Riassunto di Antropologia dal punto di vista Pragmatico, I. Kant PDF

Title Riassunto di Antropologia dal punto di vista Pragmatico, I. Kant
Author Valeria Andreis
Course Antropologia Culturale
Institution Accademia di Belle Arti di Brera
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Riassunto parziale...


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Riassunto di Antropologia dal punto di vista Pragmatico, I. Kant Partirò dai capitoli letti a lezione. Se necessario integrerò successivamente il materiale ora ignorato.

Pg. 109 LIBRO PRIMO – DELLA FACOLTÀ DI CONOSCERE Della coscienza di sé stessi 1. La consapevolezza del proprio Io è ciò che distingue l'uomo da tutti gli altri esseri viventi e ne fa una persona. La facoltà di pensare, e dunque di pensare se stessi in quanto “Io” è l’intelletto. Il bambino inizia a dire “io” dopo circa il primo anno di età, mentre prima si esprime in terza persona (prima sentiva se stesso, dopo pensa se stesso). Nei primi anni di vita il bambino riceve delle percezioni dalla realtà, che progressivamente impara ad elaborare in conoscenza e dunque in esperienza. Per questo i primi anni spesso non vengono ricordati, perché le prime percezioni non sono “razionalizzate” in concetti. Dell’egoismo 2. Da quando inizia a parlare con “l’Io”, l’uomo mette in primo piano il “Sé” in ogni situazione, in modo più o meno apparente, cercando di affermarsi sul sé altrui. L’egoismo può contenere tre tipi di pretese: dell’intelletto (logico), del gusto (estetico) e dell’interesse pratico (morale). 

L’egoista logico non ritiene sia necessario confrontare con altri il proprio giudizio. Il paragone è però una componente necessaria perché qualcuno possa assicurarsi della verità del proprio giudizio (per questo gli intellettuali si battono per la libertà di espressione scritta, che permette questo confronto). Es: la matematica, scienza esatta, richiede il confronto tra studiosi; quando si sente un rumore e si chiede ad altri se l’anno sentito anche loro. In filosofia non è necessario ricevere conferme ma quando ci si ostina a voler sostenere egoisticamente qualcosa che va contro l’opinione pubblica, questo si definisce gusto del paradosso.



L’egoista estetico è colui che si accontenta del proprio gusto (specialmente a livello di creazione artistica, poetica o musicale) anche quando viene criticato e deriso da tutti. Egli non cerca di migliorare e ricerca unicamente dentro di sé il paragone del bello.



L’egoista morale fa solo ciò che è utile a lui e che lo rende felice, senza curarsi di alcun senso del dovere. Tutti gli eudemonisti (coloro che perseguono la felicità come scopo della loro vita) sono egoisti pratici.

Pgg. 201-205 DELLE DEBOLEZZE E DELLE MALATTIE DELL'ANIMA IN RAPPORTO ALLA SUA FACOLTÀ CONOSCITIVA A. Suddivisione generale

45. I difet della Facoltà Conoscitiva sono: -

Debolezze dell’animo (B. da pg. 204) Malate dell'animo (C. da pg. 213): riguardano la conoscenza e si dividono in: i. Paturnie (ipocondria): il malato è consapevole di non pensare correttamente. Più lievi rispetto alle manie. La più moderata è quella di avere un pallino (dal tedesco, cavallino a dondolo). ii. Perturbazione dell'animo (mania): pensiero che segue regole proprie e soggetve, pur andando contro le regole oggettive dell'esperienza. Questa si manifesta nella rappresentazione sensibile come vaneggiamento (che può diventare stravaganza o addirittura genio es. Dali); nello stravolgimento del giudizio come demenza. Colui che ignora nelle sue immaginazioni le leggi dell’esperienza è un acchiappachimere (vede fantasmi) e se lo fa con coinvolgimento emotivo un entusiasta. Gli attacchi di cui soffre il visionario sono raptus di fantasticheria. Il rimuginare covando un pensiero inconcludente è follia muta. La superstizione è affine al vaneggiamento e il fanatismo (esaltato) alla demenza. L’ubbia (non è una malattia dell’animo) è una superbia vaneggiante.

B. Debolezze dell’Animo 46. Testa ottusa = colui che manca di ingegno e arguzia. Può comunque essere una testa molto buona in quanto intelletto e ragione: es. Clavius non era capace di comporre versi ma divenne un grande matematico. Una mente lenta a concepire non è necessariamente una mente debole, così come una mente agile non è sempre una mente profonda, anzi è spesso superficiale. Stupidità = mancanza di giudizio senza ingegno. Se c’è ingegno si dice essere sciocco. Chi ha giudizio e ingegno è perspicace. Sono le contrarietà ad aguzzare l’ingegno. Ignoranza = non è stupidità, ma il non sapere. Es. accademico che chiede se i cavalli mangiano di notte Semplice = colui che si accontenta di non molto. È falso dire “onesto ma stupido” perché l’onestà è frutto della ragione pratica. È anche biasimevole perché significa che se uno si sente capace di farlo necessariamente ricorre all’inganno, e se non lo fa è stupido. È un insulto alle persone per bene, quasi un atto di misantropia. Es. Hume – sultano affida harem a impotenti. Furberia = abilità nell’ingannare gli altri. Individuo leale = colui che concede facilmente la propria fiducia, e per questo viene detto stolto, perché facilmente truffabile. Se io non mi fido più di nessun altro perché sono stato ingannato una volta questa è misantropia. Pgg. 227-232 C. Dell’originalità della facoltà conoscitiva, ovvero del genio 57. Inventare qualcosa è totalmente diverso dallo scoprire qualcosa. Si scopre qualcosa che è già esistente (es: Cristoforo Colombo scopre l’America che esisteva già); Si inventa qualcosa che prima non era conosciuta (es: la polvere da sparo). Entrambe costituiscono un merito. La scoperta casuale non comporta alcun merito.

Il talento di inventare si chiama genio. Il genio è un artista, ovvero colui che sia sa fare qualcosa sia conosce molte cose. Non lo si attribuisce all’artista che copia, ma a colui che produce in modo originale. Il genio è “l’originalità esemplare del suo talento”. Kant in una delle Critiche definisce che l’opera d’arte deve essere sempre: originale, educativa, mai utile. Il genio vasto è quello che è tale in molti ambiti es: Leonardo da Vinci. Il campo proprio del genio è quello dell’immaginazione. Essa è creatrice e poco soggetta alle regole (rispetto alle altre facoltà): per questo è più capace di originalità. L’imitazione può essere dannosa all’originalità, allo sviluppo del genio; ma il genio ha bisogno delle regole per dare la conformità del prodotto all’idea che gli sta alla base, ovvero la verità dell’esecuzione. L’immaginazione senza il vincolo della regola (dell’esercizio tecnico) porta alla pazzia originale, che non essendo esemplare non appartiene al genio. Il talento del genio ha bisogno di essere formato. Lo spirito (geist) è il principio animatore dell’uomo. In tedesco genio si dice genie, dal francese, perché nella lingua tedesca esistono solo le parole geist (spirito) e witz (ingegno). La lingua francese ha però tratto il termine dal latino genius che significa proprio spirito individuale. L’originalità esemplare del talento viene chiamata con il termine mistico genio perché colui che la possiede non sa spiegarsene le manifestazioni né la derivazione. L’uomo di talento non fa che seguire l’ispirazione del suo genio senza comprenderlo a fondo. Il genio può anche chiamarsi “il talento tramite il quale la natura dà regola all’arte”. 58.

Pgg. 233-239 LIBRO SECONDO – IL SENTIMENTO DEL PIACERE E DEL DISPIACERE DEL PIACERE SENSIBILE. A. Del sentimento del gradevole, o del piacere sensibile nella sensazione di un oggetto (piacere sensibile dato dal senso/godimento) 60. Il godimento è un piacere dato dal senso e ciò che allieta quest’ultimo si chiama gradevole. Il dolore è il dispiacere dato dal senso e ciò che lo produce è sgradevole. Questi si contrappongono come contraddittori e contrari: rappresentano rispettivamente acquisto e perdita di una certa cosa. Abbandonare il proprio stato presente porta dispiacere, mentre mantenerlo porta godimento. Siccome siamo trascinati dalla corrente del tempo non possiamo evitare che il mutamento accada, ora si chiede: La sensazione di godimento è portata dalla coscienza di abbandonare lo stato presente (scomparsa del dolore) o dalla prospettiva di entrare in quello a venire (presentimento di qualcosa di gradevole)? Siccome il tempo ci porta dal presente all’avvenire e siamo necessariamente portati ad abbandonare il presente, solo il primo caso può avere luogo. Sappiamo quello che lasciamo ma non quello che troviamo. Il godimento è il sentimento di un incremento della vita. Il dolore è quello di un impedimento di essa. La vita è un gioco di continuo antagonismo tra questi due stati.

Dunque, ogni godimento dev’essere preceduto dal dolore. La forza vitale non può crescere esponenzialmente oltre tot (a meno che non porti alla morte per gioia). Inoltre, nessun godimento può seguire immediatamente a un altro, ma fra l’uno e l’altro deve esserci il dolore. Il dolore è il pungolo dell’attività, senza il quale si passerebbe alla mancanza di vita. I dolori che passano lentamente non hanno per conseguenza alcun godimento perché non se ne avverte la transizione. Chiarimento con esempi Il gioco (d’azzardo) è attraente ed è un metodo funzionante di distrazione e riposo dai pensieri (mentre facendo nulla ci si riprende molto lentamente) perché è un incessante alternarsi di timore e speranza. Gli spettacoli (commedia o tragedia) sono attraenti perché suscitano moto interiore in chi lo guarda e suscitano incremento vitale. La gelosia è il dolore degli innamorati ma “la fine dei dolori d’amore è anche, insieme, la fine dell’amorepassione”. Il lavoro è il miglior modo di godere la vita perché il sospendersi della sua fatica nel riposo diventa piacere sensibile. Il fumo è inizialmente sgradevole, ma con l’abitudine diventa accompagnamento che desta sensazioni e pensieri nuovi. Quando non c’è più dolore positivo (esemplificato nei precedenti) che stimoli l’azione si passa ad un dolore negativo: la noia (vuoto delle sensazioni). Per fuggire alla noia l’uomo preferisce fare qualcosa di dannoso piuttosto che non fare nulla. Della brevità del divertimento e della lunghezza della noia. 61. Se godersi la vita non è altro che sentirsi spinti di continuo a uscire dalla condizione presente per passare alla successiva, è chiaro quanto sia angosciante la noia per gli uomini colti (I caraibici, invece, sono innatamente fiacchi e non sono addolorati dall’ozio). Questa pulsione può crescere al punto estremo di decidere di porre fine alla propria vita – si diceva a Parigi “gli inglesi si impiccano per passare il tempo”. Il vuoto di sensazioni suscita un horror vacui che preannuncia una morte lenta (più penosa di una morte rapida). Il godimento abbrevia il passare del tempo, e più esso è breve più noi ci sentiamo rinfrancati. Le conversazioni con ridotto scambio di idee si dicono noiose e faticose; un uomo divertente è sempre gradevole. Paradossalmente, un uomo dalla vita noiosa in fin di vita si lamenta della brevità di quest’ultima. Al contrario, riempire la vita di attività molteplici, seppur fanno apparire che il tempo scorra più velocemente, in fin di vita ci fanno ripensare ad una vita lunga e piena di avvenimenti : è così che la vita si conclude con soddisfazione. Esempio lunghezza percepita delle miglia allontanandosi o avvicinandosi alla città. La soddisfazione non si può raggiungere in vita, ma solo al suo termine. Essere soddisfatti in vita è impossibile dal punto di vista morale (della propria condotta) e pragmatico (del proprio benessere) perché questi sono in possibilità di mutamento. Inoltre, il dolore come pungolo dell’attività vitale sprona il desiderio perpetuo di progresso. Una vita di quiete inattiva è incompatibile con la vita intellettuale, quanto un cuore immobile lo è con un organismo vivente.

Pgg. 250-255 OSSERVAZIONI ANTROPOLOGICHE SUL GUSTO A. Del gusto della moda 71. L’essere umano tende a paragonarsi a qualcuno di più importante di lui ed imitarlo (es: bambino con adulto). La moda è esito di questa imitazione, connotata di inutilità. È tra le forme di

vanità, perché non mira ad alcun valore intrinseco, e di sciocchezze, perché prevede che ci si lasci guidare servilmente. Essere alla moda è una questione di gusto. Chi è fuori moda si dice antiquato. Chi non dà valore alla moda e non se ne cura è originale. La dipendenza dalla moda si manifesta quando la vanità prende sopravvento sull’utile e sul dovere. La moda è volubile, è la novità che le dà valore. La moda non è questione di gusto ma di vanità e gara sociale. Il gusto vero è l’ideale, lo splendore, il sublime che è al contempo bello (es: cielo stellato, Basilica di San Pietro). La pompa invece è un’ostentazione del gusto popolare, che viene impressionato nei sensi più di quanto sappia esercitare capacità di giudizio. B. Del gusto dell’arte Kant prende in considerazione solamente le arti della parola: eloquenza e poesia. “Una buona poesia è il mezzo più efficace per ridestare l’animo umano” pg. 253 Si distanzia da Platone che definiva la musica essere la più elevata delle belle arti. Spirito = “principio che vivifica l’animo mediante le idee” che le plasma senza imitare: originalità del pensiero. Gusto = principio creatore e regolatore della forma delle idee. Poesia = prodotto concepito con Spirito e Gusto. Costituisce un’opera dell’arte bella (Arte poetica). Arte poetica in sensu latu: pittura, giardinaggio, architettura. Arte poetica in sensu stricto: arte di comporre suoni e versi. CONFRONTO: Poesia: gioco della sensibilità ordinato dall’intelletto Eloquenza: occupazione dell’intelletto vivificata dalla sensibilità Perché la poesia vince sull’eloquenza anche se entrambe poetizzano e hanno lo stesso scopo? Perché la poesia è al contempo musica e tono . Tant’è che spesso l’eloquenza imita il tono della poesia. Le altre arti belle lo sono solo in quanto servono da veicolo alla poesia. “Per le belle arti bisogna essere nati, e non vi si può pervenire tramite diligenza e imitazione” L’artista, inoltre, ha bisogno dell’ispirazione, perché ciò che viene fatto secondo regole risulta privo di spirito. Es: chi dipinge la natura non possiede lo spirito della bellezza (Geist), perché imita soltanto. Nemmeno il fare versi senza spirito è poesia. “Solamente il pittore di idee è il maestro dell’arte bella”

Pgg. 257-259 LIBRO TERZO – DELLA FACOLTÀ DI DESIDERARE 73. Desiderio = Determinazione della forza di un soggetto in vista di qualcosa di futuro considerato effetto di quella stessa forza. Inclinazione = Desiderio abituale;

Aspirazione = desiderio sena applicazione di forza produttiva; Struggimento = vuota aspirazione di annullare il tempo che intercorre tra desiderio e acquisizione dell’oggetto desiderato; Capriccio = desiderio indeterminato (nulla può soddisfarlo, fine a sé stesso); Passione = inclinazione difficile a domare o indomabile; Emozione = sentimento presente che impedisce la riflessione. Essere soggetti a emozioni e passioni è da considerarsi una malattia dell’animo perché entrambe escludono il dominio della ragione. Sono egualmente impetuose ma differenti. Delle emozioni, nel loro contrapporsi alla passione 74. Emozione: Sopravvento di sensazioni che elimina il controllo che l’animo ha di sé. È precipitosa, rende impossibile la riflessione. [Flemma = mancanza di emozioni, qualità dell’essere distaccati da esse (vedi Temperamenti). Odio = prende tempo per mettere radici profonde e pensare all’avversario. La collera che scatena si attenua con scuse e cortesie.] Es: Come un’inondazione che rompe la diga; un attacco apoplettico; una sbornia; breve sfogo. Passione: Si dà tempo per raggiungere il suo scopo, è riflessiva. Es: Come una corrente che scava sempre più in profondità il suo letto; la tisi; un avvelenamento; una prigionia. Esempi di confronto: L’innamoramento (emozione) rende ciechi, mentre chi ama (passione) mantiene la vista. Se la collera (emozione) ogni tanto è desiderabile, anche secondo Socrate, nessuno si augurerebbe di sottostare a una passione. Chi mai vuole farsi mettere in catene, quando può essere libero?...


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