Riassunto Introduzione all\'antropologia PDF

Title Riassunto Introduzione all\'antropologia
Course Antropologia Culturale
Institution Università del Salento
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Claude Riviére – Introduzione all’antropologiaCapitolo Primo: concetti e metodi dell’antropologiaLe società arcaiche e primitive sono state i primi oggetti sociali ad essere analizzati da specialisti che le ritenevano più autentiche e più trasparenti rispetto alle società cosiddette civilizzate. La ...


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Claude Riviére – Introduzione all’antropologia

Capitolo Primo: concetti e metodi dell’antropologia Le società arcaiche e primitive sono state i primi oggetti sociali ad essere analizzati da specialisti che le ritenevano più autentiche e più trasparenti rispetto alle società cosiddette civilizzate. La scienza dell’uomo (in greco anthropos) si è poi data l’obiettivo di prendere in considerazione tutte le diversità culturali e sociali, ponendo dapprima in discussione le idee di progresso continuo dell’umanità e di supremazia di una civiltà rispetto a un’altra, per proporre successivamente una rivisitazione delle idee relative alle relazioni interculturali. Benché in Europa la corrente folklorista appaia già all’inizio del XX secolo, è soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale che si sviluppa l’applicazione dei metodi dell’antropologia al mondo industriale e che, sotto la spinta di una richiesta sociale, si valorizzano i patrimoni culturali nazionali e locali. L'antropologo che intende lavorare sulla propria società deve rimettere in discussione la nozione della distanza rispetto al proprio oggetto di studio: da un lato perché le società del Terzo Mondo tendono ad assomigliare sempre di più alle società europee; dall'altro perché lo sguardo sulle società industriali riprende le modalità d'approccio applicate in precedenza alle società esotiche. La modernità penetra così all’interno delle società tradizionali, inducendole a reinventare alcune tradizioni. Così se da un lato il sapere globale dell’antropologo attinge dal sapere locale dell’autoctono al quale dà forma, dall’altro le società locali tentano sempre più di conoscere sé stesse avvalendosi dello sguardo dell’antropologo.

1. I concetti fondamentali 1.1. L’altro Poiché studia le differenze tra società e tra culture, l’antropologia assegna il compito di pensare l’altro. L’alterità è stata via via concepita come storica: l’altro era il primitivo, il non europeo, schematizzato attraverso immagini caricaturali. Nel corso del XX secolo, tuttavia, i termini positivo e negativo di questi pregiudizi si sono talvolta invertiti. Tali giudizi non sono altro che posizioni ideologiche. Smentite, o perlomeno notevolmente attenuate dagli studi comparativi approfonditi, svoltasi successivamente. Quando parliamo dell’ non intendiamo necessariamente

evocare scenari lontani; infatti, la distanza rispetto all'oggetto dell' antropologo non è più geografica, bensì sociale e cognitiva. Portare lo sguardo sull’altro significa intrecciare delle relazioni, e ciò conduce sia ad una migliore conoscenza di sé stessi sia, grazie al confronto, ad una migliore conoscenza della cultura. 1. 2. L’etnocentrismo Parlare degli altri non significa palare alle loro spalle o contro di loro. Ciò tuttavia è molto comune, dato che l’etnocentrismo è connaturato a tutti gli uomini. Ciascun individuo si identifica, per la lingua, l’aspetto e il modo di vivere, con una comunità di cui ha assimilato i valori, e tende a rifiutare, criticare o svalutare coloro che non sono come lui. Ad esempio, quando venne scoperta l’America, gli spagnoli rifiutarono inizialmente di assegnare agli indiani l’attributo dell’umanità, a volte giustificando in tal modo la schiavitù a cui li assoggettavano. Gli indiani, al contempo, uccidevano gli spagnoli per verificare se erano essere mortali. L’etnocentrismo, di cui l’antropologo cerca di liberarsi, è l’atteggiamento secondo cui si tende a giudicare le forme morali, religiose e sociali di un’altra comunità sulla base delle proprie norme, e a considerare le differenze riscontrate come anomalie. L’etnocentrismo cela l’orgoglio locale e l’intolleranza religiosa ed è presente anche nei conflitti internazionali sotto forma di manifestazioni che mettono in pericolo l’ordine sociale. L’antropologo, dunque, deve sia fare attenzione a non ridurre il pensiero degli altri alle proprie griglie interpretative, sia guardarsi dal considerarsi superiore a coloro che costituiscono il suo soggetto di studio. 1.3.

L’etnia

Per etnia si intende generalmente una popolazione (ethnos in greco significa popolo) individuata da un nome (etnonimo), i cui componenti si richiamano ad un’origine comune e che possiede una tradizione culturale specificata dalla coscienza di appartenenza a un gruppo la cui unità poggia in generale sulla comunanza di lingua, di territorio e di storia. Tuttavia, può accadere che l’etnonimo indichi in realtà un raggruppamento istituito dall’amministrazione coloniale; oppure che il nome con cui un gruppo si autodesigna differisca dalla denominazione utilizzata per lo stesso gruppo da popolazioni vicine. Inoltre, a volte è accaduto che un’etnia dominata abbia adottato la lingua del dominatore; così come è accaduto che uno stesso territorio venga condiviso da più etnie o che una stessa etnia si ritrovi sparsa territori tra loro distanti. In realtà è stata la concezione dell’etnia tipica del XIX secolo che ha fatto sì che l’etnologia si costituisse come scienze delle etnie. Oggi è possibile mantenere ancora il termine etnologia, anche se occorre riconoscere che le società studiate non

sono più ormai etnie in senso proprio. E’ proprio questo ciò giustifica la preferenza generalmente accordata al termine antropologia. 1.4.

Etnologia e antropologia

Il fatto che la stessa disciplina riceva nomi differenti come etnografia, etnologia, antropologia sociale e antropologia culturale si spiega tenendo conto di leggere differenze di impostazione relative al contenuto, all’oggetto di ricerca e all’orientamento teorico. L’etnografia corrisponde ad un lavoro descrittivo basato sull’osservazione e sulla scrittura, che comporta la raccolta di dati e documenti. Risultato di questo lavoro sono monografie riguardanti i diversi aspetti di una società. L’etnologia , nell’elaborare i materiali forniti dall’etnografia, mira, dopo l’analisi e l’interpretazione, a costruire dei modelli e a studiarne le proprietà. Il termine etnologia, coniato dal moralista svizzero Chavannes nel 1787 serviva nell’Ottocento ad indicare lo studio della classificazione delle razze. Attualmente in ambito inglese il termine anthropology viene utilizzato in modo analogo al francese ethnologie, mentre il termine ethnology serve ad indicare le problematiche relative all’origine e alla ricostruzione del passato, alla diffusione dei tratti culturali e ai contatti. L’antropologia persegue un grado di generalizzazione ancora più elevato. L’antropologia, secondo lo studioso Copans, può essere vista: - come dibattito teorico inerente ai gruppi umani e alle loro culture; - come tradizione intellettuale e ideologica di una disciplina dotata di una specifica modalità di comprensione del mondo; - come pratica istituzionale che definisce i suoi obbiettivi, i suoi oggetti, le sue idee; - come metodo e pratica di ricerca sul campo. L’antropologia sociale, inclusa nell’antropologia generale, definita soprattutto dalla scuola britannica, determina le leggi della vita in società osservando soprattutto il funzionamento delle istituzioni sociali: famiglia e parentela, classi di età, organizzazione politica, tipi di procedura legale ecc. L’antropologia culturale, nata negli Stati Uniti, costituisce uno sviluppo specifico all’interno della disciplina. Essa parte dalle tecniche, dagli oggetti, dai tratti comportamentali per giungere a fornire una sintesi dell’attività sociale. L’antropologia culturale accorda molta importanza ai fenomeni di trasmissione della cultura.

Il termine etnologia continua ad essere in voga, ma si tende oggi a sostituirlo con le dizioni antropologia sociale e culturale; i due aggettivi servono a differenziare la disciplina dall’antropologia filosofica (discorso astratto sull’uomo) e dall’antropologia fisica, che ha per oggetto lo studio biologico e fisico dei caratteri razziali, ereditari, sessuali e relativi all’alimentazione, e che comprende l’anatomia, la fisiologia e la patologia comparata. La connessione con l’antropologia filosofica e con la filosofia della storia ha consentito di sviluppare rapidamente lo statuto teorico dell’antropologia. 1.5.

Oggetto e metodo dell’antropologia

L’antropologia sceglie come oggetto di studio delle unità sociali coerenti e non troppo vaste che abbiano la caratteristica o di costruire un campione rappresentativo della società intera che si desidera conoscere oppure di rappresentare in modo originale una determinata sottocultura. Il metodo consiste nell’estrarre il globale a partire dal particolare, attraverso l'analisi dei rapporti interindividuali e istituzionali e dei principi che regolano l'organizzazione e la produzione. Gli interrogativi che l’antropologo si pone a proposito delle società studiate sono di questo tipo: qual è la natura, qual è l’origine dei costumi e delle istituzioni? In che modo l’individuo vive la propria cultura? Quale significato rivestono le differenze sociali e culturali tra gruppi vicini? Interessata alla totalità, l’antropologia studia l’uomo in tutte le dimensioni, mostrando come ogni elemento, seppur apparentemente isolato, riceve significato in relazione all’insieme culturale e sociale in cui si inserisce. Il medesimo insieme sociale può inoltre venire studiato da altre discipline, con le quali l’antropologia entra in rapporto di complementarità.

2. Rapporti tra discipline continue 2.1. Antropologia e sociologia L’antropologia si è sviluppata in stretto rapporto con la sociologia, che potremmo quasi definire sorella gemella. Nel corso del XIX secolo la necessità di riorganizzazione sociale, conseguente alle rivoluzioni politica e industriale, provoca la nascita della sociologia. Non molto tempo più tardi si assiste alla fondazione dell’antropologia. La sociologia affonda le proprie radici nel riformismo sociale e nella filosofia; l’antropologia invece nello spirito antiquario e nella storia naturale. L’antropologia e la sociologia si distinguono tra loro grazie ai differenti campi di ricerca. La prima analizza le società relativamente omogenee e di piccole dimensioni,

di cui non si conosce la storia, e che vengono definite , , ; la seconda invece studia le società complesse, eterogenee, dotate di un lungo passato storico di cui si possiede documentazione, e che vengono definite , , , . L’oggetto del sociologo si configura come meno distante e più visibile rispetto a quello dell’antropologo, e la scelta della sociologia si orienta verso il metodo dell’indagine per campioni condotta su insiemi ampi. L’antropologia, invece, si pone come obiettivo la descrizione completa delle culture di piccole dimensioni. Ciò non toglie che queste due scienze umane avanzino in realtà di pari passo. Quando, all’inizio degli anni Cinquanta, gli antropologi cominciano a dedicarsi allo studio delle società complesse, i sociologi si indirizzano verso gli aspetti simbolici del comportamento, verso le micro – relazioni di tipo rituale, giuridico e culturale. 2.2. Antropologia e storia Alla fine del diciannovesimo secolo, sociologi e antropologi, si pongono l'obiettivo di scoprire relazioni costanti che si possono presentare come leggi evolutive. Gli storici, al contrario, lavorano sulla cronologia e sulla dimensione politica. Nel corso degli anni 30 l'antropologia funzionalista ha delimitato il proprio campo metodologico affermando la centralità dell'osservazione e dell'inchiesta orale, contrapponendosi agli storici che lavorano a partire dalle fonti scritte.. Quando Levi Strauss distingue tra società fredde, ovvero che si sforzano di sterilizzare il divenire storico, e le società calde, ovvero autrici di una storia termodinamica, egli accentua l'opposizione tra primitivo e civilizzato, proprio nel momento in cui i movimenti di indipendenza scuotono la geografia e la storia politica del Terzo Mondo. Poiché la storicità è intrinseca al sociale, è opportuno non forzare l'opposizione tra antropologia caratterizzata dall' oralità e dall’inconscio e dall'altro la storia, definita dalla scrittura e dalla coscienza. L'antropologia si propone di essere generalizzante e comprensiva, allo stesso modo, anche la storia lo è, ma prende le distanze da una storia racconto di tipo puramente cronologico. Ormai l’etnostoria, nata inizialmente per conoscere il passato degli aztechi e degli inca, utilizza in maniera combinata le tecniche degli storici e degli antropologi. Essa mette in relazione il passato e il presente esaminando dall’interno i valori e i linguaggi di un determinato gruppo. Utilizza i metodi di ricerca propri dello studio delle tradizioni orali, analizza la memoria che le società hanno di sé stesse e tenta di ricostruire delle cronologie. Da una trentina d’anni a questa parte anche l’antropologia storica si è fortemente

sviluppata, in questa prospettiva particolarmente importante è la scuola francese delle “Annales”. 2.3.

L’etnolinguistica

Il termine etnolinguistica, così come etnostoria, caratterizza in modo adeguato il raccordo tra le due discipline vicine. Nel XIX secolo la lingua è stata considerata sia un’istituzione sociale, sia il tesoro di una civiltà. Come ha fatto notare De Saussure, la lingua ha una vita propria dal punto di vista fonologico (il suono), sintattico (la costruzione della frase) e semantico (il senso delle parole). La linguistica diviene linguistica strutturale nel momento in cui si considera la lingua come un codice e come un prodotto della mente umana, oppure linguistica generativa allorquando la lingua viene intesa come un insieme di regole per la produzione di frasi. È necessario considerare in che modo la lingua influenza il pensiero e la visione del mondo. Da questa corrente dell’antropologia linguistica nascono le diverse tendenze dell’etnolinguistica contemporanea. Queste affrontano il problema del rapporto tra lingua e cultura e il problema del rapporto tra lingua e struttura sociale. 2.4. Altre specializzazioni Gli strumenti per la ricerca impiegati in antropologia si sono affinati grazie allo sviluppo contemporaneo di altre scienze quali la tecnologia, la genetica, la geografia e grazie alle ricerche sul campo. Particolarmente importanti sono gli apporti forniti dall’archeologia e dalla preistoria, nonché anche dalla psicologia e dalla psicoanalisi. Tuttavia, sono necessarie anche altre specializzazioni per quanto riguarda le relazioni interdisciplinari dell'antropologia, che possiamo così suddividere: - Specializzazioni esterne, quelle ai confini con altre discipline; - Specializzazioni interne, come ad esempio antropologia politica, antropologia economica ecc.; - Specializzazioni per aree geografiche; - Specializzazioni legate alle scuole, ovvero in funzione delle teorie e delle tematiche privilegiate, in un dato periodo in un determinato paese.

3. L’arte e il metodo 3.1. L’avventura antropologica sul campo Lo spostamento che caratterizza la ricerca antropologica implica la necessità di allontanarsi dalla propria civiltà per incontrarne altre. L'esilio culturale conduce alla tolleranza, al rifiuto dei pregiudizi e consente di liberarsi dall’etnocentrismo.

L'iniziazione all' esotico presuppone una certa “ascesi. Si tratta infatti di vivere presso società prive di comodità e non esenti da pericoli. Ciò che più arduo da sopportare e il fatto di rappresentare a propria volta un oggetto esotico punto è difficile essere soli tra un gruppo che spia i vostri comportamenti e gli oggetti di cui disponete, che rappresentano la ricchezza per chi ne è privo. A questo punto si stabiliscono gravi sospetti. Tale atteggiamento sospettoso è il corrispettivo dell'indiscrezione dell' antropologo, il quale va a mendicare informazioni e a disturbare, con la sua sola presenza, la vita di un intero gruppo. Caratteristica specifica dell’osservazione partecipante è il mimetismo: agire come gli altri al fine di far dimenticare il più possibile la propria diversità. Chi desideri comprendere la visione del mondo di colui che osserva, le motivazioni delle sue azioni e il suo sistema di valori deve condividere con lui la vita quotidiana, i lavori, i pettegolezzi, le feste. Tale atteggiamento comporta inevitabilmente alcuni rischi, ad esempio quello di perdere la fiducia di una parte del villaggio andando ad abitare vicino a un clan che questa considera nemico. Malgrado tali inconvenienti, qualsiasi spaesamento è un fattore di dinamica personale, e ogni mutamento di prospettiva prodotto dall’esotico è istruttivo. Certo, pur senza volerlo, l’antropologo, con la sua presenza, rischia di modificare un po’ i fatti che intende studiare, ma il dialogo con genti diverse modifica anche lui. Ma si tenga presente che lo spostamento non è necessario al mestiere dell’antropologo. 3.2. L’osservazione partecipante L’osservazione partecipante è la tecnica più ardua applicata dall’antropologo. Le forme dell’osservazione sono: 1) Osservazione interna (auto – osservazione oppure osservazione del proprio gruppo) o osservazione esterna

(osservazione di un gruppo diverso dal

proprio); 2) Osservazione semplice (utilizzando solo i propri sensi) o osservazione attrezzata (con registratore, telecamera, macchina fotografica ecc.); 3) Osservazione continua (quando il ricercatore resta a lungo sul terreno) o osservazione discontinua (di una riunione, di una manifestazione ecc.) 4) Osservazione libera o partecipante;

5) Osservazione descrittiva relativamente passiva, destinata a fini diagnostici. Possiamo schematizzare come segue le regole generali dell’osservazione partecipante. 1) Personalità e atteggiamento dell’osservatore; oltre al rigore e alla precisione indispensabili per un lavoro esaustivo, sono necessarie al ricercatore l’intuizione, l’immaginazione e una certa dose di empatia consistente nel tentare di pensare e di sentire come coloro presso i quali si è recato. 2) Necessità di apprendistato; al fine di sviluppare la capacità di scoprire i problemi e l’esattezza nelle annotazioni. 3) Procedura: l’antropologo raccoglierà delle annotazioni sul campo, con la maggiore sollecitudine possibile, per non correre il rischio di dimenticare i dettagli, specificando anche le azioni da lui stesso compiute che possono aver modificati la situazione. 4) Contenuto: le schede indicheranno la data, l’ora, la durata dell’osservazione, il luogo esatto (mappe, foto, schizzi), le circostanze, le persone, presenti e i loro ruoli, la strumentazione utilizzata, gli aspetti ambientali che possono influenzare eventualmente la situazione temperatura, rumore, illuminazione). Le conversazioni e i dialoghi verranno riportati o riassunti nella forma del discorso diretto. Le opinioni e le osservazioni saranno messe per iscritto a parte nel diario della ricerca. 5) Stesura dei dati. 3.3. L’indagine tramite informatori L’osservazione da sola non è mai sufficiente: essa deve essere affiancata da colloqui con informatori qualificati. 1) I ricercatori. L’antropologo può anche lavorare da solo, ma il più delle volte si troverà a condividere il proprio campo con il linguista, con il medico, con l’esperto di tecnologia, con lo storico delle religioni, ai quali potrà porre delle domande al fine di allargare la rete delle proprie informazioni. Collaboratori locali, particolarmente onesti competenti e perspicaci, che conoscono la lingua del paese, possono servire da intermediari con la popolazione in questione. 2) Gli informatori. Verranno scelti in funzione delle loro conoscenze e in rapporto alle loro appartenenze e alle interconnessioni dei sottogruppi di cui fanno parte. E’ opportuno campionarli in funzione delle competenze: l’anziano, il capo, l’educatore; in funzione della diversità dei caratteri.

3) Le informazioni. Si ottengono o nel momento dell’osservazione, oppure discutendo contemporaneamente con più interlocutori. 4) I documenti. Oltre ai documenti puramente verbali, ivi compresi i lessici, le nomenclature, i racconti ecc., l’antropologo utilizza i documenti materiali e tutte le forme di registrazione dei fatti umani: disegni, pitture, oggetti d’arte, senza dimenticare la documentazione scritta ricavabile o dalla stampa o da fonti private o da fonti pubbliche. Il suo compito è quello di vagliare criticamente tutte queste testimonianze, valutandone l’origine, l'integrità e il significato, seguendo gli stessi crite...


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