Riassunto di \"Filosofia della scienza e scienza cognitiva\". William Bechetel. Capitolo 4-5-6 PDF

Title Riassunto di \"Filosofia della scienza e scienza cognitiva\". William Bechetel. Capitolo 4-5-6
Author Claudia -M
Course Scienze della formazione e della comunicazione
Institution Università degli Studi di Messina
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Summary

Capitolo 4La comparsa della filosofia della scienza a orientamento storico:Nell'ambito concettuale del neopositivismo e di molti dei suoi critici si riteneva generalmente che il fattore di primaria importanza nel decidere sull'accettabilità di una teoria fosse la misura in· cui quest'ultima corrispo...


Description

Capitolo 4 La comparsa della filosofia della scienza a orientamento storico: Nell'ambito concettuale del neopositivismo e di molti dei suoi critici si riteneva generalmente che il fattore di primaria importanza nel decidere sull'accettabilità di una teoria fosse la misura in· cui quest'ultima corrisponde ai fatti. I filosofi postpositivisti negano invece il ruolo centrale di tale fattore e sostengono che, concentrando l'attenzione su di esso, i loro predecessori hanno elaborato teorie epistemologiche che non descrivono accuratamente la scienza reale. Se la filosofia della scienza vuole avere qualche valore deve occuparsi di quei fattori che governano la prassi scientifica effettiva e che hanno permesso alla scienza di divenire un'attività preziosa in grado di produrre conoscenza. Un problema cruciale: mostrando come le teorie potessero essere logicamente giustificate o corroborate in base a prove oggettive, i neopositivisti speravano di spiegare perché la scienza fosse in grado di produrre descrizioni vere della natura e perché essa dovesse essere considerata una fonte oggettiva di conoscenza. Una filosofia della scienza basata sulla storia si espone a obiezioni anche per un altro ordine di motivi. Alcuni storici e sociologi della scienza contemporanei affermano che gli strumenti di analisi di cui dispongono permettono loro di fornire una descrizione più adeguata - rispetto a quella dei filosofi - dell'effettivo funzionamento della scienza. In particolare essi accusano i filosofi di occuparsi delle ragioni esplicitamente addotte dagli scienziati e della logica delle loro argomentazioni, quando in realtà non sono questi i fattori decisivi delle ricerche scientifiche. Gli storici e i sociologi caratterizzati da questo orientamento sostengono che a guidare la condotta della scienza è, in realtà, un insieme di fattori istituzionali e sociali. L'ispirazione principale per lo sviluppo della filosofia della scienza postpositivista ha tratto origine dalla pubblicazione della Struttura delle rivoluzioni scientifiche di Thomas Kuhn (1962). Egli ha offerto un quadro concettuale radicalmente nuovo all'interno del quale ripensarne la natura.

La sfida di Kuhn: scienza normale e scienza rivoluzionaria: Kuhn mise in discussione l'assunto di molti epistemologi precedenti secondo cui la scienza offre un corpo di conoscenze che si accumulano con regolarità, affermando che le discipline scientifiche attraversano stadi distinti e che il carattere della ricerca in una certa disciplina varia da stadio a stadio. Egli distingue 5 stadi: 1) SCIENZA IMMATURA; 2) SCIENZA NORMALE MATURA; 3) CRISI; 4) SCIENZA RIVOLUZIONARIA; 5) RISOLUZIONE. (questa è seguita da un ritorno alla scienza normale).

SCIENZA NORMALE: richiede l'istituzione di ciò che Kuhn ha variamente chiamato «paradigma» o «matrice teorica». Un paradigma fornisce un quadro di riferimento per definire i fenomeni che una disciplina particolare assume come propri oggetti di studio e potrebbe riguardare un modello di base oppure una teoria generale. Nella scienza cognitiva il paradigma potrebbe essere l'idea secondo la quale la mente è un sistema di elaborazione di informazioni. Un paradigma non è semplicemente un modello o una teoria, ma contiene anche istruzioni circa il modo in cui una teoria o un modello devono essere sviluppati e applicati nella ricerca successiva. Queste istruzioni possono assumere la forma di esempi che mostrano come derivare qualcosa dalle teorie secondo quanto volevano i neopositivisti. Nel descrivere queste istruzioni Kuhn si richiama ai manuali: le teorie generali di una disciplina sono comunemente insegnate attraverso una serie di esempi che mostrano come applicare la teoria ai fenomeni del suo dominio. Es: In psicologia cognitiva l'esempio potrebbe venire dagli esperimenti usati per stabilire la distinzione tra memoria a breve termine e memoria a lungo termine. Kuhn qualifica come esemplari queste applicazioni standard del quadro di base (ma ne parla anche come di paradigmi). Un'importante funzione di un esemplare è di istruire gli studenti, fornendo loro un modello da imitare. Gli studenti cominciano imitando in modo letterale l'esemplare, per esempio risolvendo la stessa equazione per differenti valori. Più tardi essi imparano a modificare e a estendere

l'esemplare per risolvere nuovi problemi in analogia alla soluzione del problema originario. la concezione che Kuhn ha delle teorie è completamente diversa da quella dei neopositivisti o dei loro critici considerati fino a ora. Essa consiste spesso in uno schema alquanto vago di come la natura si comporta, uno schema che è impreciso e richiede una notevole chiarificazione ulteriore. Per Kuhn lo scopo dello scienziato non è né di confermare né di falsificare le teorie, bensì di adattare la teoria alla natura. La teoria iniziale è incompleta: offre una descrizione generale del modo in cui avvengono i processi naturali, che ha bisogno di essere migliorata e completata. La scienza normale deve individuare ciò che va aggiunto a tale descrizione, in modo da poterla applicare a situazioni specifiche. Kuhn, mostra che solo raramente le teorie calzano perfettamente alla natura; anche durante il periodo in cui una particolare teoria o paradigma viene adoperata e generalmente accettata, ci sono previsioni che non risultano confermate dalle osservazioni. In regime di scienza normale queste differenze tra previsioni teoriche e osservazioni empiriche non sono considerate falsificazioni della teoria, bensì fonti di nuovi problemi che gli scienziati dovranno risolvere. Talvolta, quando la teoria non riesce ad accordarsi con la natura, il ricercatore dovrà sistemare la teoria in qualche modo, ma questo non è l'unico mezzo. Kuhn ritiene che, generalmente, quando gli esperimenti forniscono esiti in disaccordo con una teoria, non sia quest'ultima a essere giudicata in difetto, bensì gli esperimenti. Il compito dello sperimentatore è di approntare esperimenti i cui risultati si accordino con la teoria accettata. Data la natura del compito che viene svolto nel corso della scienza normale, le varie attività sono definite chiaramente e il successo è facile da valutare, col risultato che, all’interno della comunità scientifica, regnano accordo generale e armonia. Per Kuhn questo accordo e questa armonia testimoniano che una comunità è impegnata nella ricerca normale e caratterizzano l'esistenza di un paradigma. Prima dell'adozione di un paradigma, un tale accordo sarà raro: le attività non saranno guidate da un paradigma generalmente accettato, ma ci saranno scuole concorrenti, ognuna con la propria visione del modo in cui la disciplina dovrebbe svilupparsi e ognuna volta a imporre l'egemonia del proprio approccio. Questo conflitto di scuole caratterizza il primo dei periodi riconosciuti da Kuhn, quello della SCIENZA IMMATURA. A suo giudizio molte delle scienze sociali sono ancora in questa fase, in attesa che si affermi il primo paradigma. Invece di cominciare a rendere il paradigma operativo, i ricercatori trascorrono molto tempo scontrandosi su quale approccio generale debba essere adottato. È solo quando un tale paradigma si sia imposto che la disciplina comincerà a progredire, in quanto il progresso richiede l'adattamento alla natura di un paradigma già accettato. Per raggiungere lo stadio di scienza normale non è necessario che i ricercatori dimostrino la correttezza del loro paradigma; invece un paradigma viene adottato perché sembra offrire un potenziale esplicativo per un particolare dominio di fenomeni e suggerisce un programma di ricerca sul quale vari scienziati possono continuare a lavorare assieme. Kuhn afferma che, nonostante eclatanti successi iniziali, la maggior parte dei paradigmi finisce per raggiungere una situazione nella quale i problemi irrisolti cominciano ad accumularsi, decresce sensibilmente il successo nella risoluzione dei problemi e anziché la soluzione di nuovi problemi, cominciano a verificarsi fallimenti o «anomalie». Ciò dà luogo al terzo degli stadi teorizzati da Kuhn, quello della CRISI= Accumularsi di problemi irrisolti che dà vita a nuovi paradigmi. Kuhn sostiene che l'immaginazione esibita durante una crisi scientifica dà luogo allo sviluppo di nuovi paradigmi alternativi che operano con differenti principi e modelli fondamentali e che promettono ciascuno di creare una tradizione di risoluzione di problemi. Se questi nuovi paradigmi cominciano a svilupparsi, la disciplina entra nel periodo della SCIENZA RIVOLUZIONARIA. Una rivoluzione è un periodo di lotta accesa fra i difensori del vecchio paradigma e i fautori di quello nuovo. È qui che Kuhn fa le asserzioni più controverse, sostenendo che i paradigmi antagonisti sono incommensurabili poiché non possono essere confrontati e valutati su fondamenti razionali. Kuhn basa la tesi dell'incommensurabilità sulla pretesa pregnanza teorica dell'osservazione. In accordo con Hanson, Kuhn nega che ci sia un linguaggio osservativo neutrale e sostiene che coloro i quali applicano un paradigma, imparano a riferire le loro osservazioni in una forma impregnata di teoria (o di paradigma). Poiché ogni paradigma avrà il suo proprio modo di comunicare le osservazioni, i sostenitori di paradigmi antagonisti non caratterizzeranno allo stesso modo ciò che essi vedono nel mondo. Egli concorda anche con Quine (si veda il capitolo precedente) nel ripudiare la distinzione analitico/sintetico e l'idea che al vocabolario di un linguaggio possano essere assegnati significati indipendenti dalle teorie presentate nel linguaggio stesso: quindi per Kuhn non c'è alcun linguaggio neutrale nel quale si possano confrontare paradigmi. Il risultato è che le parti che si contrappongono in una rivoluzione scientifica devono ricorrere a mezzi non razionali per risolvere il contrasto fra loro; Durante una rivoluzione i ricercatori si ritrovano in una situazione molto simile a quella che si riscontra nella scienza immatura. Coloro che applicano programmi in competizione litigano tra loro proprio come fanno i fautori di

scuole differenti in una scienza immatura (Per esempio alla fine degli anni Cinquanta e durante gli anni Sessanta ci furono accesi dibattiti tra i comportamentisti e coloro che sostenevano il nuovo approccio cognitivista).

Questi eventi sono in accordo con la caratterizzazione fornita da Kuhn di ciò che costituisce il tipico esito di una rivoluzione: il conseguimento dell'autorità da parte di un nuovo gruppo di ricercatori, che ha imposto il proprio paradigma sulla disciplina e creato un nuovo periodo di scienza normale. Questo processo è tipico di ciò che si verifica nell'ultimo stadio teorizzato da Kuhn, quello della risoluzione, durante il quale una certa scuola riesce a rendere dominante il suo paradigma. La risoluzione genera un nuovo periodo di scienza normale e, così, il ciclo riprende. L'autore offre un criterio extraparadigmatico per valutare i paradigmi: il loro carattere progressivo. Egli ritiene che gli scienziati scelgano un paradigma in base alla sua capacità di risolvere rompicapo ed estendere la sua gamma di applicabilità, ma molti filosofi hanno giudicato ciò inadeguato. Se l'uso di paradigmi differenti determina differenze drastiche come quelle descritte da Kuhn, i rompicapo considerati da due paradigmi non saranno gli stessi; l'identità dei problemi sarà legata al paradigma. L’attacco di Feyerabend al metodo: Paul Feyerabend, il quale criticò di Kuhn, Nei suoi primi scritti egli avanzò delle argomentazioni contro due elementi della filosofia neopositivista della scienza ai quali dà il nome rispettivamente di condizione di coerenza e di condizione di invarianza del significato: in base al primo le nuove teorie dovrebbero essere coerenti con le teorie ritenute valide nel medesimo periodo; in base al secondo i significati dei termini dovrebbero rimanere costanti da una teoria all'altra. Le obiezioni mosse da Feyerabend a queste due condizioni si fondano su un esame della prassi scientifica effettiva e sulla dimostrazione che tali condizioni sono state violate in casi in cui si è realizzato un progresso scientifico importante. Contro la nozione di invarianza del significato Feyerabend sostiene innanzitutto che il significato dei termini dipende dal contesto teorico nel quale vengono impiegati, e poi mostra come termini cruciali mutino significato da una teoria a un'altra. A suo giudizio tanto il principio di coerenza quanto la condizione di invarianza impongono alla scienza un conservatorismo distruttivo e paralizzante. Feyerabend individua un conservatorismo nocivo in ogni tentativo di specificare una metodologia della scienza. In particolare egli rifiuta l'idea che i ricercatori dovrebbero continuare ad accettare una teoria fino a quando non sia stata falsificata. Egli sostiene al contrario la necessità di considerare teorie alternative al fine di scoprire i dati che potrebbero falsificare una teoria. Ogni teoria che sviluppiamo porterà alla luce nuovi dati, gli unici fattori che possono permetterci di falsificare le nostre teorie precedenti. Feyerabend rifiuta il modo in cui Kuhn concepisce la scienza normale, affermando che periodi in cui la ricerca viene totalmente svolta all'interno di un singolo paradigma non solo sono rari, ma finirebbero per annientare la scienza; questa deve invece mantenere una molteplicità di obiettivi. Avendo rifiutato sia la descrizione neopositivista sia quella kuhniana della metodologia scientifica, Feyerabend propone un principio di anarchismo metodologico che nega la passibilità di imporre alla scienza un qualsiasi saldo principio metodologico. Egli afferma che ogni principio proponibile è stato violato da scienziati brillanti e doveva essere violato perché la scienza potesse progredire. Egli conclude che «c'è un solo principio che possa essere difeso in tutte le circostanze e in tutte le fasi dello sviluppo umano. È il principio: qualsiasi cosa può andar bene». Feyerabend, pur essendo sotto molti aspetti in accordo con Popper, lo contraddice quando sostiene che bisogna difendere anche teorie che sono state largamente falsificate, perché questa prassi potrebbe far emergere nuove informazioni, utilizzabili per invalidare i presunti dati falsificanti. In particolare egli sostiene che è quasi inevitabile che le nuove teorie vengano falsificate dai dati prodotti da teorie precedenti, ma potrebbero essere in grado di presentare nuovi dati a proprio favore. Feyerabend sostiene che i tentativi di prescrivere metodologie particolari alla ricerca scientifica sono volti soprattutto a proteggere interessi costituiti e a ostacolare lo sviluppo di nuovi approcci. Egli mette in guardia dai tentativi di escogitare criteri razionali per scegliere tra varie teorie. Egli sostiene che ogni descrizione, non importa quanto possa sembrare assurda a chi ragiona secondo i canoni della scienza moderna potrebbe rivelarsi istruttiva. In generale le idee di Feyerabend sono state giudicate troppo estremistiche. I programmi di ricerca di Lakatos: nell'opera di Lakatos, che analizza casi tratti dalla storia della scienza ma adotta liberamente la strategia neopositivista di ricostruire tali episodi in modo tale da mostrare come si sarebbe potuto progredire aderendo a canoni razionali. Egli sostiene che a fini filosofici si possono trascurare alcuni dettagli riguardanti le concrete modalità di progresso di una scienza ed elaborare una descrizione alternativa che mostri come essa avrebbe potuto progredire in modo razionale. Tuttavia, a differenza dei neopositivisti, Lakatos è interessato sia alla scoperta sia alla giustificazione e, in particolare, ai

modi in cui una scienza può svilupparsi nel corso del tempo. La sua descrizione è un tentativo di ricomporre le intuizioni di Kuhn sulla natura effettiva della scienza in una prospettiva storica che possa spiegarne la componente razionale. Lakatos prende le distanze dalla tesi di Kuhn, sostenendo al contrario che difficilmente si può ritenere la scienza dominata da un solo paradigma come Kuhn afferma nella sua descrizione della scienza normale e che, anzi, la competizione tra paradigmi è in genere concomitante con processi di sviluppo all'interno di un paradigma. Lakatos dissente anche dal modo in cui Kuhn presenta la scienza normale, come un'attività che articola e applica un singolo paradigma. A giudizio di Lakatos la ricerca consiste spesso nello sviluppo di una successione di teorie, nella quale le nuove teorie sostituiscono le precedenti, preservando però importanti elementi di queste ultime. Per dar conto di questa successione di teorie egli sostituisce il termine paradigma di Kuhn con l'espressione programma di ricerca. Il nesso che lega le differenti teorie in un programma di ricerca comune è un « nucleo» di assunti fondamentali condivisi da tutti i ricercatori e circondato da una «cintura protettiva» di ipotesi ausiliari. Tale nucleo rimane intatto finché il programma di ricerca continua, ma i ricercatori possono mutare le ipotesi ausiliarie della cintura protettiva per adeguarsi alle prove empiriche accumulate nel corso della ricerca. Per Lakatos il criterio ultimo in base al quale valutare un programma di ricerca è il suo carattere più o meno progressivo. Il progresso consiste nello sviluppare nuove teorie nella cintura protettiva attorno al nucleo. Lakatos distingue due tipi di progresso: 

Il progresso teorico: consiste nell’ estendere la portata empirica di una teoria applicandola a nuovi domini empirici.



Il progresso empirico: consiste nel corroborare empiricamente le nuove tesi proposte nel corso del progresso teorico.

Lakatos definisce in stagnazione un programma di ricerca che non progredisce ma, a differenza di Popper, non considera la stagnazione una ragione sufficiente per abbandonarlo, perfino quando le nuove teorie della tradizione di ricerca appaiono falsificate. Un verdetto che sancisce il carattere stagnante di un programma di ricerca non è conclusivo e non dovrebbe, a parere di Lakatos, condurre a un totale rifiuto di esso. Un programma può registrare molti progressi per un certo periodo di tempo, stagnare per un po' e ritornare nuovamente a essere progressivo. Per Lakatos il modo in cui un programma di ricerca progredisce è guidato da euristiche, che egli distingue in: 

L'euristica negativa di un programma è semplicemente l'obbligo di non modificare i principi nucleari del programma.



L'euristica positiva, la quale «consiste in un insieme abbastanza articolato di proposte o di suggerimenti su come cambiare e sviluppare le 'varianti confutabili' del programma di ricerca, su come modificare e sofisticare la cintura protettiva 'confutabile'».

Tali euristiche hanno un ruolo cruciale nello sviluppo di un programma di ricerca, perché sono esse a determinare se un programma di ricerca sarà progressivo. Nei programmi coronati da successo queste euristiche conoscono un periodo di buona riuscita durante il quale guidano i ricercatori allo sviluppo di nuove teorie applicabili, ma poi quasi inevitabilmente finiscono per esaurirsi. In tal caso il programma scivola nella stagnazione, ma potrà essere rivitalizzato se qualcuno elabora nuove euristiche per rilanciarlo o trova un modo di innestarlo in una nuova impresa progressiva. Una delle importanti intuizioni di Lakatos, che lo allontana da Popper e lo avvicina a Feyerabend, sta nell'aver riconosciuto che inizialmente un nuovo programma di ricerca non avrà ancora conseguito il successo dei programmi precedenti. Inoltre, dal momento che all'inizio le teorie proposte nel contesto del programma sono solo degli abbozzi preliminari, vi saranno molti fenomeni apparentemente in grado di falsificarle; tuttavia, se si consente al programma di svilupparsi, questi fenomeni potranno essere spiegati da versioni sofisticate di quegli. stessi abbozzi teorici. Lakatos introduce un nuovo tipo di valutazione della teoria: una valutazione che stabilisce i meriti relativi di un programma di ricerca rispetto agli altri. Per Lakatos il criterio di giudizio è il progresso, misurato in base alla capacità di estendere la portata teorica ed empirica delle teorie all'interno del programma. Le tradizioni di ricerca di Laudan: Laudan propone una teoria delle attività scientifiche che si propone di inglobare alcuni punti di forza delle concezioni di Kuhn e...


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