Saggio finale per corso docenti PDF

Title Saggio finale per corso docenti
Author Roberta Cannata
Course Inglese
Institution Università per Stranieri Dante Alighieri di Reggio Calabria
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Saggio finaleAccuratezza professionaleCollegato ai seguenti moduli:2. Metodologie a supporto della didattica4. Il CLIL nell’insegnamento delle discipline storicheRoberta CannataE’ stato scelto come titolo di questo saggio “accuratezza professionale”, per evidenziare quanto sia influente la formazion...


Description

Saggio finale Accuratezza professionale

Collegato ai seguenti moduli: 2. Metodologie a supporto della didattica 4. Il CLIL nell’insegnamento delle discipline storiche

Roberta Cannata

E’ stato scelto come titolo di questo saggio “accuratezza professionale”, per evidenziare quanto sia influente la formazione personale di ogni soggetto, in questo caso specifico riferita all’ambito scolastico. Per far sì che l’agire didattico sia funzionale, è opportuno ci sia “accuratezza”, definita dal dizionario come “cura attenta e assidua nel compiere qualche cosa. Di un lavoro, di un’opera, esecuzione accurata1”, specialmente da parte degli attori coinvolti nel processo educativo, tra cui i docenti. Quest’ultimi dovrebbero rispettare il naturale sviluppo del bambino e adeguarne contenuti, strumenti e metodi in base alle tappe della crescita dell’alunno stesso. Tale concetto è sostenuto da Comenio, un autore che ha fornito un notevole contributo nel panorama pedagogico, il quale sosteneva quanto l’arte d’insegnare fosse strettamente connessa con la natura proprio perché riceveva da quest’ultima le regole alle quali attenersi. In conclusione, il processo educativo dovrebbe ripetere l’ordine naturale, riconoscendo le specificità dell’età di ogni soggetto e questo lo renderebbe produttivo. Inoltre, è proprio Comenio il primo ad elaborare un metodo per rinnovare la scuola e rendere l’apprendimento scolastico accessibile a tutti. Il suo obiettivo era quello di superare il verbalismo della scuola, rendendola meno noiosa, proponendo un insegnamento basato principalmente sull’esperienza, calibrato sul procedimento naturale dei bambini, i quali prima utilizzano i sensi esterni e solo in un secondo momento l’immaginazione e la memoria appartenenti ai sensi interni. Questo pone le basi per stili di insegnamento in cui il coinvolgimento degli alunni è caratterizzato, ad esempio, dal learning by doing. A tal proposito Piaget afferma: “L'intelligenza è un sistema di operazioni... L'operazione non è altro che azione: un'azione reale, ma interiorizzata, divenuta reversibile. Perché il bambino giunga a combinare delle operazioni, si tratti di operazioni numeriche o di operazioni spaziali, è necessario che abbia manipolato, è necessario che abbia agito, sperimentato non solo su disegni ma su un materiale reale, su oggetti fisici” (1956, p.31) L’importante è che non si dia per scontato che i bambini imparino soltanto facendo, ma che successivamente riflettano su quanto svolto. Tutto ciò può avvenire soltanto se gli studenti sono spinti da una forte motivazione e se il docente riesca a suscitare loro il desiderio di apprendere. E’ anche in funzione di questo che la metodologia CLIL, se ben strutturata, può essere d’aiuto per l’acquisizione di una nuova lingua straniera. Questo percorso consiste nell’insegnamento “con e attraverso una lingua straniera” (European Commission, 2006, 8). Il CLIL cerca di utilizzare una lingua straniera come lingua veicolare nell’insegnamento di una materia non linguistica, cercando contemporaneamente di potenziare le capacità linguistiche di quella lingua. Di conseguenza, l’insegnante riveste un ruolo significativo in quanto deve scegliere le piste di approfondimento e di lavoro agganciandosi ai bisogni degli alunni, sfruttando ogni evento che 1 Vocabolario Treccani https://www.treccani.it/vocabolario/accuratezza/ 1

potrebbe contenere possibili sviluppi degni di interesse, sia per loro che per gli adulti stessi. Uno dei compiti fondamentali del progettare, quindi, consiste in questa operazione di selezione che affida una delle grandi responsabilità del fare educazione: “è all’adulto, infatti, che spetta il compito di costruire le proposte, come già la predisposizione di un contesto piuttosto che di un altro ben evidenza, perché seguire gli interessi dei bambini non significa vagabondare senza meta dietro ogni spunto di lavoro. Piuttosto, in un’ottica progettuale come quella che si intende qui delineare, si tratta di saper leggere e scegliere tra interessi e bisogni a tratti manifesti e in altri meno dichiarati, sapendo costruire situazioni capaci di far loro spazio, affinchè i bambini abbiano occasioni e modi per esplorarli in molteplici direzioni.” (Guerra, 2013, pp.17-19) A maggior ragione per un percorso così innovativo come quello del CLIL è necessario agganciarlo in modo funzionale alla programmazione della classe per l’annualità. E’ una metodologia che richiede a tutti gli attori coinvolti di mettersi in gioco, sia agli studenti che hanno diversi modi di apprendere sia ai docenti e ai loro stili. Infatti, soprattutto gli insegnanti, per instaurare una buona relazione con gli alunni devono avere una buona competenza sociale. Soltanto chi la possiede è in grado di sviluppare relazioni di sostegno e incoraggianti con i loro studenti, adottando comportamenti che promuovono la motivazione intrinseca alo studio, incoraggiano la cooperazione tra gli alunni e mettono in atto comportamenti prosociali che costituiscono un modello positivo per i bambini (Jennings, Greenberg, 2009). A tal proposito, nel corso del tempo gli psicologici hanno indagato quali effetti possano avere i diversi stili di leadership. Uno studio condotto da Lewin, Lippitt e White nel 1939 ha identificato tre stili e i loro effetti, essi sono: 1. LEADERSHIP AUTORITARIA: il docente autoritario è l’unico ad avere la responsabilità di poter prendere decisioni, lasciando agli allievi poco spazio per l’autonomia: era lui a dire cosa si doveva fare, come e quando; non si confrontava con la classe, la quale si sentiva continuamente valutata e criticata. L’effetto era che i bambini lavoravano bene soltanto se controllati dall’insegnante, senza il quale tendevano a bloccarsi. Tra loro manifestavano comportamenti aggressivi e litigiosi. 2. LEADERSHIP DEMOCRATICA: il docente si poneva come guida per il gruppo, mostrando interesse e comprensione per gli alunni; prendeva decisioni solo dopo essersi confrontato con la classe, condividendo regole e divisione dei compiti. Gli studenti lavoravano bene e autonomamente, mostrandosi collaborativi e poco aggressivi tra loro. 3. LEADERSHIP PERMISSIVA: il docente lasciava totale libertà agli alunni intervenendo solo se richiesto, essi potevano agire per conto proprio, stabilendo da soli i propri obiettivi e compiti. I bambini, però, erano poco produttivi, disorganizzati e litigiosi. 2

Come si può intuire l’adozione di una leadership piuttosto che un’altra ha delle ricadute sugli studenti, per questo motivo è importante l’insegnante rifletta sul proprio ruolo e si metta in gioco per migliorarlo. Inoltre, il modo in cui il docente interpreta il suo ruolo professionale – proprio a partire dalle sue competenze disciplinari, relazionali e organizzative – si dimostrerà in grado di determinare, o almeno influenzare, i percorsi educativi e didattici proposti agli allievi rendendoli più o meno coerenti e articolati, anche rispetto alla scelta delle attività, delle metodologie. Sintetizzando, il docente: -

Sarà responsabile della predisposizione dei contesti fisici e degli spazi, così come della scelta dei materiali idonei e vari;

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Avrà il ruolo di individuare compiti mirati che aprano al dialogo e alla riflessione e non al semplice fare (come sottolineato prima quando si accennava a Comenio), che coinvolgano il corpo e la mente, le strutture mentali e i processi socioaffettivi ed emotivi;

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Sarà chiamato a costruire un clima aperto e accettante in cui i discenti si sentano di poter esprimere opinioni e manifestare contrasti e conflitti così come mettere in gioco i loro vissuti più profondi;

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Dovrà essere in grado di condurre la ricerca e il confronto sui contenuti e i concetti trattati in modo che siano presi in esame gli aspetti e i nodi principali di quella porzione di sapere, guidando i ragazzi verso la schematizzazione di quegli stessi saperi che raramente gli alievi riescono a portare a termine in modo autonomo.

La natura laboratoriale della metodologia CLIL e lo specifico linguistico, infine, rendono necessarie altre tre condizioni preliminari: -

Stimolare l’interesse per una disciplina, veicolandola attraverso una lingua straniera, valorizzando sia i concetti che la lingua stessa;

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Collaborare con gli altri docenti: ci dovrebbe essere un team, per lo meno un accordo o un progetto fra il docente DNL (docente di disciplina non linguistica) e il docente di lingua straniera, possibilmente supportati dalla dirigenza e dal collegio dei docenti;

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Avere una certificazione linguistica di livello C1, o almeno B2 con impegno a conseguire il C1, e una preparazione metodologica universitaria, come un corso di perfezionamento o qualche altro corso di formazione e aggiornamento specifico. Questo perché il CLIL non consiste nel far lezione come se si fosse nello stesso ambiente linguistico della prima lingua, ma necessita di procedure specifiche.

Per quanto riguarda gli studenti e il loro modo di apprendere, gran parte dipende dallo stile di insegnamento adottato dal docente. La condizione per partecipare ad un percorso CLIL è che possiedano un livello linguistico pari o superiore al B2 delle certificazioni europee, anche per 3

questo motivo per le scuole dell’infanzia e della primaria è in fase di sperimentazione. Infatti, il MIUR definisce l’obbligatorietà dell’insegnamento di una disciplina in lingua straniera soltanto per l’ultimo anno dei licei e degli istituti tecnici. Ad eccezione dei licei linguistici, per i quali l’insegnamento è previsto a partire della classe terza in una lingua straniera e della classe quarta in un’altra lingua straniera. Per approfondire in modo adeguato questo saggio, è necessario spendere qualche parola anche per i diversi modi di apprendere e di quali strumenti possano servire per favorire questo processo. Di seguito riporterò alcuni esempi: 1. IL BRAINSTORMING: metodologia indicata esclusivamente alla ricerca del maggior numero di idee e ipotesi su situazioni problematiche o in via di precisazione, non adatta alla risoluzione di problemi con un’unica risposta. Stimola la creatività per scoprire un’infinita possibilità di risposte ai problemi che bisogna affrontare. In questo caso il docente si pone come guida, con la sua presenza mostra attenzione seria a quanto dice ogni bambino, non giudica né deride, garantisce i turni di parola, evitando la prevaricazione, insegna ad ascoltare, incentiva e sviluppa gli argomenti, rimanda a specchio e ripete. 2. LA DISCUSSIONE: metodologia in cui ci si confronta su un problema specifico, contenente uno scambio di opinioni e interpretazioni. Non dev’essere confusa con il brainstorming, in cui si tende principalmente ala rielaborazione e alla soluzione individuale di esperienze e problemi. In questo caso l’oggetto della valutazione del percorso di apprendimento è proprio la lingua orale, in cui il docente deve verificare le abilità argomentative. Alcuni insegnanti sottostimano i propri alunni pensando non siano in grado di sostenere un confronto di opinioni con i pari, con il timore che tale esperienza possa trasformarsi in un conflitto o in una perdita di tempo. In realtà, lo stesso pedagogista Dewey sostiene che la funzione dell’interazione sociale a scuola sia quella di educare alla condivisione e alla realizzazione di obiettivi comuni, quella che potremmo definire come pratica di democrazia. Pertanto, un percorso CLIL che usufruire di tale pratica è strettamente ricollegabile alla disciplina educazione civica, introdotta recentemente nelle scuole. 3. IL LAVORO DI GRUPPO: metodologia con potenziale educativo a patto che venga inserita all’interno di una progettazione più ampia di cui l’insegnante abbia ben chiari gli obiettivi e i ruoli dei soggetti coinvolti in ogni fase di sviluppo della proposta. Solo in questo caso il lavoro di gruppo acquisisce significato sia per il docente stesso che per gli allievi che, soprattutto nei momenti di maggior attivazione personale, maturano la consapevolezza che l’insegnante ha nella mente loro e il percorso, che sa delegare la propria autorità e lasciarli lavorare autonomamente, ma sa anche accompagnarli a riflettere su quanto fatto, favorendo 4

il radicamento delle esperienze nella storia di apprendimento dei ruppi e dei singoli. E’ necessario però che il docente si impegni nella conoscenza di ogni specifico gruppo classe che conduce. 4. IL ROLE PLAYING: è un’occasione per mettere in atto uno o più ruoli sui quali il gruppo si interessa per le più svariate motivazioni. La scelta del ruolo da parte dei membri de gruppo permette di sperimentare quelli che più interessano a ciascuno e garantisce quindi una maggiore significatività dell’esperienza formativa. Promuove un tipo di apprendimento per “insight (intuitivo)” sia individuale che di gruppo, grazie al confronto fra i diversi punti di vista, sia a livello cognitivo che emotivo, che può portare alla riformulazione del problema da cui il role playing ha preso inizio. Ha molti obiettivi tra cui: far praticare abilità e comportamenti non familiari, esplorare interazione da prospettive non conosciute, far provare esperienze emotive e cognitive fino a quel momento sconosciute, promuovendo così l’autoconsapevolezza. 5. L’AUTOBIOGRAFIA: più che una metodologia è un atteggiamento che indaga sul modo di apprendere e di insegnare. E’ caratterizzato da una scrittura fortemente espressiva, molto personale, efficace, non sempre valorizzata, ma penalizzata per i suoi errori grammaticali o ortografici. In realtà, in questo tipo di scrittura gli studenti mostrano in modo attivo la ricerca della chiarezza espositiva, perché quando si ha qualcosa da dire, soprattutto se personale, si cerca di dirlo in modo efficace. 6. LEARNING BY DOING: letteralmente tradotto come “imparare facendo”, introdotta dal pedagogista attivista Dewey, il quale sosteneva l’importanza dell’esperienza per l’apprendimento del fanciullo, ammettendo esistano esperienze controproducenti e deleterie per gli allievi. Pertanto, il docente deve analizzare in modo accurato cosa proporre, in modo tale che il percorso sia costruttivo per il processo di apprendimento. Rispetto al punto 6, riporterò un esempio nel prossimo paragrafo, così da rendere più chiaro quale potrebbe essere un percorso da proporre ai ragazzi.

Imparare dall’esperienza: la Classe di Bayes e il metodo della flipped classroom

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Sitografia 10

https://www.treccani.it/vocabolario/accuratezza/ https://www.edscuola.it/archivio/didattica/learning.html https://www.miur.gov.it/contenuti-in-lingua-straniera-clil

Bibliografia Barone, L., 2019. Manuale di psicologia dello sviluppo. Roma: Carocci. Ferri, P. (2013). La scuola 2.0: verso una didattica aumentata dalle tecnologie. Guerra, M., 2013. Progettare esperienze e relazioni. Parma: Edizioni junior. Monducci, F., 2018. Insegnare storia. Torino: UTET Università. Nigris, E., Teruggi, L. and Zuccoli, F., 2016. Didattica generale. Milano: Pearson Italia. Nigris, E., Zuccoli, F. and Negri, S., 2011. Esperienza e didattica. Roma: Carocci. PIAGET J., Avviamento al calcolo, la Nuova Italia, Firenze, 1956, p. 31.

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