Pensiero DI Chomsky PDF

Title Pensiero DI Chomsky
Course Filosofia del linguaggio
Institution Università degli Studi Roma Tre
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Riassunto relativo al Pensiero di Chomsky, argomento fondamentale dell'esame di Filosofia del Linguaggio ...


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PENSIERO DI CHOMSKY Noam Chomsky nel 1965 sviluppa una teoria basta sull’acquisizione e produzione del linguaggio che permette di spiegare quali sono le regole che portano il bambino a produrre linguaggio. Egli ipotizzò l’esistenza, in ciascun individuo, di un dispositivo innato imputato all’acquisizione del linguaggio (Language Acquisition Device – LAD). Si tratta di un programma biologico, congenito, utilizzato per apprendere la lingua. Esso è formato da una serie di competenze e abilità comuni a tutte le lingue naturali, che costituiscono le abilità di base, in grado di facilitare l’acquisizione e l’apprendimento del linguaggio. Il LAD, insomma, è l’insieme di una serie di regole grammaticali che inducono la persona a generare infinite frasi attraverso un numero finito di parole acquisite con l’esperienza. Le frasi sono costruite attraverso queste regole innate che facilitano l’apprendimento della lingua utilizzando delle semplici strutture grammaticali che portano, col passare del tempo, a costruire frasi strutturalmente più complesse. L’acquisizione del linguaggio, dunque, secondo Chomsky non avviene per imitazione del linguaggio adulto, ma è un processo attivo che parte da un pacchetto di conoscenze innate utilizzate dalla persona per apprendere delle regole grammaticali, verificate successivamente con la pratica. Quindi, ogni individuo possiede un bagaglio all’interno del quale sono presenti un insieme di regole logiche e grammaticali generali che permettono non solo l’acquisizione, ma anche la produzione del linguaggio, inteso come frasi e poi come discorsi strutturati. Chomsky sosteneva anche che il linguaggio fosse connesso con i pensieri, nel senso che esso lo influenza ed influenza il nostro modo di pensare. Chomsky definisce competenza linguistica l’insieme di strutture e processi mentali che rendono possibile la produzione del linguaggio. Si tratta di regole innate appartenenti alla grammatica universale, in base alle quali si è in grado di distinguere frasi grammaticalmente corrette da frasi che non lo sono. Questa competenza, inoltre, permette di comprendere frasi mai udite grazie a una serie di regole sintattiche, morfologiche e semantiche già presenti in noi dalla nascita. Il modello del linguaggio avanzato da Chomsky si sposa con la concezione modulistica della mente, proposta da Fodor. La mente modulare è un sistema cognitivo composto da moduli (sottoinsiemi di elaborazione) le cui caratteristiche fondamentali sono la specificità di dominio e l’incapsulamento informativo. Il funzionamento dei moduli è involontario, automatico e obbligato (concezione di Chomsky): esso giustifica la rapidità di elaborazione della comunicazione.

Chomsky inoltre si pose in contrasto con il pensiero comportamentista, che basava il comportamento esplicito dell’individuo come unica unità di analisi della psicologia, avvalendosi del metodo stimolo (ambiente) e risposta (comportamento). Se parliamo di questo dobbiamo fare riferimento al cosiddetto Problema di Platone: esso ci pone la domanda “Come mai gli esseri umani, il cui contatto con il mondo è così breve, personale e limitato, sono in grado di avere una conoscenza così ampia?”. Platone illustrò il problema attraverso il “Menone” di Socrate, qui dimostra come un giovane schiavo privo di istruzione, conosce i principi della geometria, conducendolo attraverso una serie di domande, alla scoperta di alcuni teoremi.” La risposta di Platone al problema è quindi che, la conoscenza veniva ricordata sulla base di un’esperienza precedente e veniva risvegliata nella mente del giovane schiavo dalle domande che gli poneva Socrate. Però, secoli più tardi, Leibniz, sostiene che la risposta di Platone era essenzialmente corretta ma che andava emendata dall’errore dell’esistenza precedente. Una variante moderna sarebbe che certi aspetti della nostra conoscenza e comprensione siano innati e sono parte del nostro patrimonio biologico.

Questa conoscenza si valuta sotto due aspetti: -il problema della percezione; il modo in cui interpretiamo ciò che sentiamo -il problema della produzione; ciò che diciamo e perché lo diciamo in un certo modo. Oltre al Problema di Platone si pone anche il Problema dell’uso creativo del linguaggio. Cartesio e i suoi seguaci osservarono che l’uso normale del linguaggio è costantemente innovativo, non conosce limiti, è apparentemente libero da stimoli esterni ed interiori. Così in un discorso non si ripete semplicemente ciò che si è udito, ma si producono nuove forme linguistiche. L’uso del linguaggio è libero e non determinato, pur essendo appropriato alla situazione. Per i cartesiani l’aspetto creativo dell’uso del linguaggio fornisce la prova migliore che un altro organismo ha una mente come la nostra. L’aspetto creativo del linguaggio determina anche la conclusione del pensiero cartesiano, ovvero che gli esseri umani sono diversi da qualsiasi altro animale, e che quest’ultimi sono delle macchine, perché si comportano in modo totalmente determinato. Gli esseri umani, invece, tendono a fare ciò che sono incitati a fare, ma sono comunque liberi. quindi uso creativo del linguaggio di tutti i giorni, quella libertà dagli stimoli esterni e degli stati interiori, ma coerente e consonante con la situazione in corso. Tornando a Chomsky, per lui il linguaggio si caratterizza per le frasi, non per le parole. Esse si costruiscono ascoltando e mettendo in ordine le parole. L’ordine corretto delle parole non si impara attraverso gli errori e l’apprendimento, ma è una cosa innata. Non conta tanto l’ordine seriale quanto le operazioni mentali. Il principio di dipendenza della struttura è il principio fondamentale della grammatica universale alla base della prospettiva chomskiana sull’innatismo. La conoscenza del linguaggio si basa su relazione strutturali che sussistono all’interno della frase e non sulla sequenza degli elementi che la costituiscono (PRINCIPIO DI DIPENDENZA DELLA STRUTTURA). Le frasi hanno quindi una struttura composta da un ordine gerarchico (innato) e da un ordine seriale (ciò che emerge superficialmente di cui facciamo esperienza). Osservando alcune regole che governano gli spostamenti all’interno di un enunciato si può notare che alcune di queste regole sono molto più complesse da un punto di vista computazionale di altre regole più semplici che potrebbero essere usate. A questo punto ci chiediamo “perché si usa la forma complessa e non quella semplice?” e qui ci troviamo davanti ad un caso del Problema di Platone. La sola conclusione plausibile è che alcuni principi innati della mente/cervello selezionano la regola più complessa come unica possibilità, questo perché le regole del linguaggio non prendono in esame il semplice ordine lineare ma sono dipendenti dalla struttura. Il bambino sa, prima di ogni esperienza, che le regole dipenderanno dalla struttura, poiché questa conoscenza fa parte della dotazione biologica. I principi della grammatica universale non conoscono eccezioni poiché costituiscono la facoltà di linguaggio, la base per l’acquisizione della lingua. I caratteri generali della struttura grammaticale sono comuni a tutte le lingue e riflettono certe proprietà fondamentali della mente. Se prendiamo la struttura di base delle lingue, sono tutte conformi alla GU, differiscono per la sintassi, la fonetica e nella scelta dei parametri. Quindi le lingue, allo stato iniziale, devono corrispondere ad un unico stampo. Per dimostrare questo, una teoria del linguaggio umano deve soddisfare due condizioni: l’adeguatezza descrittiva e l’adeguatezza esplicativa. Queste due linee di ricerca vanno in conflitto perché la ricerca dell’adeguatezza descrittiva sembra condurre ad una complessa varietà di regole, mentre la ricerca dell’adeguatezza esplicativa richiede che la struttura del linguaggio sia il più possibile invariabile. Per risolvere il conflitto bisogna individuare delle proprietà generali della facoltà di linguaggio. Ad esempio, quando una porzione di un enunciato si muove si lascia dietro una traccia. La traccia è un elemento tra un insieme di categorie vuote, appaiono nella rappresentazione mentale ma non vengono pronunciate: sono visibili ai meccanismi della mente ma non inviano segnali ai meccanismi vocali. Il bambino che apprende una lingua non possiede prove empiriche riguardo le categorie vuote perché non vengono pronunciate, eppure le utilizza, perché la facoltà di

linguaggio incorpora il loro funzionamento. La mente del bambino colloca queste categorie vuote al loro posto grazie alla facoltà di linguaggio utilizzando il principio di proiezione (per principio di proiezione si intende, molto alla buona, che le proprietà degli elementi lessicali si proiettano sempre nella sintassi). Possiamo pensare ai principi della grammatica universale come dei parametri, che possono essere fissati in vario modo in base all’esperienza. Una volta che quei parametri seguono una configurazione possibile, allora il sistema funziona poiché in accordo con la sua natura. Il bambino che apprende una lingua deve essere esposto ad una quantità di dati sufficiente, in modo che i parametri assumano una di quelle configurazioni possibili. Ognuna di queste determina una lingua particolare. Una volta fissati i dati in base all’esperienza all’interno dei parametri, il sistema entra in funziona. Ma la relazione tra i valori selezionati ad un parametro non è semplice. Ad esempio le lingue romanze hanno una struttura simile, ma differiscono per varie proprietà sviluppate nei secoli, che altro non hanno che alcuni parametri configurati in maniera differente, causato dall' influenza di altre lingue. Quindi anche se le lingue differiscono, a volte in maniera Radicale, derivano tutte dallo stesso stampo, le loro proprietà esistenziali derivano dai principi fissi della grammatica universale. Altra critica di Chomsky è all’unione tra conoscenza e capacità, elementi che secondo lui devono considerarsi separati; ad esempio, due persone che condividono la stessa conoscenza possono dire cose del tutto diverse tra loro davanti ad una certa situazione. Inoltre la capacità può migliorare senza che la conoscenza venga intaccata e viceversa. Ad esempio un individuo che ha avuto un trauma e ha perso la capacità di parlare e capire non necessariamente perderà la conoscenza della propria lingua, che potrà recuperare con il passare del trauma. Per Chomsky l'elemento caratterizzante del linguaggio è la sintassi, la sintassi da lui è considerata innata mentre in precedenza si imparava per esperienza e analogia, ciò impossibile perché l'ordine delle parole è caratterizzato non dalla sequenza lineare, ma è invece una gerarchia, ossia una struttura complessa frutto di operazioni mentali. Chomsky Inoltre afferma che il linguaggio è uno strumento del pensiero, mentre Ferretti ritiene che il linguaggio sia uno strumento della comunicazione che ha effetti sul pensiero. Darwin studiando gli animali preistorici si rese conto che le specie non sono sta  sempre le stesse, alcune sono scomparse e altri si sono modificate. Studiando i mammiferi capì però che avevano tutti lo stesso modello osseo di base. Avevano un antenato in comune. Introduce così il concetto di selezione naturale determinata dalle condizioni ambientali e smentisce la teoria di Lamarck. CULTURALISTI Un altro modello del linguaggio è quello proposto dai culturalisti. Secondo questi la mente umana non è in grado di eseguire calcoli complessi senza l’aiuto di ausili esterni, primo tra questi è il linguaggio. Tale concezione poggia dunque su un diverso modello della mente, che non è più modulare e computazionale, ma viene considerata come una mente estesa. Dunque non considerano il linguaggio non come un componente innato e specializzato della mente umana, bensì come un artefatto culturale prodo o dalle pratiche comunicative della comunità dei parlanti. La struttura essenziale del linguaggio dunque non è la facoltà di linguaggio, ma il codice espressivo. Tale modello porta a rovesciare il rapporto tra pensierolinguaggio, infatti, mentre per la scienza cognitiva classica il pensiero aveva priorità logica e temporale sul linguaggio. per i culturalisti è il linguaggio ad essere l’elemento essenziale della costituzione dei pensieri. I primi considerano il linguaggio come uno strumento di espressione dei pensieri sottolineando la “funzione comunicativa”, mentre i culturalisti sottolineano la “funzione cognitiva” del linguaggio secondo la quale questo, avendo un ruolo costitutivo dei pensieri, è uno strumento della conoscenza più che della comunicazione.

Secondo Clark e Dennet non c’è bisogno di popolare la mente di strutture e dispositivi interni di elaborazione, in quanto i tratti più rilevanti della cognizione umana sono dati dall’uso di impalcature esterne (codice espressivo);il fondamento costitutivo della mente umana deve riguardare ciò che distingue le comunità di parlanti e non ciò che le accomuna, portando ad una critica degli universali. Il punto di vista più radicale è quello sostenuto da Whorf, il quale nell’”ipotesi Sapir-Whorf” collega il “determinismo linguistico” (secondo cui i pensieri degli individui sono determinati dalle categorie della loro lingua) con il “relativismo linguistico” (diverse lingue determinano pensieri diversi). Secondo lui gli schemi concettuali attraverso cui gli individui interpretano la realtà dipendono dalla struttura del codice espressivo da essi utilizzato, andando contro l’esistenza di un pensiero puro indipendente dalle forme della sua espressione. Tuttavia tale ipotesi va incontro ad alcune difficoltà, in particolare pensa la mente come una “tabula rasa”, la quale però non riesce a dar conto di uno degli elementi considerato fondamentale per comunicazione umana dai culturalisti, la variabilità linguistica. Una tesi meno radicale è invece quella sostenuta da Everett, il quale indebolisce le conclusioni di Whorf sostenendo che il linguaggio non determina il pensiero ma lo influenza (ha un ruolo nella formazione del pensiero). Se il pensiero tuttavia non fosse indipendente dal linguaggio, quest’ultimo non sarebbe possibile. Da queste conclusioni è importante tenere in considerazione il fatto che, anche se non in termini radicali, il linguaggio ha un ruolo nella costituzione del pensiero. In una buona prospettiva sintetica dobbiamo considerare dunque: il primato del pensiero sul linguaggio (funzione comunicativa), ma anche che il linguaggio ha un effetto di ritorno sul pensiero (funzione cognitiva). Tuttavia tale prospettiva sintetica deve essere cognitivamente plausibile, ovvero deve fare appello ad un tipo di architettura cognitiva adeguato. Molte ipotesi interpretative portate avanti dai neoculturalisti invece, non tengono conto del tema delle architetture cognitive e questo in quanto secondo loro la variabilità che caratterizza i codici espressivi si riferisce a sistemi cognitivi lessibili (non modulari, privi di determinazioni interne). Tuttavia queste architetture cognitive così definite risultano essere incapaci di spiegare persino ciò che i neoculturalisti volevano spiegare, ovvero la Iessibilità della mente umana e la variabilità linguistica. La variabilità della lingua rappresenta dunque non la soluzione al problema, ma un problema in più da risolvere in quanto bisogna trovare sistemi di elaborazione adeguata ad essa. Sottolineando la variabilità dei codici espressivi, questi autori si scagliano contro l’idea di un linguaggio fondato sugli universali. Evans e Levinson affermano che nessuna proprietà del linguaggio può essere interpretata in termini di universali (struttura profonda), ma tutto ciò che serve per avere linguaggio è dato dalla struttura superficiale delle lingue. Questa concezione sembra andare contro la facoltà di linguaggio di Chomsky, anche se quel che rende inefficacie la teoria chomskiana non è la sua adesione agli universali, bensì il tipo di universali da lui individuati (la facoltà di linguaggio non riesce a spiegare la variabilità linguistica). Il punto è capire quali dispositivi cognitivi (innati ed universali) sono richiesti per dar conto della variabilità dei codici espressivi. Tra questi ritroviamo quelli adibiti alla rappresentazione dello spazio e del tempo. La rappresentazione dello spazio è una capacità che caratterizza la nostra biologia e non varia al variare delle culture: l’opinione prevalente è che questa sia andata a specifici sistemi di elaborazione innati ed universali. Uno degli argomenti a favore degli universali spaziali è dato dal fatto che la rappresentazione spaziale di una scena dipende sempre dal punto di vista dell’osservatore (rappresentazione egocentrica).

RIASSUNTO Problema di Platone: “In che modo questo sistema di conoscenza si forma nella mente/cervello del parlante?” cioè: “Perché se abbiamo un’esperienza del mondo così frammentaria, breve e personale, riusciamo sempre ad averne un’esperienza completa?”. Platone trova la risposta nel “Menone” di Socrate. Chomsky dà la sua risposta cioè che: la conoscenza è una facoltà innata, non può dipendere dallo stimolo (povero). Per Chomsky, quindi, il linguaggio è un patrimonio biologico, non sociale né culturale; mentre per i culturalisti tutto deriva dall’esperienza della cultura. L’ipotesi selettiva di Sapir Whorf ha tre caratteristiche: -carattere congenito (iscritto nel nostro patrimonio biologico); -immutabilità (carattere innato che ci porta a pensare e che resta immutabile); -universalità (facoltà comune a tutti gli esseri umani): -inapprensibilità e incaccellabilità (non è appreso, e non è dimenticato, ma ci permette di apprendere i codici. Ad esempio un bambino che imita i discorsi dei suoi genitori, egli però ha già i concetti generali a priori e si tratta solo di applicare etichette a concetti innati). Questa facoltà è costituita dai principi della GU (precondizione dell’esperienza linguistica che però allo stesso tempo la attiva), regole che la mente segue per apprendere una lingua. Il componente centrale è la sintassi, che è in grado di produrre e comprendere un numero infinito di enunciati a partire da un numero finito di regole. Ad esempio: la regola della dipendenza della struttura; perché un parlante italiano per formare una domanda utilizza una regola computazionalmente complessa e non una semplice regola basata sull’ordine lineare delle parole? Questa regola non è riportata in nessuna grammatica. Questo perché non è importante l’ordine delle parole ma la struttura gerarchica, tutte le operazioni delle lingue dipendono da essa. Queste operazioni dipendenti dalla struttura fanno parte di un innato schematismo applicato dalla mente ai dati dell’esperienza. Secondo tale principio la conoscenza della lingua si basa sulle relazioni strutturali all’interno della frase. Questa regola è un principio innato. La GU richiede dispositivi computazionali in grado di elaborarla (indipendenti e autonomi dalle altre capacità cognitive). Si lega alla concezione modularista della mente di Fodor (sistema visivo indipendente da quello uditivo). Se sento parlare automaticamente traduco il suono in significato. Proprio grazie alla GU e al linguaggio le lingue hanno proprietà comuni che seguono questi principi, altrimenti non sarebbe possibile impararle. I comportamentisti si rifanno all’idea di tabula rasa, cioè impariamo il linguaggio verbale per imitazione, le parole ci giungono in ordine seriale, una dopo l’altra e in questo modo le impariamo e impariamo l’ordine delle frasi e come costruirle. Ciò è vero da una parte ma ciò che fa si che i suoni abbiano per noi un significato e possiamo apprenderli è nel processo di comprensione che attua la mente nel tradurre un suono in significato, passando per la sintassi (che si fonda sui suoni) fino a comprenderlo. Sono le relazioni strutturali sussistenti all’interno della frase ad essere alla base del linguaggio e non la sequenza degli elementi. Senza l’ordine gerarchico non c’è sintassi né frase né linguaggio né pensiero. Queste capacità e facoltà sono proprie dell’essere umano e ci distinguono da qualsiasi altro essere vivente, con i quali abbiamo una differenza qualitativa. Darwin invece si basa sui caratteri fondamentali della teoria dell’evoluzione:

-il gradualismo -continuismo Alla base dell’evoluzione c’è il processo di adattamento basato su micro-mutazioni, anche le facoltà più complesse hanno avuto inizio da facoltà più semplici....


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