Riassunto Storia del Giappone Caroli, Gatti - Cap 1-4 PDF

Title Riassunto Storia del Giappone Caroli, Gatti - Cap 1-4
Author Greta Venturelli
Course Istituzioni di cultura giapponese
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
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Summary

Riassunto sui primi 4 capitoli del manuale Storia del Giappone di Caroli e Gatti.
...


Description

ISTITUZIONI DI CULTURA GIAPPONESE I. Paleolitico giapponese

Paleolitico antico: 200.000 a.C. Alcuni studiosi ritengono che i primi resti di civiltà in Giappone possano risalire al 200.000 a. C., definita paleolitico antico. A questo periodo risalirebbero anche i primi ritrovamenti nei siti archeologici di Babadan, nella prefettura di Miyagi.

Periodo intorno al 35.000-30.000 a.C. Alcuni scavi condotti negli anni Cinquanta hanno portato al ritrovamento di numerosi siti salenti al 35.000 a.C. circa. In tali siti sarebbero stati ritrovati utensili in pietra lavorata con la funzione di lame e coltelli.

Periodo dal 13.000 al 10.500 a.C. Si fanno risalire al 13.000 a.C. alcuni utensili lavorati ottenuti da diversi minerali, fra cui l’ossidiana, che testimonierebbero lo scambio tra regioni lontani, dal momento che sono stati ritrovati oggetti realizzati con materiali non presenti nella zona del ritrovamento. In questo periodo pare che gli uomini avessero già scoperto il fuoco, ma gli utensili ritrovati sono tutti realizzati con pietre tagliate e questo farebbe pensare che non venissero lavorati materiali come osso e legno.

II.

Periodo Jomon Origine del termine Jomon Negli anni Venti il termine ‘jomon’ cominciò ad essere usato per indicare un particolare tipo di vasellame e poi per denominare il periodo giapponese in cui questo vasellame veniva prodotto. La ceramica jomon venne riconosciuta dalla comunità scientifica grazie ad Edward Sylvester Morse, uno zoologo americano, che in un rapporto sugli scavi intitolato Shell Mound of Omori, pubblicato nel 1879, descrisse le ceramiche giapponesi, caratterizzate dalla cosiddetta decorazione a “segni di corde”.

I primi insediamenti semi-stabili Alcune scoperte nei siti archeologici nel nord di Kyushu e nello Shikoku occidentale testimonierebbero l’anteriorità delle prime ceramiche giapponesi rispetto a quelle cinesi. I rifugi nella roccia di Fukui e di Kami Kuroiwa vengono addirittura datati a 12.000 anni fa con il metodo C14. Nei kaizuka (mucchi si scarti, soprattutto conchiglie) sono stati ritrovati resti di ami e arpioni a testimonianza che già nel periodo Jomon veniva praticata la pesca, perlomeno dalle popolazioni costiere del sud, mentre le popolazioni che vivevano nelle zone più interne ricorrevano ancora alla caccia e alla raccolta. A questo periodo risalirebbero anche i primi insediamenti semi-stabili e alcuni studiosi in base al ritrovamento, ad Asabane, di asce in pietra poco taglienti hanno ipnotizzato che al periodo Jomon si possa far risalire anche la nascita delle prime colture di cereali. I siti semi-stabili erano più numerosi nel nord-est di Honshu e a Kyushu; nel Tohoku invece, sono stati rinvenuti i resti di insediamenti di forma allungata su una fossa circolare talvolta dotati di pavimentazioni lastricate, risalenti al tardo Jomon.

Il culto dei morti In questo periodo i riti sono ancora rozzi: il corpo, a volte con le ginocchia piegate al petto, viene gettato in un pozzo, che poi viene richiuso con una pietra. Sono anche state ritrovate delle statuine, chiamate dogu, alte tra i 20 e i 30 cm, di spetto umano o animale ma pare non siano legate al culto dei morti.

Ornamenti e architettura Fra i reperti del periodo Jomon sono stati ritrovati anche ornamenti per corpo e capelli, bracciali, collane e orecchini in pietra, legno, osso e argilla. Inoltre, pare risalgano a questo periodo anche delle maschere in argilla, dette domen. Per quanto riguarda l’architettura sono stati ritrovati dei raggruppamenti di pietre in posizione verticale, dette sekibora, rappresentanti simboli fallici. Il gruppo più numeroso è stato ritrovato nel 1992 a Miyagawa.

Le ceramiche Jomon L’evento più rilevante dell’epoca Jomon è stata l’invenzione delle ceramiche decorate a corde, che venivano realizzate con la tecnica del colombino e poi decorate con motivi a spina di pesce grazie a delle cordicelle attorcigliate attorno ad un bastoncino. Inizialmente venivano realizzate solo delle giare dal fondo piatto, ma nel corso del periodo Jomon la lavorazione della ceramica si è evoluta con la produzione di ciotole, coppe e vasi. Si evolvono anche i motivi decorativi che diventano, spesso, di stampo naturalistico o zoomorfo.

III.

Periodo Yayoi Origine del termine Yayoi Il periodo giapponese che va dal 300 a.C al 250-300 d.C. circa viene indicato col termine Yayoi, poiché nel 1884 il dottor Arizaka Shozo scoprì una giara realizzata con un tipo di ceramica differente da quella del periodo Jomon, nel quartiere Yayoi-cho a Tokyo. Da allora il termine vi3ne usato per indicare il periodo successivo al Jomon e il tipo di ceramica prodotta in quei secoli con l’utilizzo di torni e forni a temperature maggiori.

La regina Himiko Secondo le cronache cinesi alla fine del periodo Yayoi si erano generati dei conflitti fra villaggi vicini e questo sarebbe confermato da alcuni ritrovamenti archeologici che dimostrano la presenza di fossati, palizzate e torri di guardia, che avevano lo scopo di proteggere i villaggi che non avevano il vantaggio di trovarsi su un’altura. Inoltre, sono stati ritrovati dei corpi inumati che presenterebbero ferite mortali. Secondo alcuni annali cinesi, nel III secolo a.C. la regina Himiko sarebbe riuscita a creare il regno giapponese dello Yamatai, esercitando un potere assoluto su circa 70.000 nuclei familiari. Ci sono diverse posizioni riguardo la collocazione del regno di Himiko: l’ipotesi più probabile è che tale regno si trovasse nell’attuale prefettura di Fukuoka; diversamente, alcuni storici lo collocano nel Kinai, nell’attuale prefettura di Nara e sarebbe quindi il nucleo della futura Corte Yamato. Questa seconda ipotesi è meno probabile perché presuppone un’unificazione politica del Giappone troppo avanzata per l’epoca.

Lo shintoismo antico Nasce in questo periodo il nucleo primitivo dello shintoismo. Si iniziavano, infatti, a venerare delle divinità legate alla natura, dette kami, che venivano pregate, ad esempio, per ottenere un buon raccolto. La linea di demarcazione tra divinità e uomo non è netta, tanto che più avanti coloro che si troveranno al vertice della società verranno identificati come discendenti degli dei. IV.

Periodo Kofun Le sepolture kofun: 250-VI secolo Il periodo Kofun prende il nome dalle caratteristiche grandi tombe monumentali che si diffondono in Giappone tra il 300 d.C. e il VI secolo, quando con l’introduzione del Buddhismo si diffonderà la cremazione. Questo tipo di tombe, definite appunto kofun, avevano una sagoma rialzata circolare, quadrata o a buco di serratura, sopra alla quale solitamente erano poste le haniwa, cioè delle grandi statue di terracotta che

inizialmente riproducevano una casa che avrebbe dovuto ospitare lo spirito del defunto, ma che in seguito raffiguravano anche oggetti e persone in qualche modo legati al defunto. Queste sepolture rispecchiano una stratificazione sociale presente nel paese, a prova di ciò i tumuli più imponenti sono stati ritrovati nella zona occupata dal clan Yamato, i cui membri occupavano i gradini più alti della scala sociale.

L’uji e l’organizzazione sociale Coloro che potevano permettersi di edificare simili strutture funebri erano gli esponenti delle famiglie o clan dominanti, chiamati uji, i cui membri erano legati in genere da vincoli di sangue. Gli individui appartenenti ad un uji ritenevano di discendere da un antenato comune, detto ujigami, ed esercitavano il loro controllo su un certo territorio più o meno esteso. Questo gli consentiva di avere una posizione sociale più elevata. Al vertice dell’uji si trovava l’uji no kami, ritenuto il tramite diretto con la divinità e per questo dotato del massimo potere sacerdotale che trasmetteva ai propri discendenti. Per via ereditaria venivano trasmessi anche gli altri ruoli sociali. Sotto l’uji, infatti, c’erano anche dei gruppi occupazionali chiamati be (be di contadini, artigiani, pescatori, guerrieri, cantastorie), ciascuno dei quali era alle dipendenze dell’uji. Al di sotto dei be si trovano gli yatsuko, cioè un gruppo ristretto della popolazione composto da servi e domestici dell’uji. Uno di questi uji, il clan Yamato, riuscì ad acquistare una posizione prominente, sia grazie alla superiorità militare che alla supremazia della divinità da cui si riteneva discendessero, ovvero la dea del sole Amaterasu. Intorno al clan Yamato si creò una vera e propria confederazione di uji, che costruì il nucleo di un governo centralizzato in Giappone. V.

Periodo Asuka Introduzione del Buddhismo in Giappone Il Buddhismo nacque in India verso la fine del VI secolo a.C. e soprattutto grazie al suo messaggio si diffuse velocemente in tutta l’Asia. In Giappone il Buddhismo venne introdotto nel VI secolo. Secondo il Nihon Shoki (Annali del Giappone del 720) risalirebbe esattamente al 552, mentre secondo molti studiosi è da collocarsi nel 538. Poco dopo si fa iniziare il periodo Asuka. Si narra che il sovrano di uno dei tre regno di Corea inviò a Kinmei, capo della confederazione Yamato, una statua di Buddha e alcune sacre scritture. Ricevuti i doni, Kinmei consultò gli altri clan per stabilire il futuro della nuova dottrina.

Gerarchia della confederazione Yamato Attorno al clan Yamato, si riunivano tutti gli altri clan o uji, legati da un sistema di titoli onorifici, detto kabane, assegnati ai singoli componenti dei clan in base alla loro parentela con l’uji dominante: il titolo più alto per coloro che avevano vincoli di parentela con gli Yamato era omi, mentre per coloro senza vincoli era muraji. I clan avevano delle funzioni ben precise, ad esempio potevano essere addetti alla celebrazione di riti shinto e per questo alcuni vedevano la loro posizione minacciata dalla diffusione del Buddhismo, che avrebbe tolto spazio al potere dei sacerdoti shintoisti.

Soga e Mononobe nel periodo Asuka La contrapposizione fra avversari del Buddhismo si concretizzò in uno scontro fra clan che vide come protagonisti i Soga, immigrati dalla Corea e favorevoli alla nuova dottrina, e i Mononobe, contrari al Buddhismo perché il loro potere era legittimato dai shinto. Alla fine si arrivò allo scontro militare che si concluse nel 587 (anni in cui si fa risalire anche l’inizio del periodo Asuka) con la vittoria dei Soga. Ciò comportò fra l’altro anche una maggiore apertura verso la Cina e la Corea.

La fine delle sepolture kofun e l’inizio del periodo Asuka L’introduzione del Buddhismo in Giappone ebbe pesanti ripercussioni sui riti funebri e l’architettura: si preferì la cremazione alla costruzione di grandi tombe e le risorse furono invece indirizzate alla costruzione di imponenti templi per il Buddhismo.

L’introduzione della scrittura nel periodo Asuka Con l’introduzione del Buddhismo prese avvio anche l’utilizzo del sistema cinese e furono redatte le prime opere storiografiche giapponesi: il Kojiki (712) e il Nihon Shoki (720), che pur contenendo elementi mitologici tramandano alcuni dati attendibili.

Le minacce dall’esterno nel periodo Asuka Il capo del clan Yamato, pur avendo ormai assunto il ruolo sovrano, non aveva le risorse necessarie per sostenere l’offensiva in Corea né per difendersi dai possibili attacchi cinesi, anche perché il controllo delle provincie (kuni) e i clan da cui erano controllate erano solo una formalità. Intanto, dopo la vittoria del 587, i Soga e, in particolare, il loro capo Soga no Umako favorirono il Buddhismo. Così durante il periodo Asuka vennero costruiti molti templi, fra cui l’Asukadera, concluso nel 596 e ritenuto il primo tempio buddhista giapponese. I templi buddhisti divennero uno strumento per manifestare la potenza dei clan e la loro indipendenza dal clan Yamato, che avevano in parte perso la propria superiorità, lasciando il posto ai Soga. Questi ultimi, grazie all’uso politico del buddhismo e della vittoria militare, tentarono di usurpare l’autorità del sovrano.

L’imperatrice Suiko e il reggente Shotoku Taishi Soga no Umako fece uccidere l’imperatore in carica e nel 592 divenne imperatrice Suiko, legata da parte materna ai Soga. Lei fu la prima donna ad ottenere questo importante incarico e venne affiancata da un reggente (sessho), anch’esso legato al clan Soga. Il reggente, conosciuto in seguito con il nome di Shotoku Taishi (574-622) dominò la scena politica e divenne una figura leggendaria fortemente idealizzata. Egli fu uno sponsorizzatore della dottrina buddhista e a lui si devono anche le missioni nella Corte dei Sui (dinastia regnante in Cina) nel 600. Nel 604 Shotoku Taishi creò la cosiddetta la cosiddetta “Costituzione dei 17 articoli”. Si tratta di un codice di leggi, che contiene una serie di precetti morali basati su Buddhismo, Confucianesimo e Taoismo. Il fine principale dei 17 articoli è quello di affermare la superiorità dell’imperatore rispetto si clan o uji, ribadendo il suo ruolo di rappresentante del legame tra cielo e terra e legittimando così il suo ruolo di guida del popolo. Lo stesso termine tenno, utilizzato per designare l’imperatore, deriva dai caratteri cinesi tien “cielo” e no “sovrano”. In Giappone quindi il sovrano, in quanto diretto discendente dal Cielo, deteneva in eterno il potere politico e sacerdotale, come è dimostrato dalla continuità della dinastia imperiale.

La fine del potere dei Soga La morte di Shotoku Taishi nel 622 e la congiura del 645, ordita da Naka no Oe, principe imperiale, e Nakatomi no Kamatari, conosciuto poi col cognome Fujiwara, misero fine al potere dei Soga e furono il punto di partenza per le successive riforme.

Le riforme Taika Nel 646 furono varate una serie di riforme, conosciute come riforme Taika, che prevedevano l’abolizione di tutti i privilegi locali e, quindi, delle terre private, che passarono sotto il controllo del sovrano. I territori divisi in provincie, dette kuni o koku, messe sotto il controllo di fidati funzionari, cioè i kuni no tsukasa o kutushi. Le provincie a loro volta vennero divise in distretti, detti kori o kun, a capo delle quali si trovavano i kori no tsukasa. A questo sistema si univano i capi delle singole località scelti tra gli abitanti del posto. Al centro di tutto c’era il governo imperiale che fra le altre riforme richiese il censimento della popolazione e

un catasto, che consentisse la redistribuzione di terre. Inoltre, si pensò di creare una capitale permanente e vennero istituiti i registri di censo e delle tasse.

Il kubunden e la ridistribuzione delle terre Con le riforme Taika le famiglie di contadini fungevano da unità di base per l’assegnazione delle terre e per il sistema fiscale. L’unità base nella divisione delle terre - secondo il sistema jori – era il tan, una striscia di terra ottenuta dalla divisione in 10 strisce di un quadrato, ottenuto dividendo in 36 quadrati uguali un quadrato di terra più grande. Ad ogni maschio di età superiore ai 6 anni spettavano due tan di terra, alle femmine i due terzi della quota maschile, tale sistema era definito kubunden, che può essere tradotto con l’espressione “campi divisi per bocca”. In cambio dell’assegnazione delle terre i contadini dovevano pagare dei tributi e, nel caso degli uomini, svolgere delle corvèe militari e civili, in teoria ogni sei anni dovevano essere ridistribuite, ma ciò comportava calcoli complicati e continui aggiornamenti. Per questo si assegnarono le terre per periodi ben più lunghi se non in perpetuo.

Le terre escluse dal kubunken Non tutte le terre però venivano suddivise mediante il sistema kubunden. Alcune, infatti, venivano distribuite in base al rango, al merito o alle funzioni svolte, ma per il momento erano comunque soggette alle tasse e venivano generalmente assegnate a funzionari pubblici o istituzioni religiose.

Il Consiglio di Stato o Dajokan Con l’editto Taika venne anche creato un Consiglio di Stato, detto Dajokan, da cui dipendevano 8 ministeri, al di sotto dei quali si trovavano il ministero della Destra e della Sinistra con svariati dipartimenti. Inoltre, si riapplicò il sistema dei ranghi di Corte, ideato da Shotoku Taishi, in modo da poter premiare i migliori personaggi a Corte. Tuttavia in seguito fu ripristinato il sistema dei titoli ereditari.

L’imperatore Tenmu Dopo uno scontro, che durò per alcuni mesi, dal 673 al 686 salì al trono l’imperatore Tenmu, egli consolidò le riforme Taika e rinnovò il sistema dei titoli Kabane, in modo tale che avessero una rilevanza minore rispetto ai ranghi di Corte. Questi, però, essendo sotto il controllo imperiale, gli consentirono di porre in posizione di rilievo i propri alleati. Tenmu diede avvio anche alla compilazione del Codice Taiho o Ritsuryo, che però sarebbe stato emanato solo nel 702 - un decennio dopo venne redatto anche il Kojiki, un’altra opera voluta da Tenmu – per legittimare l’imperatore sulla base della sua discendenza diretta dalla dea del sole Amaterasu, antenata del clan Yamato. Tenmu visse ad Asuka, l’ultima capitale itinerante. Nel 694, infatti, fu sperimentata la prima capitale permanente a Fukjiwara, come previsto dall’editto Taika, mettendo da parte le credenze scintoiste, secondo cui non era propizio che la capitale rimanesse nello stesso luogo in cui era deceduto l’imperatore, a causa dell’impurità che la morte comportava. VI.

Periodo Nara Le capitali permanenti Nel 694, come previsto dall’editto Taika, fu creata la prima capitale stabile a Fujiwara, poco a nord di Asuka, ma dopo soli sedici anni la capitale venne spostata a Nara in una zona più ampia e adatta alle comunicazioni. Il periodo Nara inizia nel 710, anno in cui la capitale venne spostata a Heijokyo, attuale Nara. La nuova capitale si estendeva per 20 km quadrati e venne abbellita dalla costruzione di splendidi templi buddhisti, che

dovevano proteggere la città. Di particolare bellezza è la statua del Grande Buddha, Daibutsu, collocata nel tempio del Todaji e fatta costruire nel periodo Nara dall’imperatore Shomu.

Il Codice Ritsuryo In questo periodo fu redatto anche il Codice Ritsuryo, detto anche Codice Taiho, emanato nel 702 e revisionato nel 718. Il codice conteneva le leggi penali, dette ritsu, e le norme amministrative, dette ryo. Nel Codice Risturyo era stabilito un sistema gerarchico, finalizzato a superare il sistema degli uji: al vertice si trovava l’imperatore, che governava sui sudditi liberi, i ryomin, che potevano essere kannin, funzionari di stato, oppure komin, coltivatori di terre pubbliche; in fondo alla gerarchia si trovavano i senmin, sudditi non liberi. Il Codice Rytsuryo, benché simile al Codice Tang cinese, mostra elementi di originalità, ad esempio: mentre nel codice cinese i matrimoni endogami erano vietati, in Giappone non venivano impediti tra membri dello stesso gruppo familiare. Un altro elemento di originalità è la rimozione del sistema meritocratico degli esami cinese in favore di un’aristocrazia ereditaria. I titoli, quindi, si assegnavano in base al lignaggio e non in base ai meriti.

Il Jingikan Al Consiglio di Stato fu affiancato il Jingikan, un ministero della divinità, che si occupava del culto scintoista, sempre praticato anche dopo l’introduzione del Buddhismo.

Rapporti con l’esterno Nel periodo Nara il Giappone aveva rapporti sia con l’Asia centrale e orientale che con l’Indonesia, il Vietnam, la Malesia e, soprattutto, nel 701, con l’invio di una missione alla Corte di Tang, si intensificarono i rapporti con al Cina. Iniziarono una serie di scambi culturali con le missioni che partivano da Naniwa, attuale Osaka, per portare in Cina 500-600 persone, fra cui studenti e studiosi. Nonostante la forte influenza della Cina però si adottarono anche soluzioni originali visibili nell’arte, nella poesia e nell’architettura.

Kojiki e Nihon Shoki Al periodo Nara risalgono anche le prime opere storiografiche giapponesi: il Kojiki e il Nihon Shoki. Il Kojiki fu completato nel 712 ed è scritto in giapponese, ricorrendo però ai caratteri cinesi sia per il loro significato che per il loro valore fonetico. Esso narra la storia del Giappone partendo dalla mitologica origine delle sue isole, fino ad arrivare al 628 d.C. L’opera aveva il ...


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