Riassunto I TEST Psicologici PDF

Title Riassunto I TEST Psicologici
Author Benni Leoni
Course Valutazione e Trattamento dei Disturbi Cognitivi
Institution Università degli Studi di Padova
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I TEST PSICOLOGICI I TEST PSICOLOGICI (L. Pedrabissi, M. Santinello)

Capitolo 1: Perché i test? Lo psicologo ha rilevanza in diversi ambiti lavorativi: nel sistema scolastico, nei servizi sociosanitari, nelle istituzioni ospedaliere, nell’attività clinica privata, nelle organizzazioni lavorative, nella pubblicità e nel marketing . Un problema di chi deve operare con le persone è quello di conoscerle, cioè di assumere una serie di info sul loro modo di essere e agire, sulle loro credenze, sui loro atteggiamenti (…); una modalità per conoscerle è la valutazione intuitiva che però può essere influenzata da fattori esterni e non controllabili: i giudizi espressi intuitivamente risultano spesso poco affidabili. Fonti di errore: - Effetto alone: valutare un tratto di una persona generalizzando il carattere positivo o negativo di un altro tratto emergente o facendosi guidare da un’impressione generalizzata - Teorie implicite di personalità: a partire da alcune info su tratti fisici o di personalità di una persona se ne inferiscono immediatamente altri - Le caratteristiche di chi valuta favoriscono l’organizzazione selettiva e l’interpretazione personale di ciò che viene rilevato - Stereotipi culturali e sociali - Equazione personale: errore dovuto ad un’interazione significativa tra le caratteristiche dell’esaminatore e quelle dell’esaminato - Fenomeni proiettivi: meccanismi psicologici più o meno consapevoli che generano la tendenza ad ascrivere ad un’altra persona i propri sentimenti, disposizioni e pensieri. Quando si deve conoscere una persona perché si devono prendere decisioni che la riguardano è impo usare un metodo di conoscenza oggettivo come i test: sono costituiti da uno stimolo standard predefinito e le risposte vengono analizzate con criteri standard predefinito a priori; queste condizioni riducono il margine di errore soggettivo. I test sono strumenti di acquisizione di info insostituibili per lo psicologo perché permettono di giungere a decisioni impo circa la vita delle persone riducendo il rischio di errore soggettivo. Il test è considerato uno strumento democratico di giudizio: non è influenzabile, è oggettivamente neutro. 1. Immagini evocate dai test e test “popolari” Nell’opinione pubblica la parola test evoca immagini spesso distorte e scorrette: spesso vengono confusi con i quiz televisivi o inseriti sui giornali; anche esperienze occasionali personali non sempre gratificanti influenzano il giudizio popolare sui test. Invece i test usati dagli psicologi non hanno niente di misterioso né di banale. 2. In che senso i test misurano: la qualificazione in psicologia Misurare significa attribuire numeri a oggetti o eventi secondo determinate regole, in modo tale che specifiche relazioni tra i numeri corrispondano ad analoghe relazioni tra gli oggetti. Secondo Russel misurare significa trasformare un qualsiasi sistema empirico (calore, peso,…) in un costrutto ipotetico (non osservabile direttamente) e tale costrutto ipotetico è un continuum suddiviso in n parti a cui viene fatto corrispondere un sistema numerico in modo tale che ad ogni parte del continuum corrisponde una e una sola parte del sistema numerico e

viceversa. Misurare variabili psicologiche presenta problemi teorici e metodologici complessi e ciò dipende dalla natura stessa delle variabili analizzate perché la maggior parte di esse non può essere osservata direttamente ma deve essere inferita da un comportamento manifesto o da risposte a un quesito. Fasi del processo di misurazione: - Definizione teorica del costrutto - Definizione in termini operativi dello stesso e scelta di indicatori comportamentali in grado di rilevare la presenza di una data caratteristica - Messa a punto di uno strumento in grado di ottenere delle misure L’operazione di misurazione richiede la determinazione della posizione di un oggetto o evento su una o più scale di misura; ad un livello nominale la regola stabilisce di considerare i numeri come etichette, delle modalità qualitative non numeriche, mentre ad un livello più alto la regola consente di trattare i numeri come numeri reali. Se si vogliono costruire scale di misura valide e utili, l’assegnazione di numeri alle categorie psicologiche deve essere fatta con metodi razionali così che si vengano a creare sistemi teorici coerenti al loro interno. 3. Finalità dei test Il fondamento logico dei test implica la generalizzazione dal comportamento rilevato con tali metodi al comportamento manifestato in altre situazioni al di fuori del test, in contesti di vita quotidiana. Anche lo psicologo clinico che usa un test, oltre che per formulare una diagnosi, se ne serve per elaborare stime o previsioni. 4. Definizione di test e analisi della definizione Per test di intende una procedura sistematica attraverso la quale viene presentato ad una persona un insieme di stimoli in grado di elicitare particolari risposte valutabili e interpretabili quantitativamente sulla base di criteri specifici o di definiti standard prestazionali. Elementi che caratterizzano i test: - Insieme di stimoli (item) presentati al soggetto in condizioni uniformi e standardizzate - Prestazione o risposta data agli stimoli proposti (campione di comportamento) - Attribuzione di un punteggio alla prestazione secondo criteri standardizzati e definiti a priori e interpretabile in relazione a particolari standard di performance 4.1 standardizzazione delle condizioni di somministrazione e dei criteri di interpretazione dei punteggi individuali Poiché le prestazioni ai test assumono un significato e sono interpretabili solo se confrontate con specifici criteri, tali prestazioni devono essere ottenute in condizioni standardizzate cioè uniformi. Si garantiscono maggiori condizioni di standardizzazione se si seguono le istruzioni e le indicazioni fornite dal manuale tecnico di applicazione del test. Il comportamento al test è influenzato dalle condizioni ambientali; non sempre è possibile raggiungere condizioni perfette di standardizzazione, e si possono avere maggiori livelli di standardizzazione con determinati tipi di test (carta e matita) rispetto ad altri (risposte verbali o operative). I test applicati individualmente garantiscono minori condizioni di standardizzazione perché il comportamento dello psicologo può rappresentare uno stimolo suppletivo rispetto al test.

Standardizzare un testi significa somministrarlo ad un ampio gruppo di soggetti statisticamente rappresentativo della popolazione per la quale il test verrà usato; tale campione di standardizzazione serve per stabilire le norme del test, cioè le prestazioni che, per la popolazione da cui il campione è stato estratto, sono normali, cioè medie. Il punteggio grezzo non ha alcun significato se non confrontato con dei valori normativi, costituiti dalle prestazioni medie e dalla deviazione standard, cioè dal grado di scostamento dei punteggi al sopra o al di sotto della media; in questo modo si può conoscere la posizione di un individuo all’interno del campione e stabilire se il suo punteggio è normale o di quanto è inferiore o superiore alla media. 4.2 campione di comportamento Quando si ha la necessità di disporre in tempi brevi di info su un individuo in vista di decisioni da prendere si deve selezionare (campionare) alcuni comportamenti fra quelli che costituiscono il suo repertorio complessivo; le risposte o i comportamenti elicitati dal test devono poter essere rappresentativi di comportamenti che si possono osservare al di fuori della situazione testistica. 4.3 regole per lo “scoring” Ogni test deve prevedere delle procedure concrete e operative per classificare in termini quantitativi e numerici le risposte date dai soggetti (scoring). La maggior parte dei reattivi standardizzati contempla criteri di scoring che garantiscono una uniformità di valutazione da parte di psicologi diversi; esistono però dei test che prevedono procedure soggettive di valutazione, che lasciano cioè un discreto margine al giudizio soggettivo dell’esaminatore. 5. I test sono conservatori o progressisti? Intorno agli anni ‘60 c’è stata una rivolta antitest; le ragioni di questa rivolta erano: - Massiccia e frenetica produzione di test di ogni genere senza un adeguato aggiornamento delle loro basi teoriche - Ridotta competenza professionale e psicometrica di somministratori - Autori ed editori di test hanno pubblicato e venduto test insufficientemente validi e scientificamente non accreditati - Alcuni psicologi non sempre hanno informato in modo adeguato i loro clienti sullo scopo del test e sulle modalità di utilizzazione dei risultati. - I test erano strumenti del potere politico, funzionali al mantenimento di un determinato sistema sociale ed economico Secondo le opinioni di oggi, tali critiche non riguardavano i test in sé, ma l’uso che di essere veniva fatto. Di per sé i test sono neutrali: come strumenti di misura oggettivi e standardizzati garantiscono condizioni di maggiore democrazia e di rispetto dei meriti e delle scelte di ogni individuo, a qualsiasi ceto sociale appartenga. I test hanno il merito di evidenziare diversità e carenze che solo così possono essere analizzate ed eventualmente compensate con interventi di recupero; ma l’eticità o meno del loro impiego risiede sempre e solo nell’intenzionalità e nel comportamento di chi somministra il test. Quando si applicano test a soggetti chiaramente svantaggiati dal punto di vista sociale e culturale occorre prestare molta attenzione all’interpretazione dei punteggi perché è a questo livello che possono nascere pericolosi equivoci; è vero che si pu ò fare un cattivo uso dei test

specialmente nei confronti delle persone culturalmente svantaggiate, però se usati correttamente essi svolgono un’impo funzione nel prevenire varie forme di discriminazione.

Capitolo 2: Breve storia dei test Dalla seconda metà del XIX secolo la psicologia si è avviata a diventare una disciplina scientifica autonoma fondata sul metodo sperimentale; quantità e misura sono diventate le parole chiave per chi vuole fare ricerca psicologica e il test si è delineato come uno degli strumenti più adatti a verificare empiricamente la validità delle ipotesi. Il test psicologico nella sua forma odierna nasce circa 100 anni fa nei laboratori di Galton, Cattel e Wundt in cui si studiavano la discriminazione sensoriale, i tempi di reazione e le differenze individuali. Però le prime forme rudimentali di test risalgono al 220 a.C. e avevano lo scopo di selezionare persone adatte ad esercitare la funzione di “mandarino” nell’impero cinese. Intorno alla metà dell’800 dall’area della psichiatria giungono stimoli e spinte innovative che favoriscono l’evoluzione del test: l’esigenza di una definizione di “anormalità” e di “devianza” spinse gli studiosi a predisporre strumenti di misura del comportamento per meglio classificare e diagnosticare i loro pazienti; nel 1885 nacque la batteria per la valutazione della memoria di Grashey e nel 1889 lo strumento di Rieger che comprende prove per la ricognizione di simboli visivi, prove di memoria a breve termine. Galton fu il primo a sistematizzare gli studi sulle differenze individuali (1880-1890); Cattel riprese il lavoro di Galton e nel 1890 li chiamò mental test. Wissler nel 1901 evidenziò i limiti di tali procedure dimostrando che c’era bassa correlazione tra i risultati dei test di intelligenza ed altri indici esterni ed indipendenti (come i voti nel profitto scolastico). 1. Il XX secolo All’inizio del secolo, i risultati scoraggianti di Wissler e le nuove richieste in campo educativo determinarono una svolta nella storia del testing; la nuova legislazione sull’obbligo scolastico aveva riempito le aule di bambini di livello socioculturale basso: c’era quindi l’esigenza di valutare in modo oggettivo tali allievi per capire se i cattivi risultati scolastici erano dovuti a un effettivo ritardo cognitivo-mentale o semplicemente allo svantaggio background familiare. Nel 1905 in Francia nasce il primo test di intelligenza, la scala Binet-Simon, composto da 30 item disposti in ordine di difficoltà crescente e misuranti abilità astratte come la capacità di giudizio, la comprensione e il ragionamento; fu rivisto e migliorato nel 1908 venne introdotto il concetto di “età mentale” come sistema di distribuzione del punteggio e nel 1911 con l’estensione della scala agli adulti. Nel 1916 Lewis Terman lo tradusse in inglese, lo adattò alla cultura americana e introdusse il concetto di QI (EM/EC x 100) come funzionale per la valutazione di un certo numero di prove cognitive e di performance (scala Stanford-Binet). 1.1 il periodo del boom nell’uso dei test In Francia i test di intelligenza vennero applicati soprattutto in ambiente educativo, mentre in America essi si diffusero per la selezione di ritardati mentali tra gli immigrati e durante la prima guerra mondiale per la classificazione delle reclute. Partendo da un test collettivo di Otis gli psicologi dell’esercito americano costruirono due test: l’Army Alfa (test verbale per selezionare reclute per compiti difficili) e l’Army Beta (test non

verbale per gli illetterati e gli stranieri). Le condizioni in cui tali test di gruppo venivano applicati non erano le più idonee, ciò provocò inesattezza, scarsa oggettività nelle rilevazioni e nelle classificazioni, però fornì anche esperienze utili agli psicologi sia per l’analisi dei dati sia rispetto alla costruzione e alla dimensione metrica dei test. Questi reattivi divennero prototipi di altri test di gruppo e influenzarono la forma dei successivi test di intelligenza di quelli attitudinali. 1.2 i test di attitudini specifiche Il periodo d’oro del testing durò fino al 1930; fu ampliato e ridefinito il concetto di intelligenza e di QI e si arrivò alla conclusione che i reattivi di intelligenza di quel periodo misuravano prevalentemente l’attitudine scolastica. Cominciarono allora a essere costruiti test finalizzati alla valutazione di attitudini specifiche come l’attitudine meccanica, artistica, spaziale, musicale, … La loro diffusione fu possibile grazie a Thurstone che mise a punto un nuovo procedimento statistico (analisi fattoriale) che permetteva di identificare un cenrto numero di abilità mentali primarie (comprensione verbale, memoria associativa, ragionamento generale, …) che contribuirono a rendere più complesso il costrutto teorico dell’intelligenza. Essendo quindi molti gli aspetti da valutare dell’intelligenza, vennero messe a punto delle batterie multifattoriali; anche in questo caso i primi impieghi di questi test furono in ambito bellico 1.3 i test di personalità e le tecniche proiettive Test di personalità: strumenti che misurano aspetti della personalità, distinti dalle abilità intellettive quali la motivazione, i sentimenti, i rapporti personali, … I primi che cercano di misurare la personalità furono Galton e Kraepelin attraverso il metodo delle libere associazioni. Il primo vero test di personalità fu il Personal Data Sheet di Woodworth (1919), messo a punto per identificare soggetti con disturbi nevrotici nell’esercito statunitense; da questo test servì da base per il Thurstone Personal Schedule (1930), il Bernreuter Personality Inventory (1931), il Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI, 1940). Oltre a questi test si diffusero altre tecniche di indagine della personalità chiamate tecniche proiettive: l’individuo proietta le proprie caratteristiche individuali nell ’esecuzione di un compito, nell’interpretazione o effettuazione di un disegno, … Rorschach fu il primo a utilizzare nel 1921 uno stimolo neutro e ambiguo (macchie di inchiostro) e attraverso l’interpretazione di tali macchie i suoi pazienti rivelavano conflitti e problemi inconsci di tipo affettivo-emotivo. Morgan e Murray nel loro TAT (Thematic Apperception Test, 1935) si servivano di figure ritratte da una scena non definita la cui rielaborazione era sempre affidata ai pazienti che inconsciamente trasferivano i loro bisogni e conflitti nella costruzione della storia. Buck ideò il test della Casa-Albero-Persona basato sul presupposto che i soggetti rivelassero bisogni, interessi e caratteristiche di personalità disegnando i temi sopra indicati. 2. La rivolta antitest Dal 1940 al 1960 ci fu un secondo ventennio d’oro per i test soprattutto in America; molte istituzioni (scuole, ospedali, …) si servirono dei reattivi psicologici per le loro selezioni e ciò determinò un nuovo business, quello della creazione di strumenti di misura, si trattava però spesso di test non aggiornati nelle loro basi teoriche e non sufficientemente controllati nella loro attendibilità e validità. Si diffuse allora un movimento di critica contro i test che arrivò fino

alla stampa di norme specifiche (1960) per la costruzione, la diffusione, la valutazione e l’uso dei test; tali norme sono contenute nel Standars for Educational and Psychological Test and Manuals pubblicato dall’American Psychological Association (APA). 3. I test oggi Il test è uno strumento indispensabile in molti ambiti perché fornisce una serie di indicazioni che aiutano a prendere decisioni, a verificare, a programmare il lavoro e a selezionare; esso non sostituisce lo psicologo che ha invece il compito di interpretare i dati e di integrarli con le info acquisite con altre procedure. Innovazioni scientifiche e metodologiche che hanno influenzato la storia del testing: - Uso pervasivo dei computer - Introduzione della meta-analisi nell’ambito della ricerca e della verifica delle proprietà metriche del test - Utilizzo della teoria del tratto latente 3.1 uso dei computer I computer compaiono nel mondo dei test negli anni ’60; sono usati principalmente nelle operazioni di somministrazione, di scoring, di lettura dei dati e nella fase di costruzione del reattivo. Con l’uso del pc il test risulta ancora più standardizzato perché si eliminano le differenze nei tempi e nelle modalità di somministrazione e gli errori di correzione; la somministrazione del test risulta più veloce ed economica di quella carta e matita; i dati sono già inseriti e non ci sono errori di trascrizione di info. Ci sono però due problemi: quello dell’interazione uomo-computer, ancora difficile per bambini e anziani, e quello che riguarda l’equivalenza dei test tradizionali con la versione computerizzata. 3.2 contributi della meta-analisi La meta-analisi è un processo di integrazione dei dati ottenuti da singole indagini; nella psicometria è utilizzato per la stima del coefficiente di validità dei test (validity generalization). 3.3 contributi della teoria del tratto latente Con la teoria del tratto latente è possibile rintracciare, all’interno di un gruppo di item, quelli con il medesimo grado di difficoltà; ciò permette di preparare test con lo stesso grado di difficoltà.

Capitolo 3: La psicometria. Ovvero: che cosa misurano i test? I test psicologici sono considerati degli strumenti di misura ma ci sono diverse opinioni su ciò che essi misurano e su quanto realmente sono in grado di farlo. La misurazione di variabili psicologiche legata alla chiarezza con la quale viene definito il significato di simili costrutti. Storicamente si sono affermate due scuole psicometriche caratterizzate da diverse e contrapposte concezioni di ciò che considerano loro oggetto di studio: una psicometria funzionale e una psicometria di tratto. L’orientamento funzionale è nato nell’ambito del testing occupazionale e scolastico; la progettazione e la costruzione di un test sono determinate dall’uso che di esso viene fatto e ciò che viene misurato non ha altro significato oltre alla sua applicazione. La costruzione di un test

prevede la definizione di uno scopo. La psicometria di tratto nacque per dare una base scientifica alle nozioni dei diversi tipi di personalità; l’idea centrale era quella dello spettro di personalità secondo cui ogni tipo di personalità non è “tutto o niente”, ma presenta varie possibilità fra i due estremi. La base delle differenze individuali nella personalità è correlata alle differenze individuali nella biologia dell’organismo; i test psicometrici vengono quindi elaborati per misurare dei tratti considerati come manifestazione delle variazioni biologiche nella personalità. I due modelli sono accomunati dalla teoria dei punteggi veri, un teorema fondamentale della psicometria. 1. La teoria dei punteggi veri La teoria dei punteg...


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