Bovero Contro il governo dei peggiori Cap.1 PDF

Title Bovero Contro il governo dei peggiori Cap.1
Author Giada Collura
Course Filosofia Politica
Institution Università degli Studi di Torino
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Riassunto del capitolo 1 del libro di Michelangelo Bovero Contro il governo dei peggiori...


Description

Bovero: Contro il governo dei peggiori Cap. 1: I sostantivi della democrazia Demo-kratìa Il termine democrazia deriva da due sostantivi greci, demos e kratos. Kratos significa forza, saldezza, superiorità, capacità di affermarsi, quindi può designare il potere politico, ossia il potere di prendere decisioni collettive, dunque il potere attribuito a quel soggetto che in una comunità determina le scelte pubbliche, ed è perciò supremo o sovrano. Demos significa popolo. Con questo termine i greci indicavano, la totalità dei componenti della comunità politica, ossia i cittadini della città-stato, o la parte meno elevata della popolazione. Con la stessa parola composta democrazia gli stessi greci usavano indicare ambiguamente due realtà differenti: la forma di comunità in cui il potere di decisione politica è nelle mani dell’assemblea di tutti i cittadini. Per Aristotele è la parte più numerosa e pertanto coincide di fatto con la maggioranza. Chi è il popolo? Chi ne fa parte? Il popolo come complesso dei cittadini si possono dare due immagini opposte: un corpo collettivo organico, di cui i singoli sono membri; oppure l’insieme della semplice somma di tutti gli individui come singoli. L’immagine del popolo come corpo collettivo unitario deriva da quella della piazza, o dell’assemblea, è l’immagine che si ha guardando dall’alto. Il popolo come corpo organico non è un vero soggetto di decisione: chi decide è colui che guarda il popolo dall’alto. La decisione collettiva del popolo può essere soltanto la somma delle decisioni individuali, ossia dei pareri di approvazione o disapprovazione singolarmente espressi da ciascuno. Possiamo così giungere a una prima definizione di democrazia, secondo la quale per democrazia si deve intendere il potere (kratos) di prendere decisioni collettive, ossia vincolanti per tutti, esercitato dal popolo (demos), ossia dall’assemblea di tutti i cittadini in quanto membri del demos, mediante (la somma di) libere scelte individuali. Eguaglianza e libertà sono i sostantivi che indicano i valori ultimi cui s’inspira la democrazia, in base ai quali noi distinguiamo i governi democratici da quelli che non lo sono. Isonomìa Per Tacqueville la democrazia è l’eguaglianza delle condizioni. Il termine isonomìa, letteralmente “eguaglianza (iso-) di legge (-nomìa)” è eguaglianza di fronte alla legge. Secondo Jean-Pierre Vernant la nozione di isonomìa suggerisce della democrazia un’immagine corrispondente a un cerchio, in cui tutti i punti della circonferenza (gli individui) sono equidistanti dal centro, luogo dove risiede il potere, contrapposta al modello a piramide cui corrisponde l’immagine delle monarchie orientali. Per gli ateniesi è l’eguaglianza di diritti politici di tutti i cittadini. Finley ricorda che agli inizi del V secolo fu coniato un altro termine assunto nell’uso come sinonimo di democrazia, isogorìa, che precisamente significa libertà di parola. Problemi di eguaglianza. Eguaglianza è un concetto indeterminato, è un genus che contiene infinite species (forme), e perciò ha mille volti. L’eguaglianza è semplicemente una relazione tra due o più termini. Quale sia la dimensione dell’eguaglianza pertinente alla democrazia, rispondendo alle domande: eguaglianza tra chi? Ed eguaglianza in che cosa? Il giudizio di eguaglianza ha una stretta connessione con il problema dell’appartenenza di uno e più enti singoli a un genere universale. Un giudizio di eguaglianza tra enti singoli considerati in quanto membri di un determinato genere non indica una relazione reale, pratica, tra questi singoli, ma soltanto una relazione puramente ideale o teorica. Consideriamo A e B come uomini, la relazione che affermiamo esserci tra A e B è si l’eguaglianza di A e B ma l’eguaglianza in sé o per noi, non perciò l’eguaglianza è anche la relazione che c’è praticamente tra A e B in ogni circostanza concreta. Quella relazione di eguaglianza non descrive il loro trattarsi da eguagli è semplicemente il risultato dell’operazione mentale mediante la quale noi consideriamo entrambi i soggetti appartenenti ad un medesimo genere, ovvero come elementi della stessa classe. Il giudizio di eguaglianza tra due enti fondato sul riferimento di entrambi a un medesimo genere universale non è di per sé un giudizio di valore, semplicemente riconosce che tanto A quanto B rappresentano di fatto i requisiti per far parte della stessa classe. Dunque, se il concetto di uomo contiene in sé un valore, allora

dal giudizio di eguaglianza tra gli uomini discende la prescrizione di trattarli come eguali, ossia di considerare e rispettare in ciascun uomo il valore che esso porta in sé al pari di ogni altro uomo. L’eguaglianza democratica e la sua giustificazione. La democrazia è quel regime in cui tutti i membri di una determinata comunità sono considerati eguali nella partecipazione al potere politico. È facile però individuare che almeno una classe di residenti, ad esempio i non maggiorenni, non contribuiscono alla formazione del potere politico, insomma quindi non tutti posso partecipare alle decisioni politiche, neppure in democrazia. Bobbio infatti da volutamente una definizione minima di democrazia vaga dove parala di attribuzione del potere ad un numero molto alto di membri del gruppo. Per capire chi ha il diritto di esercitare tale diritto-potere bisogna capire chi è il cittadino. Per Aristotele si tratta di sapere se vi sia differenza tra uomo e cittadino, ovvero tra l’insieme di uomini che convivono in una collettività, su un determinato territorio, e l’insieme dei cittadini che partecipano all’elaborazione delle decisioni politiche valide su tutto quel territorio. La città democratica antica conosceva molte restrizioni al riguardo: nella maggior parte delle ipotesi soltanto i liberi maschi adulti residenti e autoctoni avevano il titolo di cittadini, mentre la democrazia moderna si caratterizza per l’universalizzazione del diritto di partecipazione politica a tutti i membri adulti della comunità, riconosciuti come inclusi nel tessuto sociale. Tra i tempi antichi e i nostri sono quindi cadute due grandi limitazioni quelle secondo cui il cittadino poteva essere soltanto un individuo maschio e libero. Sia nel suffragio universale, sia nel caso del diritto politico limitato la democrazia consiste nell’attribuzione a ogni testa un voto, cioè di una quota eguale di partecipazione al processo decisionale politico, questa attribuzione egualitaria viene giustificata in base al riconoscimento che i giudizi, i pareri e gli orientamenti politici di tutti gli individui considerati hanno eguale dignità, questa presupposizione si fonda a sua volta sull’assunzione che eventuali differenze di ceto sociale non influiscono sulla capacità di giudizio e deliberazione, ovvero sulla dignità degli individui. Questo è il fondamento indispensabile della democrazia nel suo concetto. La dottrina di Protagora esprime la convinzione della distribuzione a tutti gli uomini indistintamente della competenza in materia politica, è ritenuto giusto che il consiglio di chiunque, sulle cose della città debba essere ascoltato quanto quello di ogni altro. Per Aristotele la democrazia è il regime dove vige l’eguaglianza e quindi stabilisce che i poveri non debbano avere meno potere dei ricchi. Questa visone coincide con quella di Kelsen, secondo cui una forma di governo è democratica quando tutti i destinatari delle leggi partecipano egualmente alla loro produzione. La giustificazione di questa regola di eguaglianza democratica potrebbe essere rintracciata in Aristotele in cui tutti i cittadini capaci di intendere i comandi contenuti nelle decisioni politiche sono capaci di deliberare in materia politica, dal momento che nell’obbedire di apprende a comandare, ovvero si diventa in grado di farlo. Vi è anche eguale eleggibilità delle cariche pubbliche, ciò che gli antichi chiamavano isotimia, corrisponde al principio democratico moderno della formale accessibilità per tutti senza distinzioni di censo e classe nei ruoli istituzionali. Nell’apologia della democrazia che Tucidide attribuisce a Pericle si sottolinea che chiunque sia in grado di occuparsi dei propri interessi personali è anche in grado di occuparsi di politica, ovvero dell’interesse pubblico che è l’interesse di tutti. L’individuo come principio della democrazia, antica e moderna L’analisi dell’eguaglianza come sostantivo della democrazia ci ha condotti a identificare quello che Bovero chiama il principio della democrazia: ovvero il fondamento nel senso di presupposto e punto di partenza ineludibile della democrazia è l’individuo soggetto di volontà razionale. Il problema della democrazia e di ogni forma di governo è quello di giungere a una decisione collettiva univoca, cioè a una volontà unica, ridurre le molte volontà individuali a una volontà collettiva o generale. In democrazia sembra che ogni individuo debba poter riconoscere come propria la volontà generale, in quanto ha contribuito come cittadino alla sua formazione, in questo senso all’individuo razionale come cittadino attivo è stata riconosciuta la dote esclusiva della libertà come autonomia detta anche libertà positiva o politica, come diceva Constant libertà degli antichi. Torniamo sul primo dei caratteri

essenziali del concetto elementare di democrazia, l’eguaglianza tra tutti gli individui cui sono rivolte le decisioni collettive nel diritto-potere di partecipare a tali decisioni, e valutare se convenga bene a entrambe le forme di democrazia. Guardando alla prima dimensione di tale eguaglianza, ovvero ai soggetti tra i quali essa deve valere, si può sostenere che la democrazia antica non è propriamente tale perché esclude dall’ambito degli eguali un gran numero di individui, principalmente gli schiavi e le donne. Nella prospettiva antropologica degli antichi, gli schiavi e le donne rientrano nell’ambito per natura inegualitario, essi sono perciò esclusi dallo spazio pubblico, dalla collettività politica. Nel trattare i poveri come eguali ricchi, riconoscendo gli uni soggetti politici attivi al pari degli altri, in quanto tutti egualmente presupposti come individui razionali sta la differenza specifica della democrazia. Si può dire che soltanto l’attribuzione del diritto di voto senza distinzioni di ceto e di censo ha adeguato la democrazia moderna allo spirito della democrazia antica. I membri della collettività, infine, sono eguali nel diritto-potere di partecipare alle decisioni collettive, ma la democrazia dei moderni sembri non rispettare pienamente il proprio nome in quanto i cittadini moderni non partecipano alle decisioni politiche se non eleggendo rappresentanti che decidono al loro posto. In breve quella moderna non sarebbe propriamente democrazia perché elettiva e rappresentativa. Il perno del sistema che oggi chiamiamo democratico è l’elezione, non l’elezione pura e semplice, ma l’interazione dell’elezione che contiene in se la possibilità di rielezione o di revoca. Mentre la semplice elezione dei governanti, cioè la designazione ai ruoli decisivi, è un modo del giudizio su uomini, su chi sia il migliore o il più adatto a decidere. Nella democrazia rappresentativa tutti gli individui membri della collettività possono partecipare in quanto cittadini al processo decisionale, avendo nel diritto di voto il potere di orientarne il corso. Rispetto alla democrazia diretta ciò che cambia non è tanto l’eguaglianza nel diritto di partecipare alle decisioni, quanto la struttura del processo decisionale. Dal cerchio alla piramide La figura del cerchio, suggerita da Vernant, non è più una rappresentazione adeguata per la democrazia dei moderni. Il potere decisionale di partenza rimane bensì distribuito egualmente tra i cittadini, ma da questo si stacca e si distanzia il potere di decisione ultima, in quanto esso non è più al centro, cioè sullo stesso piano dei cittadini, alla portata di tutti, ma è spostato in alto, in un vertice, occupato soltanto da alcuni. Tutto il sistema quindi viene ad assomigliare ad una piramide. Se la piramide rappresenta un processo decisionale a più gradi questo può essere percorso in due sensi: dall’alto verso il basso o dal basso verso l’alto. L’autocrazia si identifica con il processo discendente, dove il principio è nel vertice e che attraverso una serie di investiture l’autocrate dall’alto procede fino al basso. La democrazia rappresentativa moderna si identifica con il processo ascendente, dove il principio è alla base, è nella volontà degli individui concepiti come soggetti razionali autonomi, e attraverso un sistema di designazioni dal basso procede sino al vertice, cioè sino agli organi abilitati a prendere le decisioni collettive finali, il cui orientamento complessivo deriva e dipende dalla somma delle decisioni iniziali degli individui, espresse nel momento elettorale. Ma la rappresentazione a piramide del processo decisionale ascendente mette in evidenza altre caratteristiche della democrazia moderna:  In primo luogo, i molteplici piani intermedi che si inseriscono tra la base e il vertice vengono occupati da organizzazioni (partiti ecc.) i cui membri sono più vicini al momento culminante della decisione politica e quindi in grado di influire maggiormente sul suo contenuto.  In secondo luogo, nel risalire i diversi piani l’orientamento di base dato dalle decisioni iniziali dei cittadini elettori può essere deviato o distorto, e l’intero corso decisionale può mutare direzione. In questo caso gli individui non potranno riconoscere come riconducibile alle proprie volontà la volontà formulata nelle decisioni di vertice....


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