Riassunto Spreadable Media - prof. Ciastellardi PDF

Title Riassunto Spreadable Media - prof. Ciastellardi
Course Sociologia dei processi culturali e comunicativi
Institution Politecnico di Milano
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RIASSUNTO SPREADABLE MEDIAINTRODUZIONE: PERCHE’ I MEDIA SI DIFFONDONOI contenuti circolano in molti modi diversi: dal percorso discendente ad ascendente, dalla modalità grassroots (= dai basso) a quella commerciale.Obiettivo Del libro: studiare la circolazione vedendo come vengono creati valore e si...


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RIASSUNTO SPREADABLE MEDIA INTRODUZIONE: PERCHE’ I MEDIA SI DIFFONDONO I contenuti circolano in molti modi diversi: dal percorso discendente ad ascendente, dalla modalità grassroots (= dai basso) a quella commerciale. Obiettivo Del libro: studiare la circolazione vedendo come vengono creati valore e significato nelle molte economie che costituiscono il panorama emergente dei media. Il messaggio è semplice e diretto: l’idea è if it doesn’t spread, it’s dead. Cambiamento nel panorama mediatico: prima si parlava di circolazione intesa nel senso di distribuzione (es delle copie di giornali, contenuti appunto distribuiti dall’alto per un pubblico di massa), la quale seguiva le logiche del broadcast. Dalla distribuzione si passa ad un modello ibrido emergente di circolazione, in cui forza discendenti e ascendenti costruiscono insieme il materiale poi condiviso all’interno di ogni cultura e fra l’una e l’altra secondo modalità molto più partecipative e complesse. Tutto ciò, segnala un movimento verso un modello di cultura più partecipativo, che vede il pubblico non semplicemente come un insieme di consumatori di messaggi precostruiti, ma come persone che plasmano, condividono, ricontestualizzano e remixano contenuti. E tutto questo in contesti non isolati ma all’interno di comunità più ampie e geograficamente in potenza illimitate. Henry Jenkins ha coniato il termine ‘cultura partecipativa’ per descrivere la produzione culturale e le interazioni sociali delle comunità di fan. Concetto ha avuto una sua evoluzione ed oggi che si riferisce a un insieme di gruppi diversi che producono e distribuiscono media al servizio dei loro interessi collettivi. Quindi Jenkins sposta l’accento sul ruolo svolto dalle comunità in rete nel plasmare il modo in cui i media circolano. Nuovi strumenti di comunicazione online facilitano la condivisione e l’interazione, il passaparola resta impulso che riorienta le persone e le loro interazioni. La circolazione di contenuti mediali entro la cultura partecipativa può essere al servizio di molti interessi diversi, alcuni culturali, altri personali, altri politici e altri ancora economici. Ma gli interessi delle grandi aziende non arriveranno mai a coincidere con quelli della cultura partecipativa. Poiché la condivisione è diventata una pratica tanto comune, è necessario studiare le logiche sociali e le pratiche culturali, il modo in cui le affordance [=qualità fisica di un oggetto che suggerisce ad un essere umano le condizioni appropriate per manipolarlo] dei media digitali generino catalizzatori [=attrazione] per la RICONTESTUALIZZAZIONE di altri aspetti della cultura, cambiamenti nelle relazioni sociali, nella partecipazione culturale e politica, nelle logiche economiche e nelle strutture legali. FATTORE PRESA, spreadability VS stickiness: Spreadability come termine che può essere più efficace come correttivo di STICKINESS (adesività, presa) in rapporto alla misurazione del successo nel commercio online: la parola ‘presa’ venne divulgata da Gladwell (The tipping point) e si riferisce in senso lato al bisogno di creare contenuti che attirino l’attenzione dell’audience e la coinvolgano. Per Gladwell, un contenuto che fa presa è materiale che le persone vogliono diffondere. L’uso di ‘fattore presa’, in un contesto di attività economiche si riferisce alla centralizzazione della presenza del pubblico in un particolare luogo online per generare introiti attraverso la pubblicità. Questo fattore presa ricorda il modello delle impression che determina le misurazioni delle audience per i contenuti broadcast: le impression sono misurate dal numero delle persone che vedono un particolare elemento mediatico e il fattore presa si riferisce ai meccanismi che spingono le persone a cercare

un particolare sito e a passarvi del tempo. I messaggi pubblicitari sono così giustapposti su una pagina di contenuti e le tariffe sono in funzione delle impression che una pagina genera, o dal numero di click che un’inserzione riceve. I siti no profit, come quelli delle aziende, definiscono il successo online in base al traffico. Le audience stesse spesso pensano la popolarità del contenuto come funzione del numero di visualizzazione in una particolare sede.  Il fattore presa fa perno sul modo più semplice che le aziende hanno trovato per condurre le loro attività online, invece che sui modi in cui le audience vogliono fare esperienza dei materiali in rete. Privilegia la collocazione dei contenuti e l’invito alle persone ad andarli a visitare: tutto ciò è spesso in conflitto con l’esperienza dinamica della navigazione in internet sia con la circolazione dei contenuti attraverso connessioni sociali dei membri dell’audience. Il fattore presa può essere alla base della logica prevalente per la creazione di modelli di business online, ma ovviamente spesso il successo avviene anche grazie ai processi di diffondibilità, autorizzati o meno. La penetrazione ‘per distribuzione’ delle destinazioni a presa e la penetrazione ‘per circolazione’ dei media diffondibili devono coesistere. questo secondo una relazione ben illustrata da un esperimento condotto nel 2010 dall'agenzia di pubblicità Hill Holliday. Questa agenzia ha creato un microsito online che consentiva ai visitatori di ricostruire la propria immagine secondo lo stile delle star di un popolare programma di MTV, Jersey Shore. Questo sito è stato creato nell'ambito di un progetto di ricerca sulle modalità con cui si diffonde l'informazione sui contenuti. Il sito ha generato molto passaparola, e se ne è parlato in molti articoli e post di blog. La Hill Holliday ha utilizzato anche un meccanismo di tracciamento degli URL per vedere quale traffico ulteriore originava dalla diffusione di quegli articoli e qui post. "Se si contano soltanto i click diretti provenienti da qualsiasi sito, è probabile che i sottostimi il valore totale del sito. Il contetnuo progettato per la diffondabilità può quasi raddoppiare, attraverso le ricondivisioni, il traffico prodotto" Alcuni siti peraltro erano "diffusori" migliori di altri. In particolare, Vedrashko nota che il sito che invitava la maggior quantità di traffico diretto a Jerzify Yourself in realtà era poi quello che produceva la quantità minima di ricondivisioni. I contenuti di un testo mediale quindi rimangono appiccicati (presa) anche quando vengono spalmati (diffusi) – metafora del burro d’arachidi. [Broadcast e fattore presa: entrambi rappresentano tipi, sia pure differenti, di strutture di monopolio, che blindano l’accesso e limitano la partecipazione.] DIFFONDIBILITA’: sono le risorse tecniche che rendono più facile far circolare certi tipi di contenuti rispetto ad altri, alla strutture economiche che facilitano o riducono la circolazione, agli attributi di un testo mediatico che può suscitare la motivazione di una comunità per la condivisione di materiali, e alle reti sociali che collegano le persone. Il concetto di diffondibilità conserva l’idea che l’efficacia e l’impatto dei messaggi aumentino e si espandano nel loro trasferimento da persona a persona e da comunità a comunità. Le audience hanno un ruolo attivo nel ‘diffondere’ contenuti, anziché fungere da vettori passivi di media virali: le scelte, gli investimenti, le agende e le azioni che compiono determinano ciò che acquista valore. Ad oggi, si parla di cultura di rete, in quanto grazie alla diffondibilità, le persone interagiscono sempre di più attraverso la condivisione di frammenti significativi di contenuti mediali. I modelli che si concentrano troppo sul fattore presa sono dunque utili, ma limitati e limitanti. Quello che intendiamo con “diffondibilità” diventerà chiaro per contrasto con il modello della presa”. Mettiamo a confronto i termini, non per dire che il traffico web non deve essere preso in considerazione o per suggerire che la diffondibilità sia “opposto” della presa, bensì per dimostrare

i limiti di modelli che si concentrano troppo sul fattore presa. Migrazioni di individui vs flusso di idee •

Non basta concentrarsi sul conteggio dei membri dell’audience presi isolatamente. la diffondibilità riconosce l’importanza delle connessioni sociali tra gli individui, rese sempre più visibili dai social media.

Materiali centralizzati contro materiali dispersi: •

Le misurazioni quantitative profonde dell’audience sono al centro dell’idea di presa, le destinazioni online possono diventare ‘trappole per scarafaggi virtuali’; per esempio, certi siti disabilitano il pulsante di ritorno rendendo difficile la fuga degli utenti, una volta che sono finiti nel sito, senza chiudere il browser. L’elemento centrale della presa è mettere il materiale in una sede centralizzata, attirarvi le persone e tenerle lì indefinitivamente, in modi il più possibile vantaggiosi per le misure analitiche del sito.



La diffondibilità mette in primo piano la produzione di contenuti in formati che facilitano la condivisione, come i codici incorporabili di YouTube, che rendono più semplice diffondere video in tutta internet.

Esperienze unificate contro esperienze diversificate: •

La mentalità della presa chiede ai brand di creare un’esperienza centralizzata, che risponde alle finalità di pubblici molteplici simultaneamente, rendendo difficile una personalizzazione da parte dell’utente.



Invece, la diffondibilità si concentra sulla creazione di testi mediatici che pubblici diversi possono far circolare per finalità diverse e invita le persone a plasmare il contesto del materiale, particolarmente nel momento in cui lo condividono.

Interattività prestrutturata contro partecipazione aperta: •

I siti basati sul fattore presa incorporano giochi, quiz e sondaggi per attrarre e mantenere l’interesse dei singoli.



La diffondibilità porta a audience che usano i contenuti in modi non previsti, nel momento in cui riadattano il materiale alla conformazione della loro particolare comunità.

Attrarre e mantenere l’attenzione contro motivare e facilitare la condivisione: •

Le audience, per il fattore presa, spesso sono pensate come una collezione di individui passivi.



La diffondibilità attribuisce valore alle attività dei membri dell’audience e quindi, a generare interesse per brand o franchise.

Canali scarsi e finiti contro molteplicità di reti temporanee (e localizzate): •

La presa conserva la mentalità broadcast delle comunicazioni da uno a molti, con canali ufficiali autorizzati.



La diffondibilità, se qualcosa merita di essere ascoltato, circolerà attraverso tutti i canali disponibili  passare da un audience con una consapevolezza periferica a un

coinvolgimento attivo. Marketing della forza vendita verso gli individui contro intermediari ‘grassroots’ che si fanno alfieri ed evangelizzatori: •

Con ‘intermediari grassroots’ o ‘dal basso’ si intendono gli attori non ufficiali che plasmano il flusso dei messaggi attraverso le loro comunità e che possono diventare forti alfieri di brand e franchise.

Può capitare che i grassroots diventino parte logica del mercato e annacquano il significato di questo termine, perché queste attività coincidono con programmi di grosse aziende (fattore presa). •

Ma spesso, i grassroots non è detto che siano alle dipendenze di aziende, perciò possono agire anche in contrasto con queste (diffondibilità).

Ruoli separati o distinti contro collaborazione indipendente dai ruoli: •

In un modello basato sulla presa, è chiaro chi è produttore, chi è venditore e chi è pubblico.  finalità separate e distinte.



In un modello basato sulla diffondibilità, collaborazione trasversale dei ruoli o anche un appannamento della distinzione dei ruoli.

Il fattore presa può essere alla base della logica prevalente per la creazione di modelli di business online ma ogni contenuto o destinazione che ha raggiunto un rilievo nei confronti delle audience online ci è riuscito grazie ai processi di diffondibilità, autorizzati o meno che fossero. Il successo è dunque sempre basato su altre attività lontano dai siti di riferimento. Penetrazione per distribuzione delle destinazioni a presa e penetrazione per circolazione dei media diffondibili devono dunque coesistere. …..Esempio: Video di Susan Boyle. Il video della scozzese, presentatesi alle audizioni di Britain’s Got Talent, è stato visto su Youtube oltre 77 milioni di volte. Questo supera di gran lunga quella della spettacolo più diffuso della televisione broadcast (= trasmissione unidirezionale da un sistema trasmittente a più sistemi riceventi) americana. Il video della Boyle era contenuto broadcast reso popolare attraverso la circolazione “ dal basso”. Il suo ingresso nel mercato statunitense e la sua diffusione in internet sono stati plasmati dalle decisioni coscienti di milioni di persone comuni che hanno svolto la funzione di intermediari dal basso: ciascuno ha scelto di passare il suo video ad amici, parenti, colleghi. Il fenomeno Susan Boyle non si sarebbe manifestato nello stesso modo se non fosse stato per le relazioni e le comunità rese possibili dai siti di social networking, dagli strumenti di condivisione di media e dalle piattaforme di microblogging. LE persone avevano gli strumenti giusti e sapevano come utilizzarli. Grazie a siti come Youtube incorporare materiali nel blog o condividerli attraverso i siti è facile. Gli usi di particolare servizi non vanno visti isolatamente ma collegati tra loro. Il video della Boyle è stato ampiamente condiviso perché il pubblico partecipante conosce meglio il social networding online; perché le persone sono più spesso e più ampiamente in contatto con le loro reti di amici ,ecc…. Queste pratiche sociali e culturali e le innovazioni tecnologiche relative che si sono sviluppate intorno ad esse costituiscono quella che chiamiamo “cultura di rete”. in questa cultura di rete non si può identificare una sola causa per cui le persone diffondono materiali. Ciascuno compie una serie di decisioni, socialmente contestualizzate, quando scegli di diffondere un testo mediale: si tratta di contenuto a cui val la pena dedicare tempo? Vale la pena condividerlo con altri? Quando si ascolta, si legge o si guarda un contenuto condiviso, si pensa non solo a

quello che chi l’ha prodotto poteva voler significare ma a quello che la persona che l’ha condiviso cercava di comunicare. Infatti, mentre la pubblicità può essere percepita come intrusione, spesso le persone apprezzano l’arrivo di contenuti mediatici diffondibili da amici perché rispecchiano interessi condivisi. è evidente che qualcuno condivideva l’esibizione come gesto di amicizia per costruire relazioni interpersonali, mentre altri utilizzavano materiale per contribuire a una comunità organizzata intorno a un interesse chiave: questa è la differenza tra reti basate sull’amicizia e basate sugli interessi. Certo, l’audizione era il risultato di una produzione dei media commerciali; il video originale era stato prodotto e curato professionalmente in modo da esaltare al massimo l’impatto emotivo. Un segmento introduceva il personaggio e creava l’aspettativa di una brutta figura, mentre il segmento successivo smentiva completamente quelle aspettative con un’esecuzione spettacolare di un brano popolare tratto da “Les Miserables” seguita dalle risposta emotive dei giudici e del pubblico, rimasti a bocca aperta. una volta che il video si era ampiamente diffuso, la visibilità della Boyle è stata amplificata dalla copertura dei media mainstream (=media tradizionali): è stata intervistata da GoodMorning America e parodiata in Tonight Show. Ciononostante il successo internazionale della Boyle non è stato guidato dalla distribuzione broadcast. I fan hanno scoperto la Boyle prima che lo facessero i media. Data la circolazione globale di informazioni su Susan Boyle online, che voleva sapere che cosa stesse succedendo in Britain’s Got Talent ne aveva notizia nel giro di qualche secondo dall’andata in onda. Per farla breve, la domanda del mercato superava di gran lungo l’offerta. La diffusione di Susan Boyle dimostra come contenuti non progettati per circolare al di fuori di un mercato circoscritto né programmati per una rapida distribuzione globale possono ottenere una visibilità molto maggiore che in passato, grazie alla circolazione attiva di vari agenti “ dal basso”, mentre le reti televisive e le società di produzione fanno fatica a tenersi al passo con una domanda imprevista di tal genere, in rapida escalation. Nell’epoca del web 2.0 quindi i contenuti generati dagli utenti hanno spodestato i mass media nelle vita culturali delle persone comuni. Pirateria: Nei casi in cui le attività ‘dal basso verso l’alto’ non sono state incanalate dai creatori di contenuti, varie entità aziendali hanno etichettato molte di queste attività ‘pirateria’ o ‘violazione dei diritti’. La pirateria è sia una conseguenza dell’incapacità delle aziende dei media a rendere disponibili i contenuti in modo tempestivo e desiderabile, sia una conseguenza della debolezza morale dei membri dell’audience che cercano contenuti significativi per vie traverse quando non sono disponibili attraverso canali legali.  “pirateria” è tutto ciò che trae profitto economico dalla vendita non autorizzata di contenuti prodotti da altri. Non si tratta di una distinzione giuridica ma morale, che ha importanza per molti di colori di cui discuteremo le attività. Tuttavia ( come fa pensare il video della Boyle) la pirateria è sia una conseguenza dell’incapacità delle aziende dei medie a rendere disponibili i contenuti in modo tempestivo e desiderabile, sia una conseguenza della debolezza morale dei membri dell’audience che cercano contenuti significativi per vie traverse quando non sono disponibili attraverso canali legali. Si può ipotizzare che Britain’s got talent avrebbe potuto essere un successo transazionale qualora i produttori della trasmissioni fossero stati in grado di reagire rapidamente alla diffusione di quel video. Ma possiamo anche scommettere che pochi tra i visitatori del video sanno che quella edizioni non fu vinta dalla Boyle. Questo dimostra non solo il sistema culturale e tecnologico che sta al centro di una cultura di rete, ma anche l’incapacità delle industrie dei media. •

Appadurai osserva che gli oggetti culturali come immagini, lingue, ecc… oggi si spostano sempre più rapidamente attraverso i confini regionali e nazionali. Questa accelerazione è una conseguenza della velocità e della diffusione di internet e della simultanea e analoga crescita dei viaggi, dei media cross – culturali e della pubblicità

globale. Ciò ha portato all’espansione di mercati illegali e non autorizzati. “Quando un medium diventa veloce, diventa più carico emotivamente. Le nostre emozioni sono più veloci del nostro pensiero[…]Twitter ci fa empatizzare.” Una cura per i media virali: il video di Susan Boyle viene descritto come esempio di media virale. Questa metafora coglie la velocità con cui le idee circolano in Internet. Le aziende faticano a stare al passo con questo nuovo panorama, cercando comunque di mantenere il controllo sul materiale e di raggiungere le audience tramite contenuti che sperano diventino virali. Il termine virale ha fatto la sua prima comparsa nella fantascienza, per descrivere idee che si diffondono come germi. “Siamo tutti soggetti all’azione delle idee virali. Come nell’isteria di massa. una musica che ti entra in testa e continui a canticchiarla per tutto il giorno e alla fine l’attacchi a qualcun altro. Le religioni strampalate. Il marxismo. Qui il virale è collegato all’irrazionale, il pubblico è suscettibile al suo fascino e i partecipanti diventano ospiti ignari dell’informazione che portano in mezzo alle loro reti sociali” ma Douglas Rushkoff in “media virus” sostiene che possono comportarsi anche come dei cavalli di Troia, diffondendosi senza il consenso consapevole dell’utente. la nozione dei media come virus attinge a una discussione più ampia, in cui si paragonano i sistemi di distribuzione culturale ai sistemi biologici. Rushkkoff descrive la cultura come “ una datasfera” o un “mediaspazio”, “ un nuovo territorio per ...


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