Riassunto L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica - Benjamin PDF

Title Riassunto L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica - Benjamin
Course Filosofia delle arti e dei processi simbolici
Institution Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
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Esercitazioni che propone la prof.ssa Contini + risposte. L'esame è esattamente una selezione di queste domande!...


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L'OPERA D'ARTE NELL'EPOCA DELLA SUA RIPRODUCIBILITA' TECNICA

Walter Benjamin

(1) RIPRODUCIBILITA' In linea di principio, l'opera d'arte è sempre stata riproducibile: una cosa fatta dagli uomini ha sempre potuto essere rifatta dagli uomini (esempio: gli allievi per esercitarsi, i maestri per diffondere l’arte o i falsari). Ma la riproduzione tecnica è un qualcosa di nuovo. Per B. La vera differenza sta nel fatto che questa nuova riproduzione sottrae l'opera alla tradizione, in quanto non è prodotto dalle mani dell'uomo ma da una tecnologia/strumento. Avviene una riduzione del ruolo del soggetto ed una disponibilità di copie sempre fruibili. Possiamo riscontrare un'evoluzione delle tecnologie di riproduzione: -Fusione e conio in epoca greca -Xilografia, acquaforte e puntasecca per la riproduzione grafica nel medioevo -Stampa a caratteri mobili -Litografia nell' 800 -Fotografia (modernità)

Tecnologie di riproduzione precedenti alla modernità. Tuttavia sono fatte manualmente, e quindi i prodotti non sarammo mai tutti uguali.

Con la fotografia inizierà un processo di riproduzione accelerato. Avviene il passaggio dalla mano dell'artista all'occhio. Questa tecnologia è capace di restituire un'immagine più fedele, che riesce a mostrare particolari che l'occhio nudo non riuscirebbe a vedere. Diventerà un elemento di decoro che andrà a sostituire il quadro pittorico, permettendone una diffusione a tanti. Quindi nel '900 la riproduzione tecnica coinvolgerà la maggior parte delle opere d'arte tramandate, sottoponendole a profondi cambiamenti, ed inoltre diventerà essa stessa un procedimento artistico. (2) AURA B. analizzerà un altro tema contemporaneo, collegato alla riproducibilità, ossia quello dell'aura. Un'opera d'arte è definita dalla propria autenticità, ossia dall'hic et nunc (il qui e l'ora). Sarà proprio quest'esistenza irripetibile dell'opera che definisce la sua autenticità, la quale comprende anche la storia a cui è stata sottoposta, ossia le sue modificazioni ed i cambi di proprietà. La possibilità che un‘ opera possa assumere un valore storico ed essere soprattutto tramandata ne determina l'originalità. B. sostiene che l'autenticità non può essere riprodotta, in quanto non possono esistere un hic et nunc uguali. Mentre l’autentico mantiene la usa piena autorità di fronte alla riproduzione manuale, ciò non accade nel caso della riproduzione tecnica: essa può, per esempio mediante la fotografia, rilevare aspetti dell’originale che sono accessibili soltanto all’obiettivo (cambiare punto di vista, utilizzare l‘ ingrandimento o la ripresa a rallentatore) La riproduzione tecnica, dunque, si mostra, rispetto all’ originale, più autosufficiente (può fissare elementi che si sottraggono completaente dall'ottica naturale) e può esistere in situazioni che sarebbero inaccessibili all'originale stesso andando in contro al fruitore (la riproduzione con foto di un‘ opera architettonica o dischi di una sinfonia di camera). Le circostanze in mezzo alle quali il prodotto della riproduzione tecnica può venirsi a trovare potrebbero anche mantenere intatta la consistenza intrinseca dell'opera d'arte, tuttavia avviene una svalutazione dell'hic et nunc. Viene meno dunque quella che B. chiama l‘aura La riproduzione non può essere collegata all'autenticità e B sottolinea come l‘ aura, venga meno all'interno della riproduzione. Infatti la riproducibilità determinerà la perdita della tradizione, la

moltiplicazione del prodotto (tanti hic et nunc) ed una sua attualizzazzione, determinando conseguentemente, la perdita dell'originalità (i veri hic et nunc) e quindi dell'aura. Il cinema accellererà il processo legato alla riproduzione artistica e perdita dell'aura, determinando la perdita dell'originalità. Esso ha anche una forza storica, in quanto permette anche la rappresentazione di altre realtà nel nostro contemporaneo. Mentre il teatro era sempre diverso, il cinema evidenzia una non autenticità/originalità. (3) Il modo secondo cui si organizza la percezione sensoriale umana non è condizionato soltanto in senso naturale, ma anche storico ed è facile comprendere il condizionamento sociale dell’attuale decadenza dell’aura. Essa si fonda su due circostanze, entrambe connesse con la sempre maggiore importanza delle masse nella vita attuale: rendere le cose, spazialmente e umanamente, più vicine è per le masse attuali un’esigenza vivissima, quanto la tendenza al superamento dell’unicità per privilegiare la riproduzione. (4) L’unicità dell‘ opera d’arte si identifica con la sua integrazione nel contesto della tradizione e il valore unico dell’opera d’arte autentica trova una sua fondazione nel rituale, cioè il suo primo e originario valore d’uso. ma la riproducibilità tecnica dell’opera d’arte emancipa per la prima volta dalla sua esistenza legata al rituale. L’opera d’arte riprodotta diventa in misura sempre maggiore la riproduzione di un’opera d’arte predisposta alla riproducibilità. Nell’istante in cui il criterio dell’autenticità nella produzione dell’arte viene meno, si trasforma anche l’intera funzione dell’arte: al posto della sua fondazione nel rituale s’instaura la fondazione nella politica. Con la nascita della fotografia, l’arte avvertì l’approssimarsi di quella crisi che passati altri cento anni è diventata innegabile e reagì con la dottrina dell’arte ( una teologia dell’arte). (5) La produzione artistica comincia con figurazioni che sono al servizio del culto. Di queste figurazioni si può ammettere che il fatto che esistano è più importante del fatto che vengano viste (es. gli animali raffiguarti nelle grotte all’età della pietra). Con l’emancipazione di determinati esercizi artistici dall’ambito del rituale, le occasioni di esposizione dei prodotti aumentano, fino a crescere in maniera esponenziale con i metodi di riproduzione tecnica. L’opera d’arte così assumente una funzione nuova, quella artistica. (6) Nella fotografia il valore di esponibilità comincia a sostituire su tutta la linea il valore culturale. Il ritratto è al centro delle prime fotografie conservando il culto del ricordo dei cari lontani o defunti, ma quando l’uomo scompare dalla fotografia, per la prima volta il valore espositivo propone la propria superiorità sul valore culturale. AURA vs PRODUZIONE E CONSUMO DI MASSA Nei vari periodi storici le collettività umane hanno modificato la loro percezione sensoriale. B. sostiene che la percezione contemporanea è da intendere come una decadenza dell'aura, in quanto la riproduzione è legata al consumo di massa, dove tutto diventerà una riproduzione in serie per un pubblico di massa. L'industrializzazione ed il consumo di massa determineranno la sempre minore presenza di artigiani a favore di una macchina, perdendo un sapere basato sulla manualità. La continua crescita del mercato per le masse, porterà l'esigenza a superare l'unicità tramite la riproduzione. Nel corso del tempo ci si abitua sempre più alla fruizione ravvicinata delle immagini e alla volontà di appropiarsi delle cose nell'immediatezza, generando una massificazione dei prodotti, delle immagini, dei contenuti, ecc.

Nelle riproduzioni moderne, in pratica, inizia l'idea del consumo di massa, dove dapprima ci si appropria visibilmente di un qualcosa, e poi lo si acquista. Nuovo elemento della modernità che provoca uno scambio continuo tra la massa e la realtà, adeguandosi gli uni agli altri. Tutti questi intrecci sono riconducibili alla riproduzione tecnica. IL CULTO DELL'OPERA D'ARTE L'unicità dell'opera d'arte si identifica con la sua tradizione, che pur essendo un qualcosa di mutevole, rappresenta la sua unicità e quindi la sua aura. L'integrazione dell'opera d'arte nel contesto della tradizione trovò la propria espressione nel culto. Le opere più antiche sorsero al servizio di un rituale, dapprima magico ed in seguito religioso. Questo significa che un'opera d'arte autentica è fondata su un rituale. La riproduzione tecnica, esito della rivoluzione tecnologica moderna, stacca l'opera d'arte dal rituale/tradizione, allontanandola dal sacro. Queste nuove tecniche determinano il cambiamento della funzione sociale dell'opera d'arte e del suo carattere tradizionale, in quanto non si baserà più sui rituali ma bensì su una funzione politica (nel senso di un'opera disponibile a tutti). Con l'avvento della fotografia l'arte entra in crisi, in quanto sgancia l'opera d'arte dalla sua ritualità. L'arte si modifica in una nuova religione, costituendo nuovi riti. Vi è la dottrina dell'arte per l'arte, autocostruita sulla sua riproducibilità. Il valore culturale ed il valore di esponibilità sono due poli dell'opera d'erte che, con la loro contrapposizione ne determinano la storia. Inizialmente, essendo l'opera legata al culto, ha maggiore importanza l'esistenza dell'opera rispetto alla sua visibilità. Ma con il distaccamento dell'opera d'arte dal rituale si può osservare un cambiamento, in quanto con i vari metodi di riproduzione tecnica dell'opera, la sua esponibilità è cresciuta. Al valore del culto si sostituisce quello dell'esponibilità. Vi è una maggiore discrepanza tra i due poli e, analogamente, anche un cambiamento della sua natura. Infatti oggi, attraverso il suo valore di esponibilità, l'opera d'arte si trasforma in un'opera con funzioni diverse (quella artistica diviene più margiale). FOTOGRAFIA Nell'analisi di B. all'interno della modernità la fotografia assume rilievo. Se nell'opera d'arte vi era il culto, con la fotografia il valore di esponibilità comincia a sostituire il valore culturale. Quest'ultimo, però, può essere riscontrato nelle foto dei volti umani, dove per l'ultima volta possiamo ritrovare il culto tradizionale e, quindi, l'aura. Infatti i soggetti delle prime fotografie saranno i ritratti. Il culto sopravviverà nelle foto usate come ricordo di parenti lontani o defunti. Successivamente il paesaggio diventerà il soggetto fotografico privilegiato (nella fotografia, così come anche nella pittura, si inserirà come soggetto successivamente al ritratto). Quando l'uomo scompare dalla fotografia, il valore culturale si accantonerà, facendo invece prevalere il valore espositivo. Inizia la presenza delle foto con didascalia nei giornali, evidenziando il valore delle foto come racconto. CINEMA B. sostiene che, sia per la fotografia che per il cinema, si è molto dibattuto per decidere se li si potesse considerare come arte (senza domandarsi se attraverso essi si fosse modificato il carattere complessivo dell'arte oppure no), e molti teorici, pur di farli rientrare, gli hanno attribuito elementi culturali. L'interprete teatrale permette di presentare al pubblico l'attore stesso in prima persona, mentre nel cinema la prestazione artistica avviene attraverso un'apparecchiatura. Recita per una macchina, e la sua performance dipende da essa e dallo sguardo del regista. Non vi è contrapposizione più netta di

quella tra teatro e cinema. L'attore teatrale si identifica in una parte, mentre questo non avverrà nell'interprete cinematografico, il quale non avrà mai una prestazione unitaria, ma bensì composta da numerose prestazioni singole. Saranno poi le apparecchiature a montare il prodotto finale. Questo determina due conseguenze. Innanzitutto che la prestazione dell'interprete cinematografico viene mostrata e mediata dall'apparecchiatura, in secondo luogo che l'inteprete perde la possibilità di adeguare la propria interpretazione al pubblico nel corso dello spettacolo. La mediazione tecnologica separa l'attore dal pubblico. Non presentando direttamente la sua prestazione, il pubblico non viene turbato da alcun contatto personale con l'interprete e, inoltre, si rapporterà, a differenza del teatro, ad un apparato tecnologico che rende inconoscibili attori, registi, professionisti del set, ecc. B. descrive come il primo ad avvertire tutto ciò fu Pirandello (che sosteneva come l'attore cinematografico si sentisse come in esilio, non soltanto dal palconisco ma anche dalla propria persona, in quanto quello che mostrano è solo un'immagine). I vari attori ed operatori del cinema, lavorano presupponendo un'immagine tipizzata di pubblico a cui rivolgere il messaggio (elemento di modernità, predecessore della comunicazione di massa e della creazione di medium di massa per via dell'idea di costruire un prodotto in base alla tipizzazione del pubblico per un certo messaggio). Non si possono dare valori culturali al cinema. Il cinema, quindi, determina la rinuncia all'aura, in quanto essa è legata all'hic et nunc e quindi le varie performace degli attori del cinema, che vengono modificate, non presentano al pubblico un qualcosa di originale/la vera performance. L'interprete cinematografico ha a che fare con un pubblico che costituisce il mercato. Infatti il cinema sostituisce la perdita dell'aura con la costruzione, al di fuori degli studi cinematografici, del culto della star, promosso e mediato dal capitale cinematografico. Nasce il concetto di divo, e le grandi star diventano merci (elemento della modernità). La contemplazione delle opere d'arte tradizionali viene sostituita dall'adorazione del divo cinematografico, o dei personaggi del mondo dello spettacolo e dello sport successivamente definiti dalla contemporaneità (comunità di fa, isterismo di massa, culto del feticcio). PRODUZIONE E CONSUMO Ogni uomo contemporaneo, grazie alla diffusione delle tecnologie della comunicazione e della riproduzione, può avanzare la pretesa di essere filmato o produrre contenuti che verranno pubblicati. Vi è una maggiore partecipazione da parte di tutti (evento accaduto anche nella letteratura, dove prima un numero limitato di persone si dedicava alla scrittura, ora sempre più lettori diventano scrittori, e tutto questo avviene anche nel cinema). Finisce la distinzione tra produzione e consumo, tra autore e pubblico. Al giorno d'oggi tutto questo è rappresentato dai contenuti generati dagli utenti (UGC) e dalla figura del prosumer (utente che assume un ruolo attivo nella fase di creazione e distribuzione di un contenuto). CINEMA E SENSORIALITA' La ripresa cinematografica offre uno spettacolo che in passato sarebbe stato inimmaginabile, in quanto rappresenta un processo di coordinazione non più di un solo punto di vista. Mentre nel teatro si conosce il punto dal quale ciò che avviene in scena deve essere visto, nella scena di un film questo luogo non esiste. Quindi nello studio cinematografico l'apparecchiatura è penetrata così profondamente dentro la realtà che l'aspetto libero dal corpo dell'apparecchiatura è il risultato di un procedimento di montaggio con altre riprese dello stesso genere.

Si può confrontare questa situazione anche con la pittura. L'immagine di un pittore è un'immagine totale, quella dell'operatore cinematografico è frammentata e composta. Quindi la rappresentazione filmica è più significativa per l'uomo odierno, perchè gli offre un aspetto che sembra libero dall'apparecchiatura. La riproducibilità tecnica dell'opera d'arte ha modificato il rapporto delle masse con l'arte, passando da un rapporto retrivo (proposta di modelli del passato) ad uno progressivo. B. sosteneva che quanto più il significato sociale di un'arte diminuisce, tanto più il lato critico e la mera fruizione divergono. Ma nel cinema questo non accade, bensì questi due elementi coincidono. In nessun luogo più che nel cinema le reazioni della massa del pubblico si dimostrano condizionate da una loro massificazione. Mentre il dipinto ha sempre la pretesa di essere osservato da uno o da pochi, l'osservazione simultanea da parte di un vasto pubblico è sinonimo della crisi della pittura, suscitata dalla fotografia (accesso dell'opera alle masse). Quindi il pubblico, mentre di fronte ad un film reagisce in modo progressivo, di fronte al surrealismo diventa retrivo. Il cinema è caratteristico non solo per il modo in cui l'uomo si rappresenta di fronte all'apparecchiatura, ma anche per la rappresentazione del mondo circostante. Una sua conseguenza sarà, infatti, non solo la possibilità di osservare la realtà da vari punti di vista, ma anche una maggiore percezione ottica ed acustica del mondo. Il cinema non propone solo punti di vista più numerosi, ma promuove anche la compenetrazione reciproca tra arte e scienza. Attraverso le sue tecnologie diventa tangibile come la natura della cinepresa sia diversa rispetto a quella dell'occhio, soprattutto per il fatto che nell'uomo subentra uno spazio elaborato incosciamente. Ogni forma d'arte vive un periodo di crisi quando una nuova tipologia d'arte si forma. Tra alcune stravaganze possiamo analizzare il Dadaismo, che cercava di ottenere con la sua arte quegli effetti che il pubblico cerca nell'arte. Esso sacrifica i valori di mercato a favore del significato, ottenendo però un'annientamento dell'aura dei loro prodotti, ai quali, con i mezzi di produzione, imponevano il marchio di una riproduzione. Le manifestazioni dadaistiche concedevano una distrazione violenta in quanto rendevano l'opera d'arte il fulcro di uno scandalo, suscitando la pubblica indignazione. Il cinema è un elemento distraente. Mentre un dipinto invita alla contemplazione, nell'immagine cinematografica il pubblico non può farlo, poichè appena la coglie visivamente essa si è già modificata. La successione delle immagini in movimento, di luoghi diversi, inquadrature diverse, ecc. genera un effetto choc. Mentre il Dadaismo dava un effetto choc morale, con la sua struttura tecnica il cinema libera un effetto choc fisico. Il cinema produce un modo di percepire differente, basato sulla distrazione e tattilità. ( M. McLuhan e tattilità televisiva. Sostiene che trasmette sensorialità, poichè la completezza dell'immagine ci fa percepire una visione reale). Le masse sempre più vaste di partecipanti hanno determinato un modo diverso di partecipazione. Esse cercano solo distrazione, mentre l'arte dovrebbe suscitare raccoglimento dall'osservatore. Distrazione e raccoglimento sono in contrapposizione, poichè colui che si raccoglie davanti all'opera d'arte vi si immerge, mentre la massa distratta fa sprofondare l'opera d'arte in se. L'arte prevedeva contemplazione e la fruizione dell'opera d'arte da parte del singolo, ma ora le tecniche di riproducibilità prevedono solo un consumo distratto e massificato. L'architettura ha sempre fornito il prototipo di un'opera d'arte a cui ricezione avviene in distrazione dalla collettività. Essa è sempre stata presente. La percezione tattile e quella ottica si affosseranno sempre di più nell'abitudine, ed è quindi un ottimo esempio di ricezione nella distrazione da parte del pubblico di massa.

L'arte è in grado di mobilitare le masse, ed attualmente lo fa con il cinema e con il suo effetto choc. Vi è però una sempre maggiore fruizione nella distrazione, che si fa sempre più sentire in tutti i settori dell'arte. Questo è il sintomo della profonda modificazione dell'appercezione. È una modalità tipica di fruizione della modernità che non va criticata, in quanto rappresenta una forma di partecipazione all'arte diversa rispetto al passato. B. quindi, evidenzia come le nuove tecnologia abbiano portato ad uno stravolgimento percettivo. Sociologicamente il cinema è un'opera d'arte che crea movimento politico (promuove idee, emozioni, tali per cui intorno ad un'idea il cinema è in grado di movimentare le masse, inducendo determinati comportamenti). Vi è un condizionamento, e lo possiamo riscontrare nella pubblicità e nelle propagande. Questo perchè la fruizione del cinema è passiva, la subiamo in un momento di distrazione così che esso ci possa nfluenzare. Nuova forma di partecipazione rispetto al passato....


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