Relazione laib organica modello di relazione PDF

Title Relazione laib organica modello di relazione
Course Fondamenti di chimica organica
Institution Politecnico di Torino
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Relazione di Laboratorio di Chimica Organica AA 2012/2013

Simeone Antonio s173187 Baudino Matteo s180879

Indice:  Pag. 1 – Spettroscopia UV\Vis Arancio  Pag. 6 – Polarimetria  Pag. 10 - Iodurazione Acetone : addizione al doppio legame C=O di un Alogeno  Pag. 13 – Tensione superficiale

Spettroscopia UV/V /Vis is Arancio. L'esperimento consta nella determinazione della concentrazione di una soluzione incognita con il metodo della spettroscopia UV/visibile: per poter fare ciò si confronteranno i dati dell’assorbanza, ricavabili dallo spettroUV/vis, delle tre soluzioni preparate con quello della soluzione incognita, in modo da ricavarne la concentrazione estrapolando il dato dal grafico. Come sopra accennato, occorre preparare tre soluzioni a concentrazioni note in un volume totale pari a 100ml, partendo sempre dalla stessa soluzione madre (in questo caso una soluzione di metil arancio arancio?): con uno spettro UV/visibile si determineranno i picchi di assorbanza alle varie concentrazioni note, per poi misurare l’assorbanza a concentrazione incognita e determinare così quest’ultima estrapolando il dato dal grafico assorbanza\concentrazione costruito con i dati in nostro possesso. Il materiale di laboratorio fornito per l'esperimento è il seguente: - Soluzione madre di arancio a concentrazione nota 100 ppm (100 mg/l) contenuta in un matraccio da litro - 3 matracci da 100 ml - Buretta graduata - Pipette graduate - 3 cuvette in PS di spessore 1 cm - 1 spruzzetta di acqua deionizzata

Spettrometro UV/VIS

Buretta

Matraccio

Cuvette

L’esperimento -Fase Iniziale - Preparazione delle 3 so soluzioni. luzioni. La concentrazione delle 3 soluzioni deve essere compresa tra 1 e 20 ppm ; di conseguenza le 3 soluzioni da noi scelte avranno concentrazioni rispettivamente di 5 ppm, 10ppm e 15 ppm. Per prima cosa occorre riempire la buretta con la soluzione madre e riempire un matraccio alla volta, avendo cura di svuotare ogni volta la buretta millimetrata e ricaricarla nuovamente per preparare un nuovo matraccio (in modo da evitare errori di lettura dello strumento). 2

Dopo averle agitate cautamente per ottenere una miscelazione ottimale, servendosi di una pipetta graduata vanno

riempite le 3 cuvette in polistirene a disposizione (di struttura ); in seguito eseguire l’analisi tramite lo spettrometro uv-visibile dellle tre soluzioni nelle cuvette. Ricavare anche lo spettro della soluzione a concentrazione incognita, per poi costruire il grafico assorbanza\concentrazione ed ottenere così il valore della concentrazione incognita.

-F -Fase ase Intermedia- Registrazione Assorbanze tramite S SpettrometropettrometroLo spettrometro, prima di continuare con le misurazioni, è deve essere tarato con una cuvette contenenti acqua deionizzata; cio’ permette allo strumento di avere un punto di riferimento nell’analisi degli spettri. Infatti, il suo funzionamento consiste nell’esaminare la soluzione a concentrazione nota immessa (es: 10ppm di Arancio) e di escludere lo spettro assoggettato all’acqua: in questo modo si ottiene solo lo spettro uv-vis della nostra molecola colorante, isolando le specifiche lunghezze d’onda a cui si hanno i picchi di assorbanza tramite i monocromatografi (viene misurata quanta energia viene assorbita dalla molecola). La lunghezza d’onda alla quale avvengono le analisi è costante, 484 nm (essendo la molecola sempre la stessa, si hanno picchi di assorbanza alle medesime lunghezze d’onda).

Di seguito vengono riportati i dati ottenuti per le 3 soluzioni e la soluzione incognita:

Concentrazione Soluzione (ppm) 5 10 15 Incognita

Assorbanza a 484 nm 0,272 0,418 0,739 0,613

-Fase Finale: Utilizzo Legge di LambertLambert-Beer Beer per determinazione della Concentrazione Inco Incognita gnita – L’esperimento è governato dalla Legge di Lambert-Beer Lambert-Beer, la quale mette in correlazione l’assorbanza della soluzione con il coefficente di Estinzione Molare, il cammino ottico (ovvero lo spessore del portacampione, 1 cm) e la concentrazione; dove si ricorda che l’assorbanza rappresenta il log10 del rapporto tra l’intensità incidente la cuvette, e l’intensità trasmessa attraverso la cuvette.

A=αbC 3

A = assorbanza ; α = coeff. Estinzione molare la (misurato in M-1·cm-1 , è relativo al solvente, alla lunghezza d'onda utilizzata e dalla specie chimica che dà l'assorbimento; non è in funzione della temperatura.) ; b = cammino ottico (misurato in cm, è lo spessore del campione attraversato dalla radiazione) ; C = concentrazione (della soluzione, misurata in mol\l o ppm).

Osservazioni e conclu conclusioni sioni Il coefficiente angolare della retta interpolata (0.0473) ai dati rappresenta il coefficiente di estinzione molare, con il quale, avendo misurato l’assorbanza della soluzione incognita, possiamo ricavare la concentrazione con l’equazione di Lambert – Beer:

C = A \ (α b) = 0.613 \ (0.0473 * 1) = 12.96 ppm Il dato da noi ottenuto è coerente con quello estrapolato dal grafico.

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Schema tratto da http://www.chimica-online.it/download/legge-di-lambert-beer.htm

Data una radiazione monocromatica di intensità I0 che colpisce la soluzione contenuta nella cuvetta, si avrà una radiazione uscente di intensità I: di conseguenza, l’intensità della radiazione assorbita dalla soluzione avrà un valore pari a I0-I. La variabile trasmittanza è pari a I0\I e da essa si ricava il valore dell’assorbanza:

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Polarime Polarimetria tria . La polarimetria è una tecnica analitica sperimentale che indaga il cambiamento di direzione del piano di vibrazione della luce linearmente polarizzata durante il suo passaggio attraverso uno strato trasparente di una sostanza anisotropa (ovvero che presenta caratteristiche fisiche diverse in tutte le direzioni). Il potere rotatorio di una sostanza, indicato con il simbolo [], è una proprietà dei composti che presentano attività ottica: esso rappresenta la rotazione in gradi provocata da un grammo di sostanza sciolto in 100 ml di soluzione, posta in un tubo polarimetrico (dalla lunghezza standard di 1 dm, ma le misure possono variare e con esse le relazioni che intercorrono fra le grandezze); esso dipende dalla temperatura e dalla lunghezza d’onda utilizzata;

si indica con: Per ottenere la luce polarizzata occorre far passare la luce ordinaria attraverso un filtro polarizzatore ottico, per avere una radiazione luminosa che vibra su di un unico piano, escludendo tutte le altre. L’analisi ottica per individuare la diversa attività di una coppia chirale viene effettuata tramite l’utilizzo di onde elettromagnetiche che vibrano in tutti i piano perpendicolari alla direzione di propagazione. In questo caso la nostra analisi sarà volta all’acido tartarico e il glucosio. Si definisce attività ottica la capacità di un composto di ruotare il piano di vibrazione della luce linearmente polarizzata, in una direzione o nell’altra: un esempio di molecole attive otticamente sono gli enantiomeri, ovvero due molecole con struttura speculare. Nella nostra esperienza utilizzeremo due sostanze che presentano rispettivamente due enantiomeri: il glucosio e l’acido tartarico.

La radiazione luminosa proveniente dalla sorgente viene polarizzata da un filtro polarizzatore, per poi passare attraverso la soluzione in esame contenuta nel porta campione: si avrà un raggio risultante che verrà catturato da un analizzatore (un secondo filtro polarizzatore), che potrà essere regolato tramite una scala graduata dotata di 6

supporto rotante. Per la nostra attività è necessario l’uso di un polarimetro, ovvero uno strumento in grado di misurare il potere rotatorio di sostanze otticamente attive. Alla base del meccanismo che regola il suo funzionamento vi un materiale anisotropo (ovvero una sostanza le cui caratteristiche dipendono dalla direzione lungo la quale vengono considerate) che, grazie al fenomeno della birifrangenza, è in grado di polarizzare la luce.

Fenomeno della birifrangenza: Un raggio di luce attraversa il mezzo anisotropo, si sdoppia in due raggi polarizzati perpendicolarmente tra di loro.

Il Polarimetro è rappresentato come segue :

7

Le molecole interferiranno con la radiazione D al sodio emessa dalla sorgente ruotando il piano di propagazione della radiazione, in relazione alla loro attività ottica. Inizialmente il polarimetro deve essere tarato, e per fare cio’ il porta campione viene riempito con il solvente delle due soluzioni da analizzare, acqua deionizzata; in seguito viene ruotato il filtro polarizzatore finchè non si osserva tramite cannocchiale un campo di visione oscuro (coincidente in questo caso con 90°). Come prima accennato, è fondamentale nella nostra analisi il POTERE ROTATORIO SPECI SPECIFICO FICO [[α]], ovvero la rotazione osservata quando una radiazione polarizzata di lunghezza d’onda λ attraversa una soluzione del composto in esame. Il potere rotatorio specifico dunque dipenderà dalla rotazione del piano osservata dal polarimetro (α oss), dalla lunghezza del porta campione (l, ovvero il cammino ottico) e dalla concentrazione della soluzione in esame (c).

L’esperimento Il materiale necessario per l’esperienza è il seguente: -Soluzione di Acido tartarico 0,5 g/ml; -Soluzione di Glucosio 0,25 g/ml; -Polarimetro con contenitore per le soluzioni di 19.4 cm (montato come nello schema); -Spatoline; -Agitatore; -Ancoretta magnetica; -Spruzzetta con acqua deionizzata; -Becher da 100 ml. Prima di iniziare le misurazioni, occorre tarare lo strumento: 1. Porre i goniometri sullo 0; 2. Il goniometro più lontano dall’osservatore serve a fare lo zero, l’altro va ruotato per trovare l’angolo dove non passa la luce: ruotarlo finché non si osservano più raggi luminosi (il secondo goniometro serve solo a tarare, muovere il primo per le misure successive); 3. Misurare l’angolo muovendo il goniometro senza le soluzioni per trovare il punto esatto di buio. Dopo aver eseguito la taratura della strumentazione, riempire il porta-campione con la soluzione di acido tartarico senza modificare la rotazione tarata con il filtro polarizzatore: ruotare il filtro analizzatore finchè non viene ristabilito il buio nel campo di visione e misurare il nuovo angolo. Ripetere lo stesso procedimento per la seconda soluzione, di glucosio.

Per avere una maggiore precisione nei dati, ripetere le misurazioni più volte con operatori diversi e calcolare la media dei dati rilevati (sempre con lo stesso strumento per non cambiare il cammino ottico). 8

Rotazione osservata glucosio

20°

22°

21 °

MEDIA: 21° destrogiro

Rotazione osservata acido tartarico







MEDIA: 7° destrogiro

Osservazioni e conclu conclusioni: sioni: Per convenzione, le sostanze che ruotano verso destra il piano della luce polarizzata sono dette destrogire, al contrario, se lo ruotano verso sinistra sono dette levogire. Ora è possibile calcolare il Potere rotatorio specifico con i dati in nostro possesso.

°

Dobbiamo osservare che in realtà dei riflessi colorati si vedono sempre nel trovare l’angolo con meno luce; inoltre ogni elemento del gruppo ha riportato dati leggermente differenti: tutto questo ha potuto causare dei lievi errori sperimentali.

Iodurazione Acetone : addizione al doppio legame C=O ddii un Alogeno. Si tratta di un’addizione nucleofila al carbonio del doppio legame chetonico in presenza di acqua e di acido: l’attacco primario che avviene è di tipo elettrofilo, ovvero un’addizione del protone sull’ossigeno chetonico (protonazione dell’acetone, (1) ). 9

Tale attacco rende l’acetone molto più suscettibile all’addizione successiva dello ione carico negativamente. Nella fase intermedia la carica positiva acquistata dall’ossigeno dell’acetone viene espulsa per risonanza (isomerizzazione cheto-enolica, (2) ); infine, avviene l’attacco nucleofilo da parte dello iodio (addizione dello iodio al doppio legame, (3) ), il quale comporterà un’effetto visivo particolare, ovvero la transizione da un colore arancio mediamente marcato all’assenza totale di colore; cio’ è indice della completata iodutazione dell’acetone.

Il rate determinig step, ovvero lo stadio più lento della reazione, che ne determina pertanto la velocità complessiva, è il secondo (come indicato in figura): poichè tale reazione risulta essere lenta, è necessario l’utilizzo di una piastra riscaldante per favorire la cinetica della reazione aumentando la temperatura.

Materiale di laboratorio a disposizione: 

Acetone (C3H6O) 4 M

    

HCl 1 M Soluzione di Iodio 0.0025 M Una spruzzetta di acqua deionizzata Cilindri graduati da 100 ml Becher da 100 ml  

Una bacchetta di vetro Piastra elettrica

Fase Iniziale dell’esperienza : preparazione soluzione. Preparare, servendosi del becher e dei cilindri graduati, una soluzione contenente 10 ml di acetone 4M, 5 ml di soluzione di iodio 0,0025M 10

e 20ml di acqua deionizzata, mescolando il tutto con la bacchetta di vetro. Si osservi come non si evince nessuna variazione nella colorazione della soluzione. Come abbiamo detto prima, non essendo stato aggiunto ancora l’acido cloridrico che funge da catalizzatore, e non avendo neanche utilizzato la piastra per favorirne la cinetica, non abbiamo risultati immediati ed apprezzabili.

Fase Finale dell’esperienza: addizione HCl e aumento d della ella T. Ora aggiungiamo 10ml di HCl 1M che fungerà da catalizzatore della reazione, favorendo l’equilibrio della reazione intermedia e finale verso destra, ovvero favorendo la iodurazione. Dalle foto fatte in laboratorio l’effetto finale della iodurazione è ben visibile. Per aumentare notevolmente la velocità della reazione è possibile scaldare la soluzione su di una piastra, aumentando l’energia interna al sistema.

Domande conclusive: Quante moli di Acetone e Iodio vengono rispettivamente impiegate? Quante moli di prodotto si ottengono e come si chiama il prodotto ottenuto?

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-3

-3

-5

Si hanno rispettivamente 4*10 moli di acetone, 1*10 moli di acido cloridrico e 1,25*10 moli di Iodio; osservando la reazione si puo’ affermare che al termine dell’esperimento tutte le moli di Iodio hanno reagito con un egual numero di moli di Acetone. Si osservi che il rapporto stechiometrico della reazione è di 1:1, pertanto 39,875 * 10

-3

moli di Acetone non

prenderanno parte alla reazione. -5

Il prodotto ottenuto è l’ 1-Iodio-propan-2-one in quantità pari a 1,25*10 moli.

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Tensione superficiale

La tensione superficiale è una tensione che si genera lungo la superficie di separazione (interfaccia) tra un fluido e un materiale di un'altra natura, ad esempio un solido, un liquido o un gas. Se si analizza il fenomeno da un punto di vista energetico, essa rappresenta il lavoro necessario per aumentare la superficie del liquido di un’unità. (da Wikipedia.it) Questa grandezza è legata alle forze di coesione tra le molecole dell’interfaccia: esse si trovano in uno stato tensionato perchè non sono completamente circondate da altre molecole (che presenterebbero legami secondari con le prime), ovvero la risultante delle forze attrattive su di esse è diversa da zero.

Risultante su ciascuna molecola dell’interfaccia

Tratto da: ESPERIMENTI SU FENOMENI DI SUPERFICIE E COLLOIDI, Giorgio Carboni, Febbraio 2002

Questa discrepanza fra le molecole interne e quelle esterne si traduce in una differenza di energia: le seconde saranno ad un livello energetico superiore e per aumentarne il numero (ovvero per aumentare la superficie esterna di un liquido) sarà necessario fornire un lavoro al sistema.

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Per definizione la tensione τ (coefficiente di tensione superficiale) – misurata in J/m2 - è data dal rapporto fra la forza F applicata in modo perpendicolare al tratto l giacente sulla superficie di separazione:

τ = F \ L I fattori che influenzano la tensione superficiale sono diversi, fra cui il tipo di legami che intercorrono fra le molecole del sistema, la pressione e la temperatura (la tensione superficiale è inversamente proporzionale alla temperatura).

L’influenza dei tensioattivi sulla tensione superficia superficiale le Le molecole di tensioattivo, solitamente sono formate da una testa e da una coda – la prima idrofila e la seconda idrofoba. L’utilizzo di tensioattivi è finalizzato a ridurre la tensione superficiale della soluzione in cui sono disciolti: questo può accadere perchè le molecole di tensioattivo si dispongono sull’interfaccia del sistema rivolte con la testa verso l’interno – dove è presente l’acqua – e la coda all’esterno. In questo modo, la distanza fra le molecole dell’interfaccia aumenta e si ha una minor coesione della superficie del liquido.

Tratto da: http://dm.unife.it

Sperimentalmente si osserva la presenza di aggregati, detti micelle, formati dalla molecole del tensioattivo. Queste micelle assumono conformazioni generalmente di tipo sferico, dentro cui inglobano molecole apolari: la struttura delle micelle sferiche è costituita da un guscio con al centro rivolte le code, che possono contenere la molecola come esse apolare, ed all’esterno le teste, che possono andare in soluzione nell’acqua. La micellizzazione, infine, è un fenomeno che si ottiene con una determinata quantità di tensioattivo – e quindi di micelle 14

– ovvero una volta raggiunta la concentrazione critica micellare (c.m.c.): da questo punto in poi si ottiene un sistema ad energia minore in quanto l'aggregazione delle molecole di tensioattivo causa una diminuzione dell’interfaccia.

Disegni e grafico tratti da: http://www.galenotech.org

Nella figura a lato è schematizzata la superficie di interfaccia di un sistema contenente acqua e sapone (con la coda alchilica –R). Questi sali – saponi - aventi catene alchiliche più lunghe di otto atomi di carbonio mostrano un doppio possibile comportamento in acqua, dovuto alla presenza di entrambe regioni idrofile (CO2) che idrofobe (alchile). Da ciò deriva la denominazione di molecole anfofile (dal greco: anphi = entrambi). I saponi con molti atomo di carbonio sono praticamente insolubili in acqua e sono meno densi: di conseguenza galleggiano sull’interfaccia. La maggior parte dei saponi sono sali dei metalli alcalini (in genere sodio o potassio) degli acidi grassi.

Immagini e spiegazione tratti da http://organicavirtuale.altervista.org

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Esecuzione dell’esperienza Nell’esperienza misureremo la tensione superficiale di tre sistemi: 1. Acqua di rubinetto -

+

2. Acqua con sapone SDS (sodio dodecil solfato C12H25SO4 Na , dal peso molecolare PM = 288.39 g /mol) -3

con concentrazione 5 * 10 M 3. Acqua deionizzata Per effettuare le misure ci serviremo di un tensiometro tensiometro, strumento con alla base del funzionamento un anello metallico molto sottile di platino-iridio appeso ad una bilancia e sostenuto in orizzontale da due tiranti, agganciati simmetricamente agli estremi del diametro e confluenti in un punto di attacco.

TENSIOMETRO KRUSS K6

1. 2. 3. 4. 5. 6.

Disco con scala angolare che misura in mN/m Manopola rotante sul disco per determinare la misura sul nonio Manopola per mettere in bolla lo strumento Livello della bolla Manopola di regolazione sotto il piattello per avviare la misura Becker di vetro porta-campione con l’anello di platino iridio appeso alla bilancia 16

7. Indicatore di equilibrio 8. Manopola godronata per azzeramento bilancia 9. Bilancia analitica 10. Manopola per alzare o abbassare il piattello 11. Piattello regolabile 12. Manopola per fissaggio piattello

Mo...


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