Riassunto \"Terza pagina In pensione\" Panarari PDF

Title Riassunto \"Terza pagina In pensione\" Panarari
Author Elisa Giorgio
Course Teoria dei giochi e delle decisioni
Institution Università degli Studi di Roma Tor Vergata
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Summary

Riassunto Panarari...


Description

L’ultimo ventennio rappresenta il periodo in cui risulta evidente la trasformazione del giornalismo culturale in Italia, sotto il profilo delle novità formali e stilistiche ma anche dal punto di vista delle tematiche trattate. Un ventennio che ha archiviato e consegnato al passato quella Terza pagina attraverso la quale il giornalismo italiano ha introdotto la dimensione della cultura, a lungo di tipo esclusivamente letterario. La fuoriuscita dalla Terza pagina trova la sua avanguardia nella decisione de “la Repubblica” di Scalfari di collocare la cultura nel paginone centrale, fin dalla sua nascita nel 1976. E anche nella rivoluzione grafica apportata a “La Stampa”, nel 1989, dal direttore Scardocchia, il primo a introdurre in Italia gli stilemi del giornalismo americano, con la suddivisione del quotidiano in un fascicolo di “hard news” e in uno di “soft news”. Una scelta che vedrà poi una delle sue massime espressioni nelle direzioni di Paolo Mieli, negli anni ’90, de “La Stampa” e, successivamente, del “Corriere della Sera” e alla quale risulta paragonabile anche il lancio da parte di Veltroni, nel 1994, de “l’Unità 2”, il secondo dorso di cultura, spettacoli, scienza e sport, che sopravviverà per qualche anno. Il “postmodernismo” giornalistico. Questa “decostruzione” della sezione di cultura costituisce il principale segno di discontinuità con il passato e l’inizio di una storia di segno differente che arriva a coincidere con la cronaca dei nostri giorni, inaugurando, dal punto di vista contenutistico, quello che potremmo definire il debutto del “postmodernismo giornalistico”. Se fino a quel momento il giornalismo culturale si era identificato con la critica e l’attività di recensione, tra gli anni ’80 e anni ’90 cambia pelle e identità all’insegna di una visione il cui fine è la meraviglia. Una delle motivazioni coincide con il successo del modello da settimanali come “l’Espresso” e “Panorama”, con la loro informazione culturale attenta alla contaminazione e orientata verso la battaglia delle idee. La cultura dei quotidiani viene cosi “tabloidizzata”, accompagnando un processo che sposta l’attenzione dalla funzione critica dell’intellettuale al suo ruolo sociale, all’insegna di manifestazioni e forme di protagonismo che tendono a farne un attore delle nostre “perfoming society”. Il giornalismo culturale assume cosi’ due connotati, l’uno “agonistico” e conflittuale” e l’altro di commistione e intreccio tra generi diversi. La secolarizzazione e la spettacolarizzazione della figura dell’intellettuale trova in questa rinnovata e mutata idea di informazione culturale la propria espansione. Un’aspetto che vede la centralità del paradigma televisivo imporsi anche sulle pagine dei giornali; è proprio il piccolo scherma a diffondere e polarizzare, tra talk show e programmi di vario genere, un’immagine di “sapiente” come commentatore di fatti di attualità e non più “topo di biblioteca” esclusivamente dedito agli studi. Il giornalismo culturale adotta dunque la logica dello stare sulla notizia e sull’attualità, avendo come oggetto i temi del sapere e dei saperi, anziché i fatti e gli eventi. Le due modalità attraverso le quali si compie questo cambiamento riguardano la scelta dei temi e la drammaturgia delle rinnovate pagine culturali, che ora vengono ricollocate verso il centro del giornale. Quindi l’obiettivo primario del paginone diventa quello di far emergere e descrivere la produzione di idee e di riflessioni, e di documentare il pensiero di un’élite impegnata sotto il profilo civile e portatrice di un progetto politico di riforma. Una delle innovazioni più importante è la nascita, nel 2003, delle pagine del “Diario” de “la Repubblica”: in relazione al dibattito politico, economico e sociale in corso, viene scelta una parola destinata ad essere approfondita e indagata sotto la prospettiva culturale; una maniera suggestiva volta a prendere posizione rispetto a un tema o una questione. Su un altro versante, ha incarnato a lungo un’idea di battaglia delle idee “Il Foglio” di Giuliano Ferrara con le sue “cultural wars”, un genere di giornalismo che parte da questioni e tematiche culturali per farsi interprete di un pensiero sociopolitico. È la dimensione conflittuale in seno all’universo e alle parrocchie culturali che viene messa in pagina e portata alla luce, secondo una logica di

spettacolarizzazione indirizzata a incontrare la curiosità del lettore e all’insegna di un’ottica che non considera fondamentale sposare uno dei progetti culturali e politici in causa. L’intellettuale opinionista e il “neo elzeviro”. L’intellettuale opinionista viene chiamato a guidare il lettore, fornendo il suo parere informato, a decodificare i fenomeni dell’attualità e della cronaca, con maggiore o minore aderenza alla linea del giornale e secondo le caratteristiche della storia dello stesso. La scrittura presenta qualche affinità con l’elzeviro, pilastro delle terze pagine di un tempo, oggi ridimensionato rispetto al passato. L’affacciarsi di vari scrittori delle generazioni più giovani sulle pagine culturali dei grandi quotidiani e i loro esercizi di stile sull’attualità, sembrano richiamare quella tipologia di scrittura e rimandano all’idea di una reinterpretazione di quel genere (una sorta di “neo-elzeviro”). Dalla “Cultura” alle “culture” trova accoglienza in questa nuova tipologia di pagine di settore. Cade l’idea della critica militante, che si converte in giudizio da parte di uno specialista della disciplina e partorisce le numerose rubriche dei critici di genere, impegnati a fornire pareri informati sui singoli prodotti culturali, dai libri ai film, che escono di volta in volta nel Paese. Scompare la stroncatura (e si ridimensiona la critica). La cultura sui quotidiani fa i conti con un’industria culturale che si è convertita in società dei consumi culturali, e dove, specialmente in campo librario, esiste un’offerta molto ampia. Da qui il diffondersi sulle pagine culturali dei maggiori quotidiani di numerosi spazi di “schede”, “segnalazioni” e brevi recensioni in grado di offrire una sorta di diritto di tribuna a una parte dell’abbondantissima produzione editoriale. Il tramonto della critica letteraria coincide con l’affermarsi di una concezione e di una trattazione della lettura che incrocia la società, la storia, il costume, e che si esprime tramite il racconto dei libri. Tra gli effetti collaterali si produce anche la scomparsa della stroncatura, uno degli strumenti della vecchia critica, mentre acquista potere l’ascesa degli uffici stampa e marketing delle maggiori case editrici. Ecco che le pagine culturali tendono a raccontare i casi editoriali dopo che hanno incontrato il successo piuttosto che anticiparli, come è accaduto con il “caso Saviano”, nato sui settimanali, e rilanciato in seguito da quotidiani e dal giornale. Dall’esplosione come bestseller di Gomorra è sorta una forte attenzione al filone del “romanzo-realtà”. Il tramonto della vocazione alla critica e alla recensione delle pagine culturali è stata accompagnata da una modifica della figura del loro redattore. Non più recensore, ma responsabile della sceneggiatura di una cultura come battaglia delle idee o conflitto tra posizioni diverse, e come racconto della realtà attraverso i temi culturali. Il ritorno del supplemento. Sotto il profilo della confezione e della grafica del giornale, si è assistito al ritorno del supplemento culturale. “la Repubblica” ha inserito nel senso dorso del sabato “R2 Cult”, mentre continua a godere di ottima salute il “Tuttolibri” de “La Stampa”, la quale conserva il suo supplemento scientifico “Tuttoscienze”. Il “Corriere” la domenica presenta un’ampia sezione a esso assimilabile, mentre “Il Sole 24 Ore” ha effettuato un restyling del suo domenicale, ed è nato anche il supplemento culturale de “il Fatto Quotidiano” intitolato “Saturno”. Un’altra novità è l’interesse dei quotidiani nei confronti delle classifiche dei libri più venduti come un territorio nel quale cercare opportunità per allargare il proprio parco collaboratori. Fenomeno che ha fatto approdare sulle pagine di cultura scrittori come Camilleri, i Wu Ming, Paolo Giordano ecc. Altra novità è l’affacciarsi nelle sezioni culturali delle implicazioni sociali della scienza e della tecnologia (specie l’informatica) ed è sbarcata sulle pagine dei quotidiani una speciale disciplina: la teologia. Il modo diverso rispetto al passato di fare giornalismo culturale che si impone dagli anni ’90 punta a restituire una mappatura della realtà, e a distribuire strumenti di

esegesi ed ermeneutica del mondo e della società, marcamente postmoderni, in cui il Paese è entrato. Occorreva individuare degli strumenti nuovi per rincorrere quella velocità della ricerca delle news e del processo di selezione e valutazione per stabilire quelle che meritavano di divenire “notiziabili” e finire in pagina. Una trasformazione che ha pagato un forte pedaggio rispetto all’idea di fare cultura attraverso la carta stampata, ma che è un’espressione del cambiamento dello spirito dei tempi e delle sfide lanciate dalle trasformazioni tecnologiche a uno dei mestieri, il giornalismo, grazie ai quali l’Occidente ha fatto il suo ingresso nell’età moderna....


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