Rimuovere gli ostacoli PDF

Title Rimuovere gli ostacoli
Course Pedagogia della devianza
Institution Università di Bologna
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Summary

Riassunto ben fatto del libro "Rimuovere gli ostacoli".
Ci sono tutti i concetti principali....


Description

RIMUOVERE GLI OSTACOLI CAPITOLO PRIMO Perché partire dallo statuto epistemologico della pedagogia? Le ragioni hanno a che fare con due aspetti: 1. è importante, anche in virtù del proprio ruolo professionale, conoscere e interiorizzare lo statuto di riferimento, partendo anche dal presupposto che non può esistere una “prassi pedagogicamente fondata” se l’educatore non ha chiaro le proprie cornici teoriche di riferimento. 2. la percezione della Pedagogia come scienza autonoma rappresenta un importante punto di forza politico, sia rispetto alla comunità scientifica, sia rispetto alle istituzioni e classi dominanti che da sempre puntano un occhio sul mondo educativo. Basti ricordare che, a livello storico, l’educazione è stata considerata per molti anni uno strumento a servizio del potere. Tra gli esempi più noti ricordiamo il periodo fascista con la Riforma Gentile. Alla luce di questo, emerge già una prima differenza tra educazione e pedagogia → se l’educazione è più influenzata dal modello culturale dominante in quanto PRATICA connessa all’agire umano, la pedagogia essendo SAPERE RIFLESSIVO, dovrebbe cercare di smascherare e proteggersi dalle derive dominanti. Oggi viviamo nella società definita “post-ideologica”, nella quale viene molto difficile pensare ad un dominio ideaologico dell’educazione, eppure per molti aspetti si percepisce una libertà artificiale. L’io si sta sempre di più sostituendo ad un noi, prevale la competizione e ci si allontana pian piano dai valori della collettività e della condivisione. In questo clima di incertezza e instabilità, la Pedagogia (ormai sapere autonomo capace di genereare i propri valori) deve portare avanti il compito di costruzione di soggetti critici e autentici, in opposizione a identità falsamente libere. Che cosa è la pedagogia? La pedagogia è una SCIENZA in quanto costituita da un sistema di metodi e strumenti; è un SAPERE TEORICO poiché indaga il processo educativo/formativo del soggetto che è sia oggetto delle pratiche educative, sia agente attivo. In sintesi la Pedagogia è una disciplina che ha per oggetto di studio l’educazione/formazione e si caratterizza per un approccio riflessivo. Il cammino della Pedagogia come sapere autonomo è stato decisamente lungo: per molto essa è stata subordinata alla Filosofia → ogni corrente filosofica aveva una propria pedagogia, mentre la pratica educativa più che seguire gli orientamenti filo-pedagogici, è stata vittima delle ideologie/modelli dominanti, comportando una separazione tra TEORIA e PRASSI. La situazione inizia a cambiare intorno alla seconda metà del ‘900, quando iniziano le prime critiche verso gli elaborati teorici e le pratiche educative concrete (con la figura di Don Milani per esempio). Un importante spartiacque è rappresentato dal 68, carico di valore politico: intellettuali come Focault e Althusser mettono in evidenza il ruolo dell’educazione come strumento di asservimento del soggetti, scuola e famiglia vengono definiti “apparati ideologici di stato”. Si assiste ad un punto di rottura e una forte critica nei confronti del modello socio-culturale dominante. Perché è importante un approccio interdisciplinare? Il processo di autonomia della Pedagogia si intreccia con un approccio tendente alla interdisciplinarietà: 1. emerge la consapevolezza della natura multifattoriale dell’oggetto di studio della Pedagogia → l’educazione/formazione è un oggetto polisemico in quanto tiene insieme più dimensioni (corporea, affettiva, individuale, sociale) 2. si fa strada il “ PARADIGMA DELLA COMPLESSITA’ ”, che pone al centro della sua riflessione l’interdisciplinarietà e la costruzione di un insieme di valori post-moderni che fondi il suo obiettivo sul dialogo tra discipline.

Il rapporto tra Pedagogia e le Scienze dell’Educazione è di tipo dialettico, la Pedagogia costituisce una “scienza di frontiera”, ossia un area comune di sconfinamento di saperi differenti. Chiarimenti tra concetti in campo (educazione/formazione/istruzione) PEDAGOGIA 1. scienza progettuale, generativa e trasformativa → ha come obiettivo orientare la pratica e incidere sulle modalità di cambiamento 2. incrocio di saperi → fa dialogare tra loro le scienze dell’educazione e ha come compito il cambiamento positivo del soggetto e la relazione significativa e autentica La pedagogia si configura come “scienza di cerniera” in quanto connette in modo interdipendente pratica e teoria ed è posta al “centro critico” delle scienze dell’educazione. Essa si integra con quest’ultime nel processo trascendentale di decostruzione dell’esperienza e di costruzione di modelli di intervento spendibili nella pratica. Per trascendentale si intende che il processo è diretto verso certi obiettivi senza raggiungerli necessariamente o nei tempi prestabiliti. L’obiettivo funge da orizzonte a cui puntare, direzione di senso e per questo la Pedagogia si propone come “normatività aperta”, ossia indica delle direzioni pedagogicamente fondate che orientano l’azione educativa.

FORMAZIONE è un processo che vede il soggetto protagonista. L’individuo interpreta, decostruisce e integra delle esperienze all’interno del proprio bagaglio conoscitivo secondo i suoi schemi affettivi e cognitivi. Il concetto di formazione richiama altri due concetti connessi: 1. Dar forma (paideia) → processo attraverso il quale le istituzioni trasmettono i modelli e la cultura di un certo gruppo sociale 2. Darsi forma (Bulding) → processo tramite cui l’individuo rielabora tali contenuti secondo il filtro della sua individualità Questa doppia natura della formazione fa sì che la Pedagogia orienti la propria azione in due direzioni: - Ricerca teorica → analisi dei fini e dei mezzi dell’educazione ecc. - Prassi pedagogica → progettazione, realizzazione e verifica di processi formativi e trasformativi La formazione è diversa dall’educazione. L’educazione costituisce il dispositivo, il contenitore, la situazione realizzata per favorire la formazione del soggetto / la formazione è il processo mediante cui l’individuo, calato poi nella realtà educativa, realizza se stesso, rielabora personalmente ciò che l’educatore trasmette lui (metafora educatore= regista). EDUCAZIONE Deriva dal verbo “educere” = tirare fuori. Se nel passato per educazione si intendeva un modo di socializzare l’individuo ai valori e alle norme della società di riferimento, oggi ciò che si intende tirare fuori è la sua umana autenticità , la possibilità di realizzare se stesso. L’educazione è quindi in sintesi l’insieme delle strutture e degli strumenti di cui una società dispone per accompagnare la crescita positiva del soggetto che deve tendere verso la sua autenticità. Al contrario, la formazione è l’insieme di esperienze che il soggetto vive e che potenzialmente rappresentano per lui delle occasioni di cambiamento. ISTRUZIONE: insieme di pratiche educative volte al trasferimento di contenuti specifici e che ha a che fare con la sola dimensione cognitiva.

Pedagogia e cambiamento La Pedagogia si configura come “scienza del cambiamento” poiché è il cambiamento stesso che unifica tutti i diversi campi di indagine delle scienze dell’educazione. Inoltre la Pedagogia ha come target il soggetto in evoluzione: il pedagogista studia un oggetto/soggetto che non è fermo, ma muta continuamente e di conseguenza la pedagogia si applica a tutto il ciclo di vita. In riferimento alla società odierna, oggi è difficile sostenere che essa permetta al soggetto di esprimere al massimo la ricerca autonoma del proprio cambiamento: l’unica libertà di cui gode l’individuo è nel consumo di beni che gli consentono di soddisfare desideri indotti. Da qui ne deriva il rischio principale di interpretare la vocazione al cambiamento in senso riduttivo o manipolatorio, proprio perché delle traiettorie condivise in direzione di una reale emancipazione del soggetto fanno fatica ad affermarsi oggi. Risulta importante allora capire quale definizione di cambiamento può essere assunta come obiettivo trascendentale, per evitare che i pensieri e le derive dogmatiche di oggi possano deviare la riflessione pedagogica.

CAPITOLO SECONDO Il problematicismo pedagogico, l’epistemologia della complessità e l’empowerment costituiscono 3 cornici teoriche di riferimento. L’epistemologia della complessità nasce in contrapposizione al “paradigma della disgiunzione”, che traeva le sue origini nella concezione di scienza affermatasi in Occidente a partire dal XVI secolo. Essa si focalizzava nello specifico nella distinzione tra soggetto ed oggetto e in un modello deterministico secondo cui causa ed effetto erano collegati in maniera sequenziale e necessaria. Con l’epistemologia della complessità invece, si inizia a guardare molto alla ricerca di reciproche e continue interconnessioni tra i vari elementi. Anche il problematicismo sottolinea la connessione problematica tra soggetto ed esperienza, a sua volta da riconoscere e affrontare in un’ottica pedagogica applicando il principio di ragione che eviti il rischio di ridurla ad un’unica dimensione. Il principio di ragione: La ragione si connota come la possibilità di superamento della problematicità che caratterizza l’esperienza umana → ragione antidogmatica, concreta che trova nel riconoscimento e nell’accettazione della crisi lo strumento di lettura della realtà (evitando così di semplificarla) → una ragione che nella problematicità getta le basi per il proprio sviluppo e per il proprio arricchimento → ragione trascendentale perché va oltre il dato di realtà. Morin (epistemologia della complessità) sostiene che è compito dell’educazione ridurre le falle implicite della conoscenza, promuovendo una razionalità che non sia infallibile ma autocritica, ossia consapevole dei propri limiti → la razionalità deve conoscere i limiti della logica, del determinismo La conoscenza appare ostacolata da: 1. cause esterne → credenze, idee dominanti che generano conformismo intellettuale 2. cause interne → coinvolge la psicologia del soggetto che può ad esempio rifiutare certe informazioni per non destabilizzare il suo sistema di idee La dimensione dell’incertezza: per Morin la dimensione dell’incertezza è fortemente correlata con la libertà del soggetto. Essa può realizzarsi soltanto a partire dalla presa di coscienza della caduta delle false certezze, dal rifiuto del soggetto di accettare le certezze stabilite dagli altri. (binomio libertà-incertezza ripreso anche da Bauman e Fromm). Per il Problematicismo, l’incertezza costituisce un idea limite della progettualità esistenziale, qualcosa che sfugge al nostro controllo.

Emerge da qui l’importanza della CATEGORIA DEL POSSIBILE → l’incertezza si colloca nella polarità fra positivo e negativo, poiché ogni progetto di vita ha un carattere incerto: gli obiettivi possono realizzarsi, così come non, non c’è garanzia di successo. L’incertezza della progettualità deriva dall’impossibilità di eliminare le condizioni oggettive dell’esperienza, da una sovrastima delle proprie capacità. Occorre ricordare che non tutti gli insuccessi hanno carattere negativo perché possono anche farci acquisire maggior consapevolezza dei nostri limiti. La progettualità esistenziale: la progettualità esistenziale in Bertin esorta il soggetto a diventare protagonista della propria vita, evitando di rimanere passivo e a subire condizionamenti culturali e sociali. Ciò si ricollega alla società odierna in cui prevalere un forte individualismo che può fornire al soggetto possibilità maggiori rispetto al passato, ma al tempo stesso produce molti effetti negativi: aumentano le responsabilità del soggetto che può sentirsi inadeguato ad affrontale – solitudine. Diventa importante allora L’IMPEGNO ETICO, inteso come superamento di modalità di vivere alienanti e unilaterali e IL DIRITTO ALLA DIFFERENZA, che richiama il diritto di ciascuno a essere considerato come portatore di volontà propria e non elemento indistinto di una massa omologata. Empowerment e Problematicismo: categorie che li accomunano: Possibile+ possibilitazione Categoria del Possibile ///////////////////////////////////// → nel Problematicismo si punta ad aprire possibilità alternative rispetto a visioni bipolari, dicotomiche della realtà Risorse interne Categoria della differenza /////////////////////////// → partendo dal protagonismo in ambito educativo, Fabbroni (che è un problematicista) sostiene che se l’educando è il protagonista del processo educativo, l’educatore è il regista. Facendo leva sul protagonismo del soggetto, esso viene stimolato ad usare al meglio le sue risorse, le caratteristiche che lo rendono unico e originale. Quello che nell’empowerment viene chiamato “risorse interne” e nel problematicismo “diritto alla differenza”. Teoria delle attribuzioni causali protagonismo esistenziale ////////////////////////////// → il tema del protagonismo esistenziale richiama alla mente nell’empowerment la teoria delle attribuzioni causali, secondo cui i soggetti ricercano le cause di ciò che accade al loro interno oppure al loro esterno. Il parallelismo qui nasce con l’elaborazione teorica che Bertin fa dei “modelli di personalità” di Banfi (personalità egocentrica ed eterocentrica). La categoria del protagonismo esistenziale si fonda su principi quali: responsabilità, rischio, differenza e impegno, progettualità. Questo concetto di protagonismo si ritrova anche all’interno dell’empowerment con il concetto di “controllo percepito” in cui il controllo assume il significato di POTENZIALITA’ DI AZIONE SULLA PROPRIA VITA. Speranzosità Categoria del possibile ////////////////////////////////////////// → nella prospettiva di Bertin, la categoria del possibile rappresenta l’orizzonte entro il quale si inserisce la progettualità esistenziale e pedagogica, intesa come rifiuto dei dogmatismi deterministici e accettazione della sfida per il superamento dell’attuale.

CAPITOLO TERZO Grande antagonista del lavoro educativo è lo spontaneismo, ovvero la convinzione spesso diffusa e nascosta che per fare questo mestiere basti del buon senso, il che giustifica anche l’idea che si possa fare questo mestiere senza competenza e preparazione. Questo equivoco, ha impedito per lungo tempo che si costituisse una professionalità intorno al compito educativo e che questa venisse accettata universalmente. In realtà esiste una vera e propria competenza pedagogica, a sua volta composta da singole competenze. Nel quotidiano l’educatore agisce mettendo in pratica tali competenze senza nemmeno rendersene conto, ma agendo secondo una direzione di senso pedagogicamente interiorizzata e rispetto alla quale non deve sempre riflettere su quali strumenti applicare e perché. Il processo educativo è pedagogicamente orientato verso obiettivi trascendentali quali la maggiore autonomia, lo sviluppo del senso critico e del progetto di sé dell’educando. Inoltre esiste una circolarità tra prassi e teoria, in cui luna si nutre dell’altra e viceversa. COMPETENZE PROGETTUALI E DI VALUTAZIONE il mestiere dell’educatore non si improvvisa e richiede l’applicazione di teorie e strumenti scientificamente validati. Ogni progettazione prevede: 1. fase preliminare di analisi dei bisogni, attraverso cui è possibile anche fare una mappatura del territorio per capire quali metodologie mettere in pratica e che tipo di progetto creare 2. definire obiettivi e finalità del progetto → gli obiettivi devono essere concreti e non banali! La progettualità di cui stiamo parlando è una progettualità “euristica”, non statica e definita a priori: il progetto diventa prodotto stesso del processo in quanto sono previste modifiche in corso d’opera. Proprio per questo è necessario integrare la progettualità con la valutazione, messa in atto per analizzare il progetto in corso d’opera, riadattarlo. Due aspetti importanti: - intenzionalità → Bertolini considera l’intenzionalità come un aspetto fondamentale per definire un’esperienza educativa pedagogicamente fondata, la quale per essere tale deve avere autonomia di senso → costruita sulla base di concetti che non sono predeterminati dal punto di vista ideologico, ma che nascono dall’esperienza stessa. L’intenzionalità si configura come FARE STRATEGICO → l’educatore agisce sempre in direzione trascendentale e non in base al suo buonsenso. L’intenzionalità fa sempre parte di un evento educativo. Le esperienze educative si suddivono infatti in tre tipologie: INTENZIONALI (un soggetto ha lo scopo di educare l’altro ed entrambi hanno consapevolezza dell’intenzionalità educativa presente nel processo- es. scuola)/ NON DICHIARATAMENTE INTENZIONALI (la consapevolezza dell’intenzionalità educativa è propria solo dei produttori che mettono in atto azioni per il “bene” dei destinatari, oppure per il proprio bene, con azioni di stampo manipolatorio (pubblicità) ) / NON DICHIARATAMENTE INTENZIONALI (si ottengono risultati educativi senza che ci fosse l’intenzione. Essi possono essere provocati da persone o da eventi, tipo eventi naturali catastrofici). - Lavoro di equipe → lavorare in equipe è importante poiché rappresenta un aiuto nei momenti di difficoltà, un arricchimento, un occasione di confronto e di messa in discussione. Per saper lavorare in equipe occorre avere come presupposti: abbandono del proprio individualismo, fiducia nel delegare agli altri, mettersi a servizio del gruppo. COMPETENZE RELAZIONALI L’educatore viene definito un “tecnico della relazione”, in quanto l’educazione stessa è sempre un prodotto della relazione. La relazione educativa è molto particolare: 1. è asimmetrica → non solo in termini di potere ma, soprattutto di responsabilità. 2. non va interpretata solo nella prospettiva della cura e dell’accoglienza ma, deve essere anche una relazione autorevole, orientata all’empowerment.

Empatia: è una competenza fondamentale nel mestiere educativo. Elementi di cui tener conto: 1. non annullare la distanza pedagogica 2. consapevolezza dell’ILLUSIONE EMPATICA → è impossibile penetrare totalmente l’altro dal punto di vista cognitivo fino al punto di poter dire che vediamo il mondo come lo vede lui/lei. Questo perché ogni volta che noi pensiamo di averlo compreso, stiamo in realtà sostituendo il suo pensiero con il nostro mondo interiore e le nostre convinzioni. L’esperienza empatica non è una fusione, ma un reciproco riconoscimento, in cui avviene un reciproco arricchimento → il percepire le emozioni altrui favorisce in noi la scoperta di nuove modalità di sentire quel certo tipo di emozione. competenze comunicative: hanno a che fare con la comunicazione verbale (sfera cognitiva) e con la comunicazione non verbale (sfera affettiva). Il rischio principale è che si verifichi una ingiunzione paradossale → contraddizione tra il messaggio verbale e quello non verbale, tra quello che uno dice a parole e quello che si comunica con il corpo. La conseguenza più negativa è una confusione nell’educando, che può attribuire il fraintendimento ad una sua incapacità di capire, si attribuisce la responsabilità di ciò → questo può dar vita a disagio. Saper costruire una relazione significativa: la relazione è significativa quando vi è un reciproco riconoscimento. L’altro acquisisce valore, diventa importante, nel caso dell’educatore può divenire addirittura un punto di riferimento. Nella relazione significativa gioca un ruolo fondamentale l’affettività, ma ciò non significa che la relazione tra educando ed educatore sia amicale: la relazione significativa è scritta all’interno di un’alleanza educativa il cui fine ultimo è il processo di crescita e formazione dell’educando. Distanza pedagogica: significa stare “un po' dentro, un po' fuori”. L’educatore deve essere capace di sintonizzarsi emotivamente con l’altro, cogliere la sua condizione emotiva ma senza restarne assorbito. La distanza serve proprio per evitare questo, mantenendo un grado di razionalità e lucidità per far sì che si possano trovare delle vie di uscita per l’educando. Capacità maieutica: riprendo Socrate e l’immagine della levatrice, l’educatore deve stare sullo sfondo, offrendo stimoli e domande all’educando che, autonomamente, costruisce le sue risposte. Saper creare contesti e sfondi integratori: capacità dell’educatore di costruire percorsi, situazioni cariche di valore educativo e capaci di favorire l’apprendimento e la relazione significativa. Lo sfondo integratore, nei contesti più informali, può anche partire dalle passioni dei ragazzi,...


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