Sbobine procedura penale caprioli PDF

Title Sbobine procedura penale caprioli
Author Bea Asso
Course Elementi di diritto e procedura penale
Institution Università degli Studi di Torino
Pages 232
File Size 4.9 MB
File Type PDF
Total Downloads 4
Total Views 146

Summary

appunti procedura penale completamente sostitutivi...


Description

Introduzione “tecnica” del corso Nel corso di diritto processuale penale 2 verranno affrontate alcune tematiche che appartengono a due grandi sottosistemi, che sono: il sistema delle misure cautelari, quello delle impugnazioni e quello dell’esecuzione penale. Noi spiegheremo tutto il resto, nel corso di diritto processuale penale 1, e in particolare faremo tutta la parte c.d. statica del corso, cioè tutta la disciplina che riguarda il giudice, gli atti, le prove (i primi tre libri del codice), e poi tutta la parte dinamica, come si articola, come si svolge il processo penale, a partire dall’inizio, dalle indagini preliminari, fino alla fine, fino alla sentenza di primo grado. Oggetto del nostro corso Ogni professore dovrebbe iniziare il corso cercando di suscitare un interesse ai suoi studenti per la materia che sarà trattata, ma nel mio caso è semplicissimo: chi è che non è interessato, affascinato, dal processo penale? Conosciamo tutti i deliri macabri di certi programmi televisivi di approfondimento giornalistico sui grandi casi giudiziari del momento (delitto di Cogne, omicidio di Sara Scazzi, delitto di Meredith Kercher), li vediamo tutti i giorni, ma guardate non è affatto un fenomeno nuovo questo interesse spasmodico dell’opinione pubblica sui processi penali: leggevo qualche giorno fa, su una bancarella di Bologna, questo opuscolo con il resoconto di un processo di Corte d’Assise, celebrato qui a Torino alla fine dell’ottocento; interessantissimo processo, con niente meno che il giovanissimo Cesare Lombroso, consulente del pubblico ministero, di una donna che aveva fatto uccidere da un sicario il proprio amante che le avrebbe appena rivelato che si sarebbe sposato e l’avrebbe lasciata. Ebbene da questo resoconto risulta che c’erano, siamo alla fine dell’ottocento, code fino all’alba per trovare posto nell’aula d’udienza per assistere al processo, la gente si accalcava, dovevano intervenire i carabinieri per ristabilire l’ordine; dopodiché il resoconto giornaliero dell’udienza penale era comunicato in dispense che andavano a ruba, proprio come adesso sono seguitissimi questi programmi di approfondimento giornalistico. Pensiamo all’interesse che han sempre dimostrato la letteratura, il cinema nei confronti del processo penale: non parlo solo delle fiction di genere poliziesca, legal thriller e simili, i quali sono utili a scopo didattico; lo vedremo il prossimo anno nei confronti del ne bis in idem, per spiegare un articolo di “medesimo fatto” dell’art 649 del cpp , rubricato “divieto di un secondo giudizio per il medesimo fatto”: non c’è modo migliore per spiegarlo, almeno in alcuni suoi aspetti problematici, che richiamando due film americani degli anni 1990/2000 che sono “Il caso di Thomas Crawford” ed un altro intitolato “Colpevole di innocenza”, dove sono affrontate due vicende che illuminano con forza due problemi particolari che si fondano nel concetto di medesimo fatto. Non parlo solo di questi “film di bassa lega”, ma anche di letteratura dell’ottocento, del novecento, come il famoso processo di Kafka, insomma alta, altissima letteratura che ha sempre attinto dal tema del processo penale. Perché tutto questo interesse? Certo il fascino del male, il fascino del delitto, quindi la funzione catartica che ha il processo, la funzione di ricomposizione rituale dell’ordine cosmico violato con il delitto, tutto questo c’è naturalmente, ma c’è anche qualcosa di più. Cominciamo col dire che il processo penale è un formidabile catalizzatore del sapere umano in ogni sua forma: c’è tutto nel processo penale, ci sono connessioni, intrecci, legami fortissimi con moltissimi ambiti del sapere umano: l’antropologia, la religione, la filosofia della scienza poiché la scienza è una macchina cognitiva, la politica naturalmente, sempre di più ormai col dilagare delle prove scientifiche anche le scienze “dure” come la biologia, la chimica con la prova del Dna, la psicologia della testimonianza è un tema fondamentale, perfino la matematica, la letteratura, il giornalismo: c’è tutto e parleremo di tutto nel corso delle nostre lezioni; come si fa a non avere interesse in alcuni di questi?

Credo che il processo penale susciti così interesse perché è il luogo in cui si consumano, tra l’altro in unità di tempo e luogo, come nella tragedia greca, tre drammi fondamentali: un dramma umano, uno politico ed uno filosofico. • Il dramma umano è quello dell’imputato, uno dei drammi umani che si vivono nel processo penale, poi c’è quello del giudice che deve giudicare della vita delle persone, c’è il dramma della persona offesa, o dei parenti della vittima dell’omicidio che chiedono giustizia. Fortissime passioni si agitano nel processo umano, questo non può non suscitare interesse, ma il dramma fondamentale è quello dell’imputato : un grande giurista, Francesco Carmelutti sostiene che “il processo è esso stesso una pena” ed è vero, è una considerazione anche banale, anche scontata, che risale niente meno alle Confessioni di Agostino e viene poi ripresa da lui stesso; è un po’ il paradosso del processo penale: per scoprire se il soggetto debba essere assoggettato ad una pena, gli si infligge già in realtà una grande sofferenza, perché è vero che non c’è violenza fisica sull’imputato ma la violenza psicologica è fortissima; è una sventura che si abbatte su chi ne è colpito, colpevole o innocente non importa: c’è non soltanto il fatto che nel processo penale l’imputato venga privato della sua libertà personale e che venga violato dei suoi diritti fondamentali, c’è prima di tutto il fatto che si venga giudicati pubblicamente, c’è questa profonda mortificazione che deriva dall’essere giudicati, essere oggetto di un giudizio pubblico (subire l’umiliazione del processo). Un grande giurista cattolico, Salvatore Satta, diceva che perfino Gesù Cristo per espiare le colpe degli uomini ha voluto, non soltanto essere ucciso, ma anche essere processato prima di essere ucciso; come dire, subire l’umiliazione del processo prima ancora dell’aggressione della crocifissione. Il processo è fonte di sofferenza, di afflizione, a prescindere dal suo esito, a prescindere dalla condanna: il processo tende sempre più ad assumere su di sé le funzioni della pena; il processo arriva dove non arriva la pena (si allude, in particolare, alla dimensione ormai patologica, che ha nel nostro processo penale il fenomeno del ricorso alla custodia cautelare in carcere, lo saprete: si può finire in carcere anche in corso di processo per ragioni di cautela che sono: pericolo di fuga, pericolo di inquinamento della prova e pericolo di commissione di ulteriori reati. Ebbene il ricorso a questo istituto della custodia cautelare è talmente ampio che su circa 75mila detenuti in Italia il 50-60% erano dei detenuti in custodia cautelare, in attesa di giudizio, e questo perché, una delle ragioni fondamentali è che lo strumento della pena non è in grado di soddisfare le esigenze della collettività di vedere sanzionata una condotta illecita; la pena quando arriva, arriva molto tardi, se il reato non va in prescrizione, sempre più spesso la pena detentiva non viene eseguita perché si applicano subito le misure alternative alla detenzione come l’affidamento in prova, la detenzione domiciliare, e allora questo bisogno della collettività per constatare una reazione dello Stato di fronte ai comportamenti illeciti viene sempre di più soddisfatto con le misure cautelari. La custodia cautelare finisce per sostituirsi alla pena dal punto di vista delle sue funzioni, cioè assume una funzione retributiva, nei confronti di un soggetto che non è ancora stato definito colpevole e questo è naturalmente gravissimo ciò rende il tutto patologico. Stiamo ragionando sul rapporto tra processo e pena: gli strumenti del processo sempre più assumono su di sé le funzioni che dovrebbe svolgere la pena. Questo fa parte di un fenomeno perfino più ampio dei rapporti tra diritto penale sostanziale e diritto processuale: ci sono le norme penali sostanziali che promettono una sanzione conseguenti ad un comportamento illecito, le quali però per essere applicate han bisogno del processo; quindi l’impostazione tradizionale è quella di una funzione servente del processo e del diritto processuale penale rispetto al

diritto penale sostanziale. Questo rapporto di forze si sta lentamente rovesciando; è sempre più il diritto processuale penale che detta le regole al diritto penale sostanziale, il legislatore penale processuale che detta le regole al legislatore penale sostanziale: un famoso modo di esprimere il concetto, è una frase dello studioso Tullio Padovani (penalista) il quale dice “il processo penale è diventato da servo muto a socio tiranno del diritto penale sostanziale”; prima era vassallo e adesso lo condiziona, lo tiranneggia. Vi faccio solo un esempio per darvi l’idea di che cosa stiamo parlando: le misure cautelari si possono applicare in ragione della gravità del reato, e allora si assiste a questo fenomeno: certe pene vengono aggravate, certi reati vengono ritenuti meritevoli di una pena più severa, perché questo rende applicabile la custodia cautelare a quei reati: un legislatore penale che interviene sulla fattispecie penale aggravando le pene, lo fa avendo in mente il processo, l’utilizzo di quella norma nel processo; capite cosa intendo quando dico che il diritto penale si piega alle esigenze del processo. Processo che svolge da solo, in prima persona, le funzioni che dovrebbe svolgere la pena. tutti avrete sentito parlare di “ Tangentopoli” di quella stagione di inchieste giudiziarie nei confronti di pubblici ufficiali per reati contro la pubblica amministrazione, corruzione e concussione, con un’autentica tempesta giudiziaria che si abbatté sulla politica italiana, che portò al crollo della Prima Repubblica, con decine e decine di amministratori pubblici inquisiti e sottoposti a misure cautelari, alcuni di essi suicidi in carcere durante la custodia cautelare; ebbene di tutti queste decine di imputati, e moltissime condanne, due finirono in carcere per espiazione della pena, perché per il resto vi furono patteggiamenti, sospensione della pena ecc, il carcere usato come sospensione della pena inflitta. Tutta questa riflessione nasce dal dramma personale dell’imputato. Il dramma personale si consuma perché il processo ha in sé un grande contenuto afflittivo gravissimo, perché la pena non riesce a svolgere le funzioni che dovrebbe svolgere. • Per dramma politico che si consuma nel processo penale intendiamo il conflitto tra individuo e Stato che si fa più forte e drammatico: il processo penale è il luogo in cui lo stato brutalizza l’individuo, lo violenta, gli toglie la libertà personale, gli toglie la dignità, lo perquisisce, lo intercetta, lo priva dei suoi diritti fondamentali nel corso del processo. In diritto costituzionale esiste il blocco delle tre inviolabilità, i tre diritti fondamentali che la nostra Carta Costituzionale definisce inviolabili: libertà personale, liberà di domicilio, libertà e segretezza delle comunicazioni che possono essere soltanto “limitati” per atto motivato dell’autorità giudiziaria, soltanto nei casi previsti dalla legge, quindi abbiamo una riserva di legge e una riserva di giurisdizione (art 13,14,15). Il legislatore costituzionale ha in mente il processo penale, quando parla di atto motivato dell’autorità giudiziaria, perché nel processo penale si rischia di vedere violata la propria liberà personale, libertà di domicilio, segretezza delle comunicazioni. L’equilibrio che si instaura all’interno di un ordinamento tra la tutela dei diritti fondamentali e le esigenze proprie del processo, l’accertamento dei fatti, la punizione del colpevole, è uno dei tratti caratteristici del livello di civiltà che si instaura nel popolo; come si concilino le esigenze di accertamento dei reati e l’esigenza di tutela dei diritti individuali della persona coinvolta nel procedimento penale è il metro della misura della civiltà di un popolo. ll dramma politico che è il conflitto di accertamento dei fatti , della punizione dei colpevoli e dei diritti individuali. Il processo penale è da questo p.d.v. anche teatro di conflitti durissimi tra potere giudiziario e potere politico; voi lo sapete che i giudici sono soggetti soltanto alla legge e non rispondono del proprio operato politicamente, così come i pubblici ministeri, ma il loro operato ha delle conseguenze politiche fortissime: pensiamo al caso “Tangentopoli” o ai processi a carico del Presidente del Consiglio. Il potere che ha l’esercizio della funzione giurisdizionale di incidere sulle sorti politiche è fonte di conflitti istituzionali.

Noi veniamo da una stagione in cui si è consumata una vera e propria guerra tra politica e magistratura sul terreno del processo penale; il governo e il parlamento hanno reagito con lo strumento, a loro disposizione, della legge, modificando in maniera a volte inaccettabile le regole del processo penale, in uno stato democratico, modificandole in corso di processo stesso. Succedeva questo, che c’erano processi in corso a carico dell’ex Presidente del Consiglio e il Parlamento interveniva modificando le regole sulla competenza del processo, conflitti durissimi sulla carne viva del processo penale. • Infine c’è quello che abbiamo definito il dramma filosofico, quello che davvero inchioda l’opinione pubblica agli schermi televisivi o induceva i nostri antenati a fare lunghe code per assistere al processo: il dramma dell’accertamento della verità, il processo è una macchina cognitiva, è un enorme strumento di accertamento dei fatti. Ciò che può essere replicato in termini di verità sono solo delle affermazioni, degli enunciati; i fatti non sono veri o falsi, i fatti esistono o non esistono; ciò che può essere vero o falso può essere l’affermazione che si fa su di un fatto. Il processo penale ha proprio lo scopo di verificare se l’affermazione contenuta nell’imputazione è vera o non vera; se è vera quella affermazione allora si condanna. Ma questo è un dramma perché la verità non la si raggiunge mai, allora quale grado di accertamento dei fatti dobbiamo pretendere dal giudice perché si possa arrivare alla sentenza di condanna, perché si possa privare una persona della libertà personale, quand’è che possiamo dire accertato un fatto? La mamma di quello sventurato bambino di Cogne, è stata veramente lei a commettere quel gesto folle? La legge cerca di aiutarci dicendo che la sentenza di condanna può essere pronunciata soltanto quando la colpevolezza può essere provata oltre ogni ragionevole dubbio: quando un giudizio di condanna può dirsi razionalmente giustificato? Questo è un problema enorme e drammatico che innerva tutto quel sottosistema del diritto processuale penale, che è il diritto delle prove penali. Questo è il terzo elemento che suscita interesse, che suscita il desiderio di sapere come sono andati i fatti, che cosa è successo, il desiderio di catturare quel fatto di passato che ormai si è perso, deve essere faticosamente ricostruito attraverso l’attività delle prove, della dialettica delle parti. Definizione di processo penale: Il processo penale lo definiamo come una serie di atti organizzati e formalizzati (quando dico formalizzati intendo da compiere nel rispetto di determinate forme stabilite dalla legge, di forme legali), che hanno origine da una imputazione e che si chiudono con una sentenza: l’art. 111 della Cost che come vedremo contiene il catalogo dei principi fondamentali del processo, si apre con l’affermazione che “il giusto processo è solo quello regolato dalla legge”, afferma il fondamentale valore di legalità del processo. Quindi l’atto iniziale del processo è l’imputazione, l’atto di conclusione è una sentenza; attenzione perché il processo si può concludere con diversi tipi di sentenza e in diversi momenti del processo: sentenza di non luogo a procedere, sentenza pre-dibattimentale, sentenza dibattimentale, sono tutte conclusioni del processo che possono intervenire in diversi momenti del processo. C’è un caso in cui il processo si conclude con il decreto penale di condanna, uno dei riti alternativi previsti dal codice rispetto alle formule ordinarie del processo, detto anche procedimento monitorio o procedimento per decreto penale: in questo caso il processo nasce da una imputazione ma si conclude NON con una condanna MA con un atto decisionale che si chiama decreto penale, il quale non contrasta con la definizione che vi ho dato, perché al di là della qualificazione formale di decreto, esso è a tutti gli effetti una sentenza, e quindi soggiace alle regole generali dettate per la sentenza. L’imputazione è invece l’attribuzione formale di un fatto di reato ad una determinata persona fisica,

formulata in via ipotetica dal pubblico ministero, il quale ipotizza l’imputazione e sulla quale dovrà pronunciarsi il giudice. Lezione 2: 29/09/2015 Allora abbiamo introdotto il concetto stesso di processo penale: sequenza di atti organizzati e formalizzati che muovono da un’ imputazione e sfociano in una sentenza. Quindi abbiamo individuato nell’imputazione e nella sentenza il polo iniziale e il polo conclusivo del processo. Dal concetto di processo è bene immediatamente tenere distinto il concetto di procedimento. Prima dell’entrata in vigore del codice attuale, che risale al 1988, i due concetti erano usati in maniera sostanzialmente indifferenziata nel codice,non si distinguevano i due concetti. Era una questione tipicamente dottrinale la distinzione. Con il codice del 1988 la distinzione è molto chiara nel lessico del legislatore perché è fondata su un criterio di natura cronologica,: fino ad un certo punto siamo nell’ambito del procedimento, da un certo punto in avanti comincia il processo. Abbiamo detto che l’atto iniziale del processo è l’ imputazione ed è un atto che compete al PM,il quale è un magistrato che ha il compito di sostenere l’accusa nel procedimento penale. Quando il PM formula l’imputazione compie un atto che la legge definisce atto di esercizio dell’azione penale. L’azione penale si esercita formulando l’imputazione (art.405). Nel momento in cui il PM decide di formulare l’imputazione esercita l’azione penale. Formulare l’imputazione è un atto concreto, è il momento nel quale il PM mette nero su bianco la sua ipotesi di accusa. → quindi esercitare l’azione penale vuol dire formulare un’imputazione. Quand’è che il PM formula l’imputazione? Il PM riceve la notizia di reato, una querela o una denuncia, ma non è che immediatamente formula l’imputazione. Per decidere se è il caso o meno di formulare l’imputazione, di esercitare l’azione penale, cioè di richiedere l’intervento dell’organo giurisdizionale su quell’imputazione,il PM svolge una serie di attività investigative per vagliare la fondatezza di quella notizia di reato. Questa attività investigativa che segue la ricezione della notizia di reato, ma precede la formulazione dell’imputazione si chiama indagini preliminari: è un’attività organizzata, formalizzata e regolata dalla legge, ma non è ancora processo perché precede la formulazione dell’imputazione. ➔ distinzione fondamentale procedimento-processo: tutta quell’attività che precede la formulazione dell’imputazione (fase delle indagini preliminari) è procedimento, nel momento il cui il PM decide di esercitare l’azione penale, cioè di formulare l’imputazione, a quel punto inizia il processo. Dove c’è imputazione ci sarà sentenza. Cosa succede se il PM riceve la notizia di reato, svolge un serie di indagini e al termine delle indagini non ritiene di esercitare l’azione penale (ad es. perchè comprende che quella denuncia o quella querela era infondata,quindi non c’è ragione di instaurare un processo, di formulare l’imputazione, di esercitare l’azione penale)? ➔ Il Pubblico Ministero richiede l’archiviazione della notizia di reato, la richiesta di archiviazione è l’alternativa alla formulazione dell’imputazione, è la scelta del PM di non esercitare l’azione penale perché non ritiene sussistenti i presupposti. Un errore abbastanza frequente e gravissimo è l’idea che la procedura di archiviazione si possa concludere con una sentenza, cioè la sentenza di archiviazione. La sentenza di archiviazione è una BESTEMMIA!

L’archiviazione è un decreto, NON può essere sentenza perché NON c’è processo, non c’è stato l’esercizio dell’azione penale, non è mai stato stimolato l’esercizio della...


Similar Free PDFs