Politica Economica - Riassunto del libro super completo PDF

Title Politica Economica - Riassunto del libro super completo
Course Politica economica
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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Riassunto del libro super completo...


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1) I fondament Introduzione L’economista e il Principe: tre impostazioni diverse Gli atteggiamenti che l’economista ha facoltà di scegliere riguardo al tema della decisione sono 3: a. Economia positiva: può evitare la politica come oggetto di studio per concentrarsi sugli effetti delle scelte pubbliche. L’economista cerca di determinare attraverso quali canali le decisioni pubbliche influenzano i comportamenti privati. La politica economica (principe), in questo caso, viene considerata come un dato esogeno. b. Economia normativa: può tentare di esercitare su di essa la propria influenza, indirizzandole delle raccomandazioni. L’economia normativa si imbatte in difficoltà alle quali l’economia positiva sfugge per tre ragioni: 1) Necessità di definire degli obiettivi di politica pubblica e di comporre i trade-offs tra gli obiettivi alternativi 2) Incertezza sulla decisione giusta in un mondo in cui non sono possibili che degli ottimi di second best (first best=migliore delle soluzioni possibili) 3) Asimmetrie informative c. Political economy: può assumerla come tema principale, sforzandosi di rappresentarne le determinanti delle politiche economiche . Si occupa di rappresentare i vincoli e i processi di decisione nei regimi democratici. In seguito alle ricerche sulle aspettative razionali la presa di coscienza che gli agenti privati non si accontentano di reagire a degli stimoli come degli automi, ha messo in discussione l’idea secondo cui lo stato debba sovrastare l’economia e dirigerla. Se vi è una crisi è perché gli agenti privati conoscevano le preferenze dei decisori pubblici o almeno le ipotizzavano e hanno potuto dunque speculare sulla probabilità che un paese entrasse in default sul suo debito o lasciasse l’Eurozona.

In sintesi, l’economia positiva resta alla base dell’analisi delle decisioni pubbliche, ma essa è sempre più integrata dalla political economy. L’economia normativa resta certamente importante ma, cosciente dei propri limiti, è diventata più modesta: mettere in luce una carenza dei mercati per giustificare un intervento pubblico non è più sufficiente, occorre anche assicurarsi che esso sarà effettivamente in grado di migliorare la situazione. Quanto alla political economy, essa fornisce spiegazioni utili, in particolare al fine di apprendere la dimensione economica della riforma delle istituzioni nazionali e internazionali.

Ruolo per la politca economica I principali compiti dei decisori di politica economica possono classificarsi: a.

Definire ed applicare le regole del gioco economico: definisce il quadro all’interno del quale gli agenti privati assumono le proprie decisioni. In questo è incluso la protezione dei consumatori, la politica della concorrenza, la supervisione dei mercati finanziari e il controllo delle banche e delle assicurazioni. La legislazione economica assume una dimensione internazionale crescente tramite accordi e trattati internazionali all’interno e non solo dell’Unione europea.

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b. Tassare e spendere: imposte e sicurezza sociale, produttività attraverso le spese per le infrastrutture, ricerca e istruzione, domanda aggregata attraverso il consumo e gli investimenti pubblici o pressione fiscale c.

Emettere moneta e regolarne l’offerta: definizione e realizzazione della politica monetaria dipendono dalla banca centrale che è responsabile della fissazione dei tassi di interesse, del mantenimento del valore della moneta e della disponibilità di liquidità per il settore bancario, anche in caso di crisi

d. Produrre beni e servizi: responsabilità dell’offerta delle cure sanitarie, istruzione o controllo di imprese pubbliche in settori come il trasporto o l’energia

e. Risolvere i problemi: cercare di influenzare le decisioni private o almeno darne l’illusione f. Negoziare accordi con altri paesi: i governi partecipano alla “governance” delle istituzioni regionali e mondiali, o a forum informali

Sicuramente la politica economica ha delle accezioni diverse da un paese all’altro: Negli stati uniti le discussioni si incentrano soprattutto sulla fissazione dei tassi di interesse da parte della FED, sulle reazioni del congresso alle proposte del presidente in materia di tassazione e bilancio e su un insieme limitato di argomenti, come la sicurezza energetica o la riforma dell’istruzione. Nell’UE, sono le riforme strutturali a occupare l’agenda del dibattito. Nell’Europa orientale, la politica economica consiste soprattutto nell’introdurre la dinamica del mercato e privatizzare le imprese dello stato. Infine in Argentina, Brasile, Turchia l’unica ossessione è il controllo dell’inflazione e la prevenzione o la gestione delle crisi finanziarie.

Strument della politca economica Per perseguire molteplici finalità, la politica economica dispone ovviamente di numerosi strumenti. Tra i più tradizionali abbiamo: a. La politica monetaria: fissazione dei tassi di interesse ufficiali b. La politica di bilancio o fiscale: il livello della spesa pubblica e delle aliquote di imposizione Al di là dell’approccio macroeconomico, essa si avvale anche di una gamma di strumenti microeconomici: regolamentazioni, struttura dei tributi diretti e indiretti sulle famiglie e sulle imprese, sussidi, trasferimenti della sicurezza sociale, scelte di spesa e investimento pubblico, o anche scelte nel quadro della concorrenza. Infine le istituzioni estendono direttamente la loro azione al funzionamento dei mercati e influenzano l’efficacia degli strumenti di politica economica.

Politca economica come insieme di trade-of Regola di Tinbergen: il perseguimento di obiettivi indipendenti di politica pubblica necessita che il governo disponga di un numero almeno equivalente di strumenti indipendenti. Ai governi, accade però, di dover perseguire molteplici obiettivi con una gamma limitata di strumenti. Quindi nella normalità, il compito dell’economista consiste nel mettere in luce i vari trade-off.

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Per esempio l’idea di un trade-off fra disoccupazione e inflazione, studiata da Phillips negli anni 60, metteva in luce la relazione negativa tra il tasso di disoccupazione e il tasso di crescita dei salari nominali nel regno unito. La curva decrescente rappresentativa (curva di Phillips), indicava che la riduzione della disoccupazione di un punto percentuale avrebbe dovuto essere pagata con un aumento del tasso di inflazione.

Cambiare le isttuzioni: riforme strutturali Il trade-off occupazione/produttività, cui tutti paesi europei si trovano a dover dare una risposta, viene descritto da una retta con pendenza negativa. L’aspettativa più ragionevole di una politica economica sarebbe quella di elevare l’occupazione e nello stesso tempo la produttività. Quindi la soluzione migliore sarebbe quella di modificare il trade-off, spostando la retta verso l’alto. Più in generale, le proposte di riforma strutturale possono essere lette come tentativi di modificare le combinazioni di politica economica cambiando le varie istituzioni ad essi preposte. Nei paesi in via di sviluppo e in quelli emergenti, il concetto è stato quello di aggiustamento strutturale: un insieme di riforme raccomandate dal Fondo monetario internazionale e dalla banca mondiale e imposte ai paesi richiedenti assistenza finanziaria, spesso evocate con l’espressione Washington Consensus. Le riforme strutturali hanno spesso un effetto negativo nel breve periodo, ma positivo in quello lungo. L’esempio più radicale di riforma strutturale, alla fine del XX secolo è stato il passaggio di un certo numero di paesi dall’economia pianificata all’economia di mercato.

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Motvazioni dell’intervento pubblico Le tre funzioni della politca economica Si distinguono tre funzioni essenziali della politica economica: (tripartzione di Musgrave & Musgrave (1989))

a. L’allocazione delle risorse: vi rientrano politiche dirette a fornire beni pubblici, come investimenti in ricerca e sviluppo, istruzione, protezione dell’ambiente. Tendono di accrescere il più possibile l’output raggiungibile, ossia l’output potenziale. b. Stabilizzazione macroeconomica: affronta gli shock che allontanano l’economia dall’equilibrio (politiche monetarie e di bilancio). Si propongono di minimizzare lo scarto tra output effettivo e potenziale. (output gap) c. Redistribuzione fra agenti o fra regioni: modifica della distribuzione dei redditi (politiche tributarie, di tipo progressivo e sussidi sociali). L’intervento pubblico ha come giustificazione il raggiungimento del primo teorema dell’economia del benessere: muovendo da un equilibrio di concorrenza perfetta non si può migliorare il benessere di un agente economico senza ridurre quello di un altro. Tale acquisizione è allo stesso tempo: a. Assoluta, perché nega che l’intervento pubblico possa migliorare le sorti degli uni senza danneggiare quelle degli altri; b. Limitata, perché non dice nulla sulla redistribuzione del reddito e della ricchezza fra gli agenti e perché le condizioni di validità sono abbastanza rigide.

Allocazione (modificare l’equilibrio del mercato nel lungo periodo)

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Si tratta essenzialmente di rimediare ai cosiddetti fallimenti del mercato. I motivi di intervento pubblico più frequenti sono:

a. Presenza di monopoli Quando un’impresa è in posizione di monopolio, dispone di un potere di mercato che gli permette di aumentare i prezzi, riducendo le quantità offerte. L’intervento pubblico può mirare a ristabilire le condizioni di concorrenza, però molte volte il regime di monopolio è più efficiente in termini di organizzazione industriale rispetto a quello della concorrenza, basti pensare che è più efficiente avere un solo gestore di rete ferroviaria piuttosto che molti (monopolio naturale) b. Esistenza di esternalità In presenza di esternalità, il costo privato di una risorsa o il beneficio privato non coincidono con quelli sociali. L’intendo, quindi è quello di trovare dei meccanismi che inducano o stimolino gli attori privati a considerare gli effetti esterni delle loro azioni. Gli economisti individuano 3 strumenti: negoziazione fra attori privati, tassazione e sovvenzione e la pianificazione centralizzata. c. Esistenza di asimmetrie informative L’ottimità dell’equilibrio di mercato si basa sull’ipotesi di un’informazione perfetta, ma nella realtà sappiamo che questo spesso non è possibile, basti pensare alle banche. Queste per evitare che il tasso di interesse unico conduca a selezionare soltanto debitori a rischio (selezione avversa), è ottimale per il creditore razionare il credito, il che è globalmente inefficiente. d. Esistenza di mercati incompleti L’ottimità dell’equilibrio di mercato si basa sull’esistenza di mercati per un insieme di transazioni ad orizzonti più o meno lontani. Se certi mercati sono assenti o carenti, l’equilibrio di mercato non è più necessariamente ottimale nel senso di Pareto.

Stabilizzazione (minimizzare deviazioni nel breve periodo rispetto all’equilibrio) ➢ In merito alla stabilizzazione, Keynes (anni 30) forniva all’intervento pubblico 2 motivazioni: a. L’instabilità dei comportamenti privati (animal spirit) è suscettibile ad un’alternanza di estremi, dall’ottimismo al pessimismo più completi; b. Le rigidità nominali dei salari e dei prezzi impediscono a questi ultimi di equilibrare i mercati. Quindi agli occhi di Keynes la combinazione di questi 2 elementi giustificava il ricorso a politiche di bilancio e monetarie dette anticicliche concepite per limitare le fluttuazioni cicliche e scongiurare le depressioni. ➢ Contrattacco monetarista (anni ‘70/80): shock economici (negativi) effetti ricchezza (saldi monetari reali) sui consumi riequilibrio (di occupazione naturale) non stabilizzare! ➢ Interpretazioni recenti non-Keynesiane (es. «real business cycles», Kydland e Prescott, 1982) Teoria dei real business cycles: spiega le fluttuazioni cicliche attraverso gli scock sulle tecnologie di produzione e le reazioni degli agenti razionali ottimizzanti, evitando così ogni riferimento a comportamenti irrazionali o a rigidità nominali. ➢ Gli studi contemporanei analizzano le politiche di stabilizzazione nel quadro del modello offerta aggregata/domanda aggregata in base alla quale vi è una relazione tra prezzo del prodotto e produzione (quantità).

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L’offerta aggregata nel breve periodo è crescente perché ad un aumento del prezzo si riduce il salario reale e rende la produzione più redditizia. Nel lungo periodo la disoccupazione si trova al suo livello di equilibrio e quindi l’offerta si adegua La domanda aggregata, invece, dipende negativamente dal prezzo, poiché un aumento di quest’ultimo riduce il consumo e quindi la produttività. In questo contesto quindi abbiamo 2 distinzioni: a. Variazioni della domanda o dell’offerta in relazioni a cambiamenti del prezzo: spostamento lungo la curva dell’offerta o della domanda b. Variazioni risultanti da perturbazioni esogene (schock): spostamento delle curve stesse

Uno schock da offerta è una modificazione esogena della relazione fra prodotto potenziale e prezzo (accrescimento del prezzo del petrolio) Uno schock da domanda è una modificazione esogena della relazione fra domanda e prezzo (contrazione del consumo, quindi perdita di ricchezza delle famiglie)

Uno schock da domanda positivo sposta la curva di domanda aggregata verso destra, con un punto di equilibrio dove produzione e prezzo sono più elevati. Uno shock da offerta positivo, sposta la curva di offerta verso destra con la conseguenza di una produzione più alta ma un prezzo più basso. Nel lungo periodo il ragionamento è lo stesso salvo che per lo schock da domanda si traduce integralmente nei prezzi, e per uno schock da offerta il risultato è equivalente a quello di breve periodo.

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Uno stimolo monetario o fiscale, però, è imponente davanti a uno spostamento della curva di offerta, quindi le politiche della domanda non sono efficaci di fronte a uno schock dell’offerta. Occorre in tal caso servirsi di politiche dell’offerta. Nel mondo dell’informazione imperfetta gli economisti si occupano di rappresentare la struttura dell’economia attraverso un modello di relazioni. Y=F(X) un cambiamento del valore di Y può risultare sia da un cambiamento delle variabili X oppure dalla funzione F. In tempo reale, però i decisori non sono sempre in grado di individuare con certezze le varie cause delle variazioni, quindi un approccio corrente è quello di partire dall’osservazione e di stimare delle equazioni di tipo Y=F(X) applicate a un periodo passato. Per esempio il consumo delle famiglie può essere rappresentato:

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Un cambiamento del valore C può risultare dai cambiamenti nei valori delle variabili esplicative, da uno shock temporaneo o cambiamenti dei valori dei coefficienti. In tali equazioni quindi il cambiamento di una variabile può richiedere soluzioni di politica diverse tra loro. Olivier Blanchard e Danny Quah (1989) hanno proposto un metodo empirico per identificare gli shock dell’offerta e della domanda, basato sul fatto che tali shock hanno effetti opposti sulla coppia quantitàprezzo. Essi stimano simultaneamente delle equazioni autoregressive che si collegano a variabili endogene come la produzione e il prezzo e considerano i residui di stima corrispondenti come schock esogeni che dopo la trasformazione, possono essere classificati come schock dell’offerta o della domanda. Da questo possiamo capire come l’efficacia delle politiche di stabilizzazione è dimostrabile solo quando ci si trova dinanzi a un quadro di ipotesi molto preciso.

Redistribuzione Miglioramenti di equità ad efficienza (tre casi): • 1. Costante: trasferimenti a somma fissa no impatto su incentivi economici agenti (es. libero scambio internazionale con redistribuzione tra i fattori produzione). • 2. Decrescente (trade-off a la Okun (1975)): imposte e sussidi ad aliquota impatto negativo su incentivi (es. imposte e riduzione offerta fattori di produzione). • 3. Crescente (trade-on): accesso istruzione/sanità meno abbienti miglioramenti di produttività del lavoro «redistribuzione efficiente».

Nel primo caso, le preoccupazioni relative all’equità sono completamente indipendenti dalla ricerca dell’efficienza. È ciò che accade quando il governo detiene i mezzi per modificare la distribuzione dei redditi grazie ai trasferimenti a somma fissa, che non modificano gli incentivi economici. In pratica però non è sempre possibile realizzare dei trasferimenti a somma fissa. L’azione più concreta che si può compiere è tassare i redditi, i profitti o il consumo e ridistribuire le entrate grazie a programmi di assistenza mirati o a trasferimenti condizionati ai redditi. Ma queste imposte e sussidi sono distorsivi perché modificano gli incentivi economici e l’equilibrio di mercato. Da ciò risulta che non è più possibile separare le condizioni di equità da quelle di efficienza. È la ragione per la quale la redistribuzione dei redditi richiede spesso un trade-off tra equità ed efficienza: più il reddito è ridistribuito maggiore sarà la perdita di efficienza perché sia le imposte sia i sussidi riducono soprattutto l’offerta dei fattori di produzione. Ciò tuttavia avviene in ogni caso dal momento che la redistribuzione a volte può migliorare l’efficienza economica. Le politiche pubbliche concepite per garantire l’accesso dei meno abbienti all’istruzione e alla salute, per esempio, sfociano spesso in guadagni di efficienza legati al miglioramento della produttività del lavoro.

La valutazione delle politche economiche 1)Identficare l’obiettivo in modo adeguato: dal caso teorico di un unico obiettivo, a quello pratco di criteri obiettivo-specifici.

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L’obiettivo più generale che si possa assegnare alla politica economica è la soddisfazione delle famiglie residenti, che gli economisti chiamano utlità. Essa è in grado di contemplare sia il consumo di beni e di servizi che il tempo libero o la qualità dell’ambiente.

Una funzione di utilità istantanea simile in effetti è piuttosto generale: è possibile, per esempio farvi rientrare il grado di varietà dei beni e dei servizi consumati; può anche includere considerazioni altruistiche o di ordine morale. L’utilità istantanea è tuttavia un criterio molto riduttivo. Occorre dunque adottare un contesto intertemporale e dotarsi perciò di un tasso di sconto p al fine di aggregare le utilità del tempo. Tutto dipende dalla scelta di p: un tasso di sconto elevato darà maggior peso al breve periodo e dunque al consumo immediato; un basso tasso di sconto farà considerare maggiormente il benessere delle generazioni future.

La funzione di utilità intertemporale resta tuttavia quella di un individuo o famiglia particolare o di un unico individuo rappresentativo. Il passo successivo sarà quello di aggregare le utilità di individui eterogenei (disuguaglianze individuali).

Il criterio di Pareto permette di comparare solo una minima frazione delle situazioni possibili, e quindi ci porta a eliminare tutte quelle situazioni a partire dalle quali è possibile migliorare simultaneamente le utilità dei due individui.

Per effettuare questa scelta occorre darsi una funzione di benessere sociale dove si prendono in considerazione i soli indici che rappresentano gli individui o le famiglie che formano la società. Le funzioni più correnti sono la funzione benthamiana e rawlsiana.

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Le funzioni di benessere tengono conto non solo delle disuguaglianze individuali ma anche dei vari tradeoff intertemporali. Riforme strutturali e trade-off intertemporale: Le riforme strutturali generalmente hanno obiettivi di medio periodo. Tuttavia esse hanno anche un impatto nel breve che può essere positivo o negativo.

Allocazione, stabilizzazione, redistribuzione In pratica, la valutazione degli effetti delle politiche economiche richiede strumenti economici diversi per le questioni di allocazione, stabilizzazione e redistribuzione. ➢ Allocazione Le funzioni di benessere sono correntemente utilizzate per la valutazione delle politiche di allocazione anche se in forma assai più semplificata. Analisi di equilibrio pa...


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