ROSI Braidotti il postumano CAP 1 PDF

Title ROSI Braidotti il postumano CAP 1
Course fondamenti di antropologia filosofica
Institution Università degli Studi di Genova
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Riassunto capitolo 1 del libro “il postumano”,dettagliato...


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ROSI BRAIDOTTI INTRODUZIONE Interlocutori: • Cultura mainstream (focus sul potenziamento umano) • Cultura accademica (decentramento dell’umano e crisi delle scienze umane) • Forze sociali conservatrici (reinscrizione dell’umano nei paradigmi della legge naturale)

La teoria postumana • Continuum natura-cultura: teoria non dualista dell’interazione tra natura e cultura: “la materia […] è intelligente e capace di autorganizzazione. Questo implica che la materia non è dialetticamente opposta alla cultura, né alla mediazione tecnologica, ma è attigua a esse” (p. 39) (contro l’opposizione binaria tra il “dato” e il “costruito”) • Tradizione filosofica monista (Spinoza) che si concentra sulla forza autopoietica della materia vivente • Interrogazione politica: quali pratiche politiche sostengono la teoria del postumano e viceversa? • È uno strumento genealogico • È uno strumento cartografico (per fornire una rappresentazione delle nostre collocazioni storiche e situate e per mappare gli usi del termine “postumano”) • È una bussola per la navigazione (orientamento nel presente e nella costruzione del futuro) • È uno strumento produttivo per indagare nuovi modi di impegnarsi attivamente: propone nuovi modi di combinare critica e creatività

Teoria postumana come nuova teoria della soggettività “Ecco perché la questione della soggettività assume tanto rilievo in questo libro: abbiamo bisogno di progettare nuovi schemi sociali, etici e discorsivi della formazione del soggetto per affrontare i profondi cambiamenti cui andiamo incontro. Questo implica che abbiamo bisogno di imparare a pensare in modo diverso a noi stessi. La condizione postumana è allora un’opportunità per incentivare la ricerca di schemi di pensiero, di sapere e di autorappresentazione alternativi a quelli dominanti. La condizione postumana ci chiama urgentemente a ripensare, in modo critico e creativo, chi e cosa stiamo diventando in questo processo di metamorfosi.” (p. 16)

Obiettivo polemico: l’immaginario concettuale dell’umanesimo Ideale classico dell’Uomo ripreso dall’Umanesimo (fine XIV-XV sec.) e poi nel XVIII e XIX sec.: • Modelli: uomo come «misura di tutte le cose» (Protagora), Leonardo da Vinci: l’Uomo Vitruviano • perfezione corporea • sconfinata capacità umana di perseguire la perfezione individuale e collettiva • potenziamento delle capacità umane biologiche, razionali e morali come progresso razionale, orientato teleologicamente • fede nel potere autoregolatore della ragione (XVIII e XIX secolo: reinterpretazioni dell’antichità classica e degli ideali del Rinascimento italiano)

Primo problema: la natura eurocentrica dell’umanesimo Eurocentrismo come prospettiva universalizzante: falso universalismo “L’umanesimo si è sviluppato storicamente come un modello di civilizzazione che ha plasmato un’idea di Europa coincidente con i poteri universalizzanti della ragione autoriflessiva.” (p. 17) Europa come “un attributo universale della mente umana”, “luogo di origine della ragione critica e autoriflessiva”. (p. 18)

Umanesimo, eurocentrismo, imperialismo Eurocentrismo: • si tratta di un elemento strutturale della nostra pratica culturale, radicato […] tanto nelle teorie che nelle pratiche istituzionali pedagogiche • come ideale di civilizzazione, l’umanesimo ha alimentato «i destini imperiali della Germania del XIX secolo, della Francia, e soprattutto della Gran Bretagna» (Davies 1997, 23)

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Caratteri del paradigma eurocentrico e della logica culturale dell’umanesimo universale • dialettica tra il sé e l’altro: logica binaria dell’identità e dell’alterità • Produzione, strumentalizzazione e inferiorizzazione della differenza: i differenti/gli altri sono sessualizzati, razzializzati, naturalizzati • Logica imperialista

Caratteri del paradigma eurocentrico “Centrale per questo atteggiamento universalista e per la sua logica binaria è la nozione di differenza, intesa in senso peggiorativo. Il soggetto equivale alla coscienza, alla razionalità universale, al comportamento etico autodisciplinante, mentre l’alterità è definita come la sua controparte negativa e speculare. Eppure quando la parola differenza significa inferiorità, essa assume connotazioni essenzialiste e letali dal punto di vista delle persone marcate come «altre». Essi sono gli altri sessualizzati, razzializzati e naturalizzati, ridotti allo stato non umano di corpi usa e getta.” (pp. 17-18) “La ridotta nozione umanista di ciò che definisce l’umano è una delle chiavi per comprendere come siamo arrivati alla svolta postumana.” (p. 18)

CAP.1-LA VITA OLTRE L’INDIVIDUO Antiumanesimo • Accoglimento del declino dell’umanesimo con il suo nucleo eurocentrico e le sue tendenze imperialiste • “Durante gli anni Sessanta e Settanta uno spiccato attivismo antiumanista prese piede grazie ai nuovi movimenti sociali e alle culture giovanili del periodo: femminismo, anticolonialismo e antirazzismo, movimenti pacifisti e antinucleari. […] questi movimenti sociali hanno dato vita a politiche radicali, teorie sociali e nuove epistemologie” (pp. 20-21) • “L’antiumanesimo emerse come il grido di battaglia di quella generazione di pensatori radicali che più tardi sarebbe stata famosa in tutto il mondo come «generazione post-strutturalista». […] Essi abbandonarono il pensiero dicotomico dialettico e svilupparono un terzo modo di accostarsi ai cambiamenti nella nozione di soggettività umana.” (p. 27) •“Si scoprì che quest’Uomo, lontano dall’essere il canone di proporzioni perfette, sebbene enunciasse un ideale universalistico che aveva raggiunto lo statuto di legge naturale, era di fatto un costrutto storico e come tale era contingente e variabile rispetto ai valori e ai luoghi.” (p. 28)

L’antiumanesimo e i conti della filosofia con se stessa Il modello umanista di ragione che la filosofia stessa perpetuava era un modello di dominio ed esclusione: “Fino agli anni Sessanta, la ragione filosofica era riuscita a evitare, rimanendo quasi illesa, la questione delle proprie responsabilità nel perpetuarsi di modelli storici di dominio ed esclusione. Sia Sartre che de Beauvoir, influenzati dalle teorie marxiste su alienazione e ideologia, compresero che il trionfo della ragione coincideva con l’ascesa di poteri prevaricatori, palesando così la complicità della ragione filosofica nei confronti delle pratiche quotidiane di ingiustizia sociale. Essi hanno continuato, tuttavia, a difendere l’idea di ragione universale e a ricorrere al metodo dialettico per la risoluzione di tali contraddizioni. Questo approccio metodologico, seppur critico riguardo ai modelli egemonici di appropriazione violenta e sussunzione degli altri, ritiene al contempo che la filosofia abbia la funzione di strumento privilegiato e culturalmente egemonico per l’analisi politica. […] Essi [Sartre e de Beauvoir] adoperano gli utensili concettuali forniti dallo stesso umanesimo per accelerare il confronto della filosofia con le proprie responsabilità storiche e il suo ruolo politico di mediazione concettuale.” (p. 24)

Antiumanesimo e femminismo “Femministe come Luce Irigaray (2010, 1990a) hanno evidenziato che il presunto ideale astratto di Uomo, simbolo dell’umanesimo classico, è in realtà il vero e proprio maschio della specie: egli è un lui. Inoltre, lui è bianco, europeo, bello e normodotato; sulla sua sessualità non si può congetturare molto, sebbene molte speculazioni riguardino quelle del suo pittore, Leonardo da Vinci.” (p. 28)

Antiumanesimo 2

“Così la generazione filosofica degli anni Settanta, fu antifascista, post-comunista, postcoloniale e post-umanista, con una eterogeneità di combinazioni fra i termini. Ha portato al rifiuto della definizione di un’identità classica umanista, della razionalità e dell’universale.” (p. 29) “L’antiumanesimo è, di conseguenza, un’importante risorsa per il pensiero postumano. Esso non è affatto la sola risorsa, né la connessione tra antiumanesimo e postumanesimo è logicamente necessaria o storicamente inevitabile. Ho scoperto, tuttavia, che è così per il mio stesso lavoro, anche se questa storia non è finita e in qualche modo, […], la mia relazione con l’umanesimo rimane irrisolta.” (pp. 29-30)

L’umano dell’umanesimo come modello normativo “[…] l’antiumanesimo è uno dei sentieri storici e teorici che può condurre al postumano. […] L’umano dell’umanesimo non è un ideale […]. Esso enuncia piuttosto un modello sistematizzato di riconoscibilità - di Identità - grazie al quale tutti gli altri possono essere valutati, normati e assegnati a una definita posizione sociale. L’umano è una convenzione normativa, non intrinsecamente negativa, ma con un elevato potere regolamentare e dunque strumentale alle pratiche di esclusione e discriminazione. Lo standard umano rappresenta la normalità, la normazione, la normatività.” (p. 30) “Esso funziona trasponendo un particolare modo di essere umano in un modello generalizzato, che è categoricamente e qualitativamente distinto dagli altri sessualizzati, razzializzati e naturalizzati e in opposizione agli artefatti tecnologici. L’umano è il costrutto storico che ha saputo consolidare una convenzione sociale intorno alla sua «natura umana».” (p. 30)

Verso un soggetto più complesso e relazionale “Il mio antiumanesimo mi conduce ad avversare il soggetto unitario dell’umanesimo, […], e a sostituirlo con un soggetto più complesso e relazionale, caratterizzato principalmente dall’incarnazione, dalla sessualità, dall’affettività, dall’empatia e dal desiderio. Altrettanto centrale in questo approccio è l’intuizione appresa da Foucault circa la doppia natura del potere, inteso sia come forza restrittiva (potestas) che produttiva (potentia). Questo significa che le formazioni di potere non agiscono solo al livello materiale ma trovano anche espressioni in sistemi di rappresentazioni teoretiche e culturali, in narrative politiconormative, in modelli sociali di riconoscimento. Queste narrative non sono né coerenti né razionali e la loro natura improvvisata è funzionale alla loro forza egemonica.” (pp. 30-31)

Rifiuto dei modelli tradizionali di uomo e donna “Se il potere è complesso, diffuso e produttivo, così deve essere la nostra resistenza a esso. E una volta attivato questo movimento decostruttivo, tanto la nozione tradizionale di Uomo quanto quella di secondo sesso, di donna, vengono messe in questione proprio in nome della loro intrinseca complessità.” (p. 31) “Il femminismo antiumanista, noto anche come postmodernismo femminista, rifiuta le identità unitarie modellate sull’ideale umanista normativo ed eurocentrico, di quest’Uomo ben definito […]. L’accento viene qui posto sulle questioni delle differenze tra categorie diverse e all’interno di ciascuna di esse.” (p. 31)

Rifiuto dello schema di pensiero dialettico binario che inferiorizza “l’altro” “[…] l’antiumanesimo prende le distanze dallo schema di pensiero dialettico, dove la differenza o l’alterità hanno svolto un ruolo costitutivo, poiché avevano assolto al compito di tracciare i confini con l’altro sessualizzato (le donne), l’altro razzializzato (i nativi), l’altro naturalizzato (gli animali, l’ambiente, la terra). Questi altri erano costitutivi nella misura in cui funzionavano come specchi in grado di confermare la posizione suprema del Medesimo […]. Questa economia politica della differenza ha portato alla svalutazione di intere categorie di esseri umani, considerati inferiori e dunque alla stregua di corpi utilizzabili: essere differente da significava essere meno di.” ” p. 31-32

Inferiorizzazione dell’altro e sua disumanizzazione epistemica e sociale “I processi dialettici negativi di sessualizzazione, razzializzazione, naturalizzazione hanno un’altra importante conseguenza: essi provocano la produzione attiva di mezze verità, o di forme di sapere parziale circa questi altri. L’alterità dialettica e peggiorativa diffonde ignoranza strutturale circa coloro che, proprio perché altri, sono collocati al di fuori delle maggiori divisioni categoriali nell’attribuzione dell’Umanità. […] È uno degli effetti paradossali della presunta ratio universalista del sapere umanista. […] La riduzione allo stato subumano degli altri non occidentali è l’origine dell’ignoranza perdurante, della falsità e della cattiva coscienza del soggetto dominante, il quale è responsabile della loro disumanizzazione epistemica e sociale.” (p. 32) 3

Verso nuovi modi di guardare l’umano “Queste critiche radicali all’arroganza umanista da parte del femminismo e della teoria postcoloniale non sono meramente negative, dal momento che esse propongono nuovi e alternativi modi di guardare all’umano, da un punto di vista più inclusivo.” “Pertanto, essi hanno spinto l’analisi del potere fino a sviluppare strumenti e terminologia grazie ai quali siamo in grado di confrontarci con fenomeni quali il maschilismo, il razzismo, la superiorità bianca, il dogma della ragione scientifica e con altri sistemi di valori dominanti diffusi socialmente.”

Contraddizioni dell’antiumanesimo e il suo “inviluppamento” con l’umanesimo “L’antiumanesimo è una posizione così carica di contraddizioni che più si prova a superarle, più scivoloso diventa il terreno. Non solo gli antiumanisti finiscono spesso per riproporre gli ideali umanisti - la libertà è il mio preferito - ma, in qualche modo, la stessa attività di critica del pensiero si regge su valori discorsivi implicitamente umanisti (Soper 1986). Né l’umanesimo né l’antiumanesimo sono adeguati allo scopo.” “L’esempio migliore di contraddizioni intrinseche generate dalla posizione antiumanista è l’emancipazione, o la politica in senso progressista, che io ritengo uno dei più valenti aspetti della tradizione umanista e una sua eredità ancora viva. Lungo lo spettro politico, l’umanesimo ha sostenuto sul fronte liberale l’individualismo, l’autonomia, la responsabilità, l’autodeterminazione (Todorov 2002). Sul fronte radicale, esso ha promosso la solidarietà, i legami comunitari, la giustizia sociale e il principio di uguaglianza. Di orientamento segnatamente laico, l’umanesimo ha diffuso il rispetto per la scienza e la cultura, contro l’autorità dei testi sacri e del dogma religioso. Inoltre, esso è caratterizzato da un elemento avventuroso, un anelito alla scoperta guidato dalla curiosità, un approccio orientato alla progettualità molto apprezzabile per il suo pragmatismo. Questi principi sono così profondamente radicati nelle nostre abitudini di pensiero da risultare difficile abbandonarli del tutto. E perché dovremmo? L’antiumanesimo critica la convinzione implicita circa il soggetto umano racchiuso nell’immagine umanista dell’Uomo, ma questo non comporta un suo rifiuto totale.” (p. 33)

Oltre la laicità “In qualità di dottrina politica progressista, l’Umanesimo intrattiene una relazione privilegiata con altre due idee interconnesse: l’emancipazione umana nel perseguimento dell’uguaglianza, la laicità per mezzo della gestione razionale della res publica.” (p. 35) “La laicità è uno dei pilastri dell’umanesimo occidentale, così come l’avversione per religione e chiesa è un aspetto storico integrante delle politiche di emancipazione.” (p. 36) “La laicità è essenzialmente la dottrina politica della divisione dei poteri, che oltre a essersi consolidata in Europa, è ancora oggi un’importante teoria politica (British Humanist Association 2007). Questa tradizione di laicità, tuttavia, genera una polarizzazione tra religione e cittadinanza, rappresentata dalla nuova partizione tra il dominio delle credenze private e la sfera pubblico-politica. Questa distinzione pubblico-privato è completamente sessuata. Storicamente le donne in Europa sono state assegnate sia al dominio privato che all’ambito della fede e della religione, essendo l’Umanesimo il «fardello dell’Uomo bianco». Questa tradizionale assegnazione delle donne alla fede religiosa si spiega con la necessità di concedere loro un surrogato della piena cittadinanza politica. Le donne europee erano incoraggiate a intraprendere attività religiose piuttosto che a partecipare agli affari pubblici. ” (p. 38) “La laicità incrementa, inoltre, l’allontanamento tra emozioni e razionalità, compresa la fede e il raziocinio. In questo schema polarizzato, le donne erano confinate al polo dell’irrazionalità, delle passioni e delle emozioni, inclusa la religione, e questi fattori tutti insieme hanno contribuito a relegarle nella sfera privata. Pertanto la laicità rincara, in realtà, l’oppressione delle donne e la loro esclusione dalla sfera pubblica della cittadinanza razionale e della politica.” (p. 38) “Un approccio che vada oltre la laicità, basato su salde fondamenta antiumaniste, rimuove uno dei tabù della sinistra, proponendo l’idea scandalosa che l’azione razionale e la soggettività politica possano svilupparsi anche attraverso la pietà religiosa, e siano quindi capaci di comprendere un fondo di spiritualità. L’ambito della fede e i suoi rituali vengono dichiarati compatibili con il pensiero critico e le pratiche di cittadinanza.” p. 39

Oltre il binarismo umanesimo vs. antiumanesimo 4

“La considerazione che l’apparentemente infinita polemica tra umanesimo e antiumanesimo abbia raggiunto un punto morto non può essere contradetta. Continuare questa polemica sarebbe non solo improduttivo, ma al contempo non ci permetterebbe una lettura adeguata del nostro contesto storico preciso. […] Un’altra possibilità diventa via via più desiderabile e urgente: il postumanesimo come allontanamento da questi binari letali.” (p. 40)

La sfida postumana: una nuova teoria della soggettività “Il postumanesimo è la condizione storica che segna la fine dell’opposizione tra umanesimo e antiumanesimo e che designa un contesto discorsivo differente, guardando in modo più propositivo a nuove alternative. […] La prospettiva postumana […] si impegna […] a elaborare modi alternativi per la concettualizzazione della soggettività postumana”. (p. 41) “La crisi dell’umanesimo ha come conseguenza, nella postmodernità, la riemersione, con propositi di riscatto, degli altri strutturali rispetto al soggetto moderno umanista [...]. È un fatto storico che i più grandi movimenti emancipatori della postmodernità siano guidati e alimentati dagli altri riemergenti: i movimenti per i diritti di donne, gay e lesbiche; i movimenti antirazzisti e anticoloniali; i movimenti antinucleari e ambientalisti sono i megafoni degli altri strutturali della modernità. Essi contrassegnano inevitabilmente la crisi del precedente centro umanista o della posizione dominante del soggetto, eppure non sono meramente antiumanisti, in quanto superano l’antiumanesimo in direzione di una storia e di un progetto completamente postumani. […] Nel linguaggio della mia teoria nomade […], essi esprimono sia la crisi della maggioranza che i modelli di divenire delle minoranze. […] Le differenze sessualizzate, razzializzate e naturalizzate […] si sono trasformate in modelli alternativi del soggetto umano […].” (p. 42).

Mappatura di tre posizioni postumane Nel pensiero postumano attuale rintraccio tre filoni prevalenti: - il primo viene dalla filosofia morale e sfocia in una forma reattiva di postumano; - il secondo proviene dai science and technologies studies e abbraccia una forma analitica di postumano; - e il terzo, dalla mia stessa tradizione di filosofia antiumanista della soggettività e propone un postumanesimo critico. (p. 42) 1. Approccio reattivo al postumano (M. Nussbaum) Riproposizione acritica dell’umanesimo: • difesa dell’umanesimo, inteso come garanzia della democrazia, della libertà e del rispetto della dignità umana • rifiuto dell’idea stessa della crisi dell’umanesimo europeo e del suo declino storico • riconosce le sfide poste dalle attuali economie globali tecnologicamente guidate, ma risponde a esse riproponendo gli ideali classici umanisti • difende la necessità dei valori universali umanisti, poiché li considera un rimedio contro la frammentazione e la deriva relativista dei nostri tempi, che è risultato della globalizzazione stessa. • presenta l’universalismo cosmopolita umanista come un antidoto contro il nazionalismo e l’etnocentrismo • abbraccia l’universalismo al di sopra e contro le prospettive femministe e pos...


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