Spiegazione e parafrasi di \"Alla Luna\" Leopardi PDF

Title Spiegazione e parafrasi di \"Alla Luna\" Leopardi
Course Letteratura italiana
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Spiegazione e parafrasi di "Alla Luna" Leopardi...


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VOLUME 2 Il Neoclassicismo e il Romanticismo

I classici • Giacomo Leopardi Canti, Il tramonto della luna

Giacomo Leopardi Il tramonto della luna Opera: Canti, XXXIII Punti chiave:

Metro: canzone libera

Il fuggire della giovinezza La vecchiaia peggiore della morte L’autocitazione programmatica

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vono essere datate al 1836 per i riferimenti paesistico-temporali in esse contenuti: Leopardi si trovava a Villa Ferrigni, alle pendici del Vesuvio, con Ranieri e la sorella Paolina. Più precisamente, il Tramonto è da assegnare all’estate del 1836 (Marti, Dotti). Nell’autografo della poesia gli ultimi sei versi risultano di mano di Ranieri, cosa che ha destato qualche perplessità sulla loro autenticità, ma la critica concorda sulla originalità del testo leopardiano.

ome la Ginestra, anche il Tramonto della luna venne pubblicata da Ranieri nel 1845, seguendo molto probabilmente le disposizioni del poeta. Leopardi infatti sperava di aggiungere alcuni pezzi inediti alle sue poesie già pubblicate nella vagheggiata edizione parigina – come scrisse all’amico De Sinner il 2 marzo 1837 – cioè proprio la Ginestra e il Tramonto della luna, che a quella data risultano già composti. Entrambe le poesie de-

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Schema metrico: canzone libera di quattro strofe, di versi endecasillabi e settenari con rime e rime al mezzo. 1-12. Quale… scende la luna: inizia qui una comparazione fra il tramonto della luna, che scomparendo lascia il mondo buio, e la giovinezza che abbandona la vita, lasciandola oscura. Questa comparazione si conclude molti versi dopo, nella seconda strofa (v. 1: Quale ...; v. 20: tal...). Quale (v. 1) si lega a scende la luna (v. 12). Costruisci così: Come (Quale ) in una notte solitaria (solinga) sopra campagne e acque argentate, là dove Zefiro soffia, e le ombre lontane simulano (fingono) mille apparenze (aspetti ) vaghe e oggetti irreali (ingannevoli) tra acque tranquille, rami, siepi, colline e ville, dietro gli Appennini, le Alpi, o nell’infinito golfo del Tirreno, tramonta la luna. L’indeterminatezza della notte solitaria (in notte solinga ) è data dall’assenza degli articoli (Dotti). Giunta e scende sono due verbi che sembrano

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Quale in notte solinga, sovra campagne inargentate ed acque, là ’ve zefiro aleggia, e mille vaghi aspetti e ingannevoli obbietti fingon l’ombre lontane infra l’onde tranquille e rami e siepi e collinette e ville; giunta al confin del cielo, dietro Apennino od Alpe, o del Tirreno nell’infinito seno scende la luna; e si scolora il mondo; spariscon l’ombre, ed una oscurità la valle e il monte imbruna; orba la notte resta, e cantando, con mesta melodia, l’estremo albor della fuggente luce, che dianzi gli fu duce, saluta il carrettier dalla sua via; tal si dilegua, e tale lascia l’età mortale la giovinezza. In fuga van l’ombre e le sembianze dei dilettosi inganni; e vengon meno le lontane speranze,

seguire il percorso lunare di ascesa e tramonto nell’emisfero celeste. 15. orba: privata, cieca, senza luce. 17-18. l’estremo... duce: ordina così: il

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carrettier saluta dalla sua via (strada) l’estremo albor (chiarore) della luce fuggente (che scompare) che dianzi (prima) gli fu duce (aveva fatto da guida).

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I classici • Giacomo Leopardi Canti, Il tramonto della luna

VOLUME 2 Il Neoclassicismo e il Romanticismo

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28. porgendo il guardo: spingendo lo sguardo. 29-31. cerca... ragione: «Lo smarrito viandante della vita cerca invano uno scopo o una ragione al lungo cammino che sente gli resta ancora da percorrere» (Rigoni). 31-33. e vede… estrano: e vede che il mondo (l’umana sede) gli è diventato estraneo, e lui stesso al mondo. 36. lassù: in cielo. 37. dove: in cui pure. 39-43. Troppo mite… assai più dura: sarebbe stato un decreto troppo mite condannare a morte ogni essere vivente, se a loro (a ogni animale, a ogni essere vivente), prima di morire (in prima ), non fosse stata assegnata anche ( anco) la seconda metà della vita (mezza la via), la vita adulta, ormai privata della giovinezza, cosa più dura della pur terribile morte. (Dotti) 45. degno trovato: degna invenzione, riferito a vecchiezza: ossia, gli dèi (eterni) non trovarono di meglio che inventare la vecchiaia e sottoporre gli uomini a questa prova. 47-50. ove fosse... bene: nella quale vecchiezza (ove ) vi fosse un desiderio immutato (incolume), soffocata ( estinta) la speranza, disseccate le fonti del piacere, le sofferenze sempre crescenti, resa im-

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ove s’appoggia la mortal natura. Abbandonata, oscura resta la vita. In lei porgendo il guardo, cerca il confuso viatore invano del cammin lungo che avanzar si sente meta o ragione; e vede che a sé l’umana sede, esso a lei veramente è fatto estrano. Troppo felice e lieta nostra misera sorte parve lassù, se il giovanile stato, dove ogni ben di mille pene è frutto, durasse tutto della vita il corso. Troppo mite decreto quel che sentenzia ogni animale a morte, s’anco mezza la via lor non si desse in pria della terribil morte assai più dura. D’intelletti immortali degno trovato, estremo di tutti i mali, ritrovàr gli eterni la vecchiezza, ove fosse incolume il desio, la speme estinta, secche le fonti del piacer, le pene maggiori sempre, e non più dato il bene. Voi, collinette e piagge, caduto lo splendor che all’occidente inargentava della notte il velo, orfan ancor gran tempo non resterete; che dall’altra parte tosto vedrete il cielo imbiancar novamente, e sorger l’alba: alla qual poscia seguitando il sole, e folgorando intorno con sue fiamme possenti, di lucidi torrenti inonderà con voi gli eterei campi. Ma la vita mortal, poi che la bella giovinezza sparì, non si colora d’altra luce giammai, né d’altra aurora. Vedova è insino al fine; ed alla notte che l’altre etadi oscura, segno poser gli Dei la sepoltura.

possibile ogni illusione (bene ). 54. orfane: nel senso di prive di luce. 55. che: poiché. 58. seguitando: seguendo, andando dietro.

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62. inonderà... campi: inonderà voi e il cielo. 67. altre etadi: la maturità e la vecchiaia. 68. segno: nel significato di “segnale, indicazione”, ma anche di “termine”.

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I classici • Giacomo Leopardi Canti, Il tramonto della luna

VOLUME 2 Il Neoclassicismo e il Romanticismo

IN PRIMO PIANO I temi e le scelte stilistiche

ANALISI DEL TESTO La struttura È possibile suddividere la canzone in quattro sezioni, corrispondenti alle quattro strofe. Nella prima strofa il poeta imposta la similitudine (che si concluderà nella seconda strofa), descrivendo il tramonto della luna che lascia il mondo nell’oscurità. Nella seconda strofa troviamo la fuga della giovinezza. Come la luna, tramonta anche la giovinezza e con essa le sue illusioni, lasciando la vita orfana e oscura. Il viandante, cioè l’uomo, cerca la sua meta e constata che il mondo gli è divenuto indifferente e, allo stesso tempo, lui è divenuto tale per il mondo. Nella terza strofa troviamo la riflessione su giovinezza e vecchiaia. Sarebbe stata una sorte ben felice quella di poter rimanere giovani per tutta la vita! Invece l’uomo è condannato a una pena ben peggiore della morte, la vecchiaia, che è il sommo dei mali, perché toglie le illusioni ma conserva i desideri. Nell’ultima strofa viene esplicitata la consapevolezza della differenza fra uomo e natura. Se la luna tramonta, il mondo potrà godere ancora della luce del giorno l’indomani, mentre all’uomo – una volta trascorsa la giovinezza – rimane solo la certezza della morte.

sa che il mondo in cui si trova gli è estraneo, così come lui lo è nei riguardi del mondo». L’uomo (il viatore) si trova dunque solo e abbandonato in un universo che non conosce e che non gli appartiene. A differenza della Ginestra – dove alla constatazione della ferocia implacabile della natura corrisponde il desiderio comune dell’umanità di resistere a un destino inesorabile – il Tramonto della luna si sofferma sulla soglia della consapevolezza della temporalità dell’uomo e insieme della sua transitorietà. Significativamente, anche le rime in -ura che ripercuotono come un ritornello tutta la lirica (natura: oscura: dura: oscura, cui si può aggiungere l’assonanza del gruppo in -una: imbruna: luna: una) si concludono con una parola dall’oscurità irrimediabile: sepoltura. Una lirica-testamento Gli ultimi canti leopardiani – in particolare il Tramonto della luna e la Ginestra – nascono dal desiderio del poeta di rendere ancora più palese l’applicazione delle sue riflessioni all’intera umanità, in quanto cioè espressioni universali e non soltanto personali. Leopardi era infatti accusato da molti uomini di lettere del tempo, i quali sostenevano che la genesi delle sue poesie fosse dovuta al suo stato di scarsa salute e non a una profonda riflessione sull’orizzonte ultimo dell’esistenza umana. Scriveva il poeta al De Sinner nel 1832: «Ci si ostina ad attribuire alle mie circostanze personali ciò che invece è legato esclusivamente al mio intelletto. Prima di morire voglio battermi contro questa opinione causata dalla debolezza e dalla volgarità, e pregare i miei lettori di distruggere i miei pensieri e i miei ragionamenti piuttosto che accusare i miei malanni». Il Tramonto della luna e la Ginestra, dunque, sono scritte con l’intenzione di essere un vero e proprio testamento poetico, in modo da non lasciare dubbi sul messaggio che esse vogliono comunicare.

La luna, la vecchiezza e la giovinezza La luna (o meglio la sua luce) è paragonata alla giovinezza che tramonta e non ritorna a rallegrare la vita dell’uomo. La giovinezza – nella quale pure l’esperienza del piacere è figlia del dolore (dove ogni ben di mille pene è frutto) – è inesorabilmente scalzata dalla vecchiaia, che per Leopardi è il peggiore dei mali (incolume il desio, la speme estinta, / secche le fonti del piacer, le pene / maggiori sempre, e non più dato il bene), come afferma anche in uno dei suoi Pensieri: «La morte non è male: perché libera l’uomo da tutti i mali, e insieme coi beni gli toglie i desiderii. La vecchiezza è male sommo: perché priva l’uomo di tutti i piaceri, lasciandone gli appetiti; e porta seco tutti i dolori». Nel Tramonto della luna crolla definitivamente e universalmente la possibilità di una somiglianza fra la natura e l’uomo, paragone che ancora era possibile in altre liriche. Qui invece il progredire ciclico della natura si scontra con quello lineare dell’uomo: il primo è rinnovabile e perenne, mentre il secondo è irripetibile e momentaneo. Alla caduta delle illusioni, che l’uomo nutre e custodisce nel cuore grazie alla luce della giovinezza, rimane l’amara constatazione non solo del segno della morte, ma di quel lento progredire verso la morte che è la vecchiaia.

L’autocitazione programmatica e il lessico ricorrente Il Tramonto della luna prende a prestito numerosi elementi lessicali di altre famose liriche leopardiane, quasi l’autore volesse con questa “autocitazione” operare una ricapitolazione della propria esperienza poetica, alla luce però di una nuova motivazione. Tale novità è evidente nell’assenza dell’io del poeta: il Tramonto della luna è infatti una poesia “spersonalizzata”, perché come si è detto vuole descrivere la condizione umana in generale. Fitta è anche, in questo componimento, la trama di parole ripetute, quasi Leopardi volesse tornare continuamente sui medesimi concetti precisandoli progressivamente, seguendo in questo un’impostazione discorsiva prettamente filosofica: notte (ripetuta 4 volte), morte (2; ma che diventano 5 se si tien conto dell’aggettivo mortale / mortal), giovinezza (2; ma 3 con giovanile stato); ombre (3), vita (3) e così via. Inoltre, in particolare nelle prime due strofe, occorrono ripetutamente forme verbali che rimandano a un’idea di dissolvenza e di sfumato: si scolora il mondo, spariscon l’ombre, il monte imbruna...). Tanto l’adozione di queste forme verbali quanto la ripetizione di sostantivi inerenti all’area semantica della morte e della caducità indicano il deciso intento dell’autore di marcare la fine dell’esistenza terrena dell’uomo, che avviene come un lento trascolorare verso l’oscurità.

Il viandante della vita In questa canzone si ritrova un’immagine che ricorre più volte nelle liriche leopardiane, quella dell’uomo come viandante. Così commenta il critico Ugo Dotti: «Questa del viandante della vita è un’immagine frequentissima nei classici e in Petrarca, ma in Leopardi assume un valore ben diverso. Mentre nei primi il viandante cerca soprattutto di arrivare bene alla sua meta, che per il mondo cristiano è poi l’eterna salvazione, nel recanatese il viatore si chiede inutilmente quale sia il traguardo del cammino che deve ancora percorrere. Nei primi il viandante sa e si affretta; in Leopardi non sa nulla e vaga in confusione. O se sa qualcosa

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SPAZIO

COMPETENZE Comprensione e analisi 1. Quale paragone viene svolto nelle prime due strofe della poesia? 2. Che cosa sono l’ ombre, le sembianze e i dilettosi inganni? 3. Chi è il viatore? Qual è la sua condizione in questa poesia? 4. Perché la vecchiaia è una pena peggiore della morte, secondo Leopardi? 5. Nel Tramonto della luna crolla definitivamente la possibilità di una somiglianza fra la natura e l’uomo. Perché? 6. Individua nella poesia alcune autocitazioni dagli altri canti leopardiani. 7. Rintraccia nel testo alcune forme verbali che rimandano a un’idea di dissolvenza e di sfumato. 8. Per quale motivo in questa poesia è assente l’io del poeta? Approfondimenti 9. Rintraccia i punti di affinità di questa lirica con la Ginestra e discutili in un breve testo. (massimo 15 righe)

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