Riccardo Morri DA Alvito ALLA Campagna Romana. Viaggi DI Braccianti E Imprenditori TRA ‘800 E ‘900 PDF

Title Riccardo Morri DA Alvito ALLA Campagna Romana. Viaggi DI Braccianti E Imprenditori TRA ‘800 E ‘900
Course Geografia storica
Institution Sapienza - Università di Roma
Pages 10
File Size 106.4 KB
File Type PDF
Total Downloads 21
Total Views 143

Summary

RICCARDO MORRI DA ALVITO ALLA CAMPAGNA ROMANA. VIAGGI DI BRACCIANTI E IMPRENDITORI TRA ‘800 E ‘900..docx...


Description

RICCARDO MORRI: DA ALVITO ALLA CAMPAGNA ROMANA. VIAGGI DI BRACCIANTI E IMPRENDITORI TRA ‘800 E ‘900. Prefazione. Tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi anni del Novecento l’agricoltura italiana è stata caratterizzata da spostamenti dettati da esigenze stagionali, infatti la differenza di clima tra le aree montane e quelle di pianura determina lo sfasamento dei cicli stagionali e da quindi la possibilità di partire per prestare, in determinate stagioni, lavoro lontano da casa. Questi spostamenti determinano la possibilità di integrazione tra territori diversi. Nell’Italia centro-meridionale possono essere individuati due circuiti: il primo interessa Marche, Umbria, Abruzzo e le aree montuose del Lazio e da qui arriva la manodopera per i lavori agricoli e di allevamento necessarie nella Campagna e nell’Agro Romano, mentre il secondo coinvolge la Campania, che raccoglie le genti provenienti da Abruzzo, Puglia, Basilicata e Calabria. Gli spostamenti avvenivano a piedi e per compagnie, gruppi cioè che scendevano dalle colline o dalle montagne per cercare ulteriori mezzi di sussistenza e che, se non trovavano possibilità nel lavoro agricolo, si mettevano in viaggio come girovaghi, suonatori ambulanti o figurinai, cioè davano pronostici per il futuro attraverso delle carte pescate da un uccellino. In questo scenario si colloca la vicenda migratoria che ha avuto origine dal Comune di Alvito, nella Valle di Comino, quindi nel Regno di Napoli, che ha portato moltissime persone presso la Campagna Romana; si è calcolato che tra il 1871 e il 1936 un terzo della popolazione si era assentata dalla città originaria. Studiare un tale fenomeno ovviamente comporta capacità di controllo ed elaborazione delle fonti statistiche, bibliografiche, archivistiche, ecc., e Morri ha raggiunto risultati significativi, considerando che da Alvito sono partite anche persone con capacità imprenditoriali che hanno segnato l’inizio di forti cambiamenti, per esempio Domenico Lanza ebbe il merito di introdurre l’aratro con bilanciere monovomere, in grado di dissodare i suoli dell’agro romano, particolarmente duri dato che sono costituiti da polveri vulcaniche. I Borghese avevano già fatto arrivare dalla Scozia la prima trebbiatrice a vapore, mentre i Rospigliosi avevano già cominciato ad usare la falciatrice; l’innovazione contribuì, ovviamente, alla modernizzazione della produzione agricola e al cambiamento del paesaggio, non solo con le opere di dissodamento e bonifica, ma anche portando alla sostituzione del latifondo cerealicolo e pascolativo con colture intensive e specializzate. L’emigrazione da Alvito porta però a chiedersi perché arrivare a Roma e non a Napoli; per rispondere a questo interrogativo bisogna andare oltre i numeri e comprendere piuttosto il comportamento umano, il modo di sentire il luogo, la coscienza degli individui, quindi privilegiare il soggetto e non l’oggetto, il luogo e non lo spazio geografico. Infatti Alvito intratteneva con Roma rapporti come la vendite dei prodotti agricoli, allevamento e artigianato. La ricerca di Morri considera anche questi fattori, spiega quindi i rapporti tra la popolazione e il territorio che hanno contribuito a imprimere segni particolari al territorio stesso.

Introduzione. Le numerose testimonianze sull’impiego di lavoratori stagionali nelle tenute romane sono numerose e ribadiscono l’importanza delle migrazioni presso la Campagna Romana, che accolse non solo braccianti ma anche imprenditori provenienti dal Lazio, dall’Abruzzo, dal Molise, dalla Marche e dall’Umbria. Solo raramente però, nell’analisi dei dati migratori, ci si è soffermati sulle diverse aree di provenienza dei migranti, soprattutto in considerazione del Lazio e dei cosiddetti ciociari, la cui importanza viene spesso sottovalutata. Eppure proprio dalla provincia di Frosinone e in particolare da Alvito proveniva Domenico Lanza, conferito del titolo di Cavaliere del lavoro; oltre lui, sono proprio coloro che provenivano da Alvito ad essere i protagonisti dei movimenti migratori e delle trasformazioni che hanno interessato la Campagna Romana. Fonti archivistiche, letterarie e iconografiche hanno consentito di ricostruire, oltre al contesto di arrivo, quello di partenza e di stabilire che non solo nella Campagna Romana, ma anche in altre aree intorno alla capitale la presenza ciociara è stata abbondante. A motivare la presenza di così tanti migranti a Roma possono intervenire vari fattori, documentati da decine di opere; per esempio si potrebbe pensare tale spostamento come la conseguenza dei tentativi di miglioramento del territorio cercando di debellare spopolamento, malaria e paludi per ottimizzare lo sfruttamento dei territori, oppure per la sue caratteristiche fisiche, igienico-sanitarie o l’assetto economico. Quindi attraverso questa molte di domande e fonti Morri conduce la propria ricerca per chiarire in quale ambito e contesto si è scelto di muoversi. Capitolo 1: Il fenomeno delle migrazioni stagionali nella sua dimensione storica, sociale ed economica. Pur uscendo unificata dalle guerre d’indipendenza a livello politico, il processo di industrializzazione continua a risentire della frammentazione preunitaria e continuerà a risentirne per vario tempo; era soprattutto a Napoli, nel Milanese e nel Genovese che erano nati apparati industriali, mentre la rete ferroviaria, che si era rivelata fondamentale nello sviluppo economico di altri Paesi sia perché favoriva il trasporto delle merci che la velocità delle comunicazioni, in Italia era ancora molto arretrata, inoltre la stessa agricoltura rimarrà arretrata nonostante le riforme varate nel periodo compreso l’unità e il regime mussoliniano, fortemente autarchico. L’arretratezza economica e le pessime condizioni economiche di chi contava sul lavoro agricolo contribuivano a non far scemare il problema delle migrazioni, il cui studio non fu di facile approccio, soprattutto per motivazioni di ordine politico, infatti si era incerti se assecondare o limitare gli spostamenti per una questione di ordine pubblico; tale soluzione è quella adottata dal fascismo, che chiuse i confini, limitando gli spostamenti interni alla regolarizzazione, cioè al popolamento di zone disabitate. L’inchiesta Jacini del 1884 mette in risalto le condizioni di arretratezza economica dell’agricoltura italiana e le pessime condizioni di vita dei suoi addetti, chiarendo in questo modo il contesto in cui si svolgevano le migrazioni stagionali. Le rilevazioni dell’Ufficio del Lavoro indicarono sei aree di meta di fenomeni di immigrazione stagionale, ovvero: 1. I paesi delle risaie del bassopiano padano, come Vercelli, Novara e Pavia; 2. Le sedi della bachicoltura e della cerealicoltura, come Brescia, Cremona, Mantova e Verona;

3. La pianura grossetana per la raccolta di olive, il taglio dei boschi e al preparazione del carbone; 4. La Campagna romana per la cerealicoltura e la transumanza; 5. Le Puglie per cerealicoltura, viticoltura e raccolta delle olive; 6. La Basilicata, per la mietitura nei mesi estivi. Era quindi soprattutto la Campagna romana ad accogliere coloro che cercavano lavori legati alla pastorizia e all’agricoltura, provenienti da Marche, Umbria, Abruzzo, Lazio meridionale e Campania, organizzati in compagnie e poi in sottogruppi in base alle attività svolte nei tre tipi di azienda diffusi nella Campagna, ovvero: • L’azienda del campo, legata alla coltivazione della terra; • L’azienda del procoio, legata all’allevamento bovino ed equino; • L’azienda della masseria, legata all’industria ovina. Per le condizioni di vita e di lavoro in cui si trovavano questi soggetti, per loro era praticamente necessario muoversi da una parte all’altra, mantenendo condizioni di vita precarie e in stato nomade o seminomade a seconda di una circolarità legata alla stagionalità. Per studiare i fatti si può fare riferimento a un arco di tempo compreso tra il 1871 e il 1936, cioè il primo censimento del Regno d’Italia con capitale Roma e l’ultimo censimento prebellico; il processo di modernizzazione delle campagne trova una prima risposta solo dopo il primo decennio del 20 secolo, quando vengono meno le difficoltà legate alla frammentazione italiana preunitaria. Infatti sembra crescere la piccola proprietà contadina e si verifica una sorta di transazione dalle zone montane a quelle di pianura e collina. Nel Lazio ciò avviene in maniera graduale nell’arco di 60 anni e mantenendo comunque come fulcro principale il territorio intorno a Roma; le migrazioni interne con queste caratteristiche cessano con la Prima guerra mondiale, che muta in generale la società, mentre dopo la Seconda guerra mondiale cambiano radicalmente le migrazioni, le mete di destinazione, la lunghezza dei percorsi e la durate degli spostamenti. Pur non rappresentando l’unico fulcro migratorio del Lazio, la Valle di Comino ha una serie di caratteristiche che sono state fondamentali affinché l’attenzione si concentrasse sugli individui residenti in questa zona del Lazio, poiché avendo una connotazione agricola piuttosto spiccata, da questo comune emigrarono contadini e pastori. A incidere in particolare sull’interesse a investigare sui flussi provenienti da questa valle anche il fatto questa zona è stata considerata prima provincia di Caserta e solo successivamente provincia di Frosinone, quindi sospesa tra due regioni comunque importanti nell’ambito della fornitura di manodopera agricola. Data l’ampiezza del periodo cronologico, sono stati considerati i registri di stato civile del solo comune di Alvito, il cui nucleo originale risale all’11 secolo ma che si sviluppò

pienamente nel 16 secolo; tra il 16 e il 17 secolo infatti è il Cardinale Tolomeo Gallio, e poi i suoi successori, a prendere il possesso del ducato di Alvito; egli era una figura di rilievo nello Stato pontificio, in quanto era stato segretario personale di Papa Pio IV, quindi rappresenta anche un elemento di coordinazione tra lo Stato della Chiesa e quei territori del Lazio. Nel 1861 Alvito, pur essendo il secondo comune per popolazione per comune della Valle di Comino, rimane ai margini della crescita economica e produttiva, contribuendo a mantenere viva la tradizione migratoria verso la Campagna Romana; per meglio definire questi spostamenti temporanei sarebbe utile definire al meglio i percorsi compiuti da questa gente, ma ciò deve essere ancora fatto. Si è parlato di Campagna Romana perché limitare l’ambito di riferimento prima al solo Agro Romano e poi ai limiti amministrativi del Comune di Roma risultò insufficiente dato che si è registrata la presenza di abitanti di Alvito anche in zone al di fuori di questi confini; c’è inoltre da dire che vari fattori avevano inciso sulla carenza di popolazione, e quindi di manodopera, in quella zona, ovvero l’eccessiva pressione fiscale esercitata dallo Stato pontificio, oltre che le precarie condizioni di vita a causa della malaria. Lo sviluppo sociale ed economico di questi territori dunque sembrava essere impedito quasi per natura; nel frattempo si andava costituendo, a scapito della masse contadine, il patrimonio fondiario della borghesia. Di lì a poco anche il verificarsi del cosiddetto fenomeno della sovrappopolazione artificiale delle campagne, poiché il mancato impiego nell’industria causò l’eccessiva quantità di manodopera agricola favorendo non solo l’emigrazione verso l’estero ma anche i flussi migratori interni, non solo di contadini ma anche di imprenditori. Capitolo 2: La valle di Comino. Dai censimenti condotti tra gli anni 1861-1936 si registrano delle differenze tra l’andamento demografico dei comuni della Valle di Comino e del Circondario di Sora, uno dei 5 della zona. Infatti si registra un calo in entrambe, ma molto più contenuto nel Circondario, mentre nella Valle e soprattutto ad Alvito il calo è notevole e si aggrava tra il 1921 e il 1936 a causa del parallelo processo di spopolamento, mentre il Circondario dimostra capacità di contenimento più spiccate; inoltre negli anni precedenti il ’21 la popolazione aumenta costantemente, un dato che a primo impatto potrebbe risultare sorprendente considerando che parallelamente aumentava anche l’emigrazione verso l’estero, che aveva però carattere temporaneo e ostacolato, talvolta, dalle nascite. Il Comune di Alvito è dotato di una buona vitalità demografica, ha un buon indice di natalità e il fenomeno di emigrazione estera rimane sempre molto contenuto; all’esodo infatti si preferiva la possibilità di migrazioni stagionali, dunque ecco l’importanza degli spostamenti verso la Campagna Romana che rimarrà fondamentale fino alla Prima guerra mondiale. Calcolando la differenza tra la popolazione di diritto e quella esistente sarebbe possibile compiere una stima delle persone assenti, ma ciò risulta difficile per l’arco cronologico qui considerato; riguardo Alvito, qui la popolazione assente cresce con costanza fino al 1911 e continua, registrando un ampio numero di partenze proprio per Roma e occupando la prima posizione tra i bacini di manodopera del Circondario di Sora. Riscontrare tali movimenti anno per anno è stato possibile grazie alla consultazione delle fonti archivistiche di stato civile, essendo le uniche fonti raccolte con sistematicità prima della statistica ufficiale; è stato comunque difficile tracciare una stima delle migrazioni

temporanee, poiché esse non implicano un cambio di residenza e quindi non lasciano tracce nei registri anagrafici. Sono comunque stati provati i rapporti tra Alvito e la Campagna Romana attraverso prove documentarie che hanno permesso anche di ripercorrere idealmente il viaggio compiuto verso le varie tenute di Roma soprattutto da uomini, anche se talvolta, in alcuni periodi dell’anno, si assisteva allo spostamento di interi nuclei familiari, condizionati a volte anche dalla periodicità nella celebrazione dei matrimoni e delle nascite. I primi atti presi in considerazione sono quelli relativi al matrimonio; essi sono piuttosto semplici, tengono l’annotazione dei matrimoni celebrati mese per mese, con indicazioni relative all’età e alla condizione professionale tanto dei novelli coniugi che dei genitori di entrambi. Inoltre poiché ad Alvito vigeva l’endogamia (sposare un membro dello stesso gruppo sociale) si poteva trascurare l’ipotesi che gli uomini cercassero altrove una donna o che le donne cercassero il proprio marito altrove, pur avendo considerato anche il luogo di nascita e provenienza dei coniugi. Sono stati poi presi in considerazione gli atti di nascita ed appaiono più complessi, avendo anche una sezione relativa ai bambini nati in altri comuni ma da genitori residenti ad Alvito. Inoltre riguardo le informazioni relative alla periodicità delle migrazioni stagionali non si possono trovare informazioni precise nei diversi autori; nell’opera di Sombart sembra di poter ritrovare una lettura più lucida dei transiti, ponendo anche una distinzione netta tra braccianti e mietitori; la partenza si fa risalire a settembre mentre i ritorni agli inizi di giugno. Gli atti di matrimonio sono stati ritrovati in condizioni a volte pessime, quindi per alcuni anni, quattro in particolare, è stato impossibile raccogliere i dati necessari, ma le lacune possono considerarsi riassorbite nell’analisi del trend generale senza incidere particolarmente sui risultati ottenuti; si è cominciato dall’analisi delle variazioni dei matrimoni per anno lungo il periodo considerato per cercare di mettere in evidenza eventuali discontinuità, nella valutazione delle variazioni annuali bisogna inoltre tener conto delle diverse fasi della produzione agricola, che conosce un aumento dei prezzi alla fine degli anni Settanta dell’800 e poi una crisi, inoltre dopo la Prima guerra mondiale viene frenata l’immigrazione verso gli Stati Uniti e il 1929 anche da una scossa molto forte con la crisi finanziaria internazionale, mentre nel Lazio si assiste al passaggio all’economia moderna. Un condizionamento a livello locale fu invece dato dall’alluvione del 1875 e dall’epidemia di febbre malarica, furono anche prese misure contro la grande proprietà assenteista per migliorare la produttività dei territori attraverso interventi, anche di bonifica ed estensione del latifondo per favorire l’aumento dei flussi dei lavoratori stagionali. Anche se solo con le riforme avviate dal regime fascista si avranno delle svolte significative nella gestione di questo territorio, alcune innovazioni saranno introdotte proprio da un contadino di Alvito poco prima dello scoppio della Prima guerra mondiale. Si possono evidenziare cinque fasi nella lettura della variazione dei matrimoni contadini: ▲ Fase di crescita tra il 1869 e il 1873, pur essendoci degli anni di vuoti infatti si può avanzare tale ipotesi a partire dagli atti di nascita;

▲ Fase di stabilità o di cresciuta contenuta fino al 1898, anche se la popolazione di Alvito aumenta sensibilmente; ▲ Fase di crescita netta tra il 1898 e il 1911; ▲ Calo tra il 1911 e il 1923, a causa della fine della crescita economica e della Prima guerra mondiale, si tende a risalire nel 1925; ▲ Tendenza continua al calo. Nella considerazione dei matrimoni per mese di celebrazione invece si pensava che il più alto numero sarebbe coinciso con le esigenze stagionali, invece non è così. Infatti le partenze si verificano tra maggio ed ottobre, i ritorni tra agosto e settembre oppure dicembre e febbraio, dato che giugno e luglio erano dedicati alla raccolta del fieno e alla mietitura del grano mentre tra ottobre e dicembre si procedeva alla semina e alla preparazione del terreno. I matrimoni dovrebbero concentrarsi a marzo, ma non è così. Inoltre per il periodo compreso tra il 1926 e il 1935 ci si deve confrontare con una diminuzione degli spostamenti stagionali; tale periodo è inoltre l’unico per cui esistono delle statistiche basate su rilevazioni sistematiche delle migrazioni periodiche e stagionali interne. Nella storia dei movimenti verso la Campagna Romana è ancora Alvito a rivestire un ruolo fondamentale, arrivando a contare 500 emigrati l’anno, in maggioranza uomini, tutti diretti verso Roma, in questo periodo favoriti anche dal cambiamento dei contratti di lavoro, prima limitari ai 30 giorni circa ma che cominciano ora a prolungarsi talvolta diventando permanenti, richiedendo dunque un insediamento stabile nella regione. Va specificato che il fatto che le donne non partissero con gli uomini non sembra dipendere dall’offerta di lavoro, poiché le donne che rimanevano erano contadine e braccianti proprio come gli uomini che partivano, ma probabilmente tale differenza era data dalla diversità del ruolo maschile e femminile all’interno della società tradizionale; per far fronte all’assenza degli uomini comunque le donne dovevano svolgere attività rurali anche molto dure, come arare i campi, raccogliere la legna, allevare il bestiame e questo spesso nuoceva alla loro salute e gli stessi medici locali erano preoccupati per questo, quindi le migrazioni influivano anche sulla salute della popolazione, aggravata dal fatto che gli uomini spesso lavoravano in zone malsane e quindi contraevano e diffondevano la malaria anche nei loro paesi d’origine. Il ruolo svolto dalle donne, che talvolta si dedicavano anche alla preparazione di pasti o al lavoro di balie e domestiche, svolto in queste occasioni fu comunque loro di aiuto nella modificazione del loro ruolo, finendo per essere coinvolte in processi che difficilmente vedevano i coinvolgimento delle donne nella loro epoca. La connotazione al maschile dei flussi migratori presso la comunità di Alvito emerge anche dal fatto che non erano i padri a registrare all’anagrafe del proprio comune di residenza la nascita del figlio e questo poteva avvenire per cinque ragioni: 1. Il bambino era stato abbandonato, veniva quindi registrato da chi lo aveva trovato; 2. Il bambino era nato fuori dal matrimonio e non riconosciuto, quindi veniva registrato dalla madre;

3. Il padre era malato al momento della nascita o morto durante la gestazione; 4. Il padre era in carcere o sotto le armi; 5. Il padre era assente per lavoro. In questi ultimi tre casi veniva registrato dalla levatrice; risulta inoltre che i figli dei contadini erano più numerosi dei figli di altre figure professionali, ma perché la comunità contadina di Alvito era molto più definita; si registra inoltre dal 1874 una crescita costante che arriva ai 150 nati annui, me...


Similar Free PDFs