Riassunto Scritto nel cuore. Il diritto naturale come fondamento di una società umana Waldstein PDF

Title Riassunto Scritto nel cuore. Il diritto naturale come fondamento di una società umana Waldstein
Course Diritto Romano
Institution Libera Università Maria Santissima Assunta
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Riassunto esaustivo libro "Scritto nel Cuore" ...


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SCRITTO NEL CUORE W. WALDSTEIN Premessa

Principale obiettivo odierno degli studiosi deve essere quello di ricostruire la memoria storica dei giuristi tornando alle fonti, richiamando alcuni enti di concetti del sistema giuridico romano, eliminando astrazioni, incrostazioni e stratificazioni concettuali accumulate negli ultimi due secoli e concetti romani che sono da attribuire variamente all’individualismo, allo statalismo, al positivismo giuridico, al realismo e al relativismo, al fatalismo, al nichilismo che impediscono la comprensione dell’antica concezione dello ius. CAPITOLO II: Esiste un diritto naturale?

1. Ciò che si sostiene essere un’errata conclusione naturalistica. E’ logicamente ovvio che a partire dalla natura fisica non si possa trarre alcuna conclusione circa l’esistenza delle realtà spirituali. Il problema dell’essere e del dover essere riveste un ruolo decisivo nella fondazione della positivista “dottrina pure del diritto” di Hans Kelsen: “dal fatto che qualcosa esiste non si può concludere che qualcosa debba esistere, così come dal fatto che qualcosa debba esistere non si può concludere che qualcosa esista”. Ne deriva che dalla natura non si possono dedurre norme per il comportamento umano come qualcosa di esistente. Al contrario le norme possono essere fatte derivare solo dalle norme. Se fosse vero che le norme non possono appartenere all’essere, allora l’idea che si può avere qualche diritto dovrebbe essere abbandonata. Diritti non esistenti non si possono avere, né conquistare o trasmettere. Il fatto che si possano avere, conquistare trasmettere o anche perdere dei diritti è però una realtà

giuridica indiscutibile da migliaia di anni. 2. La visione di Kelsen del “fondamento della dottrina del diritto naturale”. Secondo Kelsen le norme positive sono create tramite un atto di volontà. Il “presupposto” per l’ammissione della validità di un diritto naturale è la “fede in una divinità giusta” la cui volontà sia non solo trascendente, ma anche immanente alla natura da lei creata. Il diritto naturale, sostiene Kelsen, può essere compreso solo come il senso della volontà di una divinità giusta. 3. Il diritto naturale senza l’errata conclusione naturalistica della visione di Josef Fuchs. Per la comprensione della concezione di Fuchs bisogna partire da alcuni concetti. Fuchs scrive che il problema è se singoli atti definibili come tali nella loro realtà naturale, quindi presi isolatamente e in modo del tutto indipendente da altre circostante, possono essere giudicati come moralmente giusti i sbagliati? Si è giunti al giudizio di determinati atti “come moralmente giusti o sbagliati solo in considerazione della loro realtà naturale presi isolatamente”, e non piuttosto in considerazione di norme idonee a regolare tali azioni. Fuchs suppone almeno 3 cose: 1) Nel giudizio dell’azione morale, sia stata presupposta una “legge non naturale” mediante una “errata conclusione naturalistica”: l’azione è quindi stata giudicata secondo norme che di fatto non esistono; 2) L’uso del termine “alcuni” fa pensare che esistono teorie con le quali un simile “modi di argomentare” è stato approvato; 3) Il termine “alcuni” non comprende solo le cognizioni sul diritto naturale e morale, ma l’intera dottrina della Chiesa, compreso il Concilio Vaticano II. Un esempio, secondo Fuchd, di azione immorale è il seguente: “Chi ad esempio uccide un bambino, solo per far piacere un terzo, si comporta in modo ingiusto; infatti quest’azione assume, in virtù

di quel “solo”, un valore assoluto è definitivo. Ne consegue che chi uccide un bambino non solo per far piacere solo al terzo, ma anche a se stesso, non compie un’azione ingiusta. CAPITOLO III: Il diritto naturale nelle testimonianze del mondo antico.

Fin dai tempi di Esiodo (ca 700 a.C.) è testimoniata la cognizione del fatto che l’uomo trova con la propria esistenza un ordine normativo che non proviene da lui e si contrappone all’ordinamento causale della natura esterna all’uomo. 1. L’esempio dell’Antigone di Sofocle (469-406 aC) I fatti: i fratelli di antigone, per ordine del re, in un giorno si sono uccisi tra loro. Per il fratello Polinice il re ha proclamato una pena supplementare: il divieto di dargli sepoltura, così che fosse esposto all’infamia, cibo di cani e uccelli. Antigone non sottostà al divieto del re e seppellisce simbolicamente Polinice (“Non ha alcun diritto di staccarmi dai miei”). Interrogata dal re, Antigone rispose: “L’Editto non era di Zeus, e la giustizia non ha mai stabilito leggi come queste tra gli uomini. Non ho ritenuto di trasgredire a norme non scritte, immutabili, fissate dagli dèi. Non potevo, per paura di un uomo, rispondere di questa violazione alle divinità”. 2. L’esempio di Camillo durante l’assedio di Faleri nel 394 a.C. I fatti: nella città assediata dai romani, i figli dei cittadini più elevati erano stati affidati ad un uomo che li educasse. Questi però li portò a Camillo, nell’accampamento romano, dichiarando che “egli aveva consegnato Faleri ai Romani, dal momento che questi erano figli dei capi della città”. Camillo però rispose “Tu, o scellerato, non sei giunto col tuo scellerato dono presso di un popolo o di un comandante simili a te. Non c’è fra noi e i Falisci quel vincolo che nasce dai Patti umani, ma quello che la natura ha ingenerato in entrambi rimane e rimarrà”.

Con questo racconto di Livio illustra chiaramente la consapevolezza dell’esistenza di un diritto naturale valido anche in guerra e che, proprio a causa della sua contrarietà al diritto naturale, un ricatto criminale non è in questione, anche se potrebbe arrecare grande vantaggio. 3. L’esempio del giurista Catone il Censore in merito al diritto naturale. I fatti: il discorso di Catone si tenne in senato a favore dei Rodesi a seguito della sconfitta di Perseo e del timore che Rodi potesse allearsi con il Re di Macedonia, nemico di Roma. Il discorso fa leva sull’opinione per cui non si può punire qualcuno per la volontà di fare qualcosa che poi non ha fatto. E da qui Catone affronta le cose che non sono proibite dal diritto naturale o delle genti, ma dalla legge dello Stato, quali la limitazione del numero di capi di bestiame o l’agrimensura. Ciò che è così vietato in tali questioni non è permesso per legge; ma volerlo, nel caso non fosse vietato non è immorale. Queste affermazioni corrispondono al pensiero di Arisotele: “del giusto politico una forma è naturale, un’altra è legale. Naturale è quello che ha la medesima potenza ovunque e non dipende dall’avere o no una data opinione; legale invece è quello che all’inizio non fa differenza, che sia in questo modo o in un altro, ma quando l’abbiamo posto, fa la differenza. CAPITOLO IV: Il diritto romano e lo sviluppo del diritto europeo

Nel diritto romano poche materie erano regolate da leggi: la soluzione delle questioni non regolate dipendevano da una parte dai pretori, dall’altra dai pareri dei giuristi che rispondevano a questioni giuridiche concrete. A partire dal II sec a.C. I giuristi applicavano ai casi anche il diritto naturale che entrò, in misura sempre maggiore, a far parte del diritto scritto. 1. Affermazioni generali dei giuristi romani sul diritto naturale. La commissione incaricata dall’imperatore Giustiniano di realizzare una raccolta di testi giuridici, i Digesta, pose all’inizio di questa stessa raccolta un testo fondamentale: quello di Ulpiano (D. 1,1,1,2). Quest’ultimo considera il diritto naturale come prima fonte del diritto privato. Accanto a questo egli colloca, come seconda fonte, quel diritto che i romani ritenevano valido per tutti i popoli: lo Ius Gentium. Il vero diritto privato romano, chiamato dai romani Ius Civile, è citato solo al terzo posto. “Il diritto romano è tripartito: è composto, infatti, da precetti naturali o delle genti o civili”. “Il diritto naturale è quello che la natura ha insegnato a tutti gli esseri animati”. Neanche il diritto civile è del tutto al di fuori del diritto naturale; quando aggiungiamo o togliamo qualcosa al diritto comune, otteniamo il diritto proprio, cioè il diritto civile. Benché queste affermazioni di Ulpiano e di altri giuristi siano semplici e chiare, come pure quelle di Paolo (D. 1,1,11) che definisce diritto naturale quel diritto che è sempre buono e giusto, diverse teorie hanno contestato la possibilità dell’esistenza di un diritto naturale. In proposito Cicerone sostiene che non si può distinguere una legge buona da una cattiva in base ad alcuna norma se non quella della natura. In tutta la precedente tradizione della vera filosofia, il diritto naturale è riconosciuto come realtà. Cicerone diceva “vi è certo una vera legge, conforme a natura, diffusa tra tutti, costante, eterna, unica, che governerà tutti i popoli ed in ogni tempo, ed un solo Dio sarà comune guida a capo di

tutti”. 2. Applicazioni pratiche delle norme di diritto naturale da parte dei giuristi romani. Tale applicazione pratica è resa difficoltosa dal fatto che i giuristi romani non usavano una terminologia unitaria. C’è comunque un gran numero di testi nei quali si fa esplicito riferimento allo Ius Naturale. Gaio nelle Istituzioni stabilisce che le disposizioni del diritto civile non possono modificare in nulla i diritti dati dal diritto naturale. Ciò vale anche per le relazioni di parentela di diritto naturale tra gli schiavi: per il diritto civile essi non hanno capacità giuridica, e quindi rapporti di parentela, tuttavia le loro relazioni di parentela devono essere considerate in base al diritto naturale. In merito Ulpiano afferma che, secondo il diritto naturale, tutti gli uomini sono nati liberi (D. 1,1,4) e sono uguali. Una grande considerazione viene data alla possibilità della reintegrazione in quel diritto di nascita che per diritto naturale spettano a tutti gli uomini (natalibus restitutio), tramite concessione dell’imperatore. Per Gaio il cambiamento dello status di una persona conforme al diritto civile non tocca gli obblighi fondati su un dovere naturale. 3. Il significato del diritto romano per lo sviluppo del diritto europeo. Il cancelliere della corte austriaca nel 1807 affermò che “il diritto civile romano è da secoli il diritto generale di tutte le nazioni europee civilizzate e l’unico vincolo tramite il quale si sono mantenuti gli stessi concetti comuni non solo per quanto riguarda il diritto privato, ma anche per quanto riguarda il diritto internazionale e statale. Solo attraverso questo diritto la giurisprudenza è giunta a quel livello di sviluppo a cui si devono il benessere generale e individuale degli europei e un’ amministrazione della giustizia conforme ai principi dell’equità naturale. Perfino nel caso del “diritto naturale dell’illuminismo”, il cui approccio era quello di costruire il diritto naturale a partire dalla

ragione autonoma, in realtà si è continuato a far riferimento alle conoscenze della giurisprudenza romana. Ciò è reso evidente soprattutto dai “codici di diritto naturale”. 4. Il diritto naturale come fondamento dei diritti umani. Questo diritto naturale è anche il fondamento dei moderni diritti umani. Kriele ha fatto più volte riferimento al diritto naturale, specialmente in relazione ai diritti umani (“Introduzione alla dottrina dello Stato”). L’autore afferma in proposito: “i termini diritti fondamentali e diritti umani sono spesso percepiti come equivalenti, ma sostanzialmente si può formulare questa distinzione: i diritti fondamentali sono diritto positivo, i diritti umani sono diritto naturale. I diritti umani vigono da sempre e ovunque nel mondo; sono radicati nella natura o nella creazione divina, hanno il carattere dell’inviolabilità e dell’assolutezza. Quanto al significato del diritto naturale per l’ordinamento di uno Stato di diritto è degna di nota una sentenza della Corte Costituzionale Federale tedesca del ’51 in cui si sostiene che “l’assemblea costituente è vincolata da princìpi giuridici sovrapositivi che precedono qualsiasi diritto scritto”: è un chiaro riferimento al diritto naturale. Con ius commune si intende il diritto applicato in Europa fin dal Medioevo, i cui elementi costitutivi sono dati dal diritto romano, dal diritto canonico e dai singoli diritti locali. Knütel - avvocato della Corte di Giustizia della Comunità Europea - sostiene che i princìpi giuridici generali li troviamo negli ordinamenti giuridici antichi come ratio scripta della convivenza umana, nelle codificazioni del XIX sec ed oggi li troviamo in forma solenne nelle moderne Costituzioni. Quindi rispettare questi fondamenti è un dovere riconosciuto perfino dalle istituzioni dell’ Unione Europea.

CAPITOLO VI Il diritto umano alla vita.

1. Diritto naturale e dignità umana. La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) del 1950 pone come primo diritto quello “alla vita di ogni persona”, perché senza questo diritto tutti gli altri sono privi di oggetto. In merito è importante ricordare anche il Concilio Vaticano II, che al par 27 afferma “ tutto ciò che è contro la vita stessa (omicidio, genocidio, aborto, eutanasia e suicidio volontario), è contro l'integrità della persona umana (mutilazioni, costrizioni psicologiche, incarcerazioni arbitrarie, deportazioni, schiavitù, prostituzione, mercato delle donne e dei giovani) sono certamente vergognose”. A) Tortura fisica e spirituale Una delle più ignobili forme di offesa della dignità umana è la tortura di un uomo inerme senza che egli possa in alcun modo difendersi. La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo sancisce, all’art 5, che “ nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizioni crudeli, inumani o degradanti”. Principio sancito anche dall’art3 della CEDU. Nessuna circostanza può giustificare l’uso della tortura, neanche in caso di guerra o di un’altra situazione di calamità pubblica che minacci l’esistenza delle nazioni. Fin dall’antichità la tortura fu impiegata per costringere una persona a determinate affermazioni o azioni. Nell’antica Roma si ricorreva ufficialmente alla tortura come metodo inquisitorio nel caso di gravi delitti. Ulpiano scrive: “per tortura dobbiamo intendere tormenti e dolori di corpo per cavare la verità” (D. 47, 10,15,41). E normalmente poteva essere inflitta solo agli schiavi. B) Guerra, violenza, fuga ed emigrazione.

È impossibile stimare in quanto dolore e quali condizioni di vita in umani siano stati inflitti a innumerevoli persone a causa delle guerre. In Africa si è quasi giunti allo sterminio di interi popoli e non si è ancora conseguita una vera pace. Perciò papà Benedetto XVI in Africa ha fatto appello soprattutto alla pace, alla riconciliazione e alla giustizia. Ciò che i giuristi romani Cassio e Fiorentino hanno affermato sul diritto naturale e la legittima difesa contro l’uso (illegittimo) della forza è stato ripreso quasi letteralmente dall’art 51 dello Statuto delle Nazioni Unite. C) Sul rispetto della sfera privata e il problema della sorveglianza. L’art 8 della CEDU dispone: “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza”. Già la legge costituzionale austriaca (StGG) del 1867 all’art 10 stabiliva “ il segreto delle telecomunicazioni non può essere violato”.

2. Il diritto naturale come fondamento del diritto umano alla vita. Il diritto umano alla vita sta a fondamento di tutti i diritti umani. Kriele dichiara: “ I diritti umani sono diritto naturale. I diritti umani valgono per sempre e ovunque nel mondo. Essi sono radicati nella natura o nella creazione divina, hanno il carattere della inviolabilità e dell’assolutezza”. Giovanni Paolo II dice al numero 2 dell’Enciclica, dunque proprio l’inizio: “pur tra difficoltà e incertezze, ogni uomo sinceramente aperto alla verità e al bene, può arrivare a riconoscere nella legge naturale scritta nel cuore il valore sacro della vita umana del primo inizio fino al suo termine, e ad affermare il diritto di ogni essere umano a vedere sommamente rispettato questo suo bene

primario”. 3. Il problema della “morte cerebrale” e del trapianto d’organi. Il progresso arreso possibile salvare la vita umana mediante il trapianto di organi di un’altra persona. Il professor Ralph Weber dell’Università di Rostock, afferma: “ Per quanto puro possa essere in sé l’interesse alla conservazione degli organi per salvare un’altra vita, ciò nonostante quest’orientamento ostacola il tentativo di una definizione oggettiva di morte.” Papa Giovanni Paolo II aveva già dichiarato nel 1989 “ sembra che sorga un tragico dilemma: da una parte viene ci sita di trovare organi sostitutivi per malati i quali, in mancanza, morirebbero. Dall’altro appare il pericolo di porre fine ad una vita umana, di rompere definitivamente l’unità psicosomatica di una persona”. Come stabilito dal congresso del 2005 presso la Pontificia Accademia delle Scienze, la diagnosi di morte cerebrale non è una diagnosi, bensì una prognosi, che può sempre essere giusta o sbagliata. Se sei stata falsa, però, lo si scopre solo se al paziente non sono stati espiantati gli organi. Se questi vengono espiantati, il paziente è irrevocabilmente morto. Nello stesso congresso viene poi stabilito che: “il porre fine a una vita innocente nel tentativo di salvare un’altra vita, come accade nel caso del trapianto di organi vitali privi di un doppio, non attenua il male di togliere la vita ad una persona innocente. Non si può fare il male perché da questo possa nascere un bene”. 4. Il diritto alla vita del bambino non nato. I problemi iniziarono già dal fatto che la posizione giuridica del bambino non nato regolato in modo diverso nei vari ordinamenti giuridici. Il codice civile prussiano del 1794, ancora disponeva che “i diritti universali dell’umanità spettano anche ai bambini non ancora nati fin dal momento del loro concepimento”. Questa disposizione ricorda quanto affermato da Gaio nelle Istitutiones: “ coloro che vengono concepiti in modo legittimo prendono stato dal tempo del concepimento” (1,89).

Nel Digesto, Ulpiano afferma “ la capacità giuridica della persona inizia con l’atto della nascita”. Quindi nell’intera tradizione predomina l’idea che il diritto romano il bambino non nato fosse veramente considerato “parte della madre o del grembo materno. La vecchia tradizione dei Digesta sostiene Che la vera interpretazione del testo di un piano che il bambino non nato, piuttosto, tutelato anche dal diritto penale e l’aborto è punito con l’esilio della donna. Del tutto diverso il quadro giuridico in Austria che ha recepito una disposizione direttamente dal diritto romano: “ anche bambini non nati hanno diritto, dal momento del loro concepimento, alla protezione della legge. Nella misura in cui si tratta dei loro diritti e non quelli di terzi, essi saranno considerati come nati”. Paolo nel Digesto sostiene che “Colui che nell’utero è protetto allo stesso modo che se fosse già venuto al mondo; sebbene, prima che nasca, non comporti vantaggi per gli altri in nessun modo così”. Con questa definizione si intende una capacità giuridica parziale. CAPITOLO VI Il diritto naturale come fondamento del matrimonio.

1. La definizione di matrimonio di Modestino. Modestino (giurista tardo-classico del 224-244 d.C.) definisce il matrimonio come “ le nozze sono l’unione del maschio e della femmina, ed il consorzio di tutta la vita: la partecipazione al divino ed umano diritto” (D. 23, 2,1). Modestino era stato allievo di Ulpiano e indubbiamente conosceva le sue opinioni sul diritto naturale e di certo gli era nota anche la concezione dell’origine divina del diritto naturale espressa nelle Istitutiones, per questo egli parla di divinum ius. 2. La definizione di matrimonio di Modestino vale ancora oggi? Poiché la definizione di Modestino riporta solamente gli elementi essenziali del matrimonio predisposti dal diritto naturale, non ci può essere alcun dubbio sul fatto che essa, come lo stesso diritto

naturale, sia ancora oggi oggettivamente valida. La costituzione tedesca afferma che “il matrimonio e la famiglia stanno sotto la particolare tutela dell’ordinamento statale, che la cura e l’educazione dei figli sono un diritto naturale dei genitori”. 3. Conclusioni Il matrimonio non può essere definito a piacere: e...


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