Relazione disabilità e Pcto PDF

Title Relazione disabilità e Pcto
Author Gigliola Taschini
Course Pedagogia speciale 1
Institution Università degli Studi di Bergamo
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Università degli Studi di Bergamo Corso di formazione per il conseguimento della Specializzazione per le attività di sostegno

Insegnamento: pedagogia e didattica speciale della disabilità intellettiva e dei disturbi generalizzati dello sviluppo. Docente: Giovanni Simoneschi Specializzanda Gigliola Taschini

matricola: 1029635

PCTO: l’Alternanza Scuola-Lavoro come soluzione formativa efficace per studenti con disabilità. “Porre in situazione è l’essenza di ogni educazione e di ogni apprendimento” (Karl Jasper)

La prima finalità dell’inclusione scolastica è accompagnare la persona con disabilità lungo il proprio percorso formativo affinché possa inserirsi nella società come cittadino attivo. Pertanto, accanto alla programmazione didattica individualizzata secondo le esigenze dell’allievo con disabilità, risultano efficaci anche i progetti di Alternanza scuola-lavoro, attualmente rinominata con l’acronimo PCTO nella Legge di Bilancio 2019; questi rappresentano uno strumento e un’esperienza utile allo studente per l’ingresso in una dimensione della vita adulta, ovvero quella lavorativa: un simile passaggio significa l’emancipazione dalla famiglia e dall’adolescenza verso una vita eteronoma ed indipendente. Per gli obiettivi rivolti alla vita adulta del soggetto con disabilità, all’interno del vigente approccio bio-psico-sociale, si pone enfasi sull’area della partecipazione sociale, considerando diversi ambiti di sviluppo:  acquisizione dell’imparare a lavorare 

gestione del tempo libero



gestione dell’autonomia



gestione e mantenimento di una rete di supporto sociale



competenze affettive



competenze per realizzare una propria vita familiare.

Un individuo diviene adulto quando: 

acquisisce autonomia e stabilità della propria identità



acquisisce le capacità progettuali



gestisce autonomamente il proprio tempo



elabora un percorso affettivo.

La scuola secondaria di secondo grado è la fase conclusiva del percorso formativo per molti studenti con disabilità e quindi si rende necessario preparare il ragazzo aa affrontare la vita adulta e l’integrazione sociale: si giunge a questo scopo creando una rete di sostegno coinvolgendo le strutture presenti nel territorio. Perciò l’individuazione di un contesto lavorativo è un aspetto fondamentale su cui l’istituzione scolastica deve agire: il lavoro non è solamente un insieme di routine psicomotorie bensì una complessa attività relazionale basata sul ruolo, come sostenuto dalla dottoressa Laura Colaberti, educatrice professionale presso il CTS di Cremona. Nell’ambito di un convegno nazionale, tenutosi a Roma il 21 maggio 2018, Marino Lupi, Presidente dell’Associazione Autismo Toscana, presentando la Guida operativa dell’Alternanza ScuolaLavoro, è intervenuto riferendosi al Manifesto per la vita libera delle persone con disturbi mentali e disabilità intellettiva contro il rischio di una nuova istituzionalizzazione. Lupi, in questa sede, riprende alcuni capitoli del Manifesto quali “La vita è uguale per tutti” in cui si afferma che le persone affette da disabilità intellettiva hanno il diritto di avere le stesse opportunità di tutti gli altri cittadini, rispettando le proprie libertà ed autodeterminazioni. Per garantire ciò, è necessario “offrire una visione positiva della persona con disabilità intellettiva” (Manifesto per la vita libera delle persone con disturbi mentali e disabilità intellettiva) senza, quindi, considerarla semplicemente come oggetto di cura e di tutela. Si garantisce così anche l’applicazione dell’articolo 3 della Costituzione italiana; similmente anche la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006 riconosce l’importanza dell’autonomia, dell’indipendenza individuale e della libertà di compiere proprie scelte. Il Manifesto evidenzia inoltre il diritto di lavorare anche per i disabili, riprendendo qui l’articolo dedicato dalla Convenzione ONU e ribadendo che essi hanno il diritto di “potersi mantenere attraverso un lavoro liberamente scelto o accettato, in un mercato del lavoro e in un ambiente lavorativo aperto che favorisca l’inclusione” (Manifesto per la vita libera delle persone con disturbi mentali e disabilità intellettiva). A tal fine si persegue l’obiettivo “la persona giusta al posto giusto”: si predispone un percorso educativo in modo da sviluppare le potenzialità e le abilità del soggetto, valorizzando i suoi desideri e le sue aspettative. In questa visione gli uomini e le donne, lavorando, trovano il proprio posto all’interno della comunità vivendo pienamente la vita. Così si elicita la capacità di autodeterminazione degli individui con disabilità: attraverso un

adeguato supporto, essi possono orientare le proprie decisioni relative alla propria vita come “agenti causali primari” (L. Cottini, L’autodeterminazione delle persone con disabilità. Percorsi educativi per svilupparla). L’autodeterminazione deve essere considerata nei percorsi didattici e riabilitativi per tutto il ciclo di vita della persona con disabilità così che possa essere accompagnata ad assumere ruoli tipici dell’età adulta: i risvolti della disabilità possono influenzare il grado di queste competenze ma si deve lavorare affinché il soggetto acquisisca buoni livelli di autodeterminazione. Risultano molto importanti, a tal fine, le esperienze organizzate per l’apprendimento, la pratica e il perfezionamento delle abilità sottese a questa competenza. Di conseguenza, l’acquisizione della capacità di autodeterminarsi influisce, anche per disabilità più o meno grave, sulla propria qualità della vita. In questo senso, un dispositivo utile da inserire nella programmazione educativa affinché l’alunno con disabilità possa esercitare e migliorare le componenti dell’autodeterminazione quali l’autonomia, l’autoregolazione, l’empowerment psicologico (livello di autoefficacia delle azioni) e l’autorealizzazione, è l’attività lavorativa che gli consente di sperimentare se stesso in interazione con adulti, caratterizzato da relazioni e da agiti aventi regole diverse rispetto a quelle presenti a scuola. Uno degli aspetti più importanti di questa strategia educativa è la riflessione sul proprio futuro da parte dello studente, sostenuto dalla famiglia e dagli operatori che, attraverso il rispecchiamento, gli consentano la consapevolezza della potenziale entità della sua vita autonoma. Il lavoro, quindi, è l’attività per eccellenza che permette di rendere la vita dignitosa anche alle persone più fragili: non ci si riferisce a qualsiasi attività di terapia occupazionale (ergoterapia) , laboratoriale o ricreativa ma ad un’attività lavorativa retribuita che possa permettere a queste di avere un ruolo nella società e di mantenersi. Simili esperienze lavorative possono elicitare abilità nuove ed inaspettate nel soggetto e contemporaneamente favoriscono, sul piano relazionale, l’ampliamento degli affetti e degli scambi interpersonali: ognuno trova il proprio ruolo nella comunità in cui vive nonostante le proprie difficoltà, possibilità e con il proprio modo di essere. Gli anni della scuola secondaria di secondo grado rappresentano un periodo di massima potenzialità sia da un punto di vista educativo che abilitativo in quanto allo studente con disabilità sono garantite diverse forme di tutela come l’assistenza e il sostegno scolastici, la presa in carico da parte dei servizi sanitari, le numerose opportunità di partecipazione alla vita sociale comunitaria e la programmazione di percorsi di alternanza scuola-lavoro: tutto ciò permette di creare le condizioni affinché, terminato il percorso scolastico, egli sia aiutato ad individuare soluzioni soddisfacenti di occupazione e di organizzazione della propria vita. Pertanto il Piano Educativo Individualizzato deve essere strutturato in modo tale da lavorare sull’acquisizione e sull’implementazione delle competenze necessarie alla vita fuori dal sistema di

istruzione: i programmi didattici, con le relative metodologie, le attività laboratoriali, i progetti di alternanza scuola lavoro e, in generale, tutte le attività afferenti sono gli strumenti e i mezzi necessari per realizzare il progetto di vita dell’allievo con disabilità. La scuola secondaria di secondo grado rappresenta per tutti gli adolescenti ma soprattutto per i disabili, il contesto entro ideale per conoscere e valorizzare i propri talenti , i propri limiti e le proprie risorse così da orientare il futuro attraverso il potenziamento delle conoscenze, delle abilità personali e sociali verso il conseguimento di competenze precise e certificabili. L’istituzione scolastica perciò ha un ruolo fondamentale: predispone con i ragazzi e per i ragazzi la strada verso la maturità e la vita adulta. Seguendo questa linea d’azione, l’allievo disabile si spoglia delle etichette diagnostiche ricevute dalla diagnosi funzionale: si considerano le sue capacità residue, le sue attitudini, le sue predisposizioni e i suoi adattamenti alla disabilità delineando i percorsi formativi, sia interni che esterni alla scuola, gli strumenti, le strategie e le modalità per predisporre ambienti di apprendimento attenti alla dimensione della relazione, della socializzazione, della comunicazione e delle autonomie. Per questi motivi si rende necessaria una personalizzazione del progetto di vita, focalizzando l’attenzione sulle competenze del ragazzo per stilare un percorso di alternanza scuola lavoro (PCTO) che lo condurrà a maturare competenze lavorative indispensabili per il proprio percorso di vita autonomo: in questo modo non è più solo uno studente con bisogni specifici bensì una persona e un cittadino con determinate capacità, attitudini, desideri. L’Alternanza scuola lavoro è definita nella Legge 53/2003 come “modalità di realizzazione del percorso formativo progettata, attuata e valutata dall’istituzione scolastica e formativa in collaborazione con le imprese, con le rispettive associazioni di rappresentanza e con la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura che assicuri ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro”. L’obiettivo è quindi l’utilizzo di questo dispositivo come modalità formativa che considera i bisogni individuali e gli stili cognitivi specifici di ogni allievo: essa risulta un valore aggiunto alla didattica che, attraverso la pratica, agisce sull’apprendimento. Data la rilevanza della metodologia didattica delineata, è importante programmarla con particolare attenzione evitando di tradurla in un semplice e sterile addestramento lavorativo: essa mira a “favorire la crescita e la valorizzazione della persona, rispettando i ritmi dell’età evolutiva, l’identità e le differenze di ciascuno studente” (M. Sardo, Scuola e lavoro: prospettive dell’ alternanza scuola-lavoro, in Progetto “I Care: uno sguardo oltre la scuola”) all’interno di una cornice cooperativa tra scuola, famiglia e territorio. Sottesi a questo percorso ci sono i processi di negoziazione e di responsabilizzazione e pertanto deve essere un’opportunità di libera scelta per tutti, evitando di adottare una logica di scarto secondo la quale

essa è da riservarsi solo agli studenti con difficoltà più o meno gravi sui piani cognitivi, motori e relazionali. Questo dispositivo è una risposta alle indicazioni della Legge 53/2003, volta ad assicurare a tutti pari opportunità di raggiungere alti livelli culturali, sviluppare capacità e abilità personali seguendo la logica dei piani di studio personalizzati, intendendo valorizzare il percorso personale di ogni studente. Già da questi anni, quindi, si avverte l’esigenza di abbandonare un modello didattico volto all’uniformità delle prestazioni e degli apprendimenti individuati a priori dai docenti e di attuare una programmazione individualizzata, entro i vincoli nazionali, la cui responsabilità progettuale resta della scuola e dei docenti che predispongono piani di studio operanti “dal particolare personale al generale culturale” (L. 53/2003 e relativi decreti attuativi). In questo nuovo ripensamento della didattica, l’apprendimento è inteso come una libera rielaborazione personale, originale e creativa delle conoscenze e delle abilità offerte dall’insegnante, entro il processo di manifestazione ed applicazione delle proprie competenze. La scuola e i programmi didattici sono ora gli strumenti per il pieno sviluppo della persona umana (Costituzione, art. 3, comma 2); sviluppo definito attraverso l’acquisizione delle competenze di cittadinanza: pensiero critico, relazione con l’altro, cooperazione, azione basata su valori di libertà, giustizia ed uguaglianza, riflessione sul significato di se stessi all’interno del proprio contesto di vita. In questa innovativa impostazione scolastica, risulta centrale il concetto di “persona umana”: esso ha determinato la prospettiva personalista dell’educazione, sorreggendo quindi anche i contenuti della L. 53/2003 e dei decreti attuativi successivi. L’istituzione scolastica persegue lo scopo di offrire a ciascuno ciò di cui ha bisogno per svilupparsi come persona, attraverso la differenziazione delle proposte didattiche. L’alternanza scuola-lavoro è il metodo formativo in cui si agiscono intenzionalmente le conoscenze e le abilità per raggiungere l’acquisizione delle competenze; queste, maturate per imitazione ed esperienza, sono oggetto di analisi critica per approfondire le conoscenze e le abilità che le sostengono. Per questo motivo, scuola e lavoro non sono contesti a sé stanti. G. Bertagna sostiene infatti che in Italia si è sedimentata la teoria scolastica da una parte e la pratica extrascolastica dall’altra, senza considerare che i processi di apprendimento sono significativi ed efficaci solo in seguito all’integrazione della conoscenza del contesto, dell’ambiente e della società in cui si vive. È pertanto necessario che l’attività (manuale o intellettuale) entri nel processo formativo ed educativo di ogni individuo : techne e theoria non devono essere distinti (G. Bertagna, Avvio alla riflessione pedagogica, La Scuola, Brescia, 2000). L’articolo 1 della Costituzione asservisce che la Repubblica è fondata sul lavoro e pertanto la scuola, nel ruolo di prima agenzia formativa formale, non può esimersi dal valorizzare la funzione educativa del lavoro in quanto il suo fine ultimo dichiarato è lo sviluppo di un individuo e cittadino

in grado di inserirsi nel tessuto sociale, acquisendo autonomia e indipendenza attraverso l’inserimento nel mercato del lavoro, inteso come posto occupazionale che come costruzione di un profilo professionale sempre più specialistico: tutto ciò in un’ottica di uguaglianza, è valido anche per le persone con disabilità. Questi percorsi di alternanza scuola-lavoro prevedono, al termine, la valutazione per certificare le competenze acquisite dello studente così da valorizzarne le potenzialità: per l’alunno con disabilità ciò ha molta importanza ai fini del progetto di vita e dell’occupabilità. In Italia, l’apparato normativo riferito all’inclusione degli studenti con disabilità nei percorsi di alternanza scuola-lavoro è abbastanza corposo e solido. Il primo riferimento è la Legge quadro n. 104 per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate nella quale si legge uno specifico riferimento all’ambito educativo e scolastico negli articoli 12, 13 e 14 mentre negli articoli 17, 18 e 19 si ha un rimando al contesto lavorativo ed occupazionale. Specificatamente all’interno di quest’ultimo ambito, nel 1997 è stata promulgata la Legge 197, indicante le “norme in materia di promozione dell’occupazione”: agli articoli 17 e 18 si fa esplicito riferimento all’integrazione del sistema scolastico con il mondo del lavoro e della realizzazione di momenti di alternanza tra studio e lavoro in modo da agevolare le scelte professionali e l’orientamento a seguito della conoscenza diretta del contesto lavorativo. Oltre alla suddetta Legge 28 marzo 2003 n. 53 definente le norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, in anni successivi sono stati emanati diversi documenti tra i quali il D. Lgs 15 aprile 2005 n. 77, in cui si definiscono le norme relative all’alternanza scuolalavoro e il D. Lgs 17 ottobre 2005 n. 226 in cui si delineano le norme generali e i livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione. Parallelamente sono state pubblicate leggi specifiche in materia di ordinamento delle politiche del lavoro come la Legge delega 10 dicembre 2014 n. 183 inerente agli ammortizzatori sociali, ai servizi per il lavoro e al riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e il D. Lgs. 15 giugno 2015 n. 81 che norma i contratti di lavoro. Maggiormente attinenti all’ambito degli attuali Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento, si evidenziano la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro e il Decreto interministeriale 3 novembre 2015 n. 195 nel quale sono specificate le modalità di applicazione della normativa per la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro agli studenti in regime di alternanza.

Accanto a tale apparato normativo, si considerano anche le emanazioni ufficiali relative all’inclusione e all’accoglienza delle persone con disabilità: 

Legge 3 marzo 2009 n. 18, ratifica della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006,



Intesa tra Stato, Regioni ed Enti locali riferita alle modalità ed ai criteri per l’accoglienza scolastica e la presa in carico dell’alunno con disabilità.

All’interno del progetto “I Care: uno sguardo oltre la scuola”, volto a favorire un efficace orientamento lavorativo per gli alunni con disabilità, Carlo Lepri, supervisore nel settore dei servizi socio-sanitari pubblici e privati e docente presso l’Università di Genova, si sofferma sul tema dell’esperienza lavorativa nel processo di formazione e di maturazione delle persone con disabilità. Fa pertanto riferimento ad un contributo letterario di Primo Levi, inserito nel libro La chiave a stella, edito da Einaudi: “ se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio per pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”. Lepri, riconoscendo nel lavoro molta ambiguità ed incertezza soprattutto nello scenario contemporaneo, considera tale attività centrale nella vita di ogni singolo individuo: è un’esperienza- scrive- a cui si è preparati e a cui ci si prepara, ricca di coinvolgimenti emotivi. L’autore analizza i significati assunti dal lavoro in ordine al senso esplicito, legato al sostentamento economico ed a quello implicito, riferito ad aspetti psico-sociali ed identitari. Il lavoro quindi è un’importante cornice di senso entro la quale il soggetto attribuisce significato a sé e agli altri: questo è valido anche per gli individui con disabilità; per questo motivo la scuola deve investire nei progetti di PCTO e , a lungo termine, al posizionamento lavorativo degli studenti. Il macro obiettivo dell’istituzione scolastica è la conduzione degli individui verso l’età adulta, utilizzando mezzi come le discipline, le uscite didattiche, lo sport, l’Alternanza scuola-lavoro; quest’ultima permette di sperimentarsi nella situazione, confrontandosi con i propri limiti e capacità. Al termine del quinquennio di istruzione superiore, si ha un vuoto normativo riguardo alla gestione e all’organizzazione del tempo degli studenti disabili: è importante, perciò, accompagnarli e supportarli nella costruzione della propria identità e nella consapevolezza della propria autodeterminazione in modo da facilitare l’integrazione sociale. Il Consiglio di Classe, durante la frequenza scolastica, dovrebbe predisporre progetti sia di alternanza scuola lavoro che formativa (G. Bertagna, Condizioni pedagogiche per non dimezzare il significato dell’alternanza formativa e dell’alternanza scuola-lavoro)per un duplice obiettivo: guidare si...


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