Riassunto del libro:Una base sicura la teoria dell attaccamento di Bowlby PDF

Title Riassunto del libro:Una base sicura la teoria dell attaccamento di Bowlby
Course Psicologia dinamica
Institution Università degli Studi di Trento
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Libro sulla teoria dell'attaccamento di Bowlby...


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CAPITOLO I : AVER CURA DEI BAMBINI Ad un certo punto della loro vita la maggior parte degli esseri umani desidera avere dei bambini e desidera anche che i propri figli crescano sani, felici e fiduciosi di sé. Essere genitore con successo significa lavorare molto duramente; e anche se il carico di lavoro si allevia un po’ man mano che i bambini crescono, se si vuole che crescano bene è ancora necessario fornire loro moltissimo tempo e moltissime attenzioni. Dare tempo e attenzioni ai bambini significa sacrificare altri interessi e altre attività. Infiniti studi attestano che gli adolescenti e i giovani adulti sani, felici e fiduciosi in se stessi sono il prodotto di famiglie stabili in cui entrambi i genitori forniscono ai propri figli una grande quantità di tempo e attenzioni. Inoltre, occuparsi di neonati e bambini non è un lavoro per una persona singola; infatti la persona che primariamente si occupa del bambino deve ricevere a sua volta molta assistenza. L’approccio di John Bowlby allo studio dell’attività di genitore come attività umana è di tipo etologico. Riesaminando la natura del legame del bambino verso la madre si è trovato che fosse utile considerare tale legame come la risultante di un preciso e in parte preprogrammato sistema di schemi comportamentali che nell’ambiente normale si sviluppa durante i primi mesi di vita e ha l’effetto di mantenere il bambino in una più o meno stretta prossimità con la figura materna. Alla fine del primo anno di vita il comportamento diventa organizzato in senso cibernetico, ovvero, il comportamento si attiva in certe circostanze e cessa quando se ne verificano altre. Per esempio, un comportamento di attaccamento da parte del bambino viene attivato soprattutto dal dolore, dalla fatica e da qualunque cosa lo impaurisca; le condizioni che fanno cessare il comportamento variano a seconda dell’intensità della sua attivazione. Per una bassa intensità tali condizioni possono essere la semplice vista o la voce della madre; a un’intensità maggiore perché il comportamento cessi può essere necessario che il bambino tocchi o si aggrappi alla madre; a un’intensità massima, quando il bambino è tormentato e angosciato, solo un prolungato vezzeggiamento farà cessare il comportamento. Però il comportamento di attaccamento non è limitato solo ai bambini, si può osservare anche in adolescenti e in adulti ogni volta che si trovino sotto stress o siano angosciati. È importante sottolineare che se la relazione di attaccamento è buona, c’è gioia e senso di sicurezza; se è minacciata, c’è gelosia, angoscia e rabbia; se è stata interrotta, c’è dolore e angoscia. Implicito all’approccio etologico, in riferimento al comportamento di genitore, è l’assunto che tale comportamento è in parte predeterminato. Ciò significa che il genitore di un neonato sperimenta una forte spinta a comportarsi secondo certe modalità tipiche, per esempio a cullare il bambino, a tenerlo al caldo, protetto e nutrito. Tale assunto, naturalmente, non implica che l’appropriato schema comportamentale si manifesti compiutamente in ogni dettaglio fin dall’inizio; tutti i dettagli vengono appresi. Secondo Bowlby, il comportamento genitoriale ha forti radici biologiche, ma le caratteristiche con cui questo comportamento si manifesta dipendono dall’esperienze di ognuno di noi nel corso dell’infanzia, dell’adolescenza, di prima e dopo il matrimonio.

Grazie alle ricerche di molti studiosi (Klaus e Kennell) si è verificato un notevole passo in avanti nella comprensione delle prime fasi dell’ interazione madre-bambino. Dandole la possibilità, è probabile che durante i primissimi giorni la madre trascorra molte ore solamente guardando la sua creatura, cullandola e facendo in modo di conoscerla; solitamente viene un momento in cui lei sente che il bambino è davvero suo. Fenomeni della massima importanza cui recenti ricerche hanno prestato attenzione sono la potenzialità che il neonato sano possiede di entrare in una forma elementare di interazione sociale e la potenzialità che una madre con una comune sensibilità possiede di partecipare con successo a tale interazione. Ogni fase d’interazione comincia con dei saluti reciproci, durante il quale il neonato si orienta verso la madre con movimenti agitati delle braccia e delle gambe; poi le sue attività gradualmente si calmano e terminano con il bambino che distoglie lo sguardo per un certo periodo prima che inizi la successiva fase d’interazione. I loro ruoli si differiscono nel ritmo delle risposte. Mentre l’inizio e la fine dell’interazione da parte del bambino tendono a seguire un proprio ritmo autonomo, una madre sensibile regola il proprio comportamento così da accordarlo con quello del figlio. In una relazione che si sviluppa felicemente ciascuno dei partner si adatta all’altro. Quello che emerge dagli studi è che la madre dotata di una sensibilità normale si accorda velocemente con i ritmi naturali del proprio bambino e, stando attenta ai dettagli del suo comportamento, scopre cosa gli va bene e si comporta di conseguenze, ottenendo la cooperazione del bambino. Il comportamento di attaccamento che un bambino sano alla nascita sviluppa nei riguardi della madre è il risultato del modo in cui la madre lo ha trattato. A scopi di ricerca è inevitabile che il genitore in causa sia la madre, in quanto è facile reclutare come soggetti d’esame bambini che sono accuditi principalmente dalla madre, mentre i bambini accuditi principalmente dal padre sono in confronto assai pochi. Main e Weston (1981) hanno osservato circa sessanta bambini, dapprima con un genitore e, sei mesi dopo, con l’altro. Considerando globalmente il gruppo, gli schemi comportamentali di attaccamento nei confronti del padre erano molto simili a quelli nei riguardi della madre. Ma, quando si esaminarono i modelli comportamentali di ciascun bambino considerato singolarmente, non venne trovata alcuna correlazione tra lo schema messo in atto nei confronti di un genitore e quello nei confronti dell’altro. Perciò è possibile che un bambino abbia una relazione sicura con la madre ma non con il padre, un secondo bambino abbia una relazione sicura con il padre ma non con la madre, un terzo l’abbia nei riguardi di entrambi i genitori, e un quarto non l’abbia nei confronti di nessuno dei due. Nei loro approcci verso persone sconosciute e compiti nuovi i bambini si distribuivano lungo una scala graduata. I bambini con una relazione sicura nei confronti di entrambi i genitori erano i più fiduciosi in se stessi e i più capaci; i bambini che non avevano una relazione sicura con nessuno dei genitori erano al grado minimo della scala; e quelli con una relazione sicura nei confronti di un genitore si collocavano a metà. In conclusione, si può affermare che il padre può assumere un ruolo che assomiglia strettamente a

quello materno, sebbene nella maggior parte delle culture i padri assumano quel ruolo molto meno frequentemente delle madri, almeno finchè i figli sono ancora piccoli. Per Bowlby, la caratteristica più importante dell’essere genitori è fornire una base sicura da cui un bambino o un adolescente possa partire per affacciarsi nel mondo esterno e a cui possa ritornare sapendo che sarà il benvenuto, nutrito sul piano fisico ed emotivo, confortato se triste, rassicurato se spaventato. In sostanza, questo ruolo consiste nell’essere disponibili, pronti a rispondere quando chiamati in causa, per incoraggiare e dare assistenza, ma intervenendo attivamente solo quando è chiaramente necessario. Ma, naturalmente, esistono altri ruoli che un genitore deve ricoprire. Uno di essi riguarda la parte che svolge nell’influenzare il comportamento del bambino e la gamma di tecniche che utilizza a questo scopo (l’educazione). Sebbene alcune di queste tecniche siano necessariamente di tipo restrittivo, e altre abbiano intento disciplinare, molte di esse sono di tipo incoraggiante. Chiaramente il repertorio di tecniche usate varia enormemente da genitore a genitore. Si è fatto riferimento alla madre con una sensibilità comune che si adatta alle azioni e ai segnali del figlio, la stessa descrizione, senza dubbio, si applicherebbe al padre con una sensibilità normale. Affinché un genitore si comporti in questo modo, sono necessari un tempo adeguato e un’atmosfera rilassata. È qui che un genitore, specialmente la madre che solitamente sostiene l’urto dei compiti genitoriali durante i primi mesi o anni, ha bisogno di tutto l’aiuto possibile. Nella maggior parte delle culture studiate dagli antropologi, un membro della famiglia o un amico, di solito una donna, rimane con la madre durante il travaglio e il parto. Sono state rilevate profonde differenze, nel rapportarsi con il proprio bambino. tra le madri che avevano ricevuto un sostegno e coloro che, invece, non l’avevano ricevuto. Le esperienze perie postnatali hanno un grande peso nell’aiutare una madre a sviluppare una relazione affettuosa e sensibile verso il proprio bambino o nell’impedirla. Esistono molti dati clinici sul fatto che i sentimenti e i comportamenti di una madre nei confronti del figlio sono profondamente influenzati anche dalle sue precedenti esperienze personali, specialmente quelle che ha avuto con i propri genitori. Per esempio, uno studio di Frommer e O’Shea (1973) mostra che le donne incinte che raccontano di essere state separate da uno o da entrambi i genitori prima degli undici anni d’età sono particolarmente esposte al rischio di avere difficoltà coniugali e psicologiche dopo la nascita del figlio. Dimostrazioni chiarissime di come l’esperienza dell’infanzia svolga un ruolo enorme nel determinare, in anni successivi, il modo in cui un genitore tratterà suo figlio provengono da studi su genitori che hanno maltrattato fisicamente i propri figli. Una caratteristica che emerge da uno studio di DeLozier sulle madri che maltrattano fisicamente i propri figli è l’alta proporzione di madri vissute nel costante terrore di essere abbandonate da uno o dall’altro dei genitori e di essere perciò mandate in istituti o date in adozione, e che sono anche state minacciate frequentemente con violente percosse o peggio. Anche le esperienze che la madre ha con il bambino durante il periodo peri- e postnatale

possono influenzare negativamente il suo comportamento. Infine, la maggioranza dei genitori che si aspettano che siano i propri bambini ad avere cura di loro, invertendo così la relazione, ha sperimentato a sua volta delle cure parentali molto inadeguate, sfortunatamente, spesso questi genitori creano dei gravi problemi psicologici ai propri figli. Un altro grande tema riguarda il modo in cui aiutare i giovani a diventare quei buoni genitori che la gran parte di loro desidera essere. Il principio base di questo lavoro è l’insegnamento con l’esempio e non con il precetto, con la discussione e non con l’istruzione. Più siamo in grado di dare ai giovani la possibilità di incontrare e di osservare dal vivo genitori sensibili e premurosi mentre accudiscono i propri bambini, più è probabile che questi giovani seguano il loro esempio.

CAPITOLO II : LE DELL’ATTACCAMENTO

ORIGINI

DELLA

TEORIA

Alla fine del 1949 lo psichiatra britannico Ronald Hargreaves, a cui era stato richiesto di contribuire a uno studio delle Nazioni Unite sui bisogni dei bambini senza famiglia, invitò John Bowlby ad assumere il compito di esperto che riferisse a breve termine su quegli aspetti del problema che riguardavano la salute mentale, ritornando così alla psichiatria infantile. Dopo la fine del contratto, Bowlby presentò il suo rapporto, pubblicato nel 1951 intitolato Maternal Care and Mental Health. In esso passava in rassegna le prove dell’influenza sfavorevole esercitata sullo sviluppo della personalità dall’inadeguatezze delle cure materne durante la prima infanzia, richiamava l’attenzione sulla sofferenza acuta dei bambini piccoli che si trovavano separati da coloro che conoscevano e amavano e indicava come evitare, o almeno mitigare, gli effetti patologici a breve e a lungo termine. La situazione stava cambiando; un’influenza importante fu esercitata dalla pubblicazione da parte dell’OMS, nel 1963, di una raccolta di articoli in cui veniva data una nuova valutazione degli effetti manifesti causati dai vari tipi di esperienze definibili con il termine “privazione di cure materne”; una seconda importante influenza fu esercitata dalla pubblicazione degli studi di Harry Harlow sugli effetti che la privazione di cure materne aveva sulle scimmie rhesus. Il legame del bambino con la madre. Negli anni cinquanta era ampiamente condivisa l’opinione che il motivo per cui il bambino sviluppa uno stretto legame con la madre è che lei lo nutre. Vengono postulati due tipi di pulsioni, primarie e secondarie; si ritiene che la fame sia la pulsione primaria e la relazione personale, cui ci si riferisce con il termine “dipendenza”, una pulsione secondaria. Questa teoria, però, non si adatta ai fatti; se fosse vera un bambino piccolo dovrebbe accettare con simpatia chiunque lo nutra, il che chiaramente non accade. D’altro canto, Melanie Klein,

postulava il seno materno come il primo oggetto e l’accento veniva posto sul cibo e sull’oralità e sulla natura infantile della “dipendenza”. Nessuno di questi aspetti si accordava con l’esperienza di Bowlby con i bambini. Come spiegare allora l’attaccamento? Bowlby cerca di avanzare una nuova teoria. Durante una prima fase egli iniziò a cercare di padroneggiare i principi base dell’etologia applicandoli ai nostri problemi (approccio etologico), partendo dalla natura del legame che il bambino sviluppa nei confronti della madre. Il lavoro di Lorenz sulla risposta del seguire manifestata dai paperotti e dagli anatroccoli fu di particolare interesse; dimostrava che in alcune specie animali poteva svilupparsi un forte legame nei confronti di una specifica figura materna senza l’intermediazione del cibo: questi piccoli uccelli, infatti, non sono nutriti dai loro genitori, ma si nutrono da soli catturando gli insetti. Ecco che allora esisteva un modello alternativo a quello tradizionale. Ciò portò Bowlby a formulare una teoria sostitutiva, elaborando il concetto di un comportamento di attaccamento con una sua dinamica propria, distinta dalle dinamiche riguardanti il cibo o il sesso, le due fonti della motivazione umana che per lungo tempo furono considerate fondamentali. Il comportamento di attaccamento è quella forma di comportamento che si manifesta in una persona che mantiene una prossimità nei confronti di un’altra persona, ritenuta in grado di affrontare il mondo in modo adeguato; questo comportamento diventa molto evidente quando la persona è spaventata, affaticata o malata, e si attenua quando si ricevono conforto e cure. La funzione biologica che gli viene attribuita è quella della protezione. Inoltre, è importante distinguere tra l’attaccamento e il comportamento di attaccamento. Dire di un bambino (o di un adulto) che è attaccato a qualcuno significa dire che il bambino è fortemente portato a cercare la prossimità e il contatto con quel determinato individuo; la disposizione a comportarsi in questo modo è un attributo che persiste cambiando solo lentamente nel corso del tempo e che non è influenzato dalla situazione momentanea. Il comportamento di attaccamento, invece, si riferisce a una delle varie forme di comportamento che la persona mette in atto di tanto in tanto per ottenere una prossimità che desidera (azione momentanea rivolta anche a diversi individui). Fenomeni che sono al centro dell’attenzione dei clinici possono essere facilmente spiegati ricorrendo alla teoria dell’attaccamento di Bowlby. Angoscia di separazione. Per esempio, una nuova luce viene gettata sul problema dell’angoscia di separazione, precisamente sull’angoscia di perdere, o di venire separati da qualcuno che si ama. Se l’angoscia di separazione viene considerata sotto questa luce, ovvero come una disposizione fondamentale dell’essere umano, diventa facile comprendere perché mai per un bambino le minacce di abbandono, così spesso usate come mezzo per controllarlo, siano tanto terrificanti; non solo le minacce di abbandono creano un’intensa angoscia, ma suscitano anche collera, specialmente nei bambini più grandi e negli adolescenti. Lutto. Mentre l’angoscia di separazione è la risposta a una minaccia o rischio di perdita, il lutto è la risposta alla perdita dopo che si è verificata. Durante i primi anni cinquanta Bowlby e Robertson avevano preparato una classificazione generale della sequenza di risposte osservata in bambini piccoli nel corso di una temporanea separazione dalla madre, suddividendole in risposte di protesta, di disperazione e di

distacco. Alcuni anni più tardi, Bowlby leggendo uno studio di Marris (1958) su come le vedove reagivano alla perdita dei loro mariti, fu colpito dal fatto che le risposte descritte fossero analoghe a quelle manifestate dai bambini piccoli. Risposte di lutto possono essere la collera contro terzi, contro se stessi e talvolta contro la persona scomparsa, il rifiuto di credere che la perdita sia avvenuta e una tendenza, spesso inconscia, a cercare la persona perduta nella speranza di un ricongiungimento. In conclusione, si possono rilevare notevoli somiglianze tra risposte di lutto negli adulti e nei bambini. Processi difensivi. Il passo successivo in questa riformulazione della teoria dell’attaccamento fu quello di concettualizzare meglio i processi difensivi. Bowlby concentrò la sua attenzione specialmente sul modo in cui un bambino piccolo si comporta nei confronti della madre dopo un periodo trascorso in ospedale o in un asilo nido residenziale senza aver ricevuto visite. In tali circostanze si osserva che un bambino esordisce trattando la madre quasi come se fosse un’estranea, ma poi, dopo un certo intervallo, solitamente di ore o giorni, egli comincia ad aggrapparsi a lei intensamente, angosciato di poterla perdere di nuovo, e arrabbiato con lei se pensa che ciò possa essere possibile. Questa era la condizione che Robertson e Bowlby etichettarono come distacco e che credevano fosse il risultato di un qualche processo difensivo che operava nel bambino. Perfino quando si faceva male gravemente, un bambino in questa situazione non dava segno di cercare consolazione; così i segnali che solitamente farebbero attivare il comportamento di attaccamento mancano di farlo; si potrebbe dire che per questo intervallo di tempo il legame d’attaccamento si interrompe. Dai lavori più recenti (anni ottanta) è emersa un’importante scoperta sul grado in cui due o più esperienze sfavorevoli interagiscono. Non solo esiste una forte interazione tra le esperienze sfavorevoli, ma si verifica anche un’aumentata probabilità che chi ha subito un’esperienza sfavorevole ne subisca un’altra. Perciò le esperienze infantili negative hanno degli effetti di almeno due tipi. Per prima cosa rendono l’individuo più vulnerabile a esperienze avverse più tardive; secondariamente aumentano la possibilità che si vada incontro a ulteriori esperienze del genere. Mentre le prime esperienze sfavorevoli sono indipendenti dall’agire della persona in questione, è probabile che le più tardive siano conseguenti alle azioni della persona stessa, azioni che nascono da quei disturbi della personalità originatisi dalle esperienze primitive. Gli effetti della privazione delle cure materne sul comportamento genitoriale sono potenzialmente i più gravi. Perciò una madre, a causa di esperienze negative nella propria infanzia, cresce sviluppando un’angoscia di attaccamento tenderà a cercare di essere accudita e di ricevere cure dai suoi stessi figli, in tal modo inducendo il figlio stesso a diventare angosciato, pieno di sensi di colpa e forse anche fobico, con difficoltà a sviluppare una vita sociale fuori della famiglia. Una madre, poi, che da bambina è stata trascurata e ha subito frequenti e gravi minacce di abbandono o di percosse è più incline di altre a maltrattare fisicamente il figlio. Bowlby si è soffermato molto sulla teoria, perché comunque questa è fondamentale per fare ricerca.

CAPITOLO III : LA PSICANALISI COME ARTE E SCIENZA John Bowlby distingue tra l’arte della terapia psicanalitica e la scienza della psicologia psicanalitica. Inizierà con il contrapporre tra il ruolo del professionista e quello dello scienziato ricercatore, utilizzando come ese...


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