Riassunto romanzi di emigrazione PDF

Title Riassunto romanzi di emigrazione
Course Letteratura italiana A1 e A2
Institution Università degli Studi di Bergamo
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Dagli Appennini alle Ande Marco, da Genova, s'imbarca alla volta di Buenos Aires per raggiungere sua madre, emigrata in Argentina per lavoro. La madre, ammalata, rifiuta di farsi curare; nel frattempo Marco compie un viaggio lungo e apparentemente senza speranza, sulle tracce dei vari spostamenti della famiglia presso cui sua madre è a servizio; da Buenos Aires Marco si sposta verso l'interno fino ai piedi delle Ande. Dopo numerose peripezie, stanco, affamato, senza soldi, ottiene un passaggio da una carovana, che però lo lascia a metà strada; continua a piedi il viaggio per giorni fino a raggiungere il luogo dove vive la madre le cui condizioni di salute sono nel frattempo peggiorate. Quando però scopre di essere stata raggiunta dal figlio, decide di sottoporsi all'operazione chirurgica che le salva la vita.

Sull’Oceano De Amicis è uno dei primi a parlare di emigrazione: non condanna il fenomeno, ne rappresenta però anche gli aspetti negativi. Il romanzo può essere diviso in due pannelli narrativi. 1. Le figure umane sono accostate alle figure animali 2. Prevale lo sguardo sul gruppo indistinto, i vari personaggi non hanno una precisa identità. Il commissario di bordo suddivide i gruppi in base ai ranci (quindi all’alimentazione) Ogni parola nel romanzo è pregna di significato. Un tema fondamentale è quello dell’incomprensione, del buio dell’identità dell’emigrato. L’occhio del narratore passa da una visione generale a una al dettaglio e poi viceversa. La prima immagine che ci viene descritta è quella di una donna che piange. Il narratore, che è la controfigura di De Amicis, utilizza prima l’imperfetto e poi il passato remoto per descrivere un tecnema. Un tecnema è una cornice che permette di definire un dettaglio, è anche il luogo di esposizione dell’osservatore. Immagine dei parenti che salutano chi parte e del piroscafo che si allontana quasi furtivamente (“carico di carne umana rubata”). L’attenzione del narratore è rivolta soprattutto ai viaggiatori di 3 classe. Lui viaggia in 1, e sottolinea il distacco tra gli emigranti e la media borghesia e l’aristocrazia. La figura del commissario di bordo richiama alla mente un eroe risorgimentale. Il narratore cataloga le persone presenti a bordo in base alla provenienza geografica e alla professione svolta. Tuttavia la povertà e la fame accomunano i passeggeri. Troviamo anche alcune descrizioni paesaggistiche: • lo stretto di Gibilterra, il cui passaggio genera incertezza paura e smarrimento • arrivo a Costantinopoli, ?? • oceano Pacifico, panico Dimensione linguistica. Oltre alle zoomate visive, troviamo anche quelle uditive, che si focalizzano principalmente sui discorsi dei viaggiatori di 3 classe.

La lingua con cui alcuni parlano è una lingua bastarda, di italiani che sono stati in argentina e mischiano parole italiane con parole spagnole. Questo ibridismo linguistico è per De Amicis la perdita di identità nazionale: la lingua è fondamentale per l’unità della patria.

Gli americani di Ràbbato 1909 Luigi Capuana Il capolavoro verista di Capuana, esponente del Verismo insieme a Verga, è Giacinta (1879). Capuana è interessato anche all’interiorità del personaggio: infatti il Marchese di Roccaverdina del 1902 è incentrato sulla follia del protagonista. Capuana è molto interessato al folklore italiano e in particolare siciliano: fa ricerche e raccoglie i risultati in due raccolte, C’era una volta e Il raccontafiabe. Di Capuana si ricorda anche Semiritmi, una delle prime sperimentazioni del verso libero. Dimostra anche molto interesse per gli ambiti fantasiosi e superstiziosi. Chi è Capuana? Viene da Mineo, paese in provincia di Catania: il paese prende nella sua opera il nome di Rabbato. È molto radicato e legato alle sue origini, alla sua terrra, ma allo stesso tempo ha molta curiosità per i grandi del Realismo francese. A Firenze conosce Verga. Si reca anche a Milano. È sindaco di Mineo. Capuana è considerato il VERO TEORICO del Verismo. Per lui il Verismo è il valore documentario dello scritto letterario, non mascherato dalla tradizione letteraria. L’opera non deve essere occasione di narcisismo letterario, ma la finalità è rappresentare in modo diretto la realtà. La forma deve essere il più possibile trasparente. Ammette l’intrusione di un narratore anche autobiografico. Adotta punti di vista plurimi, che passano da un personaggio all’altro.

Menu è il fulcro della narrazione, il suo punto di vista è quello prevalente. Il romanzo può essere considerato come romanzo di formazione, si trovano inoltre molte analogie con la fiaba di Pinocchio (per i personaggi che i protagonisti incontrano) Il testo fa riferimento a dei mali prodotti dai primi governi italiani, quindi la sua pubblicazione fu ostacolata dalla censura. È molto utilizzata la Sticomitia, ossia l’alternanza di battute secche tra un personaggio e l’altro. L’incipit è in medias res: si parla dei dolori alla schiena, il che simboleggia il fatto che nulla può essere ottenuto senza il duro lavoro. Ciò si riferisce al fatto che si emigra per cercare ricchezza.

L’espressione dolori che vanno e che vengono ci fa capire come l’emigrazione sia tollerata solo se provvisoria. Zi Santi è il testimone di una transizione, mentre i fratelli vivono solo il cambiamento: sono anni in cui si sviluppano nuovi movimenti di emancipazione sociale (sindacalismo, socialismo, comunismo) e i fratelli li sperimenteranno mentre il nonno assiste a quello che per lui è un rovesciamento. Metafora delle rondini. I migranti vanno ma poi devono tornare. La gna Rosa aveva voluto rinnovare la casa di famiglia, distruggendo così il nido delle rondini. Il nonno dice che le rondini troveranno nuovi nidi, e predispone la grondaia per aiutarle a costruirli. I fratelli sono descritti in modo non verista: dall’esterno, da un narratore onnisciente. Alcuni studiosi hanno sostenuto che questa descrizione ha legami con quelle del Lombroso (teorie sull’aspetto dei criminali). Percorrono strade diverse: Stefano discesa agli inferi Santi prosecutore delle tradizioni Menu osservatore, occhio giudicante, sarà l’unico a far davvero tesoro dell’esperienza di migrazione. Un altro personaggio importante è coda pelata. È emancipato, ha portato molto denaro dall’America. Racconta aneddoti esagerati con l’utilizzo dell’iperbole. Ad esempio parla di ferrovie costruite sopra le case, il che è un misto tra realtà e immaginazione. Il nonno resta scettico di fronte ai suoi racconti. Coda pelata sostiene che se si rimane in italia non si raggiunge nessun obiettivo. Stefano è geloso della fortuna accumulata da coda pelata, mentre Santi è affascinato. Triangolazione del desiderio. L’invidia di Stefano è ricollegabile a questo meccanismo. L’amico desidera la donna amata dal migliore amico perché essendo stata scelta dal migliore amico viene considerata degna del proprio amore. Coda pelata usa un linguaggio ambiguo, interpretato in modo diverso dai vari personaggi. Gli italiani che partono sono ingannati doppiamente: dai trafficanti e dal sistema educativo italiano. PIRANDELLO Utilizza un linguaggio antiesornativo, in quanto deve essere funzionale al messaggio finale che è sempre filosofico ma attraverso una scrittura trasparente. La difficoltà in Pirandello sta nel decodificare i simboli da lui utilizzati. Il PARATESTO è tutto ciò che circonda il testo: sono elementi come la copertina che può essere arricchita con un’immagine. Oppure anche il nome dell’autore, il titolo dell’opera…, danno maggiori informazioni e stabiliscono il cosiddetto CONTRATTO DI LETTURA (ossia l’obiettivo di interessare e sedurre il lettore). Molte volte i titoli fanno capire di cosa si parla (magari hanno il nome del protagonista come Madame Bovary) e il sottotitolo da ulteriori informazioni (magari sulla tipologia di testo). Pirandello non è molto interessato a curare il livello paratestuale.

L’altro figlio È un romanzo enigmatico. Maragrazia, umile donna del popolo di un paese siciliano, vedova e ridotta a mendicare, soffre perché non riceve notizie dei due figli emigrati in America e ormai dimentichi, per la ricchezza

raggiunta, della loro stessa madre. La donna si reca ogni giorno a vedere i giovani che partono per nave verso l'America e consegna loro delle lettere che si fa scrivere dall'amica Ninfarosa, nelle quali giura ai figli di essere disposta a donar loro lo stesso casale di poco valore dove lei abita, purché essi tornino; ma i figli non le rispondono e i migranti iniziano a provare fastidio nei confronti della donna. La stessa Ninfarosa, esasperata, cesserà di aiutarla a scrivere e Maragrazia allora si rivolgerà a un giovane medico appena arrivato perché la aiuti a comporre le lettere.Nello stesso paese vive Rocco Trupìa, terzo figlio della donna che le è sinceramente affezionato, buono, con una bella famiglia e una bella casa. Egli vorrebbe prendersi cura di lei, ma la donna rifiuta continuamente il suo aiuto perché non lo considera veramente suo figlio. Incuriosito da questa faccenda il medico chiede alla donna perché non accolga l'invito di Rocco, e Maragrazia gli racconta la sua storia disgraziata.In seguito alla venuta di Garibaldi in Sicilia era stato messo in libertà un terribile brigante di nome Cola Camizzi, il quale aveva cercato di reclutare il marito di Maragrazia tra i suoi scagnozzi; questi, dopo esser riuscito a fuggire una prima volta, era stato nuovamente catturato da Cola che per punirlo lo aveva decapitato assieme ad altri fuggitivi.Quando Maragrazia era andata al covo di Cola Camizzi per chiedere notizie di suo marito aveva visto i briganti giocare a bocce con le teste delle loro vittime e lo stesso Cola, alle sue urla disperate, l'aveva aggredita; ma un brigante di nome Marco Trupìa era corso in suo aiuto e, assieme agli altri ladroni stanchi della tirannia dell'uomo, lo aveva ucciso davanti ai suoi occhi, compiendo così la vendetta della donna. In cambio però l'uomo l'aveva rapita e tenuta come sua schiava per tre mesi, sino a quando era stato catturato e imprigionato. Una volta libera Maragrazia si era scoperta incinta ad opera di Marco Trupia e non volendo il figlio del brigante aveva tentato inutilmente di abortire. La madre della donna aveva poi provveduto ad affidare il neonato alla famiglia del brigante. Maragrazia si rende conto che proprio questo figlio non voluto meriterebbe quell'affetto che lei riservava invece ai figli lontani, arricchitisi con attività criminali e ingrati verso di lei; tuttavia ella sente di non poter nemmeno considerare Rocco figlio suo, perché «è il sangue che si ribella», tanto era forte il legame naturale che sovrastava ogni sentimento. Il giovane, inoltre, somiglia troppo a suo padre, e ogni volta che lo vede la donna ricorda i terribili momenti passati. A Maragrazia non resta dunque che continuare a scrivere lettere ai suoi figli lontani, nell'ingenua speranza che prima o poi vengano a soccorrerla.

Lontano In quest’opera Pirandello si focalizza su chi accoglie. Il titolo è tematico: l’emigrante che è assente da se, dai luoghi e dagli oggetti conosciuti, la privazione di identità. Il tema dell’emigrazione è qui trattato al contrario. Laars diventa L’arso, perché con la pelle chiara in Sicilia si scotta. Il cognome Cleen deriva dall’inglese clean (pulito in senso figurato, in quanto non è stato sporcato dalla vita della Sicilia) oppure dal tedesco klein (bambino, piccolo, che dovrebbe crescere ma non riuscirà perché si trova in questa condizione di smarrimento). Pietro Milio detto Don Paranza. Il nome Pietro sta a significare che è un uomo cocciuto (Pietro di nome e pietra di fatto), e il soprannome Paranza indica la professione di pescatore ma anche la sua stazza robusta. La sua professione di pescatore è anche simbolica: oltre ai pesci è anche un pescatore di anime, in quanto è lui che porta a casa Laars e lo ospiterà durante la convalescenza. Venerina è la nipote di Don Paranza, la quale si innamora di Laars. Un altro personaggio è Zia Rosalina, donna non sposata che guarda con sospetto e disapprovazione Laars.

La tragedia di un personaggio

Un punto molto importante nella novella è la disquisizione di Fileno sulla natura dei personaggi. la lunga battuta in cui Fileno definisce la superiore realtà ed eternità dei personaggi sarà ripetuta con le stesse parole nel famoso monologo del Padre in Sei personaggi in cerca d'autore. Giovanni Pascoli È considerato il grande poeta italiano che chiude l’Ottocento e segna l’inizio del Novecento. Lo stesso Pasolini svolgerà la tesi di laurea su di lui, dicendo tra le altre cose, che Pascoli usa parole semplici per esprimere concetti complessi e parole ricercate per esprimere concetti semplici. In Pascoli il fonosimbolismo è ricorrente: utilizza molte parole onomatopeiche che creano svariate corrispondenze.

Anni ‘30 Durante il periodo fascista, si diffonde l’idea degli Stati Uniti come alternativa alla censura presente in Italia. NUOVO QUADRO EPISTEMOLOGICO • diffusione delle teorie di Freud • evoluzione delle scienze con teorie come quella della relatività Secondo De Benedetti, gli scrittori sono influenzati da tutti i cambi epistemologici portati dalle scienze esatte. La compattezza del personaggio viene meno, si frantuma. Questo avviene secondo De Benedetti attraverso: • le epifanie dei personaggi di James Joyce (Un’ epifania è un momento speciale in cui un qualsiasi oggetto della vita comune, una persona, un episodio diventa "rivelatore" del vero significato della vita a chi percepisce il loro valore simbolico.) • le intermittenze del cuore di Proust (Le intermittenze del cuore sono quei soprassalti straordinari che nello scorrere di una vita normale ci riportano a eventi, cose o persone del passato rimaste nell’ombra, marginali, e che aprono una prospettiva sfuggente e rivelatrice al di là del fluire irreversibile del tempo. Sono momenti di rottura, cambiamento, metamorfosi) Si diffondono in questo periodo anche le teorie di Bergson sulla durata e sul tempo (il tempo vissuto non coincide con il tempo oggettivo: il tempo viene percepito in modo differente dalla nostra coscienza a seconda del nostro stato d’animo e delle esperienze vissute.)

America primo amore – Soldati È uno dei più celebri libri di Mario Soldati, pubblicato nel 1935. L'opera raccoglie i reportages, riveduti, pubblicati durante la sua permanenza negli Stati Uniti: è l'occhio emozionato di un giovane italiano proveniente dall'Italia fascista, la felicità di scordare la retorica e il conformismo imperanti durante la dittatura La prima edizione, della casa editrice Bemporad (1935), si divide in due parti: la prima contiene i reportage - riscritti e modificati per la pubblicazione in volume - che Soldati scrisse da New York soprattutto per il quotidiano «Il Lavoro» di Genova. La seconda parte fu terminata in Italia, nel 1934, durante i due anni di ritiro a Corconio, sul lago d'Orta.

Il diario si intitola “America primo amore” (1935), e racconta l’esperienza statunitense dello scrittore, consumatasi tra il ’29 e il ’31, principalmente a New York, dove Soldati usufruì di una borsa di studio alla Columbia University. Visse la Grande Mela (con qualche puntata a Chicago e dintorni); tenne corsi di storia dell’arte italiana e letture della Divina Commedia; tornò in patria per alcuni dissidi con gli accademici del posto, e dall’avventura cavò questo breve, meraviglioso testo, che ci regala uno spaccato originale e autentico di quell’America al tempo tanto sognata, ma vissuta solo da pochi. Non è il diario di un professore in trasferta, come sarà l’America amara di Cecchi, né quello di un giornalista inviato, come il De America di Piovene. “America primo amore” è il resoconto di un progetto

migratorio interrotto, la narrazione di un giovane entusiasta che “voleva diventare americano” (così diceva), che sbarcava a New York su un bastimento carico di gente più o meno disperata. E proprio con lo sbarco si apre il libro di Mario Soldati, definendo a piccole pennellate l’esperienza rivelatrice e liberatoria del profilo della città che, dopo settimane di navigazione, finalmente e impercettibilmente si compone nella nebbia: l’apparizione dello skyline più famoso del mondo! “Nessun arrivo è così prepotente”, ci dice lo scrittore. E noi gli crediamo. Poi il clamore, gente che briga su e giù per il bastimento, tutti a trascinarsi appresso i bauli pesantissimi portati dall’Italia, tutti a gridare “Neviorche! Neviorche!”, mentre le autorità americane si presentano per le pratiche burocratiche da sbrigare. E già all’arrivo, Soldati comincia la sua opera di demistificazione, di normalizzazione del sogno americano. “Qualcuno indicava un punto nero nella nebbia e diceva che era la Statua della Libertà. Ma noi si trovava più divertente fermarsi a guardare le innumerevoli anitrelle selvatiche che circondavano il bastimento”. Nessun pregiudizio, nessuna celebrazione del mito Usa, ma allo stesso tempo nessuna polemica. Soldati apre il suo diario di viaggio con un piglio quasi umoristico, leggero, tutto improntato su una schiettezza giovanile che rende la lettura più divertente e scorrevole che mai. La New York che trova voce nel libro è quella ruggente dei ‘30s; quella del proibizionismo e dei bar clandestini, dei gangster, del crollo di Wall Street e della disoccupazione, dell’esplosione del cinema sonoro, dell’immigrazione e delle lotte sindacali. Ed è la New York che fa da sfondo alle vicende del giovane letterato, raccontate in prima persona; le avances insistite ad una ritrosissima ragazza texana, a bordo di un taxi che sfreccia di notte sul ponte di Brooklyn; la folla vociante del subway, in metropolitana, che si accalca nei vagoni mimando una sorta di “grande abbraccio collettivo”; la scoperta del jazz dal vivo, nei locali dei bassifondi di Harlem… un ritratto vivido e vivace di una America sempre vissuta, mai immaginata. Uno dei brani più spassosi del libro è dedicato all’analisi dei rapporti generazionali tra gli italo-americani (un capitolo si intitola proprio Italo-Americani): gli immigrati di seconda generazione, forti del potersi fregiare della mitica dicitura “Born in the Usa”, vedono di malocchio i padri, beffandoli della loro incapacità di infilare la lingua tra i denti per pronunciare il -th. Ecco che “the” diventa “de”, “than” diventa “den”… e quella lingua tra i denti diventa uno spartiacque generazionale di profondità insondabili. È tuttavia nel ritorno in Italia, alle proprie radici, che Mario Soldati vede e descrive il compimento perfetto del movimento migratorio; un movimento ciclico per il quale si desidera e si rimpiange sempre quello che si perde…ora l’Italia, ora l’America....


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