Riassunto LA Pedagogia Degli Oppressi (Salvataggio automatico) PDF

Title Riassunto LA Pedagogia Degli Oppressi (Salvataggio automatico)
Author Laura Beatrice Caizza
Course Pedagogia sociale
Institution Università degli Studi di Bergamo
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Riassunto del libro "La pedagogia degli oppressi" ...


Description

LA PEDAGOGIA DEGLI OPPRESSI o CULTURA ALTERNATIVA RIASSUNTO Prefazione Vocazione di Paulo Freire: umanizzare, essere di più. Parla di cultura alternativa, che svolge compiti pedagogici regolari con gli immigrati in giro per i continenti. Promuove il multiculturalismo e si batte contro il razzismo e per tutelare le minoranze indigene. Ne parla nella pedagogia della speranza, che a metà degli anni ’80 considera come filo conduttore del suo pensiero nei decenni: «La speranza da sola non trasforma il mondo ma è un supporto essenziale alla qualità della lotta». Dice poi che gli strumenti pedagogici possono essere sia costruttori che demolitori della democrazia. In generale il pensiero educativo di Paulo Freire propone il cambiamento delle strutture mentali. Oggi la cultura alternativa di Freire è presente in Italia. Ha dato un contributo concreto di un metodo e di un contenuto nuovi per la cultura alternativa. Chi sono gli oppressi? Le masse brasiliane abituate alla cultura del silenzio fatta di mutismo e non partecipazione, ereditata dal colonialismo portoghese, che negli anni’70 stavano attraversando il transito dal silenzio all’azione. Però mancavano ancora gli strumenti di comunicazione necessari. Lo strumento metodologico nuovo della pedagogia degli oppressi o cultura alternativa è il Circuito di cultura. Si tratta di un metodo attivo e dialogico privo di dirigenza, con una semplice coordinazione. A livello educativo prescinde dai piani ufficiali e aiuta l’educando a ripercorrere la sua esistenza ed esperienza. È criticizzante perché consente di uscire da una concezione fittizia e di entrarne in una critica. È il concetto antropologico di cultura per il quale l’uomo prende coscienza dei 2 mondi: 1. Cultura, 2. Natura. Coscientizzazione: educazione di base. Consapevolezza critica, reale, concreta. È libertà. Rende possibile l’inserimento dell’individuo come soggetto nel processo storico che ricerca la sua affermazione. Paura della libertà: chi ne soffre non ne è cosciente. Chi la prova tende a nasconderla, rifugiandosi nelle certezze. Evita la libertà perché comprende i rischi. Tali considerazioni sono concrete, non frutto di pensieri di fonti intellettuali. Si riferiscono alle reazioni dei proletari rurali e urbani, quindi alla classe media, verificate direttamente o non dal lavoro educativo. Il testo è dedicato a chi è in grado di mantenere e avere posizioni estreme, radicali. Perché si tratta di un testo puramente dimostrativo. C’è poca ricerca teorica dietro e molti fatti. No fanatismo e idealizzazione, sì radicalizzazione e criticismo. Chi è radicale non sarà mai soggettivista. Bisogna analizzare la realtà in modo oggettivo. Il radicale è impegnato nella liberazione degli uomini e non si lascia infatuare dalle zone di confort. Non si sente padrone del tempo, né degli uomini, né degli oppressi. Si impegna con loro nel tempo per lottare con loro. In questo saggio vengono introdotte le prime direttive per avviare il compito di radicalizzazione della pedagogia degli oppressi. Capitolo 1: Giustificazione della pedagogia dell’oppresso.

Approfondisce alcuni punti dell’educazione come pratica della libertà. Gli uomini scoprono di avere troppa poca coscienza di sé, sono inquieti perché vogliono sapere di più. È il problema dell’umanizzazione che è diventato impossibile da sfuggire. Constatare tale preoccupazione porta inevitabilmente a riconoscere la disumanizzazione come realtà storica. Da qui l’uomo capisce di essere inconcluso. Umanizzazione e disumanizzazione sono entrambe delle possibilità. Naturalmente si auspica alla prima. Si tratta però di una vocazione negata dallo sfruttamento, dall’ingiustizia, dall’oppressione, dalla violenza degli oppressori ma affermata dalla libertà, giustizia, lotta all’oppressione e agli oppressori per recuperare l’umanità rubata. Disumanizzazione: distorsione della vocazione ad essere di più. Si verifica sia in chi ruba l’umanità ad altri, che in chi vede rubare la propria umanità da altri. Quindi sia nell’oppressore che nell’oppresso. Combattere la disumanizzazione comporta riconoscerla non come destino ineluttabile ma come prodotto di un sistema ingiusto che genera la violenza degli oppressori e la conseguenza di questa quindi il presentarsi degli oppressi. L’obiettivo è quello di portare gli oppressori a voler essere di più, quindi ad umanizzarsi. Per fare ciò è necessario che gli oppressori comprendano che diventando tali è come se stessero auspicando ad una vocazione negativa, quella di essere di meno. È una lotta che ha senso solo quando gli oppressori non si sentono ideologicamente tali. È più facile il processo di umanizzazione quando si porta l’oppressore a non essere più tale. Grande compito umanista e storico degli oppressi: liberare sé stessi e i loro oppressori. Gli oppressori lavorano per falsa generosità. Hanno bisogno che l’ingiustizia perduri per ingannare gli oppressi con una generosità fittizia che allude di essere rigeneratrice per le condizioni deboli degli oppressi (morte, miseria, scoraggiamento). «Uomini o popoli, nella misura in cui lotteranno per la restaurazione della loro umanità, tenteranno la restaurazione della vera generosità». Il cammino verso il recupero dell’umanità è nelle mani degli oppressi. Libereranno sé stessi e gli oppressori ricercando e riconoscendo la necessità della lotta per riaverla. La pedagogia dell’oppresso è forgiata con lui e non per lui, per riottenere l’umanità. È una pedagogia che fa dell’oppressione una riflessione per gli oppressi. La pedagogia degli oppressi si attua nei differenti sistemi educativi e attraverso lavori educativi organizzati esclusivamente con l’oppresso che è in fase della propria coscientizzazione. La pedagogia dell’oppresso avviene in due fasi: 1. Gli oppressi scoprono il mondo dell’oppressione e si impegnano nel trasformarlo. 2. L’oppresso avvia il processo per liberarsi dall’oppressione Queste due fasi prendono anche il nome di DUALISMO in cui appunto l’oppresso diventa tale e poi realizza di esserlo. Gli oppressori opprimono perché amano solo se stessi, sono distorti e già disumanizzati e utilizzano la violenza per sovrastare gli oppressi ed elevare sé stessi. Gli oppressori opprimono gli oppressi e impediscono loro di essere, essere di più  risultato gli oppressi lottano per essere con la violenza quando diventano consapevoli.

“l’importante che la lotta degli oppressi si faccia, così si superi la contraddizione in cui essi si trovano. E che questo superamento si ala nascita dell’uomo nuovo: non più oppressore, non più oppresso ma uomo che libera se stesso. Gli oppressi non si umanizzano invertendo i ruoli con gli oppressori (attraverso la ribellione manipolata) bensì comprendendo di essere oppressi lottano per avviare il processo di liberazione. Esempio: nascita della Mafia in cui si manifesta una situazione di oppressione e le persone da oppressi invertono i ruoli invece di umanizzarsi e diventano oppressori (mafiosi).  situazione che vale anche per gli oppressori. Gli oppressori non esisterebbero se non ci fossero gli oppressi. Il potere distorto (possesso) nasce con La violenza che si tramanda da generazioni nel mondo degli oppressori che crea una coscienza fortemente possessiva del mondo e degli uomini. Per loro è legittimo avere questo possesso delle cose e delle persone. Tendono a trasformare tutto ciò che li circondano del loro dominio. Possesso = materialismo dell’esistenza. IL DENARO è LA MISURA DI TUTTE LE COSE. Avere sempre di più è una prerogativa di vita ed un diritto intoccabile. Per gli oppressori avere di più è umanizzazione e non disumanizzazione. Se gli oppressi si dovessero ribellare per gli oppressori è ingratitudine, quindi sovversione perché per gli oppressori avere di più anche a discapito degli oppressi è umanizzazione. Se gli oppressi si ribellano perché gli oppressori vogliono di più allora per loro gli oppressi sono degli ingrati.  nasce il controllo forzato, la sorveglianza. Gli oppressori sviluppano il sadismo perché provano piacere nel trasformare l’uomo in cosa e quindi privarlo della sua libertà rendendolo un essere inanimato. Per possedere si appropriano anche della scienza e della tecnologia. Gli oppressi hanno gli obbiettivi già prescritti dagli oppressori. Quando gli oppressori ottengono la consapevolezza di essere degli oppressori rischiano di ricadere nel fare gli oppressori. Avvicinarsi al popolo e prendere consapevolezza di quelli che sono i problemi è un avere nostalgia delle proprie origini. Se l’oppressore passa ma invece di assumere una nuova forma dell’essere continua a pensare quello che era rimane oppressore. La differenza fra oppresso e oppressore è sottile. L’oppressore inizia a dominare entrambe le parti perché essendo stato oppresso capisce il loro di agire e i loro comportamenti. L’ex oppressore diventa un oppresso quindi lui vive ancora l’oppressore e quindi si ritrova ad essere se stesso e l’altro. Si fondano le condizioni e si ritrova a viverle entrambe. Assume comportamenti fatalistici non ha ancora realizzato la sua coscienza di essere oppressore. Gli oppressi, dopo un processo in cui gli oppressori vogliono trasmettere i propri principi di possesso, iniziano a svalutarsi e ad essere meno e si auto svalutano. È necessario che gli oppressi inizino a realizzare che dall’altra parte hanno a che fare con una persona debole/vulnerabile nel suo essere disumano (oppressore). È un processo che deve essere avviato quando si prende consapevolezza di voler essere liberato. Paulo Freire ambisce al dialogo critico perché crea consapevolezza e di conseguenza libertà. Quindi la prima azione degli oppressi è quella di avere un dialogo liberatore che aiuti a percepire la realtà. Il dialogo non deve provocare la furia e la repressione. Il dialogo crea anche riflessione, senza di essa non ci sarebbe la liberazione. La riflessione deve farsi su basi della realtà percepita e non

puramente intellettuale. Deve essere tutto concreto e basato sulle condizioni in cui si vive in modo da attivare tutte le azioni che ti portano ad essere di più e non di meno. L’azione politica tra gli oppressi deve essere un’azione culturale per la libertà. Libertà è indipendenza dall’oppressore e dalla situazione di oppressione. La questione di libertà bisogna stare attenti a non far propaganda, allontana dal dialogo critico. Con la propaganda Conquisti la sua libertà(dell’oppresso) non con lui ma per lui. L’obiettivo non è farne una questione di propaganda. PRICIPIO PEDAGOGICO: avviare una rivoluzione per la libertà CON l’oppresso e non a visione di tutti NO PROPAGANDA. I leader rivoluzionari (coloro che non seguono il principio pedagogico), hanno dei preconcetti contrari alla pedagogia quindi utilizzano la propaganda. Per essere libero non deve essere succube o schiavo bensì attivo e responsabile. Secondo Paulo A livello educativo i leader della rivoluzione dovrebbero creare una co-intenzionalità cioè leader e masse collaborano criticamente. È anti pedagogico perché la pedagogia educa il singolo e non una massa. CAPITOLO 2: la concezione depositaria dell’educazione Più si analizzano i rapporti fra educatore/educando più si evidenzia che sono rapporti narrativi, nozionistici dei valori e della realtà. Nella narrazione c’è un soggetto che narra e i pazienti oggetti che sono gli ascoltatori, gli educatori. Educazione depositaria: l’educando ripete la narrazione riempiendo l’educatore di nozioni che poi archivia. Se gli uomini vengono archiviati non possono “essere”. La narrazione conduce gli educandi ad imparare a memoria la narrazione senza capirne il contenuto. Il logos (discorso) è quello che compie l’educatore e la doxa (è quello che assimila l’educando). Educatore ed educandi hanno una visione deformata dell’educazione, quindi si confinano all’archivio, non hanno ben chiaro il concetto di educazione. Non esiste il sapere, la creatività, esso esiste solo nell’invenzione e nella ricerca. Non esiste più la condivisione e la comunicazione. L’educazione depositaria stimola l’oppressione e la contraddizione perché per educazione si intende trasferire valori, depositare conoscenze e con questa educazione non avviene il superamento della cultura del silenzio. L’educazione depositaria si basa su diversi assunti: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.

L’educatore educa, gli educandi sono educati L’educatore sa, gli educatori non sanno L’educatore pensa, gli educanti sono pensati L’educatore parla, gli educandi l’ascoltano docilmente L’educatore crea disciplina, gli educandi sono disciplinati L’educatore sceglie e prescrive la sua scelta, gli educandi seguono la sua prescrizione L’educatore agisce, gli educandi hanno l’illusione di agire, nell’azione dell’educatore L’educatore sceglie il contenuto programmatico, gli educandi si adattano L’educatore identifica l’autorità del sapere con la sua autorità funzionale, che oppone la libertà degli educandi, essi dovevano solo adattarsi alle sue determinazioni. 10. L’educatore è il soggetto del processo, gli educandi puri oggetti. È normale vedere che in questa educazione depositaria gli uomini siano visti come esseri destinati ad adattarsi. L’educazione depositaria annulla il potere degli educandi e soddisfa gli interessi degli oppressori perché rende possibile la falsa generosità che alimenta gli oppressi. Gli oppressori ciò che si ripromettono è: trasformare la mentalità degli oppressi e non la situazione che li opprime per

dominarli meglio adattandoli a questa situazione. Gli oppressi prendono così il nome di assistiti. Sono gli emarginati, casi singoli che stonano nella società oppressa. Gli oppressi sono definiti come la patologia della società umana che ha bisogno di adattarli a sé cambiando la loro mentalità di inetti e pigri. La soluzione a ciò sarebbe di assumere la condizione di “essere dentro di”. Lo scopo dell’educazione depositaria quindi è quello di negare agli oppressi la vocazione dell’essere di più. L’educatore si trova così ad essere alienato dall’ignoranza e mantiene posizioni fisse, invariabili. Lui sarà quello che sa e gli educandi quelli che non sapranno mai. L’educazione liberatrice comporta il superamento della contraddizione tra educatore/educando in modo che ambedue divengano contemporaneamente educatori ed educandi. Se la vocazione ontologica è quella di umanizzarsi prima o poi gli oppressi si rendono conto che l’educazione depositaria non lo permette. Essi così possono impegnarsi nella lotta per la loro liberazione. Nel momento in cui l’educatore non è più depositante non addomesticherebbe più, e il suo compito sarebbe sapere con gli educandi e loro impererebbero con lui.  non è più servizio di disumanizzazione ma di liberazione. Quando gli uomini sentono la proibizione di agire soffrono e questa sofferenza deriva dal fatto che si è scosso qualcosa nell’equilibrio umano. La liberazione autentica non è una cosa che si deposita negli uomini, è una prassi che comporta azione e riflessione sul mondo per trasformarlo. Si rompe il meccanismo distorto quando l’educando finisce l’atto di conoscenza che gli viene impartito dall’educatore. Per condurre la libertà bisogna interrompere la trasmissione unidirezionale introducendo il rapporto critico, dialogico che conduce a conoscere la realtà. L’educatore depositario è necrofilo, ama ciò che non cresce e nel processo educativo che fa non è mirato alla trasformazione dell’altro ma alla conformazione dell’educando a certi principi. Non ama la crescita ma la morte. Desiderio di trasformazione distorta non per essere di più ma essere di meno. Trasformazione da processi viventi a cose. Viene costruita la memoria nell’educando e non viene trasmesso come principio primo come solitamente è l’esperienza. L’uomo non capisce che qualcuno gli sta proibendo qualcosa perché non si interroga. L’obiettivo dell’educatore depositario è quello di impedire all’educando di impedire una proibizione. Nella relazione viene impedita la realizzazione di potere da parte dell’educando quindi viene privato dell’azione. La relazione viene limitata ad un rapporto curativo, viene tolta ogni azione, è un ricevere passivo che si può considerare una relazione purativa(?). Altro punto di vista per considerare il rapporto: l’educatore depositante mantiene la coscienza al naturale degli educandi cioè non trasforma la loro coscienza e si limita a dominare la loro coscienza affinché si adattino alla realtà. Gli oppressori e gli educatori depositari non sono umanisti ma umanitari ciò significa che non conducono la liberta di educare l’educando ma semplicemente di adeguare l’oppresso a ciò che crea beneficio all’oppressore. L’educatore depositario pratica in modo da non far riflette l’educazione fuori di sé ma dentro di sè (la reprime). L’educazione depositaria impedisce il rapporto intenzionale con il mondo e con la realtà. La coscienza in questa relazione viene separata, non viene inclusa nell’integrità dell’uomo. Divide la coscienza naturale (originaria) con la coscienza che si sviluppa con il tempo. Viene impedito che la coscienza naturale abbia un’evoluzione con la trasformazione dell’uomo che percepisce la realtà. La prima relazione depositaria tramanda l’immersione invece la relazione sana è quella che fa emergere e che ce fuori dalla tua coscienza naturale originaria. È necessaria la relazione educativa

sana perché non esiste un’io che si struttura senza un Non Io. La relazione sana ama la creazione, la crescita, l’essere e non l’avere (il possesso). L’educazione problematizzante (educazione sana) è il contrario dell’educazione depositaria. Nell’educazione problematizzante l’educando quando si guarda indietro si rende conto che il passato lo ha lasciato indietro e si sta evolvendo. Quando si approfondisce la presa di coscienza e non si rende fatalistica gli uomini la fanno propria come realtà storica e quindi diventa una realtà suscettibile che dall’educando può essere trasformata e di conseguenza può trasformare sé stesso.  il fatalismo degli oppressori blocca questa trasformazione. CAPITOLO 3: dialogità e La parola si identifica con il dialogo e si colgono in essa due dimensioni: •

Azione



Riflessione

dialogo

Sono legate tra loro al punto che se una viene sacrificata l’altra ne risente e non si potrebbe trasformare nulla attraverso il dialogo. La parola non autentica, incompleta risulta divisa. Senza l'azione il suono della parola non ha più la stessa valenza. Senza la riflessione la parola diventa attivismo, il che renderebbe impossibile il dialogo. L'esistenza umana non può ne essere muta ne essere nutrita da parole false, perchè le parole false alimentano la morte e non la vita. Alimentano l'arresto e non la trasformazione. Alimentano l'oppressione e non l'amore. Esistere umanamente significa dare un nome al mondo e modificarlo perchè denominandolo torna agli uomini in forma di problema da risolvere. Gli uomini si creano nella parola, quindi nell'azione-riflessione e non nel silenzio. Quindi la parola è un diritto di tutti gli uomini, non un privilegio degli oppressori. Il dialogo è condivisione con altri uomini e il mondo, quindi non si esaurisce nella diade oppresso e oppressore. Ragion per cui è impossibile creare un dialogo tra chi vuole e non vuole dare un nome al mondo, quindi tra chi nega il diritto di parlare e tra chi viene negato. È necessario che i negati ricostituiscano tale diritto, perchè è un'esigenza esistenziale dell'uomo. Se il dialogo è condivisione di parole(quindi azioni e riflessioni) con altri uomini,è un atto di creazione che non si può ridurre all'atto dell'educazione depositaria. Questo incontro con altri uomini non è: •

Un'incontro bellicoso



Un tentativo di propaganda



Un tentativo di conquistare l'altro.

Ma è un percorso verso l'umanizzazione che comprende la conquista del mondo per la liberazione dell'uomo. È condotto dall'amore che è un atto di coraggio. Non deve essere contaminato dalla manipolazione ma continuare a generare atti di libertà. Il dialogo si crea solo se c'è umiltà. Non si può dare un nome al mondo con l'arroganza. Umiltà significa riconoscere l'esistenza di altri io, in caso contrario non ci si può avvicinare al resto degli uomini e quindi al popolo. Umiltà significa simmetria. Non ci sono estremi, ne ignorante assoluto ne s...


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