Riassunto libro Teoria dell\'organizzazione di Mary Jo Hatch PDF

Title Riassunto libro Teoria dell\'organizzazione di Mary Jo Hatch
Author Ivonne Di Massimo
Course Organizzazione aziendale (6 cfu)
Institution Università degli Studi di Bergamo
Pages 84
File Size 1.3 MB
File Type PDF
Total Downloads 101
Total Views 120

Summary

Riassunto completo del libro...


Description

TEORIA DELL’ORGANIZZAZIONE PARTE PRIMA: Che cos’è la teoria dell’organizzazione CAPITOLO 1: PERCHÈ STUDIARE LA TEORIA DELL’ORGANIZZAZIONE 1. Che cos’è la teoria - Lo studio della teoria organizzativa accresce la possibilità di far carriera nelle imprese, nella pubblica amministrazione o negli enti no profit (vedi tab. 11). ! - Attraverso l’applicazione, infatti, una teoria offre indicazioni pratiche.! Una teoria è un insieme di concetti le cui relazioni ipotizzate offrono la spiegazione, l’interpretazione o l’apprezzamento di un fenomeno d’interesse (es. la teoria di Einstein sulla relazione tra materia ed energia). ! Una serie di concetti e la relazione che li unisce possono produrre una teoria sul fenomeno di interesse. Ma non è sempre così semplice: quando ad esempio si vuole analizzare il comportamento sociale o comprendere le organizzazioni e i processi organizzativi, la teoria non si presta tanto facilmente a formule matematiche come E = mc. ! I concetti forniscono categorie mentali che permettono di classificare, organizzare e fissare nella memoria le idee. Si formano per mezzo dell’astrazione, un processo che comporta la separazione mentale di un’idea specifica dai suoi casi particolari. ! Una volta distillata l’idea, potete “etichettarla” e parlare del concetto in termini generali. ! L’eliminazione dei dettagli specifici di determinati esempi produce, infatti, un’astrazione. ! Oltre a consentire la processazione rapida e la comunicazione delle conoscenze, l’astrazione permette di accorpare vaste quantità di conoscenze in un singolo concetto e quindi di processare efficientemente ciò che conoscete già. ! In particolare, con chunking gli psicologi cognitivi definiscono quel fenomeno cognitivo per cui gli esseri umani sono in grado di “digerire” mentalmente più o meno sette “frammenti informativi” alla volta. Tale fenomeno permette di di manipolare grossi blocchi di conoscenze distillati in concetti mediante l’astrazione e fornisce, infatti, un contributo significativo alla teorizzazione, consentendo di mettere in relazioni enormi masse di conoscenze e di manipolarle per generare nuove conoscenze. ! Quando i concetti su cui si basa una teoria vengono definiti ai massimi livelli di astrazione, la teoria potrebbe acquisire generalizzabilità: si applica a tante situazioni con pochissime condizioni limitanti. ! Spesso si dice che la teoria non serve a niente, perchè non fornisce risposte immediate ai problemi. La teoria, in sè e di per sè, non può risolvere dei problemi specifici; possono farlo solo le applicazioni della teoria. È sbagliato accusare la teoria di non avere alcun valore pratico per il solo fatto che non si ha ancora imparato ad usarla. ! A conti fatti, imparare a teorizzare è più importante che imparare delle teorie, ma conoscere le teorie è essenziale per imparare a teorizzare. ! 2. Le diverse prospettive Definendo le relazioni tra i concetti si costruisce la teoria, ma le teorie correlate formano dei chunk ancora più grandi: le prospettive teoriche. Si possono individuare 3 prospettive principali che sono arrivate a dominare la teoria dell’organizzazione nell’ultimo mezzo secolo: moderna, simbolica e postmoderna. !

1

Tutte e 3 emergono da una preistoria originata dall’esigenza pratica di conoscenze normative su come arrivare al successo attraverso l’organizzazione e i processi organizzativi (l’esigenza normativa è, quindi, interconnessa alle 3 prospettive). !

- Prospettiva normativa: significa definire una teoria in base alle sue applicazioni pratiche;

-

-

-

valutare un fenomeno sulla base di un ideale, standard o modello di come dovrebbe essere la realtà. Oggi tale prospettiva viene esemplificata dalle best practices e dal benchmarking, teorie che affermano che emulando i metodi o le tecniche di maggior successo se ne emulano anche i risultati (pericolo: assumere che il successo di un’organizzazione si possa trasferire a un’altra organizzazione). ! Prospettiva moderna: focalizza l’attenzione sulla spiegazione causale, che presuppone la definizione degli antecedenti e delle conseguenze del fenomeno d’interesse. I suoi metodi si fondano spesso sul ragionamento matematico, ma sono spesso troppo confusi per la realizzazione di questo ideale. Essendo il comportamento organizzativo molto variabile rispetto al comportamento della materia o dell’energia, in questa prospettiva si ricorre spesso a probabilità statistiche e correlazioni per individuare la presenza di relazioni causali. ! Prospettiva simbolica: esce dai limiti che caratterizzano gli approcci conoscitivi preferiti dai modernisti per studiare i fenomeni incorporati nella soggettività (cultura, uso dei simboli, narrazione ecc..). Il profondo interesse per l’esperienza soggettiva e i processi interpretativi produce la comprensione, che è il contributo alla conoscenza fornito dalla prospettiva simbolica. Adottare tale prospettiva significa immedesimarsi nelle situazioni in cui si trovano coloro che si vogliono studiare; cercare di capire come definiscono, interagiscono con, e interpretano i fenomeni che li interessano. L’etnografia è il metodo qualitativo più utilizzato. ! Prospettiva postmoderna: offre la critica e altre forme di apprezzamento. I fenomeni che interessano questa prospettiva sono le pratiche manageriali di ultima generazione. I metodi che preferiscono comporta non la revisione dei concetti e delle teorie del modernismo, attraverso l’adozione di un approccio critico o estetico nei loro confronti. (Criticano i modernisti perchè si immedesimano in maniera troppo acritica; apprezzamento del potere, dei suoi usi e dei suoi abusi, per promuovere l’emancipazione dal predominio di pratiche organizzative moderniste come la gerarchia). ! Teorie ispirate dalle scienze

Teorie ispirate dalle arti e dagli studi umanistici

Teorico come osservatore

Prospettiva moderna: teoria come spiegazione causale

Prospettiva simbolica: teoria come comprensione profonda

Teorico come influenzatore

Prospettiva normativa: teoria come pratica

Prospettiva postmoderna: teoria come apprezzamento critico

• Le teorie ispirate dalle scienze, come quelle delle prospettive moderna e normativa, si pongono in netto contrasto con quelle delle prospettive simbolica e postmoderna, ispirate dalle arti e dagli studi umanistici. Questa distinzione diventa più chiara se si tiene presente che le scienze si fondano sulla capacità di prevedere e controllare i risultati, come fanno le teorie moderne e i consigli normativi estratti da esse, mentre le arti e gli studi umanistici si fondano sulla creatività, sull’autocoscienza e sulla liberazione, i temi e i contributi principali delle teorie simboliche e postmoderne. ! • Mentre nelle loro applicazioni normative tutte le teorie influenzano le decisioni e le azioni, gli studiosi che assumono prospettive diverse non sono ugualmente in grado di influenzarne i

2

fenomeni mentre li analizzano. I cultori delle prospettive moderna e simbolica enfatizzano l’importanza dell’osservazione dei fenomeni senza l’inutile interferenza del ricercatore, mentre indurre gli altri a cambiare è l’unico obiettivo della ricerca per i sostenitori degli approcci normativa e postmoderno. ! • La differenza principale tra coloro che si trovano a proprio agio nel ruolo di influenzatore è che i sostenitori della prospettive normativa sono più inclini a basare i tentativi di influenzamento sulle proprie convinzioni circa le regole del successo, mentre i sostenitori della prospettiva postmoderna basano quasi sempre i loro sforzi di cambiamento su considerazioni, etiche, morali o estetiche. ! Le differenze tra le diverse prospettive possono essere espresse anche in base all’ontologia e all’epistemologia. ! - Ontologia -> è una branca della filosofia che studia gli assunti sull’esistenza e le definizioni della realtà. ! - Epistemologia -> è un’altra branca della filosofia che studia il processo cognitivo e il contenuto della conoscenza. ! Le due materie sono interconnesse, perchè i nostri assunti epistemologici definiscono il tipo di conoscenze che verranno usate per affrontare il reale così come viene definito ai nostri assunti ontologici. ! L’ontologia è importante per la teoria dell’organizzazione perchè le diverse prospettive, che sottendono i diversi assunti ontologici, si focalizzano su diversi fenomeni di interesse (aspetti della realtà). Analogamente, si formulano ipotesi su come si formano le conoscenze tutte le volte che si concettualizza o teorizza, e queste ipotesi variano al variare delle prospettiva adottata. ! Le differenze ontologiche ed epistemologiche tra la prospettiva moderna e postmoderna sono state le prime a vanire alla luce nella teoria dell’organizzazione. ! L’ontologia come oggettivismo contrapposto al soggettivismo.

- I modernisti seguono l’ontologia obiettiva, ossia credono in una realtà incrollabile sottratta

-

-

all’influenza umana. Le cose, gli oggetti, esistono indipendentemente dalla conoscenza che ne abbiamo, quindi la conoscenza si può verificare attraverso l’osservazione indipendente (tratta tutti i fenomeni come oggetti, oggettivandoli). L’osservazione indipendente implica che persone diverse, possano fare osservazioni analoghe sull’oggetto con cui sono in relazione; le loro osservazioni non devono essere condizionate da percezioni soggettive, idee o aspettative preconcette su di esse. Coloro che adottano ! Coloro che adottano l’ontologia soggettiva sono convinti che molti fenomeni resterebbero inconoscibili se si usasse solo l’ontologia oggettiva (es. la cultura). Essi si concentrano deliberatamente su ciò che emerge dai pensieri, sentimenti e dalla relazione con il contesto. I fenomeni che li interessano, dunque, richiedono l’utilizzo di questi stessi pregiudizi osservazionali che vengono accusati dagli oggettivisti di rendere inaffidabili i risultati delle ricerche. ! L’epistemologia come positivismo contrapposto all’interpretativismo. Mentre i fautori dell’epistemologia positivista rigettano l’interpretazione per il pregiudizio soggettivo che introduce, per l’epistemologia intrepretativista è l’unico modo di conoscere e comunicazione l’esperienza soggettiva. ! Epistemologia positivista: assume che si possa scoprire la verità sui fenomeni tramite l’applicazione del metodo scientifico. Una conoscenza accettabile viene generata sviluppando ipotesi e proposizioni sulla base della teoria , per poi metterle alla prova raccogliendo e

3

-

-

analizzando dati che permettono di confrontare le implicazioni della vostra teoria con la realtà esterna Epistemologia interpretativista: assume che le conoscenze si possono creare e comprendere solo all’interno dei contesti che danno significato all’esperienza; ognuno di noi interpreta ciò che accade alla luce della situazione in cui si trova in quel momento, e dei ricordi e delle aspettative che vi apporta. Questo assunto implica che nello stesso luogo e tempo possono coesistere tante letture e interpretazioni diverse della realtà, a seconda di chi è coinvolto. ! Essendo convinti che tutta la conoscenza venga filtrata dalla soggettività, gli interpretativisti, rifiutano perciò il metodo scientifico tradizionale e si rivolgono invece ai metodi interpretativi sviluppati nelle arti e negli studi umanistici (dati hard, positivisti vs dati soft, interpretativisti). ! Alcuni oggettivisti riconoscono che è impossibile rimuovere completamente il pregiudizio dall’osservazione, per cui accettano in parte la tesi soggettivista che non possiamo conoscere alcunché separatamente dalla sua interpretazione.!

La svolta (linguistica) postmoderna. I postmodernisti negano in origine che le parole rappresentino le cose. Pensano invece che il linguaggio coincida con la realtà: ciò che si dice è reale. M. Heidegger, filosofo tedesco, afferma infatti: “nel proverbio si fa apparire il mondo”. ! Molti postmodernisti condividono diverse condizioni che derivano dalla svolta linguistica: ! 1. I discorsi in cui ci impegniamo plasmano la nostra realtà influenzando il modo in cui usiamo il linguaggio e ciò di cui parliamo! 2. L’oratore, le parole dette e il discorso si integrano nel linguaggio e attraverso il linguaggio ! 3. Il significato non si può cristallizzare, al pari della realtà: l’uno e l’altra sono in continuo divenire, perchè si evolvono con l’evolversi dei discorsi, e potrebbero modificarsi a ogni nuova frase.! Il potere e la comunicazione sono fenomeni centrali nel postmodernismo, perchè chi controlla il discorso può far apparire, o scomparire, qualcosa (sclerosi multipla e ADHD non si ritenevano curabili finchè non sono venute a esistenza attraverso la definizione che ne hanno dato medici illustri). ! L’emancipazione dallo sfruttamento linguisticamente indotto si può ottenere solo attraverso la consapevolezza di come il linguaggio incorporato nel discorso produce la realtà. ! Prospettiva moderna ONTOLOGIA

Oggettività: esiste una realtà esterna e oggettiva, la cui esistenza è indipendente dalla sua conoscenza

4

Prospettiva simbolica

Prospettiva postmoderna

Soggettivismo: non è possibile conoscere un’esistenza esterna o soggettiva senza averne una consapevolezza soggettiva; ciò che esiste è ciò che noi crediamo di esistere

Postmodernismo: il mondo ci appare attraverso il linguaggio ed è collocato in un discorso; ciò di cui si parla esiste e quindi ogni cosa che esiste è un testo che deve essere letto o rappresentato

EPISTEMOLOGIA

Positivismo: la verità può essere conosciuta attraverso una corretta concettualizzazione e una misurazione affidabile, che ci consentano di testare la conoscenza che abbiamo di un mondo oggettivo; la conoscenza si accumula, consentendo all’umanità di progredire ed evolversi

Interpretativismo: la conoscenza dipende dal soggetto che conosce e può essere compresa soltanto dal punto di vista degli individui che ne sono direttamente toccati. La verità è una costruzione sociale, frutto della molteplicità di interpretazioni degli oggetti del conoscere. Essa quindi è mutevole nel tempo

Postmodernismo: la conoscenza non può costituire una rappresentazione fedele della verità, in quanto i significati non possono essere definiti stabilmente. Non esiste una realtà indipendente e non esistono fatti, ma solo interpretazioni. La conoscenza è una questione di potere

LE ORGANIZZAZIONI SONO

Delle entità reali oggettive, che operano in un mondo reale. Se sono ben progettate e gestite, esse sono dei sistemi di decisione e azioni che si ispirano ai criteri della razionalità, dell’efficienza e dell’efficacia con degli obiettivi definiti

Continuamente costruite e ricostruite dai loro membri, attraverso delle interazioni mediate simbolicamente. Le organizzazioni sono delle realtà costruite socialmente, nelle quali i significati emergono dalla comprensione di sè e degli altri all’interno dei contesti organizzativi

Siti in cui si sviluppano i rapporti di potere, e si manifestano fenomeni di oppressione, irrazionalità, cattiva comunicazione o, in alternativa, arene di divertimento e ironia. Le organizzazioni sono dei testi prodotti da e nel linguaggio. È possibile riscriverli per emanciparci dalla follia umana e dalla degradazione

FOCUS DELLA TEORIA ORGANIZZATIVA

Trovare delle leggi universali, dei metodi e delle tecniche per il controllo e l’organizzazione. Promuovere le strutture razionali, le regole, la standardizzazione delle procedure e la routinizzazione delle pratiche

Descrivere il modo in cui le persone attribuiscono un significato e ordinano le proprie esperienze in contesti specifici, attraverso delle azioni e dei processi simbolici e di interpretazione

Decostruire i testi organizzativi; destabilizzare le ideologie manageriali e i modelli modernisti di organizzazione e teorizzazione; dare voce ai punti di vista marginali e soffocati; incoraggiare le forme di teorizzazione e organizzazione riflessive e comprensive

(SCHEMA CONCETTUALE PAG. 33)! CAPITOLO 2. UNA BREVE STORIA DELLA TEORIA DELL’ORGANIZZAZIONE ! 1. Agli albori della teoria organizzativa

5

Tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX, durante l’era industriale, vi è una forte domanda di conoscenze proveniente prevalentemente da 2 fonti: ! 1) Gli interessi normativi espressi da dirigenti e consulenti su come progettare al meglio le organizzazioni per accrescerne la produttività ! 2) Gli interessi accademici espressi da economisti e sociologi, con attenzione sulle forme e sui ruoli in cambiamento delle organizzazioni all’interno delle società che si andavano industrializzando! Dirigenti e consulenti contribuirono, quindi, a fondare la teoria dell’organizzazione e fornirono soluzioni a problemi organizzativi comuni e consigli a coloro che erano chiamati a implementarla. ! Il loro lavoro si esprimeva prevalentemente in principi normativi, ma seguiva chiaramente le linee tracciate da economisti politici e sociologi organizzativi che studiavano l’impatto dell’industrializzazione sulla vita economica e sociale. ! Nel loro insieme, questi interessi eterogenei hanno dato vita alla teoria dell’organizzazione come materia di studio. I vari interessi normativi e accademici hanno, tuttavia, creato una contrapposizione tra teoria e pratica, presente tutt’ora nella storia di questa materia. Nonostante l’etichetta “teoria dell’organizzazione”, è importante sapere che l’applicazione pratica è sempre stata al centro di questa disciplina. ! Adam Smith (1723-1790) Fu il primo a pubblicare una teoria dell’organizzazione. Nel suo Saggio sulla natura e sulle cause della ricchezza delle nazioni spiega che la divisione del lavoro crea efficienza economica. Egli riconosce il proprio debito verso la pratica in quanto illustra l’applicazione della sua teoria all’efficienza nella fabbricazione degli spilli: ! La fabbricazione di uno spillo è divisa in circa 18 distinte operazioni; 10 persone producono più spilli rispetto a una persona, se questa avesse lavorato separatamente e indipendentemente rispetto alle altre. La divisione del lavoro, nella misura in cui può essere introdotta, determina in ogni arte un aumento proporzionale della capacità produttiva del lavoro. Karl Marx (1818-1883) La teoria del capitale di Marx parte dal bisogno di sopravvivere degli esseri umani e dal desiderio di prosperare una volta soddisfatti i bisogni di sopravvivenza. Secondo Marx, i bisogni di sopravvivenza creano un ordine economico -> nel tentativo di soddisfare le esigenze primarie, le persone scoprono le efficienze economiche del lavoro collettivo e delle strutture sociali che lo supportano. L’efficienza economica finisce per creare surplus di materie prime e di tempo che si può investire nel progresso culturale per appagare i desideri di autoespressione e avanzamento sociale. ! Ma, vi è il problema del POTERE: ! Secondo Marx, la base economica su cui gli individui costruiscono la propria cultura è condizionata dalle relazioni di potere che si creano tra capitale e lavoro. Queste relazioni di potere mettono i capitalisti, che possiedono i mezzi di produzione, contro i lavoratori che fabbricano i prodotti. Il loro antagonismo sta alla base del sistema capitalistico. ! Il conflitto sociale tra lavoro e capitale, si inasprisce con la ricerca della profittabilità: essa dipende da un’organizzazione del lavoro che rispetti le leggi della concorrenza. ! La concorrenza di altre imprese attenua la pressione che grava sui prezzi dei prodotti e dei servizi, il che induce le imprese a ridurre i costi di produzione -> poiché il maggior costo di produzione è la manodopera, i capitalisti premono sugli operai affinché lavorino in modo più efficiente -> questo limita ulteriormente la pretesa dei lavoratori su una quota del profitto. !

6

Nel tentativo di aumentare l’efficienza, i capitalisti definiscono la manodopera un costo di produzione; equiparano il lavoro a qualsiasi altra merce che si acquista/vende sul mercato -> mercificazione della manodopera -> sfruttamento dei lavoratori -> alienazione: quando gli operai, che considerano il propri...


Similar Free PDFs