Viaggi utopie e distopie Relazione PDF

Title Viaggi utopie e distopie Relazione
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi di Cagliari
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Relazione finale di Stefania Contu Corso di laurea in Lingue e culture per la mediazione linguistica, matricola 32/19/66213 [email protected] In tutta la sua esistenza, l‟uomo ha sempre avuto bisogno di viaggiare. Inizialmente questi viaggi erano finalizzati alla sua sopravvivenza, poi, in concomitanza con la sua evoluzione, essi hanno consentito al genere umano di ampliare la propria conoscenza, la propria cultura e i propri orizzonti. Nel corso della storia si parla, infatti, di avventurieri che sfidarono il mare per ottenere gloria e ricchezze, ma anche di coloro che, assetati di conoscenza, viaggiavano per ragioni accademiche. Ed è proprio grazie a loro e al desiderio di evadere che accomunava tutti gli studiosi, che oggi è possibile parlare della letteratura. Cos‟è la letteratura, se non un viaggio all‟interno di un mondo vicino al nostro, ma allo stesso tempo così distante? Con il passare degli anni, i letterati riuscirono a servirsi di questa disciplina come strumento per narrare realtà perfette, utopie nelle quali desideravano vivere, oppure, al contrario, parlavano di realtà spaventose, senza via di scampo, delle distopie che ancora oggi ci spaventano ma che sempre di più si avvicinano alla realtà in cui viviamo. E sono proprio le distopie che per anni hanno monopolizzato i romanzi degli scrittori portandoli a immaginare delle realtà che mettevano in crisi la visione antropocentrica del nostro mondo. Queste opere esortano gli scrittori a non avere la presunzione di porsi come centro di tutto, spingendo quindi anche il lettore a riflettere sul nostro operato. Quando viene affrontato il tema distopico nei romanzi, è bene distinguerlo dalle realtà che possiamo osservare nelle serie tv o nei film in quanto nei secondi viene enfatizzata l‟intensità della catastrofe. Per quanto riguarda i romanzi quindi è necessario parlare di cacotopie, che si focalizzano principalmente su quelli da molti definiti come orrori del possibile. Nell‟immaginario letterario è possibile trovare elementi cacotopici o distopici in opere che non appartengono a questo genere. Prendiamo come esempio l‟ultima pagina de La 1

coscienza di Zeno di Svevo. In questa parte l‟autore profetizza una catastrofe: “L’occhialuto uomo, invece, inventa gli ordigni fuori dal suo corpo”. Nell‟estratto si parla, appunto, dell‟uomo in grado di costruire ordigni che vanno ben oltre il proprio arto e che da solo sarà in grado di causare il grande scoppio della fine. Il romanzo non è una cacotopia, ma con queste ultime frasi, l‟autore ci si avvicina molto. Il coefficiente di attualità, secondo Muzzioli, è uno dei parametri più utili per valutare il livello di attualità e la persistenza pervasiva del genere. Non è semplice valutare questo coefficiente perché le distopie hanno una base storica e sono ben posizionate nel tempo, colgono un‟emergenza che riguarda la minaccia più grande e importante che ci si trova ad affrontare. Muzzioli delinea la traiettoria diacronica del genere cacotopico e ci ricorda come agli inizi del „900 molti autori diedero vita a delle opere distopiche che gravitavano nell‟orbita di quello che da molti, Muzzioli compreso, venne definito come il distopico nel dispotico. Con questa definizione s‟intendono tutti quei romanzi che descrivono un sistema politico e sociale tirannico e totalitario. I massimi esponenti di questo genere sono tre romanzi molto famosi, Brave new world di Aldous Huxley, 1984 di George Orwell e Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, i quali possono essere considerati i cardini su cui si basa ogni romanzo distopico. Riflettendoci, non è un caso se romanzi del genere siano nati proprio in quel periodo; il contesto storico, da qualunque parte si analizzi, è puramente distopico. Quello che Orwell descrive nel suo romanzo è una cultura e una società puramente fondata su criteri di controllo sistematico, metodi di persuasione occulta il cui mezzo era la tv interattiva. Inoltre in questa realtà Orwelliana si ha anche lo sguardo intrusivo del “big brother” che continua con i suoi proclami a dichiarare la meraviglia finalmente realizzata in terra. Riflettendo in particolar modo su quest‟opera, è chiara a tutti la ragione del perché l‟immaginario storico sia fondamentale per i romanzi distopici. In un‟epoca come l‟Ottocento, nessuno sarebbe riuscito a concepire l‟idea di un sistema informatico capace di osservare gli esseri umani privandoli della loro privacy, proprio perché la tecnologia e le conoscenze di quell‟era non lo permettevano. Se gli autori del „900 sono riusciti a elaborare capolavori distopici come 1984 è perché già si erano vissuti episodi di privazione di libertà in sua qualunque forma. Con il passare degli anni si assiste al fiorire di distopie catastrofiche che si rifanno a episodi quali l‟esplosione della bomba atomica, catastrofi ambientali o la morte di massa causata da virus letali che vengono inizialmente realizzati e collaudati in laboratori della morte dai quali inizia il contagio, la lotta per la sopravvivenza e l‟inevitabile estinzione della razza umana. Attualmente, una distopia che spaventa i lettori o gli spettatori, riguarda la sterilità: l‟idea di non poter dare alla luce dei figli è un fattore fondamentale ma soprattutto determinante per la scomparsa dell‟uomo. Per trattare questo 2

genere di distopia si parte da una realtà dai caratteri utopici che viene completamente rasa al suolo dal fattore determinante (la sterilità). È importante ricordare che per quanto le utopie e le distopie siano due concetti astratti opposti tra loro, gli elementi che le compongono sono in relazione. Riflettendo su qualche opera distopica, non è un caso che come ambientazione per la catastrofe venga utilizzata un‟isola, la quale è per eccellenza un simbolo utopico, che rappresenta dei luoghi idilliaci e incontaminati. Il loro utilizzo in opere distopiche o cacotopiche dona una visione fortemente antifrastica e in contrapposizione con il significato simbolico degli elementi. Tornando al discorso sulla sterilità, un romanzo che centra in pieno il tema è Il paese delle ultime cose di Paul Auster il quale narra di un mondo dove non si hanno più bambini e dove la razza umana viene lentamente sostituita da robot. La particolarità del romanzo è il barlume di speranza che fa accendere nel lettore quando viene introdotta la figura di una donna incinta. Sfortunatamente l‟opera mantiene il suo carattere distopico e la donna perderà il bambino in quanto il miracolo della vita non è concepito in una realtà così tragica. Statisticamente parlando ciò che più spaventa la razza umana, oltre a ciò che non conosce, è ovviamente una distopia ambientata in un futuro prossimo. Perché? L‟accuratezza dei minimi dettagli che spingono l‟uomo a immedesimarsi nel protagonista e vivere le sue stesse preoccupazioni, gioie e dolori, l‟ambientazione del romanzo in un periodo storico prossimo a quello nel quale il romanzo nasce sono i fattori base che caratterizzano il genere distopico e lo differenziano dalle opere di science-fiction. Infatti, sin dalle prime opere cacotopiche si è sempre avuta la convinzione che una distopia fosse in realtà un mondo fantastico, una realtà inesistente, quando invece essa affonda le sue radici nel tempo e soprattutto è contraddistinta da un‟aderenza alla realtà tale da poter descrivere uno scenario storicamente plausibile. Un romanzo che conferma l‟attaccamento storico che caratterizza il genere distopico è L’età estrema di Romano Luperini. Quest‟opera è stata pubblicata nel 2008 ma è ambientata nel 2011, in occasione dell‟anniversario dell‟attentato terroristico delle Torri Gemelle e parla di un‟arma di distruzione di massa durante un episodio simile al tragico evento dell‟11 Settembre 2001. La descrizione all‟interno dell‟opera inquietò i lettori in quanto parlava di un futuro possibile. Infine è possibile affermare che il genere distopico in letteratura riguarda sempre un presente prossimo o venturo, così da scatenare una sensazione di ansia e instabilità nel lettore ma, esistono opere letterarie e non che trattano distopie affrontandole lateralmente rispetto al tema principale? È possibile definire una serie tv o un film con il genere distopico, nonostante esso non sia presente in maniera attiva nella trama? 3

A questo proposito è bene analizzare due grandi capolavori della cultura odierna che hanno segnato e continueranno a segnare intere generazioni di ragazzi e di adulti. Le opere trattate solo Lord of the rings (Il signore degli Anelli) di J.R.R. Tolkien e Games of Thrones (Il trono di spade) di George R.R. Martin. Prima di tutto è bene ricordare il contesto storico di queste due opere, e della ragione che ha spinto non solo Tolkien e Martin ma anche tanti altri autori a scegliere proprio questo sfondo. Entrambe le opere sono ambientate nel Medioevo. Perché? Esso è l‟unico periodo storico dove non è possibile identificare chi è al potere. Sono anni di caos e di incertezze che funzionano come nido per l‟industria culturale. Durante questo periodo è impossibile centralizzare il potere, ma si gettano le basi politiche per gli anni futuri. Gli autori approfittano di questa confusione storica e politica per dare alla luce opere come Il nome della rosa, I pilastri della terra, La cattedrale del mare e Game of Thrones tutte accomunate dal fattore politico che abbiamo detto essere il fulcro delle opere “medievali”. È fondamentale però distinguere tra opere dove la divisione politica è forte (Game of Thrones) e opere dove lo è meno (Lord of the Rings) in quanto essa nasce dalla contrapposizione tra utopia e distopia che spinge l‟opera ad avere una storia più o meno politica almeno apparentemente, in quanto nonostante non sia quello il centro dell‟opera di Tolkien, la divisione politica è comunque forte. Il signore degli anelli di Tolkien viene pubblicato per la prima volta nel 1955, siamo quindi nel pieno dopo guerra del secondo conflitto mondiale. L‟opera però venne concepita intorno al 1917, nel culmine della prima guerra mondiale. Tolkien in quell‟anno si trovava infatti a combattere in trincea. Lo sfondo distopico tipico della prima guerra mondiale non è un dettaglio trascurabile in quanto molte altre opere fantasy sono nate proprio in quel periodo. La paura provata in trincea portò gli scrittori a raccontare di mondi fantastici per distrarsi dagli orrori della guerra. Tra le opere scritte in trincea troviamo anche Le Cronache di Narnia di C.S.Lewis. L‟opera di Tolkien inizia con la presentazione di una valle utopica, la terra di mezzo, dove non vi era alcuna autorità politica definita. In questa terra non esisteva un esercito per proteggere gli abitanti dagli invasori. Essi erano popoli la cui cultura si basava sul tramandarsi i racconti a vicenda. Politicamente parlando però la terra di mezzo non era affatto un luogo unito, anzi, molti popoli vivevano in quel vasto territorio, senza contatti con gli altri. Questa frammentazione non fu per niente d‟aiuto quando da Est emerse un potere oscuro, paragonabile al fascismo o al comunismo dato il periodo di pubblicazione. Questa entità viene impersonata da Sauron, il quale rappresenta lo Stato, che vuole omologare tutta la terra di mezzo assoggettandola alla sua legge usando mezzi che rappresentano l‟industria dell‟epoca. Nel suo territorio Sauron sfrutta la produzione degli orchi 4

(catena di montaggio), la voce di Saruman che si diffonde dalle due torri ( media di massa) l‟occhio di Sauron che vede tutto (mezzo televisivo) e infine, come lascito della seconda guerra mondiale, i Nazgûl (l‟aviazione). Quindi, durante questo sguardo generale al contesto, nel quale è situata la terra di mezzo, troviamo l‟utopia di questo mondo fantastico, messa in pericolo dalla distopia dello stato imposto da Sauron. La storia sviluppa questa lotta tra il mondo utopico e il mondo distopico concludendosi con la sconfitta di Sauron grazie ai popoli della terra di mezzo che appianano le loro divergenze e riescono così a sconfiggere il nemico comune. È possibile quindi dire che, alla fine della battaglia, l‟utopia è riuscita a sconfiggere la distopia? No, il ritorno allo status politico iniziale è impossibile da realizzare in quanto anche quella realtà rischia di essere pericolosa dato che la divisione dei popoli che viene presentata li porterebbe ad essere nuovamente impreparati in caso di una nuova potenza. Come si conclude quindi l‟opera? Non potendo realizzarsi un ritorno all‟originale utopia, si arriva alla pace tramite un compromesso nel quale si da inizio all‟era degli uomini, proclamando Aragorn (un personaggio dalla natura mite nonostante sia un valoroso guerriero) Re della terra di mezzo. Nella scena conclusiva tutti si inginocchiano al cospetto del nuovo Re, coloro che non accettano questa nuova formazione politica, vengono allontanati dal regno. Il nuovo assetto politico che ha origine con Aragorn è quindi uno stato confederato. Ma cosa avviene invece nell‟opera di Martin che, a differenza di Tolkien, non parte da un‟utopia, ma va a formare dall‟inizio una distopia? Il contesto storico della pubblicazione de Le cronache del Ghiaccio e del Fuoco ( libri da cui è tratta l‟odierna serie Game of Thrones) è il 1996, in piena democrazia, in cui le guerre sono finite ed è da poco crollato il muro di Berlino, l‟aria che si respirava era di tranquillità, non c‟erano pericoli di guerre simili a quelle precedentemente avvenute. Nonostante ciò Martin nella sua saga descrive un mondo assolutamente distopico con forti riferimenti medievali tra i quali troviamo: -

La guerra civile su cui si basa tutta la serie, una guerra inizialmente confusa che poi con il proseguimento della serie va a delinearsi indicando come i sette regni erano coinvolti;

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La giovane guerriera vergine : Brienne di Tarth, che verrà in seguito nominata cavaliere, potrebbe essere ispirata al personaggio di Giovanna D‟arco;

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I predicatori religiosi: durante le prime stagioni viene caratterizzato il personaggio di Melisandre, la donna rossa che rappresenta il tramite tra l‟uomo e il Dio della Luce ;

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I Barbari: nella serie viene fin da subito presentato un popolo di selvaggi, che razziavano e depredavano i villaggi, i Dothraki;

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La malattia incurabile (la peste): il morbo grigio; 5

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La nascita di una nuova potenza: Daenerys Targaeryen e la sua ascesa al Trono di Spade.

Per quanto non fosse ben delineata al l‟inizio della serie tv, la storia di Daenerys è il fulcro dell‟intera opera in quanto l‟obiettivo che la futura regina cercherà di portare a termine è appunto la riconquista del Trono dal quale suo padre Aerys II Targaryen (il re folle) prima di lei regnò fino a quando Robert Baratheon e Ned Stark lo spodestarono. Analizzando il personaggio di Daenerys è possibile notare delle similitudini tra lei e Sauron ne Il signore degli anelli, entrambi rappresentano lo stato moderno e vogliono arrivare all‟omologazione degli spazi e del popolo, riunendo tutti sotto un'unica sovranità. Ma inserendo il personaggio di Daenerys in un contesto storico reale, privo di elementi fantasy, è possibile paragonare la Regina di Westeros con Re Luigi IV, entrambi oppressi dai nobili per poi riuscire a vendicarsi più avanti. Quello che riesce a fare Daenerys è appunto la rivincita. Dopo la morte di suo padre fu costretta all‟esilio con suo fratello Viserys. Con il passare degli anni si formò un esercito, e conquistò numerose città dell‟est (Essos) liberando gli schiavi, e sterminando i loro padroni. Daenerys è riuscita a costruirsi un esercito formato interamente da servi resi liberi. Armata dei suoi draghi, un esercito e numerosi alleati L‟erede del Re Folle parte alla conquista del trono, passando da guerre infrastatali, combattute all‟interno dello stato, inteso come città o regno, a guerre interstatali, e cioè concentrando le forze militari fuori dalla città evitando così scontri che l‟avrebbero indebolita. La serie si conclude con l‟elezione di un nuovo Re, che non ha niente a che fare con la famiglia di Daenerys, proprio per “spezzare la ruota” e concludere quindi la dinastia dei Targaryen. La differenza sostanziale tra i governi che si sono formati nelle due opere analizzate è che, mentre ne Il signore degli anelli si arriva ad ottenere uno stato confederato, in Game of Thrones si punta sulla monarchia assoluta, e non sono solo i personaggi a volerla, ma anche i lettori e gli spettatori. Martin è uno dei pochi che, per sfuggire alla realtà della guerra descrisse nella sua opera un‟altra guerra combattuta in un mondo fantastico. Facendo un salto nel passato arriviamo al grande autore di un‟opera avvincente e conosciuta da chiunque al giorno d‟oggi: Miguel de Cervantes. Egli scrisse El Ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha. La storia del romanzo racconta di un nobile, Alonso Quijano, (da qui il termine spagnolo hidalgo presente nel titolo) appassionato di libri cavallereschi, che impazzisce a furia di leggerli e si convince di essere diventato un cavaliere errante. Facendosi forza di questa sua nuova identità intraprende tre viaggi che lo porteranno ad allontanarsi dal suo villaggio alla ricerca di avventure, fino a quando, costretto a rientrare a casa sua, si ammala, rinsavisce e muore. Perché si dice che il protagonista impazzisce? 6

Egli viveva una vita normale, quasi monotona, quindi decise di voler evadere e diventare un eroe proprio come quegl‟uomini straordinari che combattevano contro il mare, esploravano luoghi esotici, vivevano grandi avventure e avevano un forte senso della giustizia, dei quali leggeva le gesta. Quijano voleva essere come loro e per questo, immedesimandosi troppo nei personaggi dei libri che leggeva, impazzì. La popolarità di questo romanzo porta chiunque oggi a sapere cosa significa l‟affermazione “lottare contro i mulini a vento” nonostante la maggior parte della popolazione mondiale non abbia mai letto il romanzo. Attualmente quest‟espressione viene usata per intendere una lotta che è già persa in partenza o è del tutto inutile. Perché? In uno dei suoi viaggi Don Quijote si ritrovò in una collina dove erano presenti dei mulini a vento che nella mente del protagonista erano dei giganti. Il cavaliere partì all‟attacco senza curarsi delle parole del suo scudiero che cercava di fargli capire che quelli che vedeva non erano giganti ma mulini a vento; riuscì ad infilzarne uno ma venne buttato a terra poco dopo in quanto, proprio in quel momento, si era alzato il vento, azionando così il mulino. La sconfitta di Don Quijote però non lo scoraggiò in quanto in questo genere di racconti, un cavaliere non può essere sconfitto se non da un evento sovrannaturale. È qui che nelle opere cavalleresche viene inserita la giustificazione magica che motiva la sconfitta dell‟eroe. Per concludere, se la distopia è per definizione una catastrofe o un evento politicamente tragico, un‟utopia non rappresenta solo una realtà oggettivamente perfetta, ma è intesa anche come la realtà così come un individuo la desidera. Nel caso di Cervantes e di molti altri scrittori dell‟epoca, l‟utopia non è altro che la trasformazione della realtà, la creazione di un mondo fatto solo di avventure e misteri da risolvere.

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