Riassunto il progetto locale - Magnaghi PDF

Title Riassunto il progetto locale - Magnaghi
Author Paola Nencioni
Course Pianificazione territoriale
Institution Università degli Studi di Firenze
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Riassunto del libro di Alberto Magnaghi: Il progetto locale...


Description

IL PROGETTO LOCALE – ALBERTO MAGNAGHI PRIMA PARTE PROLOGO Il territorio è un’opera d’arte, forse la più alta, la più corale che l’umanità abbia espresso; un’opera che prende forma attraverso il dialogo di entità viventi - l’uomo, la natura - nel tempo lungo della storia. Nella corsa alla costruzione di una seconda natura artificiale, la nostra civiltà tecnologica ha ormai abbandonato il territorio a sé stesso, riducendolo a superficie amorfa e seppellendolo di oggetti, opere, funzioni, veleni; col risultato, però, di generare crescenti insostenibilità politiche, sociali, economiche e ambientali. La qualità dell’abitare è andata progressivamente calando; la forma metropoli, divoratrice di risorse ambientali, umane e territoriali, è fra i principali responsabili del degrado ambientale del pianeta, della crescita esponenziale, insieme alla popolazione, delle nuove periferie di tutto il mondo. Il divario tra crescita economica e benessere è evidente infatti non solo nel terzo mondo, con la crescita di povertà materiali ed estreme, ma anche nel primo mondo, con l’aumento di nuove forme di povertà. Pena la catastrofe, occorre dunque un’inversione paradigmatica proprio a partire dal territorio che, da puro supporto di un modello di sviluppo omologato, ne faccia il fondamento di una differenziazione locale degli «stili di sviluppo» in grado di generare ricchezza durevole, indisponibile alla mercificazione del profitto. Sotto la colata lavica dell’urbanizzazione contemporanea vive un ricco patrimonio territoriale, pronto ad essere fecondato da nuovi attori sociali, che se ne prendano cura valorizzando qualità peculiari dei luoghi e promuovendo l’autogoverno delle società locali attraverso istituti di nuova democrazia partecipata nell’assunzione di responsabilità di un “bene comune”, cioè nell’equilibrio postmoderno tra diritti e doveri in un ambito comunitario. In tal senso la visione strategica della “riduzione di scala” per ribaltare l’esito della globalizzazione in una generale ri-territorializzazione del sociale, rimanda a ipotesi politiche di federalismo, sussidiarietà e omogeneità geopolitiche continentali. Il concetto di “autosostenibilità” infatti si fonda sull’assunto che solo una nuova relazione fra abitanti-produttori e territorio è in grado, attraverso la “cura”, di determinare equilibri durevoli fra insediamento umano e ambiente, riconnettendo nuovi usi, nuovi saperi, nuove tecnologie alla cultura locale. Il testo si suddivide in due parti: • la prima, di carattere prevalentemente teorico, è tesa a definire, attraverso una critica degli effetti distruttivi della città moderna, quello che viene chiamato l’approccio territorialista per uno sviluppo locale autosostenibile; • la seconda, propriamente progettuale, propone alcuni scenari strategici di "riterritorializzazione", cioè di costruzione di modelli di sviluppo locale nel segno della sostenibilità. 1 - FORMA METROPOLI E DETERRITORIALIZZAZIONE Le teorie tradizionali dello sviluppo interpretano la METROPOLI OCCIDENTALE come il compimento evoluto dell’insediamento umano che procede, in un percorso lineare da: → nomadismo → insediamento tribale → villaggio → polis → città romana → città medievale → città rinascimentale → città barocca → città moderna → metropoli occidentale contemporanea Ma, molti approcci critici interpretano la FORMA METROPOLI come: • espressione materiale della ratio imperialistica occidentale, della società capitalistica - industriale matura e della sua evoluzione post - industriale; struttura urbana interamente generata dalle leggi della crescita economica; a carattere fortemente dissipativo ed entropico; senza confini ne limiti alla crescita; gerarchizzante e omologante il territorio che occupa; insostenibile ed ecocatastrofica; svalorizzante le qualità individuali dei luoghi, priva di qualità estetica e riduttiva nei modelli dell'abitare. La liberazione dal territorio: un evento storico poco durevole e poco sostenibile Il territorio è un organismo vivente ad alta complessità, esito di processi coevolutivi di lunga durata fra insediamento umano e ambiente, che non esiste in natura (non va confuso con la terra o lo spazio), un neoecosistema in continua trasformazione, prodotto dall'incontro tra eventi culturali e natura, composto da luoghi dotati di identità, storia, carattere, struttura di lungo periodo, che formano i tipi e le individualità

territoriali e urbane. Esso è ogni volta trasformato da un progetto culturale di una civilizzazione, che può riprodurne o accrescerne (coevoluzione costruttiva) oppure deprimerne (dominio distruttivo) il valore patrimoniale. Nell'epoca storica caratterizzata dal fordismo e dalla produzione di Massa le teorie tradizionali dello sviluppo, fondate sulla crescita economica illimitata, hanno trattato il territorio in termini sempre più riduttivi: con il loro carico di natura, cultura e storia, sono stati ridotti a "siti", cioè a puri supporti fisici per la produzione ed il consumo dove l’abitante viene negato e sostituito dal produttore-consumatore, proliferano i "non luoghi" delle attività specializzate del mercato globale, e superflui, anche perché del tutto ignorati, appaiono i valori naturali, storici, culturali propri di ogni territorio, quelli che un tempo ne definivano l’identità. La presunzione della nostra civilizzazione che, applicando la scienza alla tecnologia, ha avuto l’ambizione di costruire una seconda natura artificiale, ha portato alla crescita della ricchezza di durata effimera, con la conseguenza di degradare ambiente e sociale, producendo insostenibilità dello sviluppo e obsolescenza del concetto di sviluppo stesso. Mumford parla di necropoli: l'ipertrofia metropolitana non è una patologia, una malattia nel corpo sano della città moderna, ma la regola, immanente alla struttura e al carattere del corpo stesso. La forma metropoli è una negazione della città, una forma di urbanizzazione distruttiva che copre il territorio di funzioni economiche e di non luoghi, privi di identità, relazioni, storia. Tutto ciò ha portato all'amnesia dei saperi e delle competenze per il processo di edificazione della città e del territorio: un processo che è stato continuo nella storia, di fondazione e rifondazione nel dialogo fra le successive civilizzazioni e l'anima dei luoghi. Arriviamo così, dopo la città storica, che ha caratterizzato millenni di civilizzazioni, e dopo la città moderna, da cui proviene la nostra, in un territorio posturbano (l’urbanizzazione contemporanea), che viene da molti connotato da una serie di ossimori: città diffusa, conurbazione, città di mezzo, città infinita, tutti attributi in contraddizione con i caratteri costitutivi della polis e della civitas. Un territorio costituito da reti e infrastrutture di connessione materiali e immateriali, che ha disintegrato la città in forme di urbanizzazione diffusa mandando in pezzi l’urbanité, cioè il riconoscersi come società nell’edificare il proprio ambiente di vita. Dunque, l’urbanizzazione contemporanea si distingue dalla città storica e dalla città moderna, per questo totale sganciamento dalle regole costitutive dell'identità di un luogo, sovrapponendovi una regola insediativa astratta, che si traduce nella non costruzione di città ma nel disarticolare sul territorio delle semplici funzioni del ciclo economico, cioè una grande quantità di frammenti connessi da reti connettive, seppellendo a caso paesi, città, tessuti territoriali. L'organizzazione metropolitana contemporanea è la prima nella storia che opera questo tendenziale sganciamento dei contesti e una radicale automatizzazione dell'organizzazione spaziale della società dei luoghi su cui insiste, trattandoli come semplice sfondo o supporto. Il concetto di luogo viene nei secoli progressivamente escluso a favore del concetto di spazio e della sua illimitata estensibilità. La forma limite è cosmopoli: un'unica forma ripetuta, pervasiva, omologante, iterata nel territorio mondiale; una distesa di oggetti di serie, una forma che elimina tutto ciò che è incompatibile con l'economia. Morfogenesi della urbanizzazione contemporanea: ipertrofia e topofagia Tra le molteplici regole di edificazione della forma metropoli, costitutive della sua ipertrofia, vi sono: • Liberazione dai Vincoli di luogo e di dimensione della città. Attraverso il sapere tecnico e le protesi tecnologiche ci si è liberati dai vincoli territoriali e si può localizzare in piena libertà ovunque, tutto e sempre. Tutto ciò per una fase storica ha significato grandi processi di mobilitazione e valorizzazione di risorse ambientali e umane, ma nel lungo periodo ha causate dipendenza e fragilità; infatti, metropoli vive e cresce ignorando e distruggendo le capacità del proprio ambiente di riprodursi, usando le risorse territoriali come fossero illimitate. Ha portato nel tempo a una crescente ignoranza delle relazioni tra insediamento umano e ambiente, che avevano generato l’arte di edificare, la storia dei luoghi e la loro identità, unica e irripetibile. La recisione della città dal suo contesto vivente interrompe il processo di generazione di paesaggio che ne garantisce la riproducibilità e l'identità.









Dominio delle funzioni economiche sulla organizzazione dello spazio. La produzione industriale di merci non tiene conto dell'organizzazione dello spazio, ma solo del ciclo produttivo, dei mercati e dei differenziali salariali, politici, ambientali. La conurbazione metropolitana seppellisce a caso ciò che gli sta sotto. A tutto ciò contribuisce l'immane mobilitazione di forza lavoro che fa dello sradicamento geografico e sociale la condizione prevalente del “residente”, non più “abitante”. L’infinita periferia delle Metropoli contemporanea assottiglia fino a distruggere la qualità dell'abitare il territorio: povertà di decisioni, di informazioni, di relazioni, di qualità estetica, di servizi, di rappresentazione civile, etc. Dissoluzione dello spazio pubblico. La riduzione a funzioni dei luoghi di comunicazione sociale nella città (la strada, la piazza, i viali, ecc.) ha comportato la marginalizzazione dello spazio pubblico: esso non è previsto tra le funzioni e le zonizzazioni del piano regolatore; l'abitante non ha più luoghi da abitare nei quali integrare e socializzare, non ha più relazioni di scambio e identificazioni con il proprio ambiente di vita, e da questa sparizione dello spazio fisico, ne consegue una progressiva perdita di potere sulla cosa pubblica. Lo spazio aperto, inteso come spazio pubblico, non è più progettato ma è ridoto a spazio connettivo di funzioni. La socialità è stata trasferita nella piazza telematica, nel Villaggio Globale, producendo da un lato ipertrofia delle relazioni funzionali e del traffico operativo, dall'altro ipertrofia delle relazioni sociali e dell'abitare. Applicazione delle tecnologie industriali e uso di materiali standardizzati per la costruzione della città del territorio. L’applicazione delle tecniche industriali rende indifferente l’architettura e la città alle qualità peculiari dei luoghi: le tecnologie industriali “liberano” le edificazioni dalla schiavitù della natura, l'omologazione delle tipologie libera la produzione degli edifici dai vincoli degli stili specifici dell'abitare inducendo la distruzione delle forme locali dell'abitare nelle città; la riproduzione del territorio è affidata ai grandi sistemi tecnologici e funzionali. Il territorio della crescita metropolitana come merce. L'abitazione, il capannone, in supermercato, l'infrastruttura sono Innanzitutto merci sul mercato; la mercificazione del territorio contrae la cultura dell'abitare e la riduce a modesti standard riproduttivi.

Fordizzazione e deterritorializzazione Seguendo queste regole insediative, la società industriale ha organizzato siti ai quali è stata attribuita una funzione; tali siti funzionali collegati insieme non fanno una città, ma un sistema economico produttivo localizzato nello spazio, suddiviso per funzioni, Ivi comprese quelle museali e della protezione della natura. Ma queste parti funzionali non si autoriproducono. Questa non è la città: la città è un evento complesso, culturale dotato di identità storica, che risiede in atti costitutivi non esclusivamente economici, ma nel mito, nel progetto sociale, negli eventi simbolici, negli archetipi, nella costruzione di spazio pubblico. Le periferie sono stampate a macchina, in serie, come frigoriferi. L'urbanizzazione metropolitana contemporanea si è posta in rottura progressiva e radicale con tutte le forme di insediamento precedenti, che, pur nella loro eterogeneità, sono tutte caratterizzate da un intreccio inestricabile fra società insediata e luogo. In particolare, in Italia si è verificato un processo di fordizzazione accelerata: esodo dai sistemi urbani pedemontani e vallivi alpini, abbandono dell’osso appenninico, esodo dal sud, marginalizzazione delle piccole e medie città, etc. Il modello metropolitano che si costituisce rapidamente come “città fabbrica” marginalizza la collina, la montagna, il sud e rende periferico e dipendente il ricco reticolo urbano storico, relegandolo a ruolo turistico e museale. Il territorio viene destrutturato; gli spazi aperti vengono smembrati in: 1. Spazi usati per l'urbanizzazione delle periferie industriali metropolitane: spazi aperti che diventano suolo edificabile con zonizzazioni di grandi monofunzione (es: grandi quartieri dormitorio, grandi fabbriche). L’ambiente antropico viene ricondotto a modelli e culture di produzione, di consumo di massa che distruggono e omologano le molteplici culture territoriali, i piccoli borghi, i tessuti rurali.

2. Spazi, prevalentemente di pianura, più adatti alla meccanizzazione, rasi al suolo per l'industria verde, cioè per un’agricoltura industrializzata che ha trasformato parti rilevanti del paesaggio rurale molto ricco e complesso in un deserto meccanico-chimico del sistema monoculturale. Ciò comporta il degrado da inquinamento e la sua insostenibilità. 3. Spazi costieri: funzionalizzati al tempo libero del produttore massificato, che ha occluso scogliere e coste con allineamenti litoranei continui, impoverendo e degradando i paesaggi collinari dell'entroterra. 4. Paesaggio di collina e di montagna: un territorio che viene abbandonato e sottoposto al degrado ambientale e sociale. Si compie quindi un modello di civilizzazione che svuota la montagna, rende marginale la collina, tranne dove essa è in grado di mantenere un proprio ruolo attivo in economia. In sostanza il territorio viene semplicemente sepolto, ridotto a uno spazio astratto; il locale scompare perché scompaiono i luoghi e le identità locali come valori utilizzabili nel modello di sviluppo economico e nella modernizzazione. Dalla città fabbrica alla città post-fordista: la deterritorializzazione continua Il territorio è trattato come un foglio bianco, un supporto su cui disegnare insediamenti secondo regole astratte dalla natura, dalla qualità, da l'identità dei luoghi; la deterritorializzazione non si configura come nel passato come una fase di transizione a una nuova territorialità, questa interruzione del ciclo territorializzazione – deterritorializzazione – riterritorializzazione si fonda sulla fiducia tecnologica nella possibilità di liberarsi definitivamente della natura e del territorio attraverso la costruzione di un ambiente totalmente artificiale. La deterritorializzazione contemporanea è dunque la prima nella storia a essere tendenzialmente strutturale, senza via di ritorno. Nel processo di costruzione della città fabbrica si attua una prima separazione delle relazioni tra società insediata e ambiente, una liberazione del territorio che riguarda le fonti di energia, i trasporti, le modalità di insediamento. La città viene riorganizzata in base a una razionalità che induce un'organizzazione lineare e istantanea; le funzioni della giornata lavorativa sulle modalità di in grandi funzioni temporalmente sequenziali: il tempo e sezionato e artificializzato nello spazio lineare delle funzioni produttive e riproduttive. Queste funzioni non hanno più nessuna relazione con la struttura territoriale che le precedeva. L'era telematica e la città dell'informazione del postfordismo proseguono il processo di deterritorializzazione, ma lungo linee evolutive diverse; la produzione è completamente aspaziale, atemporale, fondata su sistemi reticolari non lineari e non gerarchici. L'implosione del cyberspazio di molte attività umane invita a un'ulteriore disattenzione ai luoghi e alla loro cura; si verifica un progressivo trasferimento delle relazioni umane in un dominio aspaziale. La realtà fisica ordinaria diventa un fenomeno di tipo superficiale. L’ex abitante della città fabbrica nel suo cottage telematico apre la sua navigazione in un modo di libertà, di relazioni, emozioni che fanno da contrappeso alla povertà e alla miseria estetica, di relazioni, di vita sociale dello spazio materiale in cui vive. Il processo generale di deterritorializzazione comporta effetti a cascata sul paesaggio, sull’ambiente e sulle relazioni sociali. Il termine decontestualizzazione evidenzia la distruzione delle identità paesaggistiche operata dalla rottura delle relazioni tra nuove morfologie insediative e luoghi; ciò costituisce un atto di interruzione del paesaggio in quanto espressione dell'identità del luogo: l'identità del territorio non indica, infatti, solo il senso di appartenenza ai luoghi o alla loro storia, ma anzitutto l'insieme dei principi, delle razionalità auto organizzative di una società locale, quelle che le permettono di autorappresentarsi, di progettare il proprio futuro sul territorio. La prevalenza di opere generate da morfologie e regole esogene e astratte alla relazione tra natura e cultura può distruggere il processo di produzione dell'identità del paesaggio urbano e rurale. Il degrado evidenzia gli effetti della deterritorializzazione sull’ambiente; cioè la rottura di equilibri ambientali dovuta alla perdita di sapienza ambientale e all’abbandono della cura da parte della comunità insediata. L'estraneità degli abitanti ai luoghi è uno degli elementi che scatenano la produzione di eccessi di carico antropico sull'ambiente: dissesto idrogeologico, rifiuti, inquinamento, etc. È importante notare la pervasività di questo processo di deterritorializzazione: la storia del capitalismo è una storia di deterritorializzazione che produce progressivamente sradicamento, lavoro astratto, perdita di identità. Il processo investe anche il territorio agricolo: diviene puro supporto modulare di processi artificiali, fino alle ipotesi estreme di liberare la produzione agricola della terra.

2 - OLTRE L'URBANIZZAZIONE METROPOLITANA CONTEMPORANEA La mort De La Ville è irreversibile? Ci sono le condizioni storiche per interrompere il processo di deterritorializzazione e avviare un nuovo ciclo di territorializzazione come risposta ai problemi della sostenibilità dello sviluppo? Se affrontiamo la questione dal punto di vista delle tendenze dominanti la risposta è sicuramente negativa: il 54% della popolazione italiana è addensata nell’11% del territorio nazionale in aree metropolitane. È un processo che non si è mai verificato nella storia e che tende ulteriormente ad acuirsi e ad accompagnarsi al fenomeno di crescita esponenziale della popolazione mondiale; l’ONU ipotizza il 62% della popolazione mondiale insediata in città metropolitane e in megalopoli e che le megalopoli del Sud cresceranno in maniera esponenziale nei prossimi 50 anni. Il problema della sovrappopolazione e della povertà si identifica con il problema delle megalopoli nel terzo mondo: i futuri abitanti delle megalopoli del mondo vivranno in periferie degradate di favelas e bidonville. Il modello di urbanizzazione delle megalopoli del Sud del mondo è decisamente diverso della crescita della periferia metropolitana del primo mondo, dove esiste ancora una catena di relazioni causali fra urbanizzazione – lavoro – servizi – soddisfazione dei bisogni primari – formazione del reddito: il tipo di urbanizzazione selvaggia del Sud ha connotazioni direttamente socio-culturali e politiche (espropriazione delle terre, repressione militare nelle campagne, distruzione dei villaggi e delle foreste, ecc.) , cioè non regolabili da parte dei governi locali; un’urbanizzazione che non ammette pianificazione, un’urbanizza...


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