Role-playing - argomento PDF

Title Role-playing - argomento
Course Metodologie didattiche e attive
Institution Università di Bologna
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riassunto argomento...


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Role playing. Progettazione e gestione Fabiana Boccola Il quadro teorico di riferimento Il termine role playing venne usato per la prima volta dallo psicologo Jacob Levi Moreno, che coniò l'espressione Role Play nel 1934. Dopo aver sperimentato nel 1921 il "teatro della spontaneità", nel 1930 il dottor Moreno emigrò negli Stati Uniti dove mise a punto la "tecnica dello psicodramma", ancora oggi utilizzata in psicoterapia: con l'aiuto di alcuni assistenti, il paziente recita un avvenimento del suo passato per lui conflittuale ove vi sia un antagonista, dopodiché i ruoli si invertono, affinché il paziente si trovi a recitare la parte del proprio antagonista e possa così capire ciò che il suo antagonista aveva provato in quel momento. Il role playing è una modalità di formazione che si propone di simulare, per quanto possibile, una situazione reale, allo scopo di far conoscere ai partecipanti, attraverso l’esperienza pratica, le relazioni che si stabiliscono in un’attività caratterizzata da un importante processo di comunicazione. Il role-play mira, pertanto, a rendere i partecipanti consapevoli dei propri atteggiamenti, evidenzia i sentimenti e i vissuti sottesi alla situazione creata e rinvia alla dimensione soggettiva, alle modalità di proporsi nella relazione e nella comunicazione. Le caratteristiche di questo metodo forniscono molteplici stimoli all’apprendimento attraverso l’imitazione e l’azione, attraverso l’osservazione del comportamento degli altri e i commenti ricevuti sul proprio, attraverso l’analisi dell’intero processo. Il role-playing è una tecnica che deriva dallo psicodramma, metodo terapeutico. Nel role-playing, secondo alcune teorie, la relazione interpersonale può essere interpretata a partire dall’analisi delle motivazioni psicologiche individuali, essa diventa uno scambio. Secondo la teoria dello scambio il comportamento di una persona è influenzato dal modo in cui tale comportamento è stato compensato in passato, si basa su 4 principi: 1. Quanto più spesso un comportamento è ricompensato, tanto più è probabile che venga ripetuto 2. Se nel passato alcuni aspetti dell'ambiente sono stati collegati ad un comportamento ricompensato, è probabile che venga ricercato quell' ambiente particolare o analogo. 3. Quanto più è preziosa la ricompensa per un dato comportamento, tanto più è probabile che venga ripetuto 4. Quanto più spesso le esigenze o i desideri vengono soddisfatti, tanto meno si dà valore ad ogni ulteriore ricompensa. Un'altra teoria, che cerca di spiegare l'interazione sociale, è quella elaborata da George Herbert Mead, vale a dire la teoria dell'interazionismo simbolico. Mead sosteneva il comportamento umano non fosse semplicemente un insieme di reazioni passive a premi e punizioni, ma invece tutte le azioni umane in quanto comportamenti sociali fossero basate sulla comunicazione. Secondo Mead, l'essere umano infatti non reagisce solo alle azioni degli altri, ma anche alle intenzioni “leggendole”. I filosofi pragmatici, come Mead, si concentrano sullo sviluppo del sé e sull'oggettività del mondo all'interno della sfera sociale: "la mente individuale può esistere solo in relazione alle altre menti mediante significati condivisi" (Mead 1982).

Mead pone in evidenza la funzione del gioco nel processo di genesi del Sé. Il gioco, così come il Sé, si articola in tre fasi: 

l’Imitazione, momento in cui i bambini copiano il comportamento degli adulti senza capire quello che stanno facendo;



fase del gioco libero, il bambino comincia a sostenere veri e propri ruoli (il dottore, il vigile del fuoco, ecc.) l’agire come un altro richiedere un’operazione mentale nuova, assumere il ruolo dell’altro. Sviluppa la capacità di vedersi dal punto di vista degli altri;



fase del gioco organizzato, momento in cui iniziano ad emergere le personalità. I bambini, ad esempio, cominciano ad essere capaci di agire in gruppo e soprattutto a determinare che cosa faranno all'interno di uno specifico gruppo. Mead definisce questa condizione come il primo incontro del bambino con "l'altro generalizzato", che rappresenta uno dei concetti principali per la comprensione della nascita del Sé (sociale) negli esseri umani

"L'altro generalizzato" può essere inteso come la comprensione di una data attività e del posto occupato dagli attori in quella data attività dalla prospettiva di tutti gli altri esercitanti quell'attività. Attraverso la comprensione di "l'altro generalizzato" l'individuo capisce che tipo di comportamento è previsto, appropriato e così via, in differenti contesti sociali. Il meccanismo di prospettiva preso insieme agli atti sociali è lo scambio di posizioni sociali. Mead presentò il Sé, l’Io e il Me in termini di un processo sociale. Come i gesti sono capiti dall'organismo individuale così pure questo capisce gli altri atteggiamenti collettivi, in forma di gesti, e di conseguenza reagisce agli altri atteggiamenti organizzati. Il "Me" è il Sé sociale e l'"Io" è la risposta al "Me." In altre parole, l'"Io" è la risposta di un individuo agli atteggiamenti degli altri, mentre il "me" è l'insieme organizzato degli atteggiamenti degli altri che un individuo assume. Mead ha sviluppato la distinzione tra l'"Io" e il "Me" proposta da William James. Il "me" è la conoscenza accumulata dell'"altro generalizzato", cioè come uno pensa che il proprio gruppo lo percepisca, etc. L'"Io" rappresenta gli impulsi dell'individuo. L'"Io" è di per sé come soggetto; il "me" è di per sé come oggetto. L'"Io" è il conoscitore, il "me" è il conosciuto. Le teorie esposte focalizzano l’attenzione sul rapporto con gli altri. Un altro studioso affronta e analizza l’interazione fra persone, Erving Goffman, un sociologo canadese che si occupa di microsociologia (una materia fondata da lui stesso), che si occupa delle relazioni tra gli individui, relazione-interazione. Per Goffman comunicare è una forma di recitazione e ognuno dentro di noi a mille "facce". L'interazione sociale secondo lui muta a seconda del caso e gli individui non hanno un Io più profondo. Goffman studia le interazioni faccia a faccia, esse infatti non avvengono a caso ma seguono precisi codici e rituali, infatti, ci parla proprio di rituale dell’interazione, cioè il comportamento delle individui a seconda della situazione. Secondo Goffman l'interazione personale è improntata ad un modello drammaturgo: cioè le azioni quotidiane degli individui sono simili a diversi script teatrali da mettere in scena, a seconda dell'inquadramento della situazione. La vita sociale viene intesa come un intreccio di molteplici e differenti allestimenti scenografici con un'adeguata rappresentazione dell'identità sociale di sé, il self. Ogni rappresentazione del self viene legata allo status che viene riconosciuto dagli altri individui che partecipano all'interazione. Nel termine inglese role-playing distinguiamo la parola ruolo e la parola gioco (game). Focalizzandoci sul termine gioco potremmo definire il role-playing partendo dalla definizione di Huizinga, che lo intende come azione volontaria, compiuta entro certi limiti di tempo e di spazio secondo regole proposte dal conduttore e volontariamente assunte e che ha un fine legato all’apprendimento di competenze relazionali. Anche Roger Callois definisce il gioco come un’attività secondo i seguenti principi:

     

Libera: il giocatore non può essere obbligato a partecipare; Separata: entro limiti di spazio e di tempo; Incerta: lo svolgimento e il risultato non possono essere decisi a priori; Improduttiva: non crea né beni, né ricchezze, né altri elementi di novità; Regolata: con regole che sospendono le leggi ordinarie; Fittizia: consapevole della sua irrealtà.

Sempre Caillois propone una classificazione dei giochi in base a quattro categorie:    

Giochi di competizione (agon): In genere tutte le competizioni, sia sportive che mentali Giochi di azzardo (alea) : Tutti i giochi dove il fattore primario è la fortuna Giochi di simulacro (mimicry): I cosiddetti "giochi di ruolo" dove si diventa "altro" Giochi di vertigine (ilinx): Tutti quei giochi in cui si gioca a provocare noi stessi

Sulla base di queste classificazioni, Caillois costruisce una sociologia che parte dai giochi in quanto "segni" profondamente connotati, sintesi dalle caratteristiche delle diverse concezioni del mondo delle società in cui sono in uso.

Analogie e differenze fra psicodramma terapeutico e rola-playing Spesso i termini role playing e psicodramma vengono sovrapposti, perché entrambe queste esperienze sono accomunate dalla presenza di una certa rappresentazione/azione scenica. La differenza principale riguarda il livello di implicazione dei partecipanti. La catarsi e il vissuto affettivo intenso appartengono alla psicoterapia e non alla formazione e all'educazione. D'altro lato succede che il gioco di ruolo produca risonanze affettive, motivo per il quale si raccomanda una formazione personale e clinica oltre che tecnica per i formatori. Nel gioco di ruolo sono proposte delle situazioni sociali e professionali tipiche, con un fine di formazione o di presa di coscienza dei problemi, mentre nello psicodramma il soggetto mette in scena delle situazioni reali storiche o traumatiche della sua vita; inoltre nello psicodramma vi è un protagonista che mette in scena il proprio mondo interiore, con l'aiuto di io ausiliari scelti dal protagonista che possono trarre vantaggi terapeutici secondari nell'agire tale ruolo di io ma non possono comunque sceglierlo. Nel role playing invece non vi è un protagonista, ma solo un’occasione di "messa in azione", un tema iniziale che dovrà tradursi in azione scenica. Role playing Si applica in un contesto gruppale (attori - gruppo che partecipa osservando) A differenza della situazione reale, il processo che si sviluppa nel gioco di ruolo non avrà conseguenze nella vita reale (simulazione) Gli attori seguono una “parte” puntando sulle caratteristiche e modalità comportamentali del ruolo assunto, evitando però atteggiamenti troppo “recitati” Oggetto del role playing, inteso come esercitazione, è la drammatizzazione hic et nunc di comportamenti di ruolo Obiettivo formativo

Psicodramma terapautico Si applica in un contesto gruppale (protagonista – pubblico -“Io ausiliari”) Nello psicodramma, invece le relazioni possono diventare “reali”. Il personaggio segue e recita secondo le sue inclinazioni personali, mettendo in scena il proprio mondo interiore Oggetto dello psicodramma è la personalità del soggetto Obiettivo terapeutico

Esistono alcune tecniche:       

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Gioco diretto: interpretazione di un evento reale con l’aiuto di ego-ausiliari (co-attori) A parte: in cui il protagoniste esrime a parte ciò che prova, come nel teatro Doppiaggio: un ego-ausiliere esprime per conto del protagonista quello che egli prova Inversione dei ruoli: il protagonista prende il ruolo del protagonista Autodramma: il protagonista interpreta tutti i ruoli Confronto: confronto di idee e opinioni tra gli attori Alle spalle: si chiede al protagonista di uscire simbolicamente dalla stanza, girando semplicemente la sedia e quindi facendo in modo che dia le spalle agli altri protagonisti, e tutti gli attori esprimono opinioni sul protagonista Proiezione nel futuro: si agisce immaginando di essere in un tempo futuro Doppio nel gruppo: un ego-ausiliere esprime le opinioni di tutti gli attori doppiandoli (parlando per loro e per loro conto)

Gli adulti in formazione e il contesto di applicazione del role playing L'andragogia è una teoria dell'apprendimento ed educazione degli adulti. Si tratta di un modello incentrato sui bisogni e gli interessi di apprendimento degli adulti (i quali in generale sono diversi da quelli dei bambini), che ha trovato in Malcom Knowles il suo massimo esponente. L'educazione degli adulti è stata da sempre un'importante forma di educazione sistematica. I grandi maestri filosofici e spirituali dei tempi antichi, come Confucio, Lao Tzu, Aristotele,Socrate, Cicerone e Gesù insegnavano ad adulti e non a bambini. Grazie alle loro esperienze con gli adulti, questi maestri consideravano l'apprendimento come un processo di ricerca attiva, non come una ricezione passiva di contenuti, ed inventarono di conseguenza tecniche per coinvolgere attivamente i discenti. Il modello andragogico, secondo la concezione del Knowles, non è un'ideologia ma un sistema di diverse ipotesi alternative. La teoria andragogica sviluppata da Malcom Knowles si basa sui seguenti presupposti fondamentali: 1. Il bisogno di conoscere: gli adulti sentono l'esigenza di sapere perché occorra apprendere qualcosa. Quando gli adulti iniziano ad apprendere qualcosa per conto loro investono una considerevole energia nell'esaminare i vantaggi che trarranno dall'apprendimento. Il primo compito del facilitatore dell'apprendimento è aiutare i discenti in questo risveglio di consapevolezza: egli può addurre come minimo degli argomenti sul valore dell'apprendimento nel migliorare l'efficienza della performance dei discenti o della loro qualità di vita. 2. Il concetto di sé del discente: man mano che una persona matura e diventa adulta, il concetto di sé passa da un senso di totale dipendenza ad un senso di crescente indipendenza ed autonomia. L'adulto deve sentire che il proprio concetto di sé viene rispettato dall'educatore e quindi deve essere collocato in una situazione di autonomia (contrapposto a una situazione di dipendenza). 3. Il ruolo dell'esperienza: la maggiore esperienza degli adulti assicura maggiore ricchezza e possibilità d'utilizzo di risorse interne. Qualsiasi gruppo di adulti sarà più eterogeneo di quanto non accada in gruppi di giovani. Da qui deriva il grande accento posto nella formazione degli adulti sull'individualizzazione delle strategie d'insegnamento e di apprendimento, sulle tecniche esperienziali piuttosto che trasmissive e sulle attività di aiuto tra pari. Un'altra ragione che sottolinea l'importanza dell'esperienza è che, mentre

per i bambini l'esperienza è qualcosa che capita loro, per gli adulti essa rappresenta chi sono. Essi cioè tendono a derivare la loro identità personale dalle loro esperienze. 4. La disponibilità ad apprendere: quanto viene insegnato deve migliorare le competenze e deve essere applicabile in modo efficace alla vita quotidiana. 5. L'orientamento verso l'apprendimento: non deve essere centrato sulle materie ma sulla vita reale. Gli adulti infatti apprendono nuove conoscenze, capacità di comprensione, abilità e atteggiamenti molto più efficacemente quando sono presentati in questo contesto. Questo punto ha un'importanza cruciale nelle modalità di esposizione dell'insegnante, degli obiettivi e nei contenuti definiti e nella progettazione più generale dell'intervento formativo. 6. La motivazione: nel caso degli adulti le motivazioni interne sono in genere più forti delle pressioni esterne. Tough (1979) ha scoperto che tutti gli adulti sono motivati a continuare a crescere e a evolversi, ma che questa motivazione spesso viene inibita da barriere quali un concetto negativo di sé come studente, l'inaccessibilità di opportunità o risorse, la mancanza di tempo e programmi che violano i principi dell'apprendimento degli adulti. La competenza consiste nel sentirsi capaci di agire sull'ambiente sperimentando sensazioni di controllo personale. Ritroviamo in questo modello il riconoscimento dell’importanza del fare esperienza come risorsa e tecnica per facilitare l’apprendimento, e questo è importante per contestualizzare la metodologia del role-playing. Il ruolo dell’esperienza in educazione viene ben definito da Dewey, filosofo dell’educazione americano, che ha elaborato un sistema pedagogico intorno a concetti chiave come esperienza, continuità (ogni esperienza riprende qualcosa delle altre) e interazione (assegna pari valore ai due fattori che determinano l’esperienza –condizioni interne e condizioni oggettive). Si può parlare di apprendimento esperienziale (Experiential Learning) che costituisce un modello di apprendimento basato sull’esperienza, sia essa cognitiva, emotiva o sensoriale. Il processo di apprendimento si realizza attraverso l’azione e la sperimentazione di situazioni, compiti, ruoli in cui il soggetto, attivo protagonista, si trova a mettere in campo le proprie risorse e competenze per l’elaborazione e/o la riorganizzazione di teorie e concetti volti al raggiungimento di un obiettivo. L’apprendimento esperienziale consente al soggetto di affrontare situazioni di incertezza sviluppando comportamenti adattivi e migliorando, nel contempo, la capacità di gestire la propria emotività nei momenti di maggiore stress psicologico. Consente inoltre di sviluppare le proprie abilità di problem solving, anche attraverso l’abilità creativa, e di far acquisire autoconsapevolezza mediante auto-osservazione ed etero-osservazione al fine di ridefinire eventuali atteggiamenti inadeguati e di valorizzare i comportamenti costruttivi. L’esperienza così acquisita diviene patrimonio di conoscenza del soggetto e costituirà il nuovo punto di partenza di ulteriori evoluzioni. Vengono presi in analisi i modelli sequenziali di Kolb e Pfeiffer-Jones. Kolb deriva la natura dell’apprendimento come processo dove la conoscenza si sviluppa mediante l’osservazione e la trasformazione dell’esperienza. Tale processo si compone di quattro fasi: 1. la fase delle esperienze concrete, in cui l’apprendimento avviene attraverso le percezioni e quindi come interpretazione personale di esperienze; 2. la fase dell’osservazione riflessiva, in cui l’apprendimento deriva invece dalla comprensione dei significati tramite l’osservazione e l’ascolto; 3. la fase della concettualizzazione astratta, nella quale l’apprendimento deriva dall’analisi e dall’organizzazione logica dei flussi di informazioni;

4. la fase della sperimentazione attiva, in cui l’apprendimento è il risultato di azione, sperimentazione e verifica di funzionamento ai fini dell’evoluzione o di possibili cambiamenti.

Il processo di apprendimento esperienziale delineato da Kolb coinvolge le quattro fasi descritte in un ciclo ricorsivo in cui ogni conoscenza si crea a partire da una precedente esperienza di cui ne è il risultato. Il modello proposto da Pfeiffer e Jones prende in larga misura la sequenza elaborata da Kolb, ma contestualizza il processo di apprendimento in ambito formativo, introducendo alcune varianti: 1. il fare cui alludono i due autori è da riferirsi dichiaratamente alle condizioni del progetto didattico: nel senso della simulazione, dell’esercitazione, del role playing (metodi attivi) 2. il passaggio 2 del modello di Kolb(osservazione riflessiva) viene sdoppiato in quanto le condizioni del percorso educativo prevedono un processo di apprendimento non individuale ma di gruppo si rifà ad un modello di apprendimento attivo in cui l'allievo svolge attività “autentiche” (ossia tratte da problemi concreti riferiti a contesti reali). Tale modello prevede un processo di apprendimento di tipo circolare, basato su cinque momenti caratteristici, come illustrato nella figura seguente.

La dimensione prescelta dall’analisi del testo è il gruppo in quanto luogo privilegiato di applicazione del role playing, contenitore di riflessioni e comportamenti, di esperienze cognitivo-

relazionali. Di seguito le definizioni di gruppo che più rappresentano la complessità che contraddistingue la dimensione collettiva: “il gruppo è un’unità globale interdipendente, che sviluppa pensiero ed emozioni al di là del singolo membro. Propone due livelli di lettura del gruppo: uno relativo all’attività razionale, l’altro legato agli stati emotivi che definisce assunti di base. “ (W. Bion) “il gruppo è un insieme di persone che sentono di appartenere a un gruppo. In questo sentire si riconoscono tre componenti: -

cognitiva: fare parte di un gruppo significa saperlo valutativa: fare parte di un gruppo significa renderlo positivo (o negativo) emozionale: fare parte di un gruppo significa sviluppare emozioni positivo (o negative)

(H. Tajfel)

È per questo che è fondamentale, a livello formativo, creare e mantenere una saldo un gruppo. Rielaborando una proposta di Vacc...


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