Relazione Tirocinio PDF

Title Relazione Tirocinio
Course Stage e tirocini 
Institution Università degli Studi di Salerno
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Summary

la relazione tratta dell esperienza di tirocinio presso il centro dipartimento di giustizia minorile e di comunità nel ruolo di educatore...


Description

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO DIPARTIMENTO DI SCIENZE UMANE,FILOSOFICHE E DELLA FORMAZIONE

RELAZIONE DI TIROCINIO

Corso di laurea in scienze dell’educazione Anno accademico 2017/2018

Tutor interno: Tutor esterno: Studente tirocinante Matricola: Ente/istituzione ospitante: Centro di prima accoglienza-dipartimento giustizia minorile e di comunità Durata tirocinio: 120 ore

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INDICE

I. Descrizione della struttura……………………………… 3

II. Descrizione delle attività alle quali si è partecipato……. 5

III. Descrizione dell’utenza………………………………… 8

IV. Svolgimento dell’esperienza di tirocinio………………. 10

V. Bilancio dell’ esperienza svolta………………………... 12

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I.

Descrizione della struttura

Il mio percorso di tirocinio si è svolto nella città di Salerno presso il centro di prima accoglienza-dipartimento di giustizia minorile e di comunità ( c.p.a. ). Il centro di prima accoglienza fa parte di una nuova organizzazione dei servizi minorili, nasce con il decreto del presidente della Repubblica del 22 settembre 1988 n.448 il quale ha introdotto nuove disposizioni inerenti il processo penale a carico di imputati minorenni. E’ una struttura che dipende dal centro di giustizia minorile e si occupa di accogliere i minore,dai 14 ai 18 anni, in stato di arresto o di fermo fino all’ udienza di convalida per un massimo di 96 ore. Questa struttura anche se garantisce la custodia del minore non è da considerarsi come una struttura penitenziaria. Le finalità del centro di prima accoglienza minorile sono molteplici; esso svolge nei confronti del minore attività di sostegno e chiarificazione, funge, inoltre, da mediatore giudiziario tra le varie autorità al fine di fornire i primi elementi di conoscenza del minore per quanto riguarda il proprio contesto familiare, personale e sociale. Nel centro prestano servizio varie figure professionali:il direttore del centro, funzionari della professionalità pedagogica e personale amministrativo; ognuna di queste figure professionali si occupa di una specifica area ed ha una propria funzione. Il centro si avvale, inoltre, della collaborazione di figure professionali che operano all’esterno del centro, sul territorio Salernitano come: assistenti sociali, medici, psicologi, psichiatri e mediatori culturali. Tra le finalità del c.p.a. troviamo quella di attivare le risorse familiari e ambientali, coinvolgendo gli altri servizi dell’amministrazione della giustizia minorile e quelli del territorio. Al momento dell’ ingresso all’interno del centro al minore viene affidato un educatore scelto in base al carico di lavoro. L’educatore fornisce al ragazzo, durante il colloquio d’ingresso, delle informazioni generali e si avvia la comunicazione al fine di instaurare un rapporto basato sul rispetto e sulla collaborazione, si occupa, poi, di chiarire al ragazzo cosa succederà nelle successive 96 ore, lo sostiene emotivamente e lo spinge ad assumersi le responsabilità delle proprie azioni, quasi contemporaneamente vengono avvisati i servizi sociali e la famiglia, in un secondo momento l’educatore raccoglierà i dati emersi sul ragazzo e sulla sua famiglia in una relazione che verrà consegnata al giudice per aiutarlo nella comprensione del caso. Durante la permanenza in c.p.a. il minore viene sottoposto a visite mediche al fine di verificare il suo stato di salute sia fisico che psicologico, talvolta il minore può essere sottoposto ad esame tossicologico per accertare l’eventuale consumo di sostanze stupefacenti.

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Entro le 96 ore il giudice fissa l’udienza di convalida dell’ arresto e decide le modalità in cui il minore deve attendere il processo, queste modalità sono chiamate misure cautelari, e sono quattro: - Pescrizione; al ragazzo vengono prescritte le attività (obblighi) che deve svolgere per un periodo di tempo limitato ( due mesi) e divieti da rispettare. - Permanenza in casa; il ragazzo deve attendere il processo presso la propria abitazione uscendo solo per svolgere delle attività stabilite dal giudice (ex: ls scuola). Equivale agli arresti domiciliari per gli adulti - Permanenza in comunità; il ragazzo, in attesa del processo, viene collocato in comunità quando i reato commesso di una rilevanza sociale maggiore o quando la famiglia viene ritenuta non idonea ad accudire il ragazzo. - Custodia cautelare( i.p.m.); questa misura cautelare viene applicata ai minori già conosciuti dalle forze dell’ordine o che hanno commesso reati di una gravità superiore. Le misure cautelari possono subire variazioni in base al comportamento del minore. Vi sono poi, i ragazzi denunciati che attendono il processo “ a piede libero”. La denuncia “ a piede libero” è la denuncia nei confronti del presunto autore di un reato per il quale non vengono disposte misure restrittive della libertà personale prima della celebrazione del processo.

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II.

Descrizione delle attività alle quali si è partecipato

La mia esperienza di tirocinio si è svolta dal 23/03/2018 al 22/11/2018 per una durata complessiva di 120 ore,all’interno del centro erano presenti gli educatori che nel loro lavoro quotidiano venivano affiancati da figure professionali appartenenti ad altre enti territoriali: assistenti sociali,psicologi, psichiatri,mediatori, etc. Una delle prime attività in cui sono stata coinvolta è stata lo studio del D.P.R. 448/88 che riporta disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni con una particolare attenzione per alcuni articoli : art 1 dove sono esposti i principi generali del processo minorile, art 10 che sancisce l’impossibilità della vittima di costituirsi come parte civile, art 18 e art 18 bis nel quale sono descritti i procedimenti in caso di arresto o di fermo di un minore, art dal 19 al 23 i quali spiegano le varie misure cautelari e l’ art 28 che si occupa della sospensione del processo. Successivamente ho avuto la possibilità di leggere vari fascicoli personali di minori in carico al centro. Il fascicolo personale deve essere conservato in formato cartaceo presso tutti i servizi che si occupano del minore ed è formato da : - Comunicazione d’ingresso - Verbale d’arresto - Copia di documenti identificativi - Scheda tecnica - Relazione di sintesi - Eventuali relazioni pregresse anche inviate da altri servizi - Atti giuridici notificati al minore - Cartella clinica - Comunicazione di dimissione Ho poi avuto la possibilità di assistere presso il tribunale per minorenni di Salerno a varie udienze; preliminari, dibattimentali, di fine e inizio messa alla prova; e ho avuto modo così di comprendere il ruolo che le varie figure professionali svolgono all’interno del processo minorile, in particolare il ruolo svolto dall’educatore all’interno dello stesso. Le udienze preliminari si tengono davanti al GUP ( collegio giudicante composto da un magistrato e due giudici onorari), oltre al gup partecipano alle udienze preliminari il pubblico ministero e il difensore dell’imputato. Durante le udienze preliminari il pubblico ministero espone brevemente i fatti e si avvia una discussione, il giudice può concedere il perdono giudiziario quando il reato è associato ad una pena inferiore ai due anni e quando ritiene che il minore si asterrà dal commettere ulteriori reati; oppure può pronunciare con una sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto. 5

Quando non è possibile concludere l’udienza preliminare il giudice rinvia al giudizio il minore che dovrà poi affrontare l’udienza dibattimentale. Le udienze dibattimentali sono udienze più formali rispetto alle udienze preliminari, tutti gli attori coinvolti devono fare uso di un microfono al fine di poter registrare in modo chiaro i loto interventi. Le udienze dibattimentali sono udienze più lunghe rispetto a quelle preliminare e prevedono l’ascolto del ragazzo dopo aver pronunciato una formula di giuramento e se presente anche l’ascolto della vittima, la quale però non può costituirsi come parte civile, non può cioè richiedere un risarcimento e la sua testimonianza sarà usata al fine di una maggiore comprensione del caso. Nel corso del dibattimento, pertanto, la persona offesa viene convocata ed ascoltata nel ruolo di “ testimone”. Alla fine dell’ udienza dibattimentale il giudice pronuncerà la sentenza di condanna. La Sospensione del processo e messa alla prova è stata introdotta con la riforma generale del processo penale del 1988 con l’articolo, grazie a questo istituto giuridico il minore ha la possibilità, in caso la prova si concluda con esito positivo, di estinguere il reato commesso, è applicabile a qualsiasi tipologia di reato, anche per quelli particolarmente gravi e può avere una durata massima di tre anni. La messa alla prova è attivabile sin dalla fase delle indagini preliminari è disposta con un’ ordinanza nel corso dell’udienza e prevede che il minorenne venga messo alla prova sulla base di un progetto educativo predisposto dai servizi minorili e può avere i contenuti più disparati; si può trattare di prescrizioni di fare o di non fare, principalmente che riguardano lo studio o il lavoro, ma anche lo sport, le attività sociali, di volontariato o anche un percorso di mediazione con la vittima. Il ragazzo diviene cosi un “soggetto attivo” a cui è chiesto di rimediare agli errori commessi ed ai danni causati alla società attraverso il suo comportamento errato. Un’atra attività molto significativa del mio tirocinio presso il C.P.A. è stata la visita al centro di mediazione penale dove, non è stato possibile assistere agli incontri tra le parti, questa esperienza è stata però fondamentale in quanto l’equipè ha provveduto ad una spiegazione approfondita di questa attività riportando tal volta alcuni esempi di mediazione. La mediazione penale è un percorso relazionale tra due o più persone per la risoluzione di conflitti che si caratterizzano per la natura penale e si configurano come reato. Il minore arriva al centro di mediazione tramite richiesta del tribunale minorile,la richiesta può avvenire durante ogni fase del processo. Il percorso di mediazione si costituisce come un percorso che svolge diverse funzioni: per la vittima, che nel processo penale minorile non può costituirsi come parte civile (art.10 del D.P.R. 448/88), la mediazione consente di esprimere in un contesto protetto il proprio vissuto personale rispetto all'offesa subìta, di uscire da un ruolo passivo dando voce e visibilità alla propria identità personale. Al minore - autore del reato, la mediazione permette una responsabilizzazione sul danno causato e sulle possibilità di riparazione: la riservatezza dell'incontro e la separazione dal procedimento penale favoriscono l'emersione dei contenuti emotivi legati agli eventi in un contesto relazionale protetto. 6

Il ruolo del mediatore è un ruolo molto complesso che obbliga lo stesso ad assumere un ruolo neutrale di facilitatore della comunicazione oltre che di garante delle regole di interazione verbale. La mediazione può avvenire in maniera diretta, il minore e la vittima che in un colloquio diretto interagiscono al fine di capire l’uno il punto di vista dell’altro, o in maniera indiretta, tramite scambio di lettere curate dal mediatore. L'esito del percorso di mediazione penale si configura come positivo o negativo e viene comunicato al giudice dal mediatore, senza riferire motivazioni specifiche data la riservatezza dell'incontro. Tale opportunità ha una valenza educativa per l'autore del reato. Una delle ultime attività del centro a cui ho partecipato è stata assistere ad un colloquio d’ingresso di un giovane diciassettenne arrestato per una rapina a mano armata. Il colloquio d’ingresso è strutturato in una serie di domande che riguardano la famiglia del minore e le relazioni che esterne che il minore stringe ( amici,fidanzata/o) . Vengono, inoltre, specificate le attività quotidiane che il ragazzo svolge ( scuola,lavoro) insieme ai suoi interessi e ai suoi progetti per il futuro. Queste informazioni verranno inserite nella scheda tecnica. Il colloquio non si presenta come un’ interrogatorio ma come una conversazione tra ragazzo ed educatore al fine di facilitare la comunicazione e di stimolare la collaborazione.

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III. Descrizione dell’utenza Il C.P.A. di Salerno ospita ragazzi dai 14 ai 18 anni di sesso maschile, italiani o stranieri,posti in stato di arresto o di fermo a causa di reati commessi nella città di Salerno o nella sua provincia. I ragazzi provengono da svariati contesti sociali ed hanno diverse esperienze familiari e personali alle spalle, questo comporta la presenza di diversi caratteri e dunque di diverse problematiche che il personale del centro deve affrontare. Tra le problematiche possiamo trovare alcune relative alla tossicodipendenza, che vengono affrontate con la collaborazione dei medici dell’ ASL, altre relative alla condizione psicologica e/o patologica, che verranno affrontate con l’ aiuto di figure quali lo psicologo o lo psichiatra. Altre difficoltà possono sorgere dal carattere irruento o esuberante del giovane che saranno affrontate dall’ educatore nella relazione che istaurerà con lo stesso.

Oltre ai minori arrestati e condotti al c.p.a. gli educatori si occupano anche di ragazzi denunciati “ a piede libero” e sottoposti a messa alla prova. In questi casi il percorso di trattamenti può durare da pochi mesi a più anni. Un caso che meglio descrive quanto detto sopra è il caso di un ragazzo Gabriele che prima, durante e dopo lo svolgimento della messa alla prova ha dovuto affrontare momenti estremamente duri che lo hanno segnato profondamente. Gabriele è un ragazzo adottato che durante la fase adolescenziale ha mostrato segni di conflittualità con i suoi genitori a causa sia del suo carattere che della dinamica problematica della coppia genitoriale dove la madre risulta essere anafettiva, severa e prevaricatrice. Tutto ciò ha fatto sorgere in Gabriele uno stato di ansia costante che lo ha indotto a consumare sostanze stupefacenti. La già problematica situazione familiare è degenerata con la denuncia dei genitori verso il figlio per violenza privata e danneggiamenti. Il giudice ha predisposto per il giovane un periodo di messa alla prova della durata di 10 mesi, durante i quali il giovane doveva essere collocato in una comunità terapeutica e svolgere alcune attività organizzate dalla stessa. Il ragazzo ha partecipato con impegno alle attività del centro. Il punto critico restava comunque la relazione con i genitori che nonostante gli incontri previsti dalla struttura non ha dato segni di miglioramento, fino a raggiungere l’apice di criticità quando i genitori hanno sostenuto di non voler accogliere Gabriele presso l’abitazione di famiglia. L’educatrice insieme agli operatori della comunità ha provato a risaldare la relazione familiare senza successo, all’ennesimo tentativo fallito Gabriele colto da un senso di profondo sconforto ha attuato nei suoi confronti un gesto autolesivo come ultimo disperato tentativo di attirare l’attenzione genitoriale.

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In seguito a questo gesto estremo i genitori hanno reagito per la prima volta secondo modalità differenti; la madre ha colto l’occasione per sottolineare il fallimento del percorso terapeutico e per richiedere per Gabriele la permanenza in comunità, il padre ha, invece, ripreso i rapporti con il figlio e adibito ad abitazione u suo stesso ufficio per offrire al ragazzo un’abitazione. La messa alla prova si è conclusa con esito positivo.

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IV. Svolgimento dell’esperienza svolta La mia esperienza di tirocinio si è svolta in modo lineare e costante; durante il primo incontro ho avuto la possibilità di conoscere le varie figure professionali del centro e il ruolo che svolgono all’interno di esso permettendomi cosi di approfondire la conoscenza dei diversi profili professionali. Nei giorni successivi la principale attività svolta è stata quella di approfondimento delle normative relative al diritto minorile e della scoperta delle attività del centro al fine di rendere un’ambiente, a me quasi estraneo, più familiare. Le lezioni teoriche sono state tenute dal direttore del centro e si sono protratte per alcuni incontri. Il direttore ha spiegato in un primo momento la storia del diritto minorile,dalla sua nascita nell’ottocento attraversando i vari cambiamenti che ha subito, grazie ai mutamenti culturali del ’68, fino ai nostri giorni, in una seconda fase si è concentrato sulle varie normative oggi in vigore per il diritto minorile. Ha, inoltre, parlato della nascita dei vari servizi minorili e dunque della nascita del centro di prima accoglienza e delle funzioni che esso svolge, con una particolare attenzione per la storia del centro di prima accoglienza minorile di Salerno. Il direttore si è infine soffermato sulla spiegazione del processo minorile, sulla composizione del collegio giudicante e sul ruolo che svolgono le figure presenti durante le udienze. In una seconda fase del mio percorso di tirocinio sono stata affiancata da un’educatrice, assegnatami come tutor, con la quale è stato possibile assistere in maniera pratica ad alcune delle attività che il direttore aveva spiegato. Dopo una prima fase di conoscenza reciproca con il tutor sono stata inserita pienamente nelle attività del centro. Una delle prime attività è stata affiancare l’ educatrice in una verifica dello svolgimento di una messa alla prova presso il “ Parco cinque sensi ” di Sarno (SA) ; la conoscenza di un giovane che collaborava con attività di volontariato con il personale del parco al fine di garantire ai visitatori un ambiente pulito e ben curato. Successivamente è stato possibile assistere a svariati processi in fasi diverse; preliminari. dibattimentali, di inizio o di fine messa alla prova. Le udienze seguite sono,poi, sempre state accompagnate da un commento integrativo ed informativo dell’educatrice la quale si accingeva a spiegare punti poco chiari. L’osservazione delle udienze è stata integrata con la lettura dei fascicoli che riguardavano quei ragazzi. il tutor ha cosi colto l’occasione non solo per arricchire la storia del ragazzo di quei dettagli che durante il processo erano stati esposti in modo veloce e poco chiaro, ma anche per spiegare le modalità di stesura di una relazione di un progetto educativo e la struttura di un fascicolo personale. Ho, ancora, affiancato un educatore del centro durante un colloquio d’ingresso di un giovane diciassettenne arrestato insieme a due suoi amici. Il colloquio d’ingresso si è svolto in una stanza del centro, i ragazzi vengono divisi e sentiti singolarmente, non si svolge come un interrogatorio ma più come una conversazione. 10

La modalità del colloquio d’ingresso non è casuale , essa è infatti pensata al fine di garantire una situazione più rilassata e meno formale. L’educatore ha chiesto al giovane delle informazioni riguardo la sua sfera familiare e i suoi affetti esterni alla famiglia, soffermandosi inoltre sulle attività che il giovane svolgeva quotidianamente, sui suoi progetti futuri, sulle sue passioni. Ha poi chiesto al giovane se facesse uso di sostanze stupefacenti. Infine mi ha chiesto se volevo porre al ragazzo qualche domanda, così gli ho chiesto di raccontarmi cosa fosse successo il giorno dell’arresto, il ragazzo dopo aver raccontato della rapina ha ammesso di aver sbagliato e di essersi accorto solo dopo l’arresto della gravità delle azioni commesse anche se queste erano iniziate come un gioco, ha infatti affermato di essere dispiaciuto per se ma anche e soprattutto per il dolore causato a sua madre. Il giovane per tutta la durata del colloquio ha usato una dialettica adatta ai ragazzi della sua età, è sembrato pentito del gesto al punto che mi ha dato l’impressione di essere sul punto di piangere. Nonostante la situazione ho avuto modo di conoscere la sua filosofia di vita basata principalmente su una conoscenza delle cose piacevoli della vita ma allo stesso tempo accompagnato da un grado di pessimismo molto alto sottolineato soprattutto in una frase da lui pronunciata “ so che esiste l’amore che dura per sempre, ma di sicuro non capiterà a me, tutte le cose belle prima o poi finiscono.” Un’altra attività svolta durante il mio perc...


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