Riassunto Completo Diritto Tributario, Seconda Edizione (2019 ), Pietro Boria PDF

Title Riassunto Completo Diritto Tributario, Seconda Edizione (2019 ), Pietro Boria
Course Diritto tributario
Institution Sapienza - Università di Roma
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Università degli Studi di Roma "La Sapienza"

Riassunto Completo Diritto Tributario, Seconda Edizione (2019), Pietro Boria.pdf Giurisprudenza a ciclo unico Prof: Pietro Boria Autore: matpet91 Anno Accademico: 2019/2020

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RIASSUNTO COMPLETO DI DIRITTO TRIBUTARIO SECONDA EDIZIONE (ULTIMA 2019) PIETRO BORIA CAPITOLO 1 IL POTERE TRIBUTARIO - CONCETTI FONDAMENTALI L’esercizio del potere tributario assolve una funzione fondamentale nel moderno Statuto sociale che può essere distinta essenzialmente in due categorie: - La funzione primaria è identificabile nell’acquisizione di un flusso di entrate stabili da mettere al servizio delle varie esigenze di spesa nella collettività; - La funzione secondaria è ravvisabile nella ripartizione del carico fiscale tra i vari consociati secondo una logica di solidarietà sociale e di equità distributiva. Il potere tributario nella storia ha subito un percorso di consolidamento istituzionale, trasformandosi da mero strumento di dominio delle classi dominanti rispetto alla massa dei governati (come avvenuto in epoca antica), a elemento fondamentale di funzionamento della comunità organizza (come avvenuto nello Stato moderno). Gli snodi essenziali del percorso storico di sviluppo del potere tributario possono in particolare individuarsi nei seguenti momenti: a) Il costituzionalismo inglese nel quale il potere tributario si salda alle idee di tutela e promozione della sfera di libertà e proprietà individuale (liberty and property clause); b) L’Illuminismo francese in cui il potere tributario viene utilizzato come strumento al servizio della volontà collettiva (e dunque della comunità statuale) per favorire il bilanciamento con i valori della sfera individuale; c) L’idealismo tedesco, nel quale viene consacrato il potere tributario come il fattore decisivo per consentire la prevalenza dello Stato sul cittadino, così da determinare l’affermazione della totalità etica della comunità sull’individuo. Nel Welfare state si afferma un progetto di vita collettiva che pone il benessere e l’eguaglianza sostanziale al centro del “patto sociale”. Il potere tributario diviene così lo strumento essenziale per garantire l’acquisizione delle risorse necessarie per permettere il perseguimento degli obiettivi e delle finalità dello stato sociale. Il Welfare state si fonda così sul binomio apri “prestazioni pubbliche – finanziamento tributario” che vale ad attribuire un ruolo primario alla funzione fiscale nelle dinamiche costituzionali e nella logica di funzionamento della comunità nazionale.

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CAPITOLO 2 I PRINCIPI COSTITUZIONALI DEL POTERE TRIBUTARIO Il diritto tributario regola il rapporto fiscale tra l’individuo e lo Stato: questo rapporto ha un elevato valore in quanto costituisce un elemento fondante del patto sociale. L’inserimento nella Costituzione di principi generali che forniscono le linee guida dell’ordinamento fiscale, esprime con chiarezza il convincimento che la prestazione tributaria, costituendo la base del patto sociale, non può essere lasciata ad una definizione libera e discrezionale del legislatore ordinario. I principi costituzionali rappresentano dei limiti posti a garanzia tanto dell’interesse dello Stato quanto dell’interesse del singolo cittadino. Nella realtà attuale il sistema tributario è caratterizzato da un pluralismo democratico, ispirato alla logica della convivenza tra ordinamenti, idoneo a garantire la spontaneità della vita sociale e la varietà delle soluzioni ammissibili per le decisioni politiche. Si realizza il passaggio da un assetto unitario ad un sistema tributario con un assetto plurimo: per ogni comunità territoriale è presente un sistema tributario e per questo la funzione fiscale non può più essere identificata con la centralità dello Stato, ma deve essere ricondotta ad una pluralità di ordinamenti: - Sovranazionali, come quelli dell’UE; - Localistici, come quelli espressi dagli enti territoriali minori. Tutti questi sistemi si formano sul bilanciamento tra interesse fiscale e libertà individuale  sono individuabili 2 direttrici evolutive differenti e contrapposte: la prima appartiene al mondo anglosassone, la seconda caratterizza, invece, gli ordinamenti giuridici continentali, nei quali lo Stato e l’interesse generale della collettività sono identificati come valori supremi totalmente prevalenti rispetto ai diritti dell’individuo. Le norme costituzionali di riferimento sono: - art.2  principio di solidarietà; - art.3  principio di eguaglianza; - art.53  interesse fiscale e capacità contributiva. ART. 2 - PRINCIPIO DI SOLIDARIETÀ Il dovere di concorrere alle spese pubbliche costituisce senza dubbio una declinazione tipica dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale che vengono richiesti all’individuo in ragione dell’appartenenza alla comunità nazionale.

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ART. 3 – PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA La prestazione tributaria, in quanto strumento essenziale dello Stato sociale, viene utilizzata per superare i vincoli materiale ed economici che impediscono il raggiungimento della eguaglianza sostanziale dei consociati. ART. 53 – INTERESSE FISCALE E CAPACITÀ CONTRIBUTIVA L’art.25 dello statuto Albertino del 1848, costituisce l’antecedente storico dell’art.53 della Costituzione poiché in tale disposizione sono indicati: - Tanto l’esistenza di un obbligo di contribuire alle spese pubbliche a carico del singolo; - Quanto la fissazione di un limite al potere impositivo consistente nella “proporzionalità” con gli averi e cioè con il patrimonio a disposizione del contribuente. • L’art.53 comma 1 della Costituzione italiana stabilisce espressamente che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Tale norma afferma: - In primo luogo l’esistenza di un dovere tributario, estensibile a “tutti”, di concorrere alle spese pubbliche: quindi tutti coloro che appartengono alla comunità statale devono adempiere agli obblighi fiscali per consentire alla comunità stessa di ottenere le risorse finanziarie occorrenti per realizzare la finalità pubblica  denominata: interesse fiscale. - In secondo luogo, è precisato che il criterio di riparto dei carichi fiscali tra gli appartenenti a una comunità è da basare sulla “capacità contributiva” di ciascun consociato. Questo valore costituisce una regola di distribuzione degli oneri tributari e si pone come un criterio difensivo e protettivo della sfera individuale rispetto al prelievo fiscale. Capacità contributiva e interesse fiscale sono espressivi rispettivamente di valori riconducibili alla logica individuale e alla logica collettiva, valori che costituiscono i termini fondamentali della dialettica “individuo-comunità”. In questa prospettiva si può qualificare la norma inserita nel comma 1 dell’art.53 della Costituzione, come la regola fondamentale del rapporto tributario: basato sulla relazione tra doveri di solidarietà e tutela della sfera di libertà. • Al comma 2 dell’art.53 invece è disposta la regola secondo la quale “il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. L’interesse fiscale è diretto a tutelare, a difendere e a raggiungere l’obiettivo di acquisizione delle risorse finanziarie fondamentali per garantire la vitalità e lo svolgimento della collettività.

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Il tratto concettuale dell’interesse fiscale può essere individuato, essenzialmente, nella predisposizione di meccanismi normativi di contenimento dell’evasione o dell’elusione tributaria, in particolare possono individuarsi alcuni caratteri di fondo dell’interesse fiscale: 1- Predisposizione di meccanismi normativi di contenimento dell’evasione o dell’elusione tributaria; 2- Individuazione di meccanismi normativi diretti a favorire il controllo e la vigilanza dei comportamenti dei contribuenti da parte degli uffici dell’amministrazione finanziaria; 3- Ricerca di modelli normativi destinati a promuovere l’adempimento spontaneo dei contribuenti rispetto agli obblighi tributari. La capacità contributiva è un criterio di riparto delle spese pubbliche si soggetti appartenenti alla comunità nazionale. È un criterio di protezione e di tutela della sfera di libertà e proprietà individuale che si contrappone all’interesse fiscale dello Stato-comunità. È un ragionevole riparto dei carichi fiscali tra i consociati in ragione “della forza economica” espressa da ciascuno di essi. La connotazione soggettiva del principio di capacità contributiva determina in ogni caso l’intangibilità della parte di ricchezza destinata al soddisfacimento dei bisogni essenziali dell’individuo e dei suoi familiari (c.d. “minimo vitale”). La concreta identificazione dell’area destinata al “minimo vitale” è rimessa alla sfera discrezionale del legislatore ordinario. La nozione del “minimo vitale” è una forma elastica e relativa, determinabile in relazione al momento storico e all’andamento complessivo dei conti pubblici secondo una logica di bilanciamento dell’interesse individuale con l’interesse dello Stato-comunità. Rispetto all’ambito territoriale di applicazione del principio di capacità contributiva si può affermare che TUTTI gli appartenenti alla comunità statale anche soltanto per ragioni di ordine transitorio sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche. Per definizione, dunque, i soggetti residenti e tutti coloro che hanno un COLLEGAMENTO OGGETTIVO di appartenenza stabile con il territorio nazionale, anche se NON RESIDENTI, sono chiamati al pagamento delle prestazioni tributarie. Più discusso è l’ambito oggettivo di applicazione del principio costituzionale. Secondo l’impostazione tradizionale della giurisprudenza della Corte costituzionale, la capacità contributiva trova applicazione alle sole imposte, con conseguente esclusione dell’applicabilità alle tasse. È necessario ricordare la distinzione tra le tasse e le imposte:

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- La tassa corrisponde a una somma di denaro che i cittadini devono allo Stato per poter beneficiare dei servizi; - L’imposta è un prelievo coattivo di una parte di ricchezza del cittadino. La dottrina più recente, però, sembra esprimersi in senso critico su tale limitazione riferita al principio di capacità contributiva: si ritiene che l’esigenza di individuazione di criteri per la ripartizione di carichi pubblici debba essere estesa ad ogni manifestazione del prelievo fiscale e non soltanto alle imposte. La capacità contributiva deve essere caratterizzata dall’effettività: devono essere rintracciati elementi di fatto che consentono la ricostruzione analitica e puntuale dell’indice di potenzialità economica assunto come presupposto d’imposta, ricavato dalla realtà patrimoniale del singolo individuo. L’altro requisito è quello dell’attualità con cui si sottolinea il collegamento temporale tra la potenzialità economica espressa dal contribuente e il fatto che indica la capacità contributiva e in quanto tale assunto a presupposto d’imposta. Collegamento attuale e temporale tra il presupposto d’imposta (fatto) – potenzialità economica espressa dal contribuente. Il principio di eguaglianza tributaria: nella fase originaria del processo evolutivo del diritto tributario i principio di eguaglianza non trovava alcun riconoscimento, il tributo portava con se “un marchio di odiosità” dovuto all’applicazione sui soggetti più deboli del contesto sociale (i vinti, le popolazioni conquistate in seguito dello sforzo bellico, le categorie sociali marginali). Questa impostazione è stata interrotta con la trasformazione prodotta nell’Illuminismo e nella rivoluzione francese: in tale contesto storico si produce infatti una svolta egualitaria che connota le prestazioni fiscali come corrispettivo dei servizi pubblici spettante a ciascun consociato. Si impone così una concezione di eguaglianza formale in base alla quale i carichi fiscali vengono ripartiti proporzionalmente tra i membri della collettività. Il principio di proporzionalità si basa sulla regola secondo la quale ciascun consociato paga i tributi mediante una relazione proporzionale con la ricchezza posseduta. Tale principio ricorre a una logica borghese in quanto l’individuo viene valorizzato in base alla forza economica e al patrimonio posseduto: in termini generali più è grande la dimensione economica e patrimoniale della sfera privata di un individuo più sarà grande il valore del suo ruolo sociale e politico. Successivamente si afferma lo Stato sociale e la concezione di eguaglianza tributaria formale si modifica in un carattere egualitario sostanziale. Viene infatti perseguito il disegno di una società creata secondo la logica della “parità di opportunità” dei consociati: l’eguaglianza consiste così nella parificazione degli individui “a prescindere” da alcuni elementi esteriori quali:

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- Elementi morfologici che attengono alla qualità biologica, alla razza, all’età, al sesso, al territorio; - Elementi culturali che riguardano le convinzioni ideologiche e politiche, i gusti sessuali, le inclinazioni del pensiero; - Le appartenenze a comunità ampie (cittadinanza presso stadi o enti territoriali) o ristrette (società, associazioni, circoli, clan o famiglie). L’eguaglianza sostanziale e cioè un’eguaglianza di fatto si realizza consentendo a ciascun individuo appartenente alla comunità organizzata, di godere di un insieme di diritti e libertà che lo mettono in condizione di esercitare autonomamente il progetto di vita senza che barriere e ostacoli materiali possano intralciare questo percorso di autorealizzazione. L’eguaglianza sostanziale offre una “parità di chances” rispetto agli altri consociati, una piattaforma di partenza comune a ciascun membro della comunità, una redistribuzione di mezzi, beni e opportunità. Il rispetto della dignità umana si concretizza nella garanzia della sicurezza fisica (salute, igiene, ordine pubblico) e morale (istruzione, giustizia, libertà di pensiero…), la sicurezza economica (diritto al lavoro, previdenza e assistenza, diritti dei proprietari) e alla potenzialità della vita affettiva (diritto alla famiglia, alla casa, al tempo libero). Anche nell’ordinamento tributario il principio di eguaglianza si adatta al profilo sostanziale della stessa. Innanzitutto l’esercizio del potere tributario rappresenta il fattore fondamentale di funzionamento del Welfare state, laddove permette di realizzare il piano di protezione sviluppo delle opportunità di base degli individui. La libertà e l’eguaglianza nelle moderne società democratiche sono correlate alla funzione fiscale. In secondo luogo, la funzione fiscale risponde ad una logica distributiva in virtù della quale l’apporto dei singoli membri non è più proporzionato alla ricchezza posseduta, bensì è determinato secondo una logica progressiva che comporta una partecipazione più che proporzionale da parte dei soggetti dotati di maggiore rilevanza patrimoniale e sociale. Per definizione, quindi, l’accoglimento del criterio della progressività esprime chiaramente l’opzione verso modelli di tassazione ispirati al principio di eguaglianza sostanziale. L’eguaglianza sostanziale è quindi un principio che promuove, a determinate condizioni, le diseguaglianze tra gli appartenenti ad una medesima comunità per perseguire un disegno di trasformazione sociale ispirato al raggiungimento di una piattaforma di partenza che fornisca a tutti una parità di opportunità. E soltanto la diseguaglianza distributiva è in grado di rimuovere la diseguaglianza di fatto esistete tra i membri di una comunità.

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A tal riguardo deve essere citato il principio della ragionevolezza, un metodo di compatibilità logica tra situazioni differenti: situazioni eguali vanno trattate in modo eguale, situazioni divere vanno trattate in modo adeguatamente differente al fine di garantire eguaglianza sostanziale tra di esse. La ragionevolezza si esprime attraverso una pluralità di tecniche di valutazione della coerenza logica di una disciplina normativa, pertanto la discrezionalità del legislatore nella definizione della disciplina normativa può essere sindacata dalla Corte costituzionale in ordine alla ragionevolezza del trattamento eguale o differenziato. Con riguardo all’ordinamento tributario la Corte costituzionale ha richiamato il principio della ragionevolezza al fine di trattare egualmente due fattispecie che esprimono la medesima capacità contributiva oppure di stabilire un’adeguata diversità di trattamento per le fattispecie che indagano una diversa capacità contributiva. IL PRINCIPIO DI PROGRESSIVITÀ FISCALE La scelta tra un’imposta proporzionale e un’imposta progressiva non è indifferente sul piano degli effetti distributivi dei carichi fiscali tra gli appartenenti di una comunità: infatti è evidente che l’imposta proporzionale tende a conformarsi ad un concetto di eguaglianza formale così da determinare una distribuzione delle prestazioni tributarie dei consociati indipendentemente dalla situazione personale e dalla ricchezza complessiva di ciascuno di essi. Al contrario l’imposta progressiva produce un riparto dei carichi fiscali orientato verso un programma di redistribuzione del reddito nazionale, determinando un depauperamento (sottrazione, diminuzione, impoverimento) più che proporzionale nei soggetti dotati di maggiore ricchezza e meno che proporzionale nei soggetti più poveri. La progressività ha la funzione di ridurre le differenze tra i membri delle società attraverso un processo di ripartizione degli oneri tributari sbilanciato a favore delle categorie sotto protette. Quindi la progressività è un meccanismo che garantisce il raggiungimento dell’eguaglianza sostanziale (art.3 comma 2 Cost.). Tale principio è previsto espressamente nel comma 2 dell’art.53 della Cost. e permette la realizzazione del disegno di eguaglianza sostanziale espresso nell’art.3 comma 2 Cost.

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CAPITOLO 3 LA RISERVA DI LEGGE E IL SISTEMA DELLE FONTI DEI TRIBUTI STATALI La riserva di legge trova il suo fondamento storico nella formula no taxation without representation (nessuna tassazione senza rappresentanza): nell’Inghilterra del XVI sec. la contrapposizione tra il potere del sovrano e l’ambizione della borghesia, industriale e commerciale, trovò proprio nella materia fiscale uno dei terreni prediletti di confronto politico e istituzionale. Si andò delineando il convincimento che l’esercizio del potere tributario dal parte del Sovrano fosse legittimo soltanto a condizione di essere previamente autorizzato dal Parlamento, organo a carattere elettivo che riusciva a garantire un’adeguata rappresentanza della classe borghese. LA FUNZIONE DI RISERVA DI LEGGE – ART.23 COST. Nelle moderne costituzioni democratiche sono previste disposizioni che prevedono espressamente la riserva di legge in materia tributaria. In particolare, nella nostra Costituzione, l’art.23 stabilisce che “nessuna prestazione patrimoniale o personale può essere imposta se non in base alla legge”. Gli elementi fondamentali di questa norma possono essere individuati nei seguenti punti: - La materia tributaria (prestazioni patrimoniali imposte) sono coperte dalla riserva di legge; - “In base alla legge” sta ad indicare il carattere relativo della riserva di legge  la materia tributaria può essere regolata quindi anche da fonti secondarie purché coerenti e coordinate con la base essenziale delineata dalla fonte primaria (legge); - Tale regola riguarda sia le prestazioni patrimoniali ma anche le prestazioni personali e quindi tutte le prestazioni obbligatorie. Attualmente la regola della riserva di legge assolve ad una funzione diversa rispetto a quella originaria (formatasi a seguito del principio no taxation without representation). In particolare nello stato moderno è venuta meno la contrapposizione tra una parte politica e sociale,...


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