Riassunto del libro sono caduta dalle scale di caterina arcidiacono e immacolata di napoli PDF

Title Riassunto del libro sono caduta dalle scale di caterina arcidiacono e immacolata di napoli
Author Angelo Izzo
Course Psicologia sociale e di comunità
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
Pages 28
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Summary

Caduta dalle scale 1 La violenza coniugale: da diritto a reato, Lucia Valenzi Per avere delle dimensioni del fenomeno in esame bene dare un rapido sguardo ai dati a disposizione: nel mondo la violenza degli uomini una delle principali cause di morte delle donne di compresa tra i 15 e i 40 restringen...


Description

Caduta dalle scale 1 La violenza coniugale: da diritto a reato, Lucia Valenzi Per avere un’idea delle dimensioni del fenomeno in esame è bene dare un rapido sguardo ai dati a disposizione: nel mondo la violenza degli uomini è una delle principali cause di morte delle donne di età compresa tra i 15 e i 40 anni; restringendo l’attenzione all’Italia si rileva che tra il 2000 e il 2008 i casi di omicidio-suicidio sono stati 340 con oltre 1000 vittime complessive e che ben un omicidio su 3 avviene in ambito familiare (le casalinghe tra i 25 e i 54 anni sono la fascia più a rischio). I numeri hanno portato gli analisti a coniare un neologismo, entrato poi anche nel codice penale, con cui ci si riferisce ad ogni forma di discriminazione e/o violenza (qualsiasi atto di violenza di genere che comporta, o che è probabile che comporti, una sofferenza fisica, sessuale o psicologica o una qualsiasi forma di sofferenza alla donna, comprese le minacce di tali violenze, forme di coercizione o forme arbitrarie di privazione della libertà personale, sia che si verifichino nel contesto della vita privata che di quella pubblica (Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite, Vienna, 1993)sorretta da consenso sociale, rivolta contro la donna in quanto appartenente al genere femminile: femminicidio. Con tale termine s’intende rimarcare che il contesto culturale in cui matura la violenza di genere è caratterizzato da una profonda insofferenza verso la libertà sentimentale e sessuale della donna. Una privilegiata via d’accesso alla comprensione del fenomeno ed alla sua evoluzione nel corso del tempo è data sicuramente dall’ordinamento giuridico, è solo così infatti che si può effettivamente comprendere se un determinato comportamento è ritenuto lecito o sbagliato in una società. Dall’analisi dello specifico italiano emerge chiaramente che lo stupro domestico è rimasto un fenomeno lungamente sommerso in virtù sia dell’obbligo di prestazione sessuale che dello ius corrigendi, in base ai quali si giustificava il possesso della donna da parte del marito. E’ stato soltanto grazie ai movimenti di protesta ed alle conquiste sociali degli anni 70 se si è avviato un processo che ha portato poi ad una radicale revisione della normativa vigente. Le tappe fondamentali si possono così riassumere: * 1974 referendum sul divorzio; * 1975 riforma del diritto di famiglia; * 1978 depenalizzazione dell’aborto; * 1981 abrogazione del delitto d’onore e del matrimonio riparatore; * 1996 la violenza sessuale viene riconosciuta come reato contro la persona e non contro la morale pubblica; si elimina inoltre la distinzione tra congiunzione carnale ed atti di libidine; * 2009 lo stalking viene rubricato come atti persecutori e diventa perseguibile penalmente. Nel 1979 andò in onda in televisione Processo per stupro, una trasmissione, ideata nel corso di un convegno femminista, che intendeva documentare le umiliazioni cui era costretta la parte lesa per avere giustizia a causa delle modalità, altrettanto violente, adoperate dagli avvocati difensori che cercavano di trasformare la vittima in imputata sostenendo che una donna di buoni costumi non può essere violentata. La trasmissione ebbe vasta risonanza grazie all’attacco che l’avvocato (donna) della vittima sferrò contro tale modalità di sostenere la difesa. E’ quindi principalmente in virtù del fatto che le donne hanno ricoperto ruoli di potere che è stato possibile acquisire consapevolezza e registrare quindi dei cambiamenti nelle relazioni tra i generi.

2 Medici e parroci di fronte alla violenza domestica di Caterina Arcidiacono, Massimo Aria, Filomena Tuccillo, Immacolata Di Napoli Il contributo si apre con l’analisi del titolo che si è voluto dare al volume “Sono caduta dalle scale”, una frase che troppo spesso viene utilizzata dalle donne per nascondere o coprire, riducendoli ad un banale incidente, gli effetti della violenza subita.

Obiettivi e metodologia Gli autori descrivono una loro ricerca che ha avuto come obiettivo quello di indagare l’opinione, l’atteggiamento e l’intervento di medici e parroci nei confronti della violenza intrafamiliare sulle donne. Sono state scelte queste due figure in quanto punti di riferimento fondamentali nella società italiana, a cui molto spesso si rivolgono le donne che hanno subito violenza. Sono stati intervistati 268 medici e 272 parroci operanti nella città e nella provincia di Napoli, per un totale di 540 partecipanti. Sono stati selezionati mediante l’utilizzo di un piano di campionamento di tipo stratificato proporzionale. Sono state prese in considerazione 3 variabili di stratificazione: * il ruolo dell’intervistato: medico o parroco; * il territorio di competenza in Napoli: Centro Storico, Area Residenziale collinare e Lungomare, Area Flegrea, Aree Periferiche e Zona industriale; * il territorio di competenza in provincia: Zona flegrea e Isole, Zona Vesuviana, Zona nord. Ai partecipanti è stato chiesto di compilare un questionario costruito ad hoc: 1) Nella consegna veniva raccomandato di inserire i dati socio demografici e di compilare la parte riguardante le informazioni legate alla propria professione e al territorio in cui si esercita. Inoltre, veniva sottolineato diverse volte di rispondere alle domande con sincerità, in quanto non esistevano risposte giuste o sbagliate. 2) Una seconda parte del questionario era costituita da item e sotto – item, su scala autoancorante, suddivisi rispetto: * alla valutazione degli atti di violenza intrafamiliare e violenza sessuale; * all’assunzione della funzione di mediazione nel contesto familiare della vittima; * alla gestione del caso di violenza attraverso l’attivazione e il sostegno di reti informali e formali; * all’atteggiamento verso il proprio intervento e al proprio senso di adeguatezza nell’affrontare episodi di violenza; * alla percezione della disponibilità a denunciare la violenza subita; * alla necessità di una formazione personale in merito alla gestione dei casi di violenza. 3) Una terza parte del questionario era caratterizzata da specifiche domande sulla loro esperienza rispetto alla violenza intrafamiliare sulle donne, domande che prevedevano diverse tipologie di risposta chiusa (es. per alcune domande ai soggetti veniva chiesto di indicare le risposte in ordine di rilevanza, per altre la risposta principale ecc). La somministrazione dei questionari è avvenuta nell’arco di 3 mesi, attraverso interviste face to face effettuate da un team di intervistatori. L’attività di rilevazione dei dati è stata supportata dall’utilizzo di uno strumento web, il cui obiettivo è stato quello di ridurre l’errore non campionario: insieme di tutte le possibili inaccuratezze commesse e subite durante l’analisi statistica. Ai soggetti intervistati è stato somministrato un set di domande che prevedeva la possibilità di ordinare, sulla base di un ordine di rilevanza/ preferenza, le varie alternative proposte. L’analisi dell’ordinamento delle rilevanze/ preferenze consente di individuare quelle che sono le priorità della popolazione oggetto di analisi. L’obiettivo è quello di individuare il consensus ranking, ossia l’ordinamento che meglio rappresenti il consenso delle opinioni collettive. L’approccio utilizzato nella presente ricerca per individuare il consensus ranking è il Distance Based Ranking. Esso si basa sulla definizione di una misura di distanza che goda di proprietà ottimali in tema di ranghi (posizioni che vengono assegnate agli oggetti) come punto di partenza per la determinazione del consensus ranking. La metrica adottata è la distanza di Kemeny, particolarmente adatta in tema di preference ranking perché è l’unica che contemporaneamente soddisfa le proprietà di una metrica e gli assiomi specifici in tema di ranghi. Analisi dei dati

Nell’analisi dei dati raccolti, inizialmente si è cercato di rilevare le possibili differenze tra le due categorie professionali e successivamente si è cercato di comprendere, all’interno di ciascuna categoria professionale, eventuali differenze nella gestione dei casi di violenza in relazione ai contesti territoriali in cui si opera. * Come i parroci valutano la violenza intrafamiliare e sessuale: i parroci, più dei medici, ritengono significativi gli atti di violenza che producono dolore fisico, anche quando non sviluppano disturbi fisici o mentali. Anche il rifiuto di non accompagnare la propria partner alle ricorrenze di famiglia e in ospedale per visite mediche sono considerate manifestazioni di violenza più per i parroci che per i medici. * Percezione della propria funzione nelle vicende di violenza intrafamiliare: il parroco, in misura maggiore rispetto al medico, ritiene di dover intervenire nelle vicende di violenza intrafamiliare. Inoltre, essi, più dei medici, ritengono che il loro intervento abbia comportato un cambiamento della situazione. * Percezione rispetto a quella che è la volontà della vittima di denunciare: i medici, rispetto ai parroci ritengono che la propria utenza sia meno disponibile a denunciare. Medici: dai dati raccolti non si evidenzia alcuna differenza statisticamente significativa tra i medici che operano nella città di Napoli e quelli che lavorano in provincia rispetto agli anni di professione e agli anni svolti nella comunità dove attualmente lavorano. Ma si riscontrano delle differenze all’interno delle categorie, quindi tra i medici che lavorano in città e tra i medici che lavorano in provincia. Tra i medici che lavorano in città: * rispetto al numero dei casi seguiti negli ultimi 2 anni; * rispetto alla persona che ha raccontato loro la storia di violenza. Tra i medici che lavorano in provincia: * rispetto al numero dei casi di cui si è venuti a conoscenza negli ultimi 10 anni; * rispetto alla persona che ha raccontato loro la storia di violenza; * rispetto al motivo della richiesta; * rispetto all’intervento offerto alla vittima. Parroci: uguale ai medici. Tra i parroci che lavorano in città, tra i parroci che lavorano in provincia: * rispetto alla persona che racconta la storia di violenza; * rispetto all’identità dell’aggressore; * rispetto alle strutture a cui hanno inviato la vittima. Risultati È stato rilevato che: * sia per i parroci che per i medici gli anni di lavoro e gli anni di lavoro nella comunità in cui operano non incidono sulla loro visione rispetto a quella che è la violenza intrafamiliare sulle donne; * non vi sono differenze tra medici e parroci rispetto al modo in cui viene valutata la violenza intrafamiliare sulle donne; * i parroci sono più propensi ad intervenire, e ciò è plausibile se consideriamo il valore che essi attribuiscono alla famiglia, considerata una cosa sacra; * l’area flegrea della città e della provincia, unitamente alle isole, presentano caratteristiche peculiari rispetto alle altre aree della città e della provincia, sia per i medici che per i parroci. In particolare, nell’area flegrea della città, secondo l’esperienza riportata dai medici, presenta la percentuale più alta di conoscenza di casi di violenza e ciò potrebbe far ipotizzare ad una maggiore presenza di casi di violenza e ad una maggiore predisposizione a denunciare questi casi. Sempre i medici dell’area flegrea della città sostengono di essere venuti a conoscenza delle storie da un familiare della vittima, mai da un genitore, il che fa ipotizzare un forte sistema di lealtà e di omertà all’interno del nucleo familiare; * nell’area residenziale collinare e del lungomare i parroci dicono di esser venuti a conoscenza della storia di violenza anche dai conoscenti, oltre che dalla vittima e dai familiari, il che indica una maggiore partecipazione, un maggiore coinvolgimento e una maggiore responsabilità da parte degli abitanti dell’area rispetto al tema della violenza; * i parroci del centro storico inviano ai servizi rispetto ai parroci operanti sugli altri territori, il che rimanda all’idea di una maggiore propensione alla collaborazione con le reti istituzionali;

* i medici di zona flegrea e isole dichiarano di aver appreso negli ultimi dieci anni un maggior numero di casi di violenza le storie, in particolare grazie a conoscenti, dato confermato anche dai parroci, e di aver ricevuto e risposto a molte richieste di trattamento medico; i parroci della stessa area dicono che le donne confidano maggiormente casi di violenza verbale; * maggiore partecipazione da parte dei quartieri con più viva attività sociale (area flegrea). 3 I parroci e la violenza familiare. Uno sguardo di accoglienza di Caterina Arcidiacono, Immacolata Di Napoli, Filomena Tuccillo, Roberta Fiore La ricerca: viene analizzata la posizione dei parroci per comprendere meglio come si relazionano e interagiscono con le donne che raccontano loro episodi di violenza. I dati sono stati raccolti attraverso un questionario e un’intervista in profondità effettuata a 177 parroci contattati. I risultati: la codifica dei dati ha portato all’individuazione di 4 macrocategorie cosiddette family: 1. dall’accoglienza della storia di violenza intrafamiliare all’autoreferenzialità della gestione del caso; 2. il significato della violenza intrafamiliare: il ruolo della vittima e dell’aggressore; 3. la responsabilità sociale dei sistemi comunitari e istituzionali nella prevenzione e nella tutela alla violenza intrafamiliare; 4. il valore sociale della chiesa: centralità nel processo di prevenzione della violenza intrafamiliare. 1. La prima family esplicita le modalità con cui i parroci si relazionano al tema della violenza in ambito intrafamiliare. * Uno di questi è la confessione. La confessione rappresenta uno spazio in cui la donna ha la possibilità di essere ascoltata. In alcune di loro si avverte il bisogno di comunicare, di essere sostenute. Infatti, il parroco assume la funzione di contenimento del malessere della donna. I parroci sostengono la vittima a riacquisire le proprie abilità, a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé, una maggiore autostima e maturare decisioni dolorose. Allo stesso tempo aiutano la donna a rispondere alla violenza attraverso la fede, aprendosi al dialogo e alla preghiera senza soddisfare il desiderio di vendetta. * Molti parroci sottolineano che sarebbero necessarie campagne di sensibilizzazione per implementare informazioni su che cos’è la violenza, come affrontarla e a chi rivolgersi. Molte donne, infatti, non sanno dove andare e a chi rivolgersi e questo rafforza lo stato di chiusura e isolamento. * Il ruolo del parroco spesso è diretto al recupero della coppia coniugale. In risposta ai racconti di violenza i parroci assumono posizioni differenti: alcuni sostengono la necessità dell’allontanamento della donna dall’aggressore, altri tendono ad un intervento rivolto sia alla coppia che al partner violento per cercare di correggere atteggiamenti e comportamenti disfunzionali. Se gli episodi di violenza persistono, la coppia è inviata ad operatori sociali che uniscono alla loro professionalità una marcata fede cattolica. Solo nei casi più gravi si ricorre alle forze dell’ordine, ai tribunali e agli avvocati. 2. Dalle interviste emerge che la violenza intrafamiliare è espressione non solo di un malessere personale ma anche della coppia. La violenza per i parroci non si riduce al solo maltrattamento fisico ma si estende ad ogni forma di offesa, di minaccia, di svalutazione e trascuratezza dell’altro. Dalle loro esperienze è emerso che la violenza è un fenomeno trasversale, che attraversa tutti i ceti sociali, anche se dichiarano di riscontrare maggiore incidenza in quelli svantaggiati. I fattori predittivi dei comportamenti violenti sono l’eccessiva spinta alla competizione, la sfiducia, lo scarso rispetto e la scarsa attenzione alle esigenze e vicissitudini emotive della propria compagna. Secondo i parroci sarebbe opportuno che i media iniziassero a veicolare informazioni

sull’importanza del ruolo della donna nel contesto attuale, il suo essere indispensabile in tutti i contesti (familiari, lavorativi, religiosi). Chi è l’aggressore? La violenza spesso si presenta come un antidoto per non avvertire il senso di perdita della propria vita fatta unicamente di vuoti e di bisogni mai soddisfatti. L’autore spesso è ignaro della gravità delle sue azioni e delle conseguenze che queste comportano, in molti casi è addirittura affetto da patologie psichiche. Molti parroci scindono l’atto dalla persona che lo compie. Mentre la persona che compie violenza può essere giustificata in virtù del suo passato e altre motivazioni, l’atto di violenza è sempre imperdonabile. La donna vittima e complice. Dalle interviste fatte emerge come i parroci identifichino la donna come vittima e complice, intrappolata nella sua violenza, nel non denunciare, nel tener tacito e segreto ciò che accade. Infatti non riescono a denunciare il proprio carnefice, né l’accaduto, a causa di molteplici fattori: * dipendenza economica dall’aggressore, * paura e preoccupazione del pensiero altrui, * vergogna di distruggere la propria famiglia. Le vittime adolescenti sono quelle più restie a parlarne e a denunciare. 3. La comunità locale dovrebbe aiutare, proteggere le vittime di violenza. Viceversa, dalle interviste emerge un alto livello di omertà tra i cittadini, i quali tendono volutamente ad ignorare chi commette violenza e a far finta di non udire e non vedere, atteggiamento non responsabile e sicuramente non solidale nei confronti delle vittime. Le istituzioni e i sistemi legislativi. È noto ai parroci quanto le istituzioni si impegnino nella lotta alla violenza e nella prevenzione di questa. Nonostante ciò, i parroci intervistati raccontano di una loro diffidenza nei confronti delle istituzioni. Essi chiedono un sistema legislativo che sia più severo con pene certe per l’aggressore e assistenza sanitaria, sociale e psicologica per la vittima. 4. Il ruolo della Chiesa. I parroci utilizzano i vari percorsi di catechesi proprio per divulgare un’ etica, una morale, per accrescere il rispetto per la donna, il valore della famiglia, la parità di diritti tra i generi. In particolare, i corsi prematrimoniali mirano alla formazione delle giovani coppie e all’apertura di queste nei confronti dei servizi sociali e sanitari, di gruppi di confronto, di dialogo, di conforto su tutte le tematiche matrimoniali. Dal materiale raccolto emerge l’autoreferenzialità del parroco, associata alle due modalità attraverso le quali questi affronta la violenza domestica: intervento preventivo e intervento risolutivo. * La prevenzione è legata all’informazione, alla formazione e alla scissione dell’atto violento da chi lo commette, in quanto l’atto è sempre ingiustificabile, la persona che lo compie invece è celatamente giustificabile da motivi quali stress, disturbi psicologici, carenza affettiva dalla moglie. * L’ intervento risolutivo viene diviso dal parroco in 4 fasi: 1. Si dialoga con la vittima, questa può sfogarsi e viene ascoltata, accolta e sostenuta. 2. Si cerca di aprire un dialogo anche con l’autore della violenza. L’obiettivo di queste due fasi è quello di rinsaldare l’unione matrimoniale escludendo qualsiasi forma di separazione. Qui il parroco tende ad omologarsi alla figura dello psicologo. Quando però quest’intervento si rivela infruttuoso, il parroco tende ad inviare la coppia a consultori familiari di orientamento cattolico affinché possano tutelare meglio la donna e il vincolo matrimoniale. Solo alla fine si decide di ricorrere ad altre istituzioni: psicologi, avvocati, forze dell’ordine. L’autoreferenzialità del parroco è: * legata alla sfiducia nelle istituzioni e negli enti locali ritenuti inefficienti e inadempienti; * indotta dalla concezione che molti parroci hanno della violenza come crisi relazionale poiché affonda le sue radici nel rapporto tra l’uomo e la donna. Il maschilismo ancora dominante e la progressiva emancipazione femminile tendono ad incidere negativamente sull’equilibrio relazionale della coppia, specie se i suoi membri ( o uno dei due) hanno un background culturale ancora intriso di un forte pregiudizio nei confronti delle donne e di un’immagine patriarcale della gestione familiare, il che li rende ineducati al rispetto dell’ identità di genere, da qui

l’insorgere della violenza. Il parroco può dunque inserirsi come mediatore nella relazione di coppia per salvaguardare l’unione matrimoniale. Indicazioni metodologiche: * Intervista focalizzata: è un approccio allo studio dell’esperienza p...


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