della società e della sua evoluzione ed è importante non solo per un futuro insegnante, ma per chiunque. Il punto di partenza del corso è la nascita dello Stato nazionale, avvenuta nel 1861, anche se il decennio che precede questa data è fondamentale per capire le vicende della scuola. Naturalmente per capire le matrici originarie dello sviluppo delle istituzione scolastiche del nostro paese dovremmo andare a ritroso nel tempo, ripercorrere quello che accadde nel periodo successivo all’Umanesimo, e soprattutto nel corso del 700 per soffermarci a comprendere meglio come lo sviluppo della cultura umanistica ha contribuito anche all’evoluzione ed alla nascita delle forma di trasmissione del sapere. In questa sede, tuttavia, non è possibile ripercorrere un periodo così lungo, per cui, ci limiteremo ad esaminare come nasce il sistema scolastico italiano. Quando nasce? E con che caratteristiche? Possiamo immediatamente collocare questa riflessione all’interno di una riflessione più ampia che riguarda i processi di nazionalizzazione, che vengono promossi e avviati all’inizio dell’800. Questo rappresenta un primo elemento di contestualizzazione di cui tener conto. Al tempo stesso dobbiamo fare una digressione su quelle che sono le condizioni dell’alfabetizzazione della società occidentale nell’800 europeo. Dunque, partendo dal primo punto, l’Ottocento è un secolo che è contrassegnato dalla nascita degli Stati Nazionali, è un processo che non riguarda solo il nostro paese, ma riguarda anche altre realtà nazionali, basti pensare, infatti, alla Germania, alla Polonia e così via. Rappresenta l’idea di costruire una nazione, l’idea di realizzare una Stato Nazionale che rappresenti un obiettivo ideale, politico e sociale di un ceto emergente; un ceto che a partire dalla rivoluzione francese ha dato una impronta decisiva alla strutturazione ed alla stratificazione sociale del resto d’Europa. Sono i ceppi di piccole borghesie che promuovono movimenti culturali e politici nuovi rispetto al passato che trovano uno sbocco molto specifico, sono le borghesie, che vedono crescere il loro status, il loro ruolo all’interno delle società europee. La crescita del ruolo sociale, politico, economico e culturale della borghesia porta con sé la nascita di nuove realtà statali e nazionali. Questi sono i processi di nazionalizzazione che vengono messi in moto nei decenni successivi agli eventi della rivoluzione francese, che sembra, in questo senso, importante dal punto di vista storico. Naturalmente il nostro paese, l’Italia, prima di nascere come Stato nazionale, nel 1861, era frammentato in più Stati. Ci sono però realtà statali, come il caso ad esempio del Regno Sabaudo e del popolo di Sardegna, cioè il Regno del Piemonte, che sono più sollecitate rispetto ad altri Stati (come ad esempio il Regno delle due Sicilie) da questi mutamenti che stanno intervenendo abbastanza significativamente a livello di società. È fondamentale lo studio della realtà del Piemonte perché è una realtà che poi sarà trasferita come modello a livello nazionale, anche per quanto riguarda il nostro sistema scolastico. 2

Per capire le origini e le caratteristiche della scuola italiana, quella che avremo nel 1861, dobbiamo brevemente soffermarci a comprendere qual è stata l’evoluzione della scuola nel Regno del Piemonte, nei dieci anni che precedono la nascita dell’Unità nazionale, cioè il periodo che va dal 1844 al 1859. In questi 15 anni sostanzialmente prende corpo un modello di scuola che noi definiamo come “modello casatiano”, dal nome del ministro della Pubblica Istruzione del Regno del Piemonte che il 13 novembre 1859 emanò (in regime di pieni poteri, cioè senza la discussione in Parlamento) un decreto che segna la nascita del sistema scolastico italiano, la cosiddetta “Legge Casati”. Siamo ancora in una realtà, nel 1859, che non è la realtà nazionale, ma quel modello di scuola, il modello casatiano, nel 1861, sarà assunto in toto dal nuovo Stato unitario. Il modello piemontese diventerà il modello egemone nel nuovo contesto nazionale. Naturalmente questo modello di scuola nasce in una realtà dove si avverte in maniera più significativa l’incidenza che l’ascesa sociale della borghesia aveva ottenuto a livello politico, un risultato molto importante nella nascita delle istituzioni tipicamente liberali, innestate tradizionalmente nei regimi monarchici. In Piemonte esiste un Parlamento subalpino, che rappresenta la classica espressione del pensiero politico di tipo liberale, quindi esiste già un ruolo politico molto forte. L’ascesa politica e sociale delle borghesie in Piemonte favorisce anche un modo nuovo di concepire il ruolo dell’educazione e dell’istruzione; in particolar modo ciò che è assolutamente innovativo è il fatto di concepire, l’istruzione come un fattore di crescita sia economico, sia di maturazione politica. Questo significa che comincia a diffondersi la convinzione, fino a quel momento relegata ad alcuni piccoli e minoritari elementi della società, che l’istruzione sia un fattore propulsivo sia per favorire lo sviluppo di tipo economico (favorendo una crescita della ricchezza all’interno di un paese) e sia soprattutto far progredire una educazione intesa come educazione di una cittadinanza e formare cioè, nuovi cittadini e nuovi lavoratori. L’educazione alla cittadinanza diventa una nuova funzione dello Stato che deve essere attribuita ad una struttura rinnovata, cioè la scuola. La principale funzione della scuola diviene quella di formare nuove figure di cittadino e di lavoratore. Quella del cittadino è una figura che sostituisce quella che (fino al Settecento e per alcune realtà europee anche nei primi dell’Ottocento) era la figura del suddito. L’idea del lavoratore è una cosa che matura e diventa comune e diffusa anche a livello popolare. È fatto noto che il lavoro fino al 1500-1600 era qualcosa che non sempre era sufficientemente valorizzato ed era ritenuto un fattore di dignità della vita sociale. In quel periodo gli aristocratici non dovevano lavorare, il lavoro penalizzava fortemente la dignità, lo status, il nome di un aristocratico. Ma dobbiamo renderci conto che era molto diverso anche il quadro dei valori dominanti in quel periodo rispetto a quelli che poi maturarono successivamente. Il valore, l’etica del lavoro è un aspetto che fu introdotto proprio con la crescita del ruolo della borghesia. La scuola deve rispondere a queste nuove funzioni: formare il cittadino e formare il lavoratore. Nella prospettiva della nazionalizzazione, cioè nella creazione di Stati Nazionali, la formazione del cittadino e del lavoratore diviene fondamentale per potere in qualche modo procedere ad una integrazione di tutti all’interno delle varie realtà nazionali. Inoltre, introdurre la cultura del lavoro costituisce un fattore importante per garantire una parte di ricchezza allo Stato. Queste puntualizzazioni, relative al quindicennio che precede la nascita dello Stato unitario, sono necessarie per capire come matura la nascita della scuola elementare. Matura un modo nuovo di concepire l’istruzione della scuola insieme ad un’idea diversa di concepire le funzioni della scuola, cresce una nuova funzione, che in precedenza non esisteva o quanto meno non era certo egemone, cresce anche l’ingerenza dello Stato nella gestione del sistema scolastico. Nell’esperienza degli Stati pre-unitari il “bene” istruzione è stato esclusivo monopolio del clero e delle congregazioni religiose, sebbene 3

vi siano state delle differenze tra uno Stato e l’altro. Anche in Piemonte le “leggi patenti” del 1822 avevano affidato al clero un ruolo molto importante, non solo nel controllo, ma anche nella gestione di alcuni settori, soprattutto nel sistema dell’istruzione. D’altra parte la concezione dell’istruzione come valore pubblico ha le sue origini nella rivoluzione francese, grazie ad alcuni grandi intellettuali e filosofi tra cui uno su tutti J. J. Rousseau, che è il padre dell’educazione moderna. Figlio della cultura illuminista, fu il primo a sottolineare la necessità di modificare il modo di concepire l’educazione, educazione che deve essere sempre attenta ai bisogni dei fanciulli. Rousseau sottolineava l’importanza di ascoltare i bambini e al tempo stesso di occuparsi sempre più di un’educazione del cittadino, pensando soprattutto al cittadino della rivoluzione francese. Nel suo famoso testo “Il contratto sociale” Rousseau scriveva che lo Stato doveva incominciare ad occuparsi dell’educazione e dell’istruzione dei suoi fanciulli e riteneva necessario che l’istruzione pubblica fosse gestita direttamente dallo Stato. È un concetto strettamente legato a quelle che sono le evoluzioni e le riflessioni maturate in seno alla cultura illuministica europea che contribuì ad assumere direttamente dalle tradizionali dinastie una impronta più tecnica che storica e che è definita come una impronta giurisdizionalista. Infatti già nel corso della fine del Settecento inizio Ottocento, nel Lombardo-Veneto sotto la giurisdizione del Regno austro-ungarico, [Maria Teresa d’Austria governava quell’Impero che poi ebbe fine con la prima guerra mondiale e all’interno di questo Impero c’era anche il LombardoVeneto] i monarchi ebbero il modo di assumere parzialmente, direttamente come Stato, il controllo dell’istruzione e questo si chiamò "giurisdizionalismo al clero", senza arrivare ad una rottura con esso. Questo cambiamento nel Regno del Piemonte, questa consapevolezza della volontà di far assumere un carattere pubblico all’istruzione viene esplicitata in modo più evidente attraverso l’emanazione di alcuni provvedimenti che tra il 1844 e il 1859 segnano, appunto, la nascita della scuola che poi diverrà la “scuola italiana”. Il primo significativo provvedimento è la nascita nel 1844 della Scuola Superiore di Metodo. Questa scuola veniva istituita per la prima volta per formare insegnanti laici ed era di diretta emanazione dello Stato sabaudo. Si pongono quindi le basi per realizzare l’idea di un scuola gestita direttamente dallo Stato e costituita da un corpo docente che sia espressone diretta dello Stato e non dell’istituzione ecclesiastica. Poi quando verranno analizzate le caratteristiche del corpo docente sarà possibile constatare quanto incida la presenza dei religiosi nella definizione del corpo insegnante soprattutto sul versante dell’istruzione secondaria oltre che su quello elementare. Il numero degli ecclesiastici nel corpo docente era piuttosto elevato perché la professione di insegnante non era esaltante e gratificante soprattutto dal punto di vista della retribuzione. Per questo motivo era molto più facile per il personale religioso (parroci, sacerdoti) assumere direttamente l’onere di impartire istruzione e lo facevano gratuitamente e quindi non gravavano sulle casse e sui bilanci dello Stato. Questo per sottolineare come il corpo docente fosse, nella maggior parte dei casi, segnato dalla presenza dominante di ecclesiastici. L’idea dunque di istituire una scuola fatta di insegnanti laici rappresenta un elemento di rottura rispetto al passato e non è un caso che la nascita della Scuola Superiore di Metodo fu osteggiata proprio dai vertici dell’episcopato piemontese. Non a caso tre anni dopo nel 1847 nasce il Ministero della Pubblica Istruzione. Un anno dopo, nel 1848, viene presentata dal ministro Boncompagni una legge che riordina complessivamente il sistema di istruzione. Il riordino del ministro segna un modello nuovo rispetto al passato. In primo luogo la novità più significativa della legge Boncompagni è l’apertura dell’istruzione scolastica ai ceti popolari. Il ministro prevede 4

l’istruzione elementare intesa come in un discorso moderno cioè senza l’insegnamento del latino. Le scuole elementari così come erano state concepite nel corso del 1600 e del 1700, quelle poche realtà di scuole, erano soprattutto concepite come le scuole primarie intese come istituzione orientata ad educare e istruire i principi. Solo quando si comincia a pensare che sia necessario ed importante diffondere l’istruzione e l’educazione ai ceti popolari, si ritiene opportuno pensare alle scuole elementari come scuole destinate a dare delle nozioni rudimentali delle discipline funzionali, pronte ad istruire i figli dei contadini e i figli degli operai, cioè i figli di quelli che non avrebbero proseguito gli studi. Ed è questo l’altro aspetto: introdurre l’ordinamento, il proseguimento dell’istruzione elementare, concepita come istruzione fine a se stessa, destinata a coloro che intendevano proseguire gli studi. Accanto all’istruzione elementare c’è l’istruzione secondaria, costruita sul modello classico ginnasiale-liceale,che invece è destinata a formare l’élite. Il Regno piemontese ha bisogno di funzionari, ha bisogno di uomini che siano in grado di gestire alcuni posti nell’amministrazione dell’economia. Ecco allora un percorso destinato a coloro che devono occupare quei posti dirigenziali. Viene a delinearsi un modello di scuola che è un modello binario, un doppio percorso: uno per l’elite e uno per i ceti popolari. Sempre questo modello binario sarà alla base della legge Casati, seppure con qualche modifica. Ciò che è di maggiore interesse è il fatto che per la prima volta viene sancita la possibilità di accedere all’istruzione elementare anche ai figli dei ceti popolari: quello che oggi sembra anacronistico nel quadro della concezione dei sistemi scolastici ed informativi, allora rappresentava una assoluta novità, rappresentava l’affermazione, anche se con innumerevoli problemi, del principio di democrazia liberale innovativa. La legge Boncompagni, dunque, rappresenta un passo verso la laicizzazione della scuola. Non vi è soltanto un intervento a livello di ordinamento con la crescita di una istruzione fine a se stessa, ma anche l’affermazione di un principio della laicizzazione della scuola che significa l’abolizione di alcuni privilegi che erano stati concessi al clero. Ad esempio, in passato, tutte le scuole erano sottoposte ad ispezioni, ma le scuole istituite da personale ecclesiastico erano esentate dall’ispezione. Tutti dovevano avere la cosiddetta patente di idoneità per insegnare, ma i sacerdoti erano esentati dall’avere questa idoneità. C’erano delle misure che in qualche modo privilegiavano il ruolo del clero, una sorta di alleanza tra Stato e Chiesa negli anni della Restaurazione, che aveva relegato molta parte dell’istruzione agli ecclesiastici. Boncompagni elimina questi privilegi e quindi dà una spinta notevole ad un fenomeno che non caratterizza solo la società italiana, ma gran parte delle società europee nel corso dell’Ottocento ed in parte anche nel corso del Novecento. I processi di laicizzazione toccano la scuola, ma sono processi che interessano trasversalmente più aspetti della società. Quando si parla di processi di laicizzazione si utilizzano termini di categoria storiografica, significa ridefinizione dei rapporti StatoChiesa e trasformazione di quella che è l’incidenza, il peso del fattore religioso nella vita sociale. È importante tener conto del fatto che il ministro Boncompagni era un cattolico credente e fervente, ma un credente che aderiva alle nuove politiche sociali di tipo liberale che auspicavano un maggior intervento dello Stato nella gestione della pubblica istruzione. Naturalmente era osteggiato dalle gerarchie ecclesiastiche, ma Boncompagni era espressione di un disegno politico liberale moderato, che non puntava a creare uno Stato Nazionale attraverso rivoluzioni che coinvolgessero direttamente i ceti popolari, ma che tendeva a costruire uno Stato nazionale a livello di vertici. La nascita dello Stato nazionale italiano non è un processo analogo alla altre realtà nazionali che hanno avuto processi di natura rivoluzionaria, con l’abbattimento di classi 5

dirigenziali anche con forme di violenza. Qui abbiamo la costruzione dello Stato nazionale che passerà attraverso il raggiungimento di accordi a livello internazionale, sarà il conte Camillo Benso di Cavour a portare alle realizzazione di uno Stato unitario grazie al supporto ed al sostegno di questa parte del mondo politico liberale e moderato che ha creato questa nuova realtà nazionale. Ma al tempo stesso, proprio in funzione di questa nuova responsabilità, intende assumere anche una responsabilità diretta all’acquisizione dell’istruzione pubblica. Negli undici anni che separano la Legge Boncompagni dalla Casati, diverse cose cambiano: cambia il modo di concepire le gestione e l’amministrazione della scuola; si passerà da una impostazione orientata a valorizzare la dimensione delle autonomie locali e della collegialità dei rapporti ad un approccio che vuole invece essere fortemente accentrato nella gestione dell’istruzione pubblica. È possibile individuare i caratteri originari del sistema scolastico stabiliti dal modello casatiano di scuola soprattutto su tre versanti: • il primo tocca la dimensione ideologica: qual è il contenuto ideologico o l’approccio ideologico che ispira la nascita del sistema scolastico • l’aspetto amministrativo: qual è la modalità di scelta nel gestire complessivamente le istituzioni scolastiche presenti sul territorio nazionale • il terzo elemento è l’ordinamento scolastico, cioè come viene costruito e articolato il percorso formativo. Per descriverlo dobbiamo comunque tener conto del fatto che la scuola in Italia nasce come un sistema caratterizzato fortemente in senso ideologico e politico perché la scuola rappresenta una parte importante del più complessivo progetto politico del ceto della borghesia italiana che mira a costruire lo Stato Nazionale. È un concetto chiave che rappresenta una forte cesura, una forte discontinuità rispetto al passato, quando lo Stato non era ritenuto l’istituzione più appropriata per fornire il bene istruzione. Abbiamo detto che il processo di nazionalizzazione spinge non solo il nascen...


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