Riassunto Quaglino, Fare formazione PDF

Title Riassunto Quaglino, Fare formazione
Course Metodologia della formazione
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
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PSICOLOGIA DELLA FORMAZIONE (QUAGLINO) 1 una Teoria Generale della Formazione. 1 La formazione oggi che caratterizza la situazione attuale della formazione professionale nel nostro paese senza dubbio la sua elevata Parlare di e riconoscere in cosa consista sono due operazioni tra loro ne deriva la r...


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PSICOLOGIA DELLA FORMAZIONE (QUAGLINO) 1.Per una Teoria Generale della Formazione. 1.1 La formazione oggi Ciò che caratterizza la situazione attuale della formazione professionale nel nostro paese è senza dubbio la sua elevata complessità. Parlare di complessità e riconoscere in cosa consista sono due operazioni tra loro distinte; ne deriva la rinuncia al principio che lega complessità e continuità. Ciò per dire che il richiamo alla complessità dev’essere inteso non in senso descrittivo, ma nel senso problematico che esso pone, di ricerca di una nuova definizione dell’oggetto (la formazione, in questo caso). Negli anni passati, la complessità della formazione non è stata molto riconosciuta. Si sono infatti spesso evitati i problemi correlati ai temi dell’educare. Infine, questo carattere della “complessità” relativa alla formazione non può certo essere un carattere tendente all’involuzione ma permanente. Complessità significa articolazione, pluralità, realtà mutevole e multiforme, ed in quanto tale, difficilmente conoscibile e controllabile. Pertanto non può essere solo un elemento descrittivo del problema, ma piuttosto il problema. Caratteri più specifici, che sono più in grado di spiegare la situazione attuale di complessità della formazione sono riconducibili a: 1) Una espansione della domanda, e cioè una sempre più crescente richiesta di attività o interventi formativi all’interno di organizzazioni, quindi progressiva istituzionalizzazione. Aumento delle occasioni, dei motivi e dei luoghi di formazione, nonostante la paradossale, ma pur sempre presente, perplessità e convinzione di alcuni del contrario (c’è chi è convinto non si stia espandendo). 2) Uno stallo dell’offerta, ovvero vi è una perdita di investimento progettuale e creativo, una ripetitività e routinizzazione di certi programmi e attività di formazione. C’è una difficoltà a star dietro alla domanda se non configurandola rispetto a uno schema a priori; vi è dunque limitatezza o ricerca i automatismi nella risposta. Questo costituisce un aspetto problematico da non sottovalutare, soprattutto se ne va della credibilità dell’offerta formativa. 3) Un’animazione della comunità degli operatori, che significa innanzitutto una pura e semplice crescita numerica degli operatori, addetti alla formazione; significa poi crescita di un gruppo professionale, consolidamento di figure professionali, accettazione istituzionale diffusa, emergenza di un ‘valore di esperto’ nuovo, e anche crescente bisogno di riconoscimento sociale dentro e fuori l’organizzazione, crescente necessità di definire il sapere specialistico connesso al mestiere di formatore, e di confronto e dibattito sugli strumenti professionali. Appresi i caratteri specifici della situazione attuale, il problema della formazione oggi è quello di comprendere, motivare e spiegare il perché di questi caratteri, perché la situazione è questa e non un’altra. Altro problema è quello di stabilire i prevedibili orientamenti futuri, le possibili trasformazioni , i nodi da affrontare e gli obiettivi da proporsi per il futuro. Ora passiamo ad esaminare questi problemi, analizzando prima i motivi che possono spiegare i caratteri delineati in precedenza. 1) Quanto all’espansione della domanda si potrebbe semplicemente dire che nel mondo del lavoro oggi, che vede vari mutamenti dei contenuti del lavoro , la comparsa di nuovi lavori, urgenze nei processi che riguardano la qualità della vita di lavoro, la rapida obsolescenza delle conoscenze e quindi l’urgenza dell’aggiornamento e della qualificazione professionale, la formazione assume un ruolo non solo prioritario ma strategico. Dunque, fare formazione è inevitabile. 2) I motivi che spiegano lo stallo dell’offerta si ricollegano alla necessità di compiere un salto dalla teoria sullo stato della formazione alla teoria sulla formazione; tali motivi sono di ordine estrinseco alla formazione, esito di diverse cose: per quanto si conosca la relazione tra sapere e potere, si

preferisce tramandare la scissione tra fare e imparare. Inoltre, la pedagogia ufficiale si mostra evasiva: l’interesse per il mondo degli adulti trova scarsa teorizzazione . Manca una teoria dell’apprendimento come legata all’esperienza, esiste solo in quando prodotto dell’azione educativa. Infine, pochi accettano l’equivalenza tra processo educativo e fatica tanto che pare mancare il giusto riconoscimento sociale. C’è quindi un mancato riconoscimento dell’istruzione come valore, del sapere e della promozione del sapere come valore. 3) Infine, l’animazione della comunità di operatori si spiega come conseguenza necessaria di quanto sopra detto: si tratta di una legittima richiesta da parte dei formatori di una professionalità che si esprima in termini di preparazione, efficacia e soddisfazione. Si tratta di una situazione contraddittoria, caratterizzata da una domanda crescente e da un’offerta ‘poco convincente’. Questo esprime un forte bisogno di definire un nuovo livello di qualificazione professionale e di qualità del lavoro, senza più dover attingere ai vecchi modelli, a teorie tradizionali, e modi abituali di pensare e di condurre un progetto educativo, perché ormai considerati poco efficaci, o addirittura inadeguati. Lo stesso bagaglio di saperi, informazioni e istruzioni è insufficiente. Esiste- dunque- un vuoto di teoria, il quale costituisce il primo elemento che condiziona l’efficacia dell’azione formativa. In maniera più precisa si può parlare di un vuoto di consapevolezza delle teorie della formazione, perché la teoria effettivamente non manca, ma non è riconosciuta come tale, e la formazione orientata al saper-fare, se non è giustificata da una teoria, rimane una dichiarazione di intenti. Vuoto di teoria significa molte cose: 





Negazione: si tende a negare che la teoria abbia un ruolo e un’importanza nella pratica. La teoria è una guida all’azione, non qualcosa che vi si oppone come non-azione. Senza teoria non vi è consapevolezza di azione. Dunque non può esistere, senza teoria, il cerchio fare → imparare; di conseguenza, ogni volta si deve ricominciare da capo, senza mai apprendere dall’esperienza. Disinvestimento: convinzione che la teoria si sostenga da se, fuori da ogni dimensione temporale; convinzione che teoria non subisca processi evolutivi, di trasformazione e obsolescenza. Queste convinzioni alla lunga creano sfiducia nella teoria, in quanto lontana, aliena e pertanto incomprensibile e inintelligibile. Questo disinvestimento è possibile contributore del vuoto di teoria. Scissione: ricorso costante al principio della concretezza come prova della teoria. Si frammenta il tutto col rischio che il montaggio successivo non restituisca sufficiente e necessaria unitarietà alla teoria. Rischio maggiore è proprio che dal tutto frammentato in parti non si riesca a ricomporre il tutto.

Vuoto di teoria significa azione alla cieca, il che a sua volta significa impossibilità di apprendimento. L’unica soluzione a questo problema appare quella di saper meglio ciò che si fa (facendo formazione) per farlo sempre meglio. Occorre quindi ripensare alla teoria e ricostruirla. 1.2 Un punto di vista sulla formazione Si può parlare di formazione come prodotto, servizio o processo. Tali differenze di impostazione non risultano tuttavia inconciliabili. Formazione è un’attività educativa, dunque il suo obiettivo è la promozione, diffusione e l’aggiornamento del sapere e dei modi di utilizzo del sapere. Ma il significato profondo e la finalità dell’azione educativa è creare un momento di crescita (culturale, sociale, professionale e personale) dei soggetti a cui si rivolge. Ed ecco che l’attività educativa si lega ad un primo livello generale ad apprendimento e cambiamento. Ad un secondo livello, se si considera la formazione nel contesto organizzativo, la sua finalità, al di là del sapere dei soggetti, è quella di superare uno stato- problema all’interno dell’organizzazione. A questo livello però apprendimento e cambiamento non vanno di pari passo, perché se per i soggetti il problema è di essere disposti a cambiare, per le organizzazioni è di essere disposte ad apprendere. Dunque, i soggetti cambiano in quanto apprendono , e il legame apprendimentocambiamento è fattuale; invece le organizzazioni apprendono in quanto cambiano , dunque il rapporto

duale cambiamento- apprendimento per le organizzazioni è solo possibile, non fattuale. Un apprendimento individuale può diventare momento per il cambiamento organizzativo solo a certe condizioni: 1) La formazione deve essere pensata e realizzata in termini di processo : Ne è un famoso esempio lo schema delle quattro tappe ANALISI DEI BISOGNI—PROGETTAZIONE—AZIONE FORMATIVA— VALUTAZIONE DEI RISULTATI. Queste 4 tappe le si fanno ricondurre a due differenti sistemi: il sistema informativo, inteso come insieme di istruzioni, regole, tecniche, linguaggi e procedure finalizzate ad alimentare una banca-dati indispensabile per l’orientamento della formazione; ed il sistema operativo finalizzato all’ “esecuzione”. Dunque l’efficacia della formazione e quindi la possibilità di definire il legame tra apprendimento individuale e cambiamento organizzativo sono vincolate prima di tutto dagli ‘strumenti’ di istruzioni, regole, tecniche, linguaggi e procedure dei due sistemi, dalla loro rispettiva compatibilità e dall’interdipendenza delle azioni cui danno luogo. Una formazione senza il sistema informativo è cieca e una formazione senza il sistema operativo è vuota.

Sistema informativo

Sistema operativo

1.Analisi dei bisogni

2.Progettazione

4.Valutazione dei risultati

3. Azione formativa

2) La formazione condivide un significato e un orientamento strategico: Nel contesto organizzativo bisogna riconoscere alla formazione il compito strategico e non quello meramente gestionale. La profonda trasformazione nel mondo del lavoro in termini di accelerazione dei processi, grazie anche alla cosiddetta rivoluzione microelettronica, chiama in causa la formazione, in primo luogo come presidio dei processi di trasmissione del sapere, ma anche come veicolo di riqualificazione e crescita professionale. Altri processi di trasformazione all’interno dei contesti lavorativi che coinvolgono i sistemi di relazione e sistemi di valore prendono in causa la formazione. Sembra esser dimostrato che molti problemi organizzativi sono rappresentati dai soggetti , sia in termini di rapporto con la tecnologia, sia in termini di mutate condizioni relazionali (telelavoro, microunità di lavoro, multiinterdipendenza, pluriappartenenza ecc.), sia infine in termini di emergenza di nuovi valori (come la “qualità della vita di lavoro” o la nuova ottica della “doppia responsabilità” dell’organizzazione e dei soggetti). Da queste considerazioni emerge il ruolo strategico della formazione, il quale si orienta sul medio-lungo periodo, poiché i tempi dell’apprendimento e del cambiamento in organizzazione sono tutto meno che di breve periodo ed il percorso da attuare nel contesto organizzativo è di una tale complessità da sconsigliare una qualsiasi illusione su di una formazione che voglia ottenere risultati immediati. In un’ottica strategica bisogna dunque orientare l’azione educativa non sul problema, ma alla logica del progetto, e bisogna ritrovare più precisi collegamenti tra il processo formativo, istituito dal funzionamento sintonico di un sistema informativo e di un sistema operativo, e i rispettivi sottosistemi organizzativi: in particolare il sistema di gestione del personale e il sistema di pianificazione strategica, entrambi ritenuti fattori cruciali di orientamento e guida del sistema operativo. Entrambi risultano fonti privilegiare di alimentazione della banca-dati del sistema informativo e dunque fattori cruciali di orientamento del sistema operativo. Poi bisogna forse ipotizzare un terzo sistema “laterale”: il sistema di innovazione,

finalizzato a perseguire obiettivi molteplici quali l’adeguamento costante all’azione formativa, l’accumulo e l’elaborazione dell’esperienza, il “deposito” della teoria. Anche se l’attività formativa si configura in parte come routine, questa non deve divenire espressione dell’adesione a una logica di breve periodo. Il sistema di innovazione non esclude l’attività formativa di routine, ma svolge una funzione di contenimento della formazione “standard”, che è insoddisfacente perché non personalizzata. 3) La formazione richiede tecnologia ed espressione di valori : Essendo la complessità il carattere “essenziale” della formazione, quest’ultima va orientata appunto secondo la configurazione della complessità. La formazione, dunque, richiede innanzitutto una tecnologia adeguata, la quale è in parte disponibile e in parte da costruire. Oggi la formazione attinge ad una tecnologia povera, a strumenti tradizionali (soliti corsi, solite esercitazioni, soliti schemi) e ad irrilevanti investimenti nell’attrezzatura (materiali, mezzi e strumentazione varia) i quali tendono ad autoriprodursi e autolegittimarsi, ottenendo in realtà un ulteriore impoverimento. “salto di tecnologia” non significa dunque solo attrezzatura più ricca, ma anche teoria più solida. Proprio perché una tecnologia sofisticata, attrezzatura più ricca e teoria più solida non bastano per raggiungere ciò che si propone la formazione, vi è il bisogno anche di un’espressione dei valori. Sembra infatti che la formazione stia progressivamente perdendo capacità di esprimersi anche sul piano dei valori, razionalizzando quel che è l’azione educativa, occupandosi semplicemente della pura trasmissione del sapere, perdendo quindi di vista il soggetto; e una formazione che perde di vista i suoi soggetti, perde anche il suo fine ultimo, quindi anche la sua reale efficacia. Quindi un recupero del soggetto e il recupero delle capacità di esprimere valori e un maggior investimento nella tecnologia (attrezzatura e teoria) sono cruciali per raggiungere un’evoluzione della formazione, renderla capace di adempiere ai suoi compiti e più efficace nei risultati. Formazione può stabilire metodi e obiettivi solo in virtù del soggetto che quindi deve conoscere. Ecco perché serve recupero del soggetto. In tema di condizioni vincolanti la proposta che emerge da queste pagine individua questi aspetti: 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7)

Efficacia del sistema informativo (attrezzatura/funzionamento) Efficacia del sistema operativo (attrezzatura/funzionamento) Compatibilità tra SI e SO (congruenza/interscambio) Efficacia del sistema di innovazione (attrezzatura/funzionamento) Compatibilità tra processo di formazione e sistema di innovazione (congruenza/interscambio) Compatibilità tra processo di formazione e sottosistemi organizzativi (congruenza/interscambio) Tecnologia sofisticata (attrezzatura/teoria)

8) Recupero del soggetto 9) Espressioni di valori

PRINCIPI GENERALI OPERATIVOSISTEMA INFORMATIVOSISTEMA

La tecnologia sofisticata (attrezzatura/teoria) che presiede al funzionamento del processo di formazione si articola in tre diverse dimensioni: 1. Principi generali: cioè un apparato di teoria 2. Modelli procedurali: schemi operativi 3. Soluzioni tecniche: specifiche modalità operative.

ANALISI BISOGNI

DEI

VALUTAZIONE DEI RISULTATI

PROGETTAZIONE

AZIONE FORMATIVA

MODELLI PROCEDURALI

SOLUZIONI TECNICHE

In tal senso e limitatamente all’aspetto dell’attrezzatura, il processo di formazione si articola sulla base di questa griglia:

1.3 Prospettive di una Teoria Generale della Formazione Si è già segnalata la necessità di disporre di una teoria per poter adeguatamente riflettere nel campo della formazione. Più precisamente serve definire una teoria della formazione manageriale come punto di convergenza tra una teoria dell’organizzazione, una teoria del management e una teoria dell’apprendimento/cambiamento. Si è poi sottolineato il collegamento che intercorre tra azione formativa e teoria, giacché qualunque operazione di formazione manageriale che non tenga conto della teoria di sfondo rischia di autoinvalidarsi. Da dove derivano, dove hanno genesi gli effetti prodotti dall’azione formativa ( =i risultati dell’apprendimento)? Questi effetti sono riconducibili a due livelli: -

-

Un primo livello: gli elementi che compongono il programma (obiettivi, contenuti, metodi, ecc) Un secondo livello: va individuato nell’insieme delle ipotesi, dei concetti, degli schemi di riferimento che, tramite il formatore, sono passati all’atto, poiché hanno orientato e controllato la costruzione prima e la realizzazione poi dell’azione formativa. Tutto questo fa capo ad una, o più di una, teoria dell’apprendimento .

Si fa riferimento ad una Teoria Generale della Formazione (TGF) come sistema di sapere complessivo che tende a configurarsi nel senso di una pedagogia degli adulti. Il campo di sapere (=LA TEORIA) connesso alle finalità del cambiamento organizzativo include così: 1) Una Teoria del Sistema Organizzativo come opzione di conoscenze sulla natura e il funzionamento dell’organizzazione (e in particolare dei sottosistemi organizzativi implicati) 2) Una Teoria del Soggetto (ad esempio il manager) come insieme delle conoscenze sulla configurazione organizzativa dei soggetti della formazione e rispetto alla rete di reciprocità tra apprendimento individuale e cambiamento organizzativo 3) Una Teoria del Cambiamento sia nel senso dell’azione finalizzata rispetto alla rete di reciprocità (apprendimento individuale, cambiamento organizzativo) sia nel senso più ampio della dinamica del sistema.

Il campo di sapere connesso all’attività educativa in quanto processo di formazione, include specifici ambiti di teoria connessi con il sistema informativo e il sistema di innovazione. Invece per il sistema operativo il rimando è al campo di sapere pedagogico, connesso con la finalità dell’apprendimento individuale, che comprende: LA TEORIA DEL CAMBIAMENTO SI ARTICOLA A: 1) Una Teoria degli Obiettivi (TdO): teoria sulla natura, caratteristiche, articolazione e direzione delle finalità educative e formative; 2) Una Teoria dell’Apprendimento (TdA) che comprende un insieme di conoscenze sui processi soggettivi sottesi all’imparare; 3) Una Teoria dei Metodi (TdM) che è l’insieme di istruzioni circa le modalità e i mezzi utilizzabili per agevolare l’apprendimento, dunque una teoria per l’insegnamento; 4) Una Teoria del Formatore (TdF) e cioè una teoria sulla natura, caratteristiche, qualità e direzione dell’azione dell’insegnare. Si tratta, dunque, di un intreccio complesso di teorie che guidano, orientano, o ispirano la progettazione e l’attuazione del programma formativo. I campi di sapere QUINDI sono 3: sapere pedagogico, organizzativo e tecnico; ciascuno dei tre campi (collegati 1 con la definizione di attività educativa come processo di formazione, 2 con le finalità individuali, 3 a quelle organizzative) articola differenti sottocampi di conoscenze. Ogni campo di sapere contiene più di una teoria non sempre conciliabili.

Teoria dell’organizzazione Teoria del soggetto Teoria degli obiettivi

Teoria dell’apprendimento

Teoria dei metodi

Teoria del formatore

Teoria del processo di formazione

Elementi del programma

Processo di apprendimento dei soggetti

Risultati di apprendimento

2. Gli obiettivi Questo capitolo descrive una traccia di percorso verso la formazione di una TdO. Per avere una teoria serve che essa risolva (=definisca), esprima (=completezza) e aderisca (=sia pertinente) all’oggetto. 2.1 Criteri e condizioni di una Teoria degli Obiettivi Esiste una letteratura disponibile sui temi connessi alla problematica di definire gli obiettivi formativi, non molto vasta. Tali contributi possono essere classificati in: a) Tipologie semplici b) Tassonomie c) Liste di capacità A) Tipologie semplici: questi contributi hanno a che vedere con obiettivi noti a chi si occupa di formazione: - Conoscenze  apprendimento cognitivo - Abilità apprendimento operativo/pratico - Atteggiamenti apprendimento emotivo

CAPACITÀ

Secondo la tipologia semplice, g...


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