Riassunto per Lingue Celtiche e Neogreco PDF

Title Riassunto per Lingue Celtiche e Neogreco
Author alice giampieretti
Course Linguistica Generale
Institution Università di Bologna
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Summary

Le lingue celtiche sono derivate da un "celtico comune" e attestate per la prima volta da iscrizioni (di provenienza celtico-continentale) risalente ai secoli VI-V a.C.
Il neogreco, inteso nella sua fase ultima di evoluzione, quella della Nèa Ellinikì Kinì "greco comune moderno", discende dal ...


Description

LINGUE CELTICHE Le lingue celtiche sono derivate da un "celtico comune" e attestate per la prima volta da iscrizioni (di provenienza celtico-continentale) risalente ai secoli VI-V a.C. Esse all'altezza del I millennio a.C. erano parlate in un territorio assai vasto: dalla penisola iberica all'Anatolia Centrale e dall'Europa Centrale fino all'Italia Centrale (alcune erano stanziate anche nell'Italia settentrionale e in Spagna). All'interno dell'ambiente linguistico celtico si riconoscono due rami principali: -il celtico continentale (comprendente il gallico, il celtiberico, il lepontico e il galatico), così detto in quanto attestato da lingue diuse sul continente Europeo e nelle propaggini occidentali di quello asiatico, dalla penisola iberica dell'Anatolia centrale, tra il VI-V secolo a.C. fino ai primi secoli della nostra era → tutte le lingue appartenenti al celtico continentale sono oggi estinte -il celtico insulare (comprendente l'irlandese, lo scozzese, il manx o mannese, il gallese, il cornico e il bretone), così detto in quanto attestato da lingue parlate e diuse nelle isole britanniche. Al ramo insulare appartiene anche il bretone (che pure è parlato sul continente, in Bretagna) in quanto esso deriva da una forma di celtico insulare portato sul continente all'altezza dei secoli V-VII d.C. da popolazioni celtiche del Galles e della Cornovaglia fuggenti le invasioni anglosassoni (celtico continentale e insulare rimandano quindi alle aree geolinguistiche in cui esse si formano e alle culture da loro espresse). All'interno del celtico insulare si è soliti distinguere ulteriormente tra lingue del gruppo goidelico o gaelico (irlandese o gaelico d'Irlanda, scozzese o gaelico di Scozia, manx o mannese, quest'ultimo estinto nel XX secolo) e lingue del gruppo brittonico o britannico (gallese, bretone, cornico, quest'ultimo estinto alla fine del XVII secolo) Vicende delle lingue celtiche in età medievale e moderna scandite in tre momenti: -prima fase = notevole fioritura intellettuale dell'ambiente celtico insulare, dall'anno mille al 1547, anno che segna la fine del regno di Enrico VIII Tudor, il quale, pur di origini celtiche, attuò i primi provvedimenti repressivi nei confronti dei parlanti celtici a favore dell'inglese e, conseguentemente, accelerò il processo di disgregazione dell'ambiente linguistico celtico; -seconda fase, dal 1547 al 1707, segnata da una forte riduzione del numero dei parlanti lingue celtiche e da un processo di decisa involuzione di tali sistemi (Archaeologia Britannica = summa delle tradizioni celtiche); -terza fase, dal 1707, caratterizzata, malgrado alcuni episodi sfavorevoli, da una progressiva ripresa di interesse nei confronti delle lingue celtiche e, indirettamente, da una parziale rivitalizzazione del loro uso. MA oggi delle quattro lingue celtiche che continuano a essere parlate (irlandese, gallese, bretone, scozzese), solo l'irlandese ha dignità di prima lingua nazionale (in Irlanda accanto all'inglese) mentre le altre versano in una situazione di sostanziale marginalità.

Il ramo goidelico si trova peraltro nelle condizioni più problematiche: l'irlandese nonostante il bilinguismo irlandese-inglese interessi il 60% della popolazione dell'Irlanda - è fortemente eroso dall'inglese; mentre lo scozzese è parlato ormai da poco più dell'1,5% della popolazione di Scozia. Il ramo brittonico risulta allo stesso modo in uno stato precario: il gallese è parlato solo dal 20% della popolazione del Galles; mentre il bretone, pur contando il maggior numero di parlanti una varietà celtica e pur essendo diuso in una vasta area della Francia, è tra le lingue celtiche quella che comunque sembra godere di minor prestigio; il manx o mannese e il cornico, estinti e appartenenti a due rami distinti del celtico insulare, sono attualmente oggetto di un processo di rivitalizzazione forzata grazie all'impiego di numerosi cultori. Le lingue celtiche hanno quindi pagato caro il successo dell'inglese. Inglese e parlate celtiche → scontri e destini opposti = dimostrano come i successi e gli insuccessi delle comunità umane possono condizionare le sorte delle lingue Lingue celtiche = veicolo di trasmissione di una cultura tuttora profondamente radicata nell'immaginario collettivo europeo, sono oggi prossime all'estinzione e sopravvivono solo in zone marginali e periferiche di Irlanda, Scozia e Galles. Esse tuttavia erano arrivate ad occupare, all'alba del I millennio a.C., una porzione consistente dell'attuale Europa. I Celti infatti, dopo che con ripetute ondate migratorie, erano giunti a occupare gli spazi a nord della catena alpina, non si dimostrano capaci di superare le divisioni interne, di sviluppare salde aggregazioni e, quindi, di consolidare i loro insediamenti con forme organizzative stabili e sistemi economici ecienti. Ciò li rese particolarmente vulnerabili e li condannò a subire la pressione dei Latini da sud e dei Germani da est. Anche la lingua suo malgrado ne risentì → questa pressione si fece progressivamente insopportabile e condusse i Celti a una disfatta che solo pochi decenni prima pareva impensabile. Essi ripararono dunque nelle isole e nelle penisole dell'Atlantico, territori all'epoca certo poco invitanti, dove vissero per secoli sostanzialmente isolati e indisturbati → collocazione ai margini dell'Europa, lontano dai grandi circuiti economici e culturali, ebbe l'eetto di preservare l'integrità della loro lingua, ponendola al riparo da influssi alloglotti → ma lungo e fatale isolamento Le lingue celtiche dunque pagarono care le conseguenze di una frammentazione interna Queste divisioni interne impedirono ai Celti di consolidare l'espansione territoriale seguita alle conquiste militari e di trasferire stabilmente la propria lingua ai popoli delle regioni occupate (espansione coloniale e militare che invece ha favorito l'inglese). Le lingue celtiche costituiscono il gruppo che, in ottica linguistica (ma anche culturale), più si dierenzia dagli altri gruppi indoeuropee d'Europa → esse rappresentano le uniche lingue indoeuropee a serio rischio di estinzione Non è emerso un centro di riferimento forte per le lingue celtiche soprattutto in ottica culturale e, conseguentemente, ha ostacolato l'aermazione di una varietà

linguistica che avesse l'autorevolezza necessaria per indirizzare la comunità dei parlanti nella ricerca di uno standard riconosciuto e condiviso → tuttora quindi si avverte la mancanza di una norma unitaria, di una koinè e ci si deve rapportare con una situazione di profonda e talvolta drammatica frammentazione che aora chiaramente da ogni livello di analisi della lingua = perciò ricorso ad etichette solo per immediatezza Fonetica e fonologia: •il tratto che maggiormente dierenzia irlandese e gallese è certamente la posizione dell'accento: in irlandese esso cade sulla prima sillaba, mentre in gallese sulla penultima •nel gruppo goidelico l'inventario consonantico è fondamentalmente incentrato sul fenomeno della cosiddetta "palatalizzazione" (assente invece nel ramo brittonico) → in sostanza esso prevede che i fonemi consonantici siamo organizzati in base all'opposizione tra segmenti palatalizzati e segmenti non palatalizzati = praticamente ogni consonante ha una controparte palatalizzata •il bretone svela la propria specificità sin dall'inventario fonologico: esso è infatti l'unica lingua celtica a possedere le vocali anteriori arrotondate /y/ e /ø/ e la controparte sonora di /s/ e /s allungata/, vale a dire /z/ e /3/ rispettivamente. Inoltre il bretone, verosimilmente come eetto della secolare esposizione al francese, stia sviluppando un micro sistema di vocali nasali •una delle più note peculiarità delle lingue celtiche del ramo insulare è rappresentata dalle cosiddette "mutazioni morfologiche" = soprattutto nelle consonanti iniziali di parola Di fatto queste mutazioni vengono innescate dalla coda della sillaba precedente, cioè, in altri termini, dalla natura dei segmenti con cui si chiude la parola che precede. Nel ramo goidelico, le mutazioni sono di due tipi: lenizione e nasalizzazione (o eclissi); mentre nelle lingue del ramo brittonico ad esse si aggiunge l'aspirazione Morfologia: •sistema di casi dell'irlandese = in irlandese moderno il novero delle terminazioni casuali è sostanzialmente invariato rispetto a quello dell'antico irlandese, che tuttavia già presentava una netta riduzione rispetto all'inventario che è possibile ricostruire per il proto indoeuropeo (casi = nom., gen., dat., voc., numero = sing. e plur.) ("la casistica morfologica non è comune all'interno del sostantivo stesso, essendo più evidenti negli eetti mutazionali sull'iniziale del sostantivo dopo l'articolo o nell'iniziale di un aggettivo successivo") Contrariamente a quanto accade nelle lingue goideliche dove appunto permane in uso un sistema di terminazioni casuali, per quanto semplificato, nel ramo brittonico non vi è alcuna flessione nominale •per quanto concerne la categoria del numero, le lingue brittoniche aancano alle tradizionali categorie del singolare e del plurale (che di norma si forma a partire dal singolare mediante l'aggiunta di sussi e/o mutamenti vocalici del tema) la categoria del collettivo, comprendente nomi che, formalmente, si comportano come

singolari, ma che, semanticamente, sono più vicini al plurale, in quanto designano una molteplicità, indistinta e indeterminata, di entità (ad esempio, br. stered "stelle", ma letteralmente "insieme (indistinto) di stelle" e geot "erba"). Da queste forme di collettivo viene derivato il cosiddetto singolativo, che di fatto individua una singola entità all'interno della "molteplicità indistinta" del collettivo (ad esempio, steredenn "una sola stella" e geotenn "un filo d'erba). In bretone il plurale può essere marcato due volte sullo stesso tema → in questo caso la seconda marca assume un valore prossimo al collettivo ( bugel "bambino" > bugale "bambini > bugaleoù "gruppi di bambini") Infine solo in bretone permangono tracce di duale ( lagad "occhio" > daoulagad "due occhi"; gar "gamba" > divhar "due gambe) •le lingue celtiche distinguono due generi, maschile e femminile, assegnati in base a criteri di prevalenza formali, mentre decisamente insolita (almeno agli occhi di un parlante italiano) può apparire la marcatura del genere in alcuni numerali (in gallese "due" assume la forma dau al maschile e dwy al femminile) •per quanto attiene alla morfologia verbale, entrambi i rami procedono a una sostanziale ristrutturazione della coniugazione, ma, come già per la morfologia nominale, i mutamenti più radicali hanno luogo nelle lingue brittoniche, in cui il verbo presenta oggi una morfologia assai semplificata Il verbo irlandese ha 4 tempi: il presente, in cui le desinenze si uniscono direttamente al tema, un futuro, caratterizzato dalla marca -f-, un passato (o preterito), in cui la lenizione modifica il segmento iniziale del tema, e un imperfetto, anch'esso contrassegnato da lenizione. I modi sono 4: indicativo, imperativo, condizionale e congiuntivo. Ovviamente le marche di tempi e modi possono variare in rapporto alla coniugazione cui aerisce il tema verbale. Le forme non finite del verbo sono il participio passato e il nome verbale (chiamato anche impropriamente, poiché impiego non uguale a quello dell'italiano, infinito). Infine una distinzione importante è quella tra forme indipendenti e dipendenti → queste ultime, accentate sulla prima sillaba e con diversi mutamenti rispetto alla forma del tema, sono accompagnate da una particella preverbale con funzione negativa, interrogativa o subordinante. La distinzione tra forme dipendenti e indipendenti è assente nelle lingue del ramo brittonico, nelle quali il sistema è imperniato su alcune distinzioni di tempo e modo: presente, imperfetto, passato o preterito e piuccheperfetto; indicativo, congiuntivo e imperativo → assenza del futuro, le cui mansioni vengono svolte dal presente indicativo. Le lingue celtiche insulari, senza eccezioni, presentano nella coniugazione verbale, oltre alle tre persone singolari e alle tre plurali, una forma impersonale che varia regolarmente per tempo e modo → il valore di questa forma impersonale è molto prossimo al passivo se il verbo è transitivo, mentre se il verbo è intransitivo, la forma mantiene un valore propriamente impersonale. Il bretone è l'unica lingua celtica a disporre di tempi verbali composti, formati cioè dagli ausiliari essere ( bezan) e avere (kaout, il bretone è l'unica lingua celtica a disporre del verbo avere) e dal participio passato del verbo principale → gli ausiliari possono precedere e seguire il participio passato

Sintassi: •ordine dei costituenti nella frase dichiarativa assertiva = VSO in tutte le lingue celtiche ad eccezione unicamente del bretone (il verbo bretone assume la terza persona singolare anche se il soggetto nominale è plurale) che utilizza l'ordine SVO → peculiarità generale = estrema flessibilità nella disposizione dei costituenti maggiori nella frase, l'ordine naturale dunque viene frequentemente stravolto per specifiche esigenze di natura soprattutto pragmatica •ordine del sintagma nominale e adposizionale = Pr., NG, NA in tutte le lingue celtiche escluso il bretone •nella significazione del possesso = l'entità posseduta viene di norma indicata prima del possessore; in irlandese c'è la presenza del caso genitivo; in gallese, a seguito della quasi totale scomparsa della declinazione, si è imposta la necessità di elaborare strategie alternative → costruzione più diusa presuppone la giustapposizione dei due nomi o gruppi nominali indicanti rispettivamente il posseduto e il possessore, senza una marca specifica e peculiare per la relazione di possesso. In un costrutto di questo tipo, l'elemento posseduto è inerentemente definito e ciò rende superfluo il ricorso all'articolo definito; al contrario, il nome che designa il possessore può essere sia definito che indefinito •espressione della negazione in bretone = esso ricorre a un morfema discontinuo (collocando una particella negativa sia prima che dopo l'elemento negato) → analogia significativa con il francese (ma non necessariamente eetto dell'interferenza del francese) Lessico: Tra i livelli di analisi di lingua è quello che in misura maggiore risente delle vicende storiche delle comunità parlanti e che, dunque, maggiormente rivela gli influssi cui la lingua è stata sottoposta La lingua che più di ogni altra ha contribuito a un arricchimento del lessico celtico è stata senza dubbio il latino, pur con un peso dierente nei due rami → le lingue brittoniche accolsero numerosi termini latini in epoca molto antica (a seguito della dominazione romana, invero mai stabilizzatasi del tutto, sulla Gran Bretagna), mentre le lingue goideliche avvertirono solo indirettamente o comunque in misura nettamente minore l'influsso del latino (in quanto Roma non giunse mai ad esercitare un controllo diretto sull'Irlanda), MA numerosi prestiti di chiara provenienza scandinava, assenti negli idiomi brittonici In epoca più recente si è inevitabilmente assistito a una massiccia immissione di termini inglesi, ma in modo diverso per i due rami → il ramo goidelico ha resistito molto limitatamente e i prestiti non hanno trovato ostacoli, nel ramo brittonico invece l'assimilazione di termini inglesi è stata decisamente più contenuta Nel bretone c'è una grande presenza di termini, ovviamente, di provenienza francese •il lessico delle lingue celtiche non comprende una parola per rispondere né aermativamente né negativamente a una domanda (nelle lingue celtiche non

esistono le parole sì e no) → la risposta ad una domanda viene formulata generalmente ripetendone il verbo

NEOGRECO Il neogreco, inteso nella sua fase ultima di evoluzione, quella della Nèa Ellinikì Kinì "greco comune moderno", discende dal greco della koiné ellenistico-romana attraverso le fasi del greco bizantino e medievale. Esso perciò è "figlio unico" del greco antico, la lingua indoeuropea d'Europa di più antica attestazione e una delle più antiche in assoluto (insieme al sanscrito e all'ittita). Le prime attestazioni di un dialetto greco (il miceneo) risalgono infatti a circa il 1500 a.C.; mentre la fioritura del greco classico (comprendendo sotto tale dizione anche il greco omerico) si colloca tra il 700 e il 300 a.C.; il greco ellenistico-romano va dal 300 a.C. al 300 d.C. circa; la documentazione del greco bizantino va dal 300 al 1100; la tradizione del greco medievale va dal 1100 al 1600 circa. Si è soliti parlare di "neogreco" a partire dal XVII secolo, ovvero dalla situazione linguistica della Grecia sottoposta da circa due secoli al dominio turco-ottomano → a quest'altezza temporale risultavano infatti già ben consolidati fenomeni linguistici (alcuni addirittura sono già ben presenti in età ellenistico-romana) ormai tipicamente neogreci e riguardanti i diversi piani d'analisi: fonologia, morfosintassi e lessico. Il neogreco è quindi l'esito ultimo di un secolare processo di emancipazione del greco parlato rispetto al grande "tetto" rappresentato dal greco di matrice dotta, permeato dalla tradizione classica → in tale ottica si spiega la tormentata "questione della lingua" neogreca e la lunga contrapposizione tra la lingua di orientamento puristico, la forma dotta, la katharèvousa, utilizzata fino al 1976 come lingua uciale, e la lingua popolare, la dimotikì, scelta poi come lingua uciale dopo il 1976. Il greco è la lingua uciale della Repubblica di Grecia e, al di fuori della Grecia, esso è parlato nella comunità grecofona di Costantinopoli, nel settore grecofono dell'isola di Cipro e nelle comunità della diaspora (dialetti neogreci sono parlati in Italia nel Salento meridionale e nella regione dell'Aspromonte). Al di fuori dei confini Europei il greco è parlato nelle fiorenti comunità dei greci d'America (Stati Uniti e Canada) e dell'Australia (ove è la terza lingua, per importanza, dopo l'inglese e l'italiano). Nel complesso i locutori del neogreco sono attualmente circa 12 milioni (10 milioni in Grecia e 2 milioni nella diaspora). Perciò il neogreco (insieme all'albanese e all'armeno) rappresentano, all'interno del quadro linguistico Europeo, dei casi singolari, infatti a dierenza di quanto è proprio di tutte le altre lingue Europee che fanno parte di gruppi linguistici ben individuati, esse, pur appartenendo alla grande famiglia delle lingue indoeuropee, sono tuttavia prive di "lingue sorelle", cioè le loro lingue madri (rispettivamente il greco ellenistico-romano, l'illirico e l'armeno classico) non hanno generato altre lingue oltre a queste. Tratti fonologici:

Il neogreco ha ereditato pienamente il sostanziale mutamento del sistema fonologico del greco antico (in particolare per ciò che attiene al vocalismo); tale mutamento, già avviatosi in età classica, aveva interessato poi il greco tardo e quello bizantino-medievale → sono scomparsi gli antichi dittonghi, tutti tranne /au/ ed /eu/, confluiti per monottongazione in vocali semplici, il sistema vocalico neogreco esibisce una struttura articolata su 5 fonemi vocalici: /i/, /u/, /e medio bassa/, /o medio bassa/ e /a/. Mentre il consonantismo, al contrario, appare tendenzialmente più conservativo → i fenomeni più salienti riguardano la spirantizzazione (attenuazione dell'articolazione delle consonanti occlusive, che diventano perciò spiranti o fricative) delle antiche consonanti occlusive sonore, lo scempiamento (riduzione di una consonante lunga o doppia -geminata- a una breve o scempia) delle consonanti intense, la caduta della nasale dentale in posizione finale di parola. Tratti morfosintattici: •mutamenti fonologici → conseguenze sostanziali sul sistema della flessione nominale e verbale = determinarono la scomparsa di alcune classi flessive sia nominali che verbali •normalizzazione dell'accento nel paradigma degli aggettivi •semplificazione del paradigma dell'articolo determinativo ~> dal punto di vista sintattico, fenomeni tipici del neogreco -in parte condivisi anche da altre lingue dell'area balcanica- sono: •la scomparsa del dativo → in neogreco il novero delle desinenze di caso è oggi ridotto a 4 casi, a seguito del sincretismo tra i casi dativo e genitivo (opposizione neutralizzata a favore del genitivo, come anche in albanese, romeno, bulgaro e macedone); a ciò si aggiunge la crisi del duale (già visibile nel greco postclassico), che riduce all'opposizione tra ...


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