Riassunto articolo De Luca Hic Sunt Leones PDF

Title Riassunto articolo De Luca Hic Sunt Leones
Author Emanuela Napoli
Course Storia comparata delle dottrine politiche moderne e contemporanee
Institution Università degli Studi Suor Orsola Benincasa
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Riassunto articolo De Luca Hic Sunt Leones...


Description

Nel 1992 un giovane politologo statunitense Francis Fukuyama ribadiva che la storia era finita perché l'evoluzione ideologica aveva raggiunto la sua meta, ovvero una forma di società e di governo nella quale le esigenze e aspirazioni umane potevano trovare risposta. Tale forma di governo era la democrazia liberale, che si basava sui diritti individuali, sulla sovranità popolare e sull'economia di mercato. La democrazia liberale era quindi destinata a diffondersi universalmente. Fukuyama concludeva sostenendo da una parte la diffusione universale della democrazia liberale, dall'altra parte annunciando il rischio di un’umanità concentrata esclusivamente su esigenze e conquiste materiali. Non sarebbe più esistita l’arte, la filosofia, passioni ideologiche ma semplicemente calcolo economico, problemi tecnici e questioni ambientali. Nel 1993 invece Giovanni Sartori, il quale all'epoca insegnava negli Stati Uniti ma che si era formato nella vecchia Europa scriveva che il futuro della democrazia liberale nel momento del suo trionfo era paragonabile a quelle terre incognite che gli antichi indicavano sulle carte con l'espressione Hic Sunt Leones. Si tratta quindi di terre disseminate di incerti e pericoli. I leoni a cui pensava Sartori erano innanzitutto due: la bomba demografica e la minaccia di un collasso ecologico. Ma individuava anche altre minacce tra le quali una spiccava per importanza: l'avvento dell'era in cui la visione sostituisce la lettura. Secondo Sartori si trattava di una rivoluzione che batte tutte le rivoluzioni avvenute finora inclusa quella della stampa poiché avrebbe portato alla sostituzione dell’homo sapiens con l’homo videns. Si tratta quindi di un’epoca in cui non si comunica più con la parola ma con le immagini. La lettura, infatti, non ci scuote più di tanto mentre le immagini commuovono e coinvolgono. Così, mentre la realtà del mondo contemporaneo si fa sempre più complessa, le menti diventano sempre più semplicistiche e poiché la democrazia è un'apertura di credito all'uomo sapiens se quest'ultimo era in pericolo lo sarebbe stata anche la democrazia. Negli stessi anni in cui apparivano rispettivamente l'articolo di Fukuyama e il libro di Sartori stavano avvenendo due eventi che avrebbero contribuito a determinare importanti sviluppi nella storia. Nel 1989 tim bernes Lee, ingegnere informatico che lavorava al Cern di Ginevra, presenta il progetto da cui sarebbe nato il World Wide Web e nel 1993 il Cern decideva di rendere disponibile il progetto. Iniziava così l'avventura del Web che consentiva per la prima volta un accesso di massa ad Internet. Tra la seconda metà degli anni 90 e il primo decennio del nostro secolo si possono notare trasformazioni dirompenti e tutto ciò è osservabile tramite un piccolo esperimento. Se dal 1993 proviamo a tornare indietro di 25 anni ci ritroviamo nel 1968: notiamo che le differenze tra i due momenti sono sicuramente molte ma non così sostanziali dal punto di vista politico. Lasciando da una parte il caso italiano, i partiti dei primi anni 90 nelle democrazie occidentali sono ancora in gran parte gli stessi del ‘68. Se invece dal 1993 andiamo avanti di 25 anni ci ritroviamo invece nel 2018: siamo qui in un paesaggio politico per certi versi irriconoscibile. I partiti sono qualcosa di completamente diverso, alcuni sono scomparsi, altri stanno precipitando nell’irrilevanza e tutti sono fortemente leaderizzatii. La comunicazione poi è profondamente mutata: avviene solo in piccola parte attraverso i media tradizionali e negli spazi fisici, mentre si diffonde sempre di più sulle piattaforme digitali. Basti pensare che ormai le dirette su Facebook ormai sostituiscono l'intervista al grande quotidiano. Le dirette su Facebook saranno sicuramente seguite da centinaia di migliaia di persone tra i quali spiccano i giovani, la cui stragrande maggioranza non legge i giornali e non guarda la televisione. Tutti avremo l’impressione che il leader stia parlando proprio con noi personalmente e abbiamo la possibilità di interagire con un like o con un commento. La logica dei media porta con sé velocità, spettacolarizzazione, frammentazione e rapidissima obsolescenza. Quello che conta insomma è dire qualcosa subito e al momento giusto, sulla questione del giorno, è fondamentale dire qualcosa di impattante che catturi l'attenzione del pubblico; mentre conta molto meno mettere in pratica ciò che è stato detto anzi, a volte non conta

nulla perché lo stesso pubblico qualche giorno dopo ha già dimenticato ed è preso da nuove questioni. La rivoluzione digitale ha determinato un passaggio dalla democrazia dei partiti alla democrazia del pubblico. La rete, infatti, è orizzontale e decentrata e grazie al web 2.0 permette una piena interattività. All'epoca del web 2.0 non è più valida la metafora palcoscenico/pubblico con una logica comunicativa unidirezionale, ma si assiste a una moltiplicazione di palcoscenici e pubblici permettendo a questi ultimi di salire sul palco e interagire con gli attori secondo una logica bidirezionale. Infatti, come in ambito economico si parla di prosumers, quindi di utenti che sono al tempo stesso consumatori e produttori, in ambito politico si dovrebbe cominciare a parlare di spectators. Oggi siamo sempre di più di fronte ad una democrazia della rete o web democracy in cui alla dimensione reattiva si affianca prepotentemente quella interattiva. QUARTETTO DIROMPENTE  Il Web e in particolare la sua evoluzione 2.0  I social media (che il web 2.0 ha reso possibili)  I Big Data  Intelligenza artificiale È questo il quartetto dotato di un potere trasformativo dirompente: si tratta di un quartetto che ha alterato e continua ad alterare in modo irreversibile gli spazi, gli oggetti, le forme della politica. Molti l’hanno definita una quarta rivoluzione industriale sviluppatasi in concomitanza con la terza (quella informatica) solo che mentre la prima rivoluzione industriale, così come la seconda, hanno impiegato un secolo ciascuna per sviluppare i propri effetti economici e sociali e di conseguenza anche politici, questa rivoluzione viaggia ad una velocità impressionante. Procede attraverso una crescita di tipo esponenziale mentre la politica è lenta, soprattutto nei sistemi democratici. Per crescita esponenziale si intende qualcosa di contro intuitivo per la mente umana. L'esempio più comune per spiegare come funziona questa crescita esponenziale è quello del salario che raddoppia ogni giorno partendo dalla soglia di un centesimo. Molti possono intuire che dopo una settimana la paga giornaliera sarà arrivata a poco più di 1 €, un numero minore di persone invece riesce a immaginare che dopo due settimane la paga giornaliera sarà di 138 €, ma quasi nessuno riuscirà a immaginare che a fine mese il fortunato lavoratore percepirà una paga giornaliera di 9 milioni di euro. La velocità dei fenomeni innescati dalla rivoluzione digitale è tendenzialmente simile a questa. Basti pensare a Facebook, fondato nel 2004 che dopo soli quattro anni e mezzo ha raggiunto 100 milioni di utenti, li ha raddoppiati poi in sei mesi e nuovamente raddoppiati in un anno. A dicembre 2019 Facebook poteva contare circa due miliardi e 500 milioni di utenti rendendolo lo stato più popolato al mondo, addirittura superando la Cina. Così anche il numero di utenti di internet è cresciuto esponenzialmente. Il primo elemento del “quartetto dirompente” è il Web. In estrema sintesi si può dire che Internet nasce per esigenze militari e realizzato da studiosi come mezzo per favorire la ricerca scientifica. Grazie al Web, Internet è diventato il mezzo usato da miliardi di persone per informarsi, comunicare, socializzare lavorare e fare affari. Ma nella storia del Web è fondamentale la sua evoluzione 2.0, ovvero quando grazie ad una serie di progressi è diventato un ambiente interattivo. Ora, quindi, grazie al Web disponiamo di una quantità di informazioni e di una possibilità di socializzazione che non ha precedenti nella storia umana. La straordinaria quantità di informazioni alla portata di tutti però non ha prodotto opinioni pubbliche più informate, più consapevoli e più razionali. Abbiamo assistito piuttosto al fenomeno inverso: le opinioni pubbliche appaiono sempre più polarizzate e radicalizzate ma soprattutto emotive, per questo sono facili prede di inganni e manipolazioni (non a caso viviamo nell'epoca delle fake news). L'accresciuta possibilità di entrare in contatto con i nostri simili non ha prodotto infatti forme di socialità più

ampie, differenziate e inclusive come ci si aspettava, ma la nascita di comunità sempre più ristrette e composte da persone sempre più simili tra loro che tendono a riprodurre una mentalità tribale. La connessione globale ha determinato quindi il ritorno alla dimensione tribale. La ragione di tutto ciò sta nella logica filtrante che le nuove tecnologie portano con sé. L’iperconnessione globale crea infatti un sovraccarico e di conseguenza il sovraccarico richiede una logica filtrante. Il filtro infatti è un'altra parola chiave dell’era digitale che a sua volta conduce ad un ulteriore paradosso: filtrare significa esercitare la libertà individuale perché significa scegliere ciò che ci interessa, ciò che preferiamo e ciò che corrisponde ai nostri interessi e valori. Spinta però all’estremo questa libertà finisce per compromettere le precondizioni di una scelta libera. Ad esempio, qualche anno fa uno dei guru del digitale, Nicholas Negroponte, profetizzò la nascita del Daily Me, un quotidiano totalmente personalizzato: niente più perdite di tempo a cercare le notizie e gli argomenti che ci interessano. Le nuove tecnologie, filtrando in base ai nostri interessi ei nostri valori l'immensa massa di informazioni disponibili sulla rete, ci avrebbero messo a disposizione un quotidiano su misura tagliato perfettamente su di noi. Si tratta di quello che il giurista statunitense Cass Sunstein chiama un caso limite di architettura del controllo ovvero un sistema che permette a ciascuno di noi di non esporci a nulla a cui non abbiamo deciso di esporci in anticipo e volontariamente. All’estremo opposto del Daily Me invece si collocano in media generalisti quindi grandi quotidiani, le principali emittenti televisive e radiofoniche e in mezzo i media dedicati a temi specifici. I primi saranno portatori dell’interesse generale, i secondi di interessi particolari più o meno diffusi ma entrambi e soprattutto i primi offrono una quantità di notizie e di commenti che lettore non avrebbe scelto e nei quali si imbatte. Sicuramente potrà ignorarli ma apprende della loro esistenza ed è proprio il confronto con questa varietà la precondizione per la formazione di un’opinione effettivamente libera. Non vi è quindi alcuna garanzia di libertà in un sistema incentrato sul Daily Me. La situazione sui social media è molto simile al modello del Daily Me: ad esempio il news feed di Facebook è sicuramente una cosa ben diversa da un quotidiano e sicuramente un esempio di architettura del controllo, in parte frutto delle nostre scelte ma in gran parte frutto di un algoritmo che interpreta i nostri comportamenti passati e li implementa. Assistiamo quindi a sempre più persone che si rinchiudono in bolle più o meno grandi che accrescono la polarizzazione dell’opinione pubblica atrofizzando la capacità di confrontarsi con posizioni diverse dalle proprie. Passiamo ora al secondo elemento del quartetto dirompente ovvero i social media che sono ormai diventati il luogo dove passiamo una parte consistente del nostro tempo. Bisogna ricordare che fino a poco più di vent'anni fa i social media non esistevano. Solo a partire dal 2003, con l'avvento del Web 2.0 e il progressivo aumento della capacità di banda che i social network si espandono ed entrano in competizione tra di loro trasformandosi in social media, piattaforme che permettono agli utenti di produrre e scambiare contenuti di vario formato attraverso modalità interattive. Ciò che caratterizza quindi i social media è l'interazione in orizzontale tra pari. A partire dal 2009 i social media entrano nella fase di consolidamento: le piattaforme si diversificano, gli operatori si concentrano ed emergono una serie di tendenze che ben presto diventano stili comportamentali diffusi in quello spazio ibrido tra online e offline che Luciano Floridi ha definito onlife. Queste tendenze sono quindi la condivisione, la prevalenza del linguaggio iconico e biografico/narrativo, la valutazione tra pari usando i social buttons (come like su Facebook), il commento, la recensione. L'elemento decisivo è il modello economico free, quindi apparentemente gratuito, ma che in realtà è fondato sullo scambio tra servizi e cessioni dei dati personali. L'impatto dei social media sulla politica è stato sicuramente rilevante: informazione, partecipazione, discussione, proposta e protesta si svolgono ormai in gran parte online e sulle piattaforme digitali. Si assiste quindi a un passaggio della democrazia del pubblico al web democracy, di conseguenza da spazi fisici a spazi

virtuali. Anche in questo caso si assiste ad un paradosso: i social media nascono con l'obiettivo di favorire la socializzazione ma finiscono per dividere allontanare le persone. Ancora una volta è la logica filtrante a determinare questo esito. Messi di fronte ad una possibilità illimitata di socializzazione, gli esseri umani non cercano il diverso ma ciò che è simile a loro, coloro nei quali possono riconoscersi e con i quali sentono di avere qualcosa in comune. Ed è così che si formano ancora una volta le cosiddette bolle o echo chamber. Essendo tra simili non faremo altro che confermare la nostra opinione anzi la radicalizzeremo. In questo modo quindi le persone si disabituano al confronto con opinioni diverse e qui la tendenza a stare insieme tra simili. L’iperconnessione determinando il sovraccarico innesca la logica filtrante, che a sua volta finisce per produrre un’iper-frammentazione. Si tratta quindi di un mondo sempre più connesso ma sempre più disunito. I big data e l'intelligenza artificiale sono gli elementi del quartetto considerato che produrranno negli anni avvenire l'impatto più profondo, infatti, la loro stretta combinazione promette o minaccia (a seconda dei punti di vista) di rivoluzionare ogni aspetto della nostra vita individuale e collettiva. Con l'espressione big data ci si riferisce all'esistenza di una quantità di dati che non ha precedenti nella storia umana per volume, varietà e velocità di accumulazione: fenomeno che è frutto di quella datification iniziata mezzo secolo fa con l'introduzione dei computer e cresciuta progressivamente grazie al web, e lo storage. Tutto questo ha condotto a produrre una quantità di dati difficile anche solo a concepirsi, basti pensare che ogni minuto vengono creati 470.000 tweet, tre milioni di post su Facebook , effettuare quattro milioni di ricerche su Google e scambiati 38 milioni di messaggi su Whatsapp. Per intelligenza artificiale invece si intende non una macchina capace di pensare in modo analogo agli esseri umani ma un sistema capace di estrarre informazioni da enormi quantitativi di dati. Tutto questo avviene su basi statistiche applicando cioè il calcolo delle probabilità. La base dei big data è nella rete, che funziona come una sorta di Giano bifronte: da un lato permette a tutti di accedere ad un macro-universo di informazioni e servizi, dall'altro lato entra nel micro-universo di ogni individuo e si impossessa, col consenso più o meno consapevole degli interessati, di una quantità enorme di dati personali. Quindi siamo noi stessi con i nostri post, le nostre foto, i nostri video, le nostre queries, i nostri spostamenti a fare sapere alle grandi piattaforme quali opinioni politiche abbiamo, quali orientamenti sessuali ci caratterizzano, quale religione seguiamo, che lavoro facciamo, chi frequentiamo, dove facciamo le vacanze, quali libri leggiamo, quali film vediamo, quale musica ascoltiamo, quali itinerari percorriamo quotidianamente e così via. Gli hi tech Giants raccolgono meticolosamente le infinite footprint che lasciamo sulla rete e finiscono per conoscerci meglio di quanto ci conosciamo noi stessi utilizzando queste conoscenze per scopi commerciali. Ad oggi circa l’80% della popolazione possiede uno smartphone ma entro pochi anni ci saranno circa 50 miliardi di dispositivi abilitati alla connessione e ognuno di questi sarà un aspira-dati, basti pensare alle smart homes: ogni dato verrà quindi raccolto classificato e analizzato e l'uso di questi dati va al di là della nostra comprensione. È inutile dire quindi che chi possiede questi dati possiede un potere sociale e politico immenso. Si sta assistendo quindi a democrazie sempre più deboli che devono fronteggiare imprese multinazionali sempre più forti, gli uni insistono su uno spazio fisico gli altri invece operano nello spazio virtuale. Per comprendere meglio le ricadute del binomio big data e intelligenza artificiale sulla democrazia bisogna fare riferimento a tre vicende: la prima è quella di Kocinski e del suo algoritmo psicografico. Basandosi soltanto su 200 like espressi su Facebook l'algoritmo riesce a fornire in pochi secondi un identikit notevolmente preciso di un individuo. Questo algoritmo va alla ricerca di like simili a quelle del soggetto considerato e compara le caratteristiche degli individui. È la disponibilità di big data che fa la differenza. Quando si dispone di milioni di dati anche un individuo così originale potrà essere messo a confronto con milioni di persone con una configurazione di like simile alla sua. La psicografia è quindi uno dei tanti

possibili esiti dell’incontro tra big data e intelligenza artificiale. Grazie ad esso in ogni ambito disporremo di macchine intelligenti in grado di prevedere in modo molto accurato comportamenti ed esiti nonché di individuare soluzioni. Col passare del tempo quindi saremo sempre più spinti ad affidarci ad esse poiché ci eviteranno molti errori ma sarà difficile definire democratica una politica in cui le decisioni vengono prese affidandosi a macchine intelligenti; il secondo caso è quello di Project Alamo, team incaricato di realizzare un'impresa ritenuta pressoché impossibile: per vincere le elezioni presidenziali del 2016 Donald Trump. Il team individuò 13 milioni di elettori persuadibili a votare per Trump, analizzando i loro dati e suddividendoli in gruppi omogenei e predisponendo loro una serie di contenuti su misura. Questa accurata azione di micro-targeting ha portato i voti che hanno determinato la vittoria di Trump. Questa modalità è stata usata anche dai sostenitori della Brexit. Infine, vi è il grande tema del lavoro e della disuguaglianza. I big data e l'intelligenza artificiale porteranno sempre di più alla creazione di una società caratterizzata da un crescente divario tra pochi individui qualificati e ricchi da un lato, e una larga platea di persone a basso reddito che li assistono dall'altro. Il problema, quindi, non sarà solo la disoccupazione ma anche la disuguaglianza, ossia la scomparsa di quella classe media che costituisce il pilastro della democrazia liberale. Insieme alla classe media tenderà inoltre a scomparire, sempre in virtù del quartetto dirompente, la competizione all'interno del mercato. Paradossalmente internet non ha prodotto un mercato più competitivo e distribuito bensì un mercato oligopolistico dominato dai cosiddetti tech Giants come Amazon, Microsoft, Intel, Apple. Tant'è vero che molti economisti si sono chiesti se la concorrenza non sia ormai un residuo del passato. Inoltre, dal predominio economico all' egemonia politica e culturale il passo è breve. Nei prossimi decenni potremmo quindi assistere alla nascita dei più grandi monopoli cross industriali che siano mai esistiti, che diventeranno così importanti per la salute e il benessere da non poter fallire. La sfida che le big tech rappresentano per la democrazia non è quindi solo il loro valore economico ma piuttosto la concentrazione di potere dati e controllo nello spazio pubblico. In questo quadro, la democrazia appare disorientata innanzitutto dalla velocità del cambiamento. Se le innovazioni tecnologiche si succedono a cascata con una velocità esponenziale come sta accadendo, la democrazia invece resta lenta. Ma la perdita in termini di tempestività ed efficacia nel dare risposte alle domande dei cittadini è qualcosa che mina la credibilità della...


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