Sistemi elettorali - Riassunto Manuale breve diritto costituzionale PDF

Title Sistemi elettorali - Riassunto Manuale breve diritto costituzionale
Course Diritto costituzionale
Institution Università di Bologna
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SISTEMI ELETTORALI La previsione di norme e procedure istituzionali che disciplinino lo svolgimento regolare e periodico di consultazioni elettorali libere, competitive e pluraliste, nonché l’esistenza di un legame tra l’esito di tali consultazioni e le scelte politiche adottate dagli organi di governo, sono due tra i requisiti principali per qualificare un sistema politico e istituzionale come democratico. Con l’espressione “sistema elettorale” si indica l’insieme delle regole e procedure in basse alle quali i voti espressi vengono trasformati in seggi. Con l’espressione “diritto elettorale” ci si riferisce al complesso di norme legate all’intero svolgimento del processo elettorale, quali ad esempio il diritto di elettorato attivo e passivo e le modalità di attribuzione dei seggi. I sistemi elettorali vengono distinti in due famiglie, in mezzo alle quali esiste una gamma quasi infinita di formule miste:

- “sistema proporzionale”: descritto come il sistema potenzialmente democratico poiché riproduce la realtà in modo fedele. Proprio a questa sua apertura, però, si collega la principale critica: il favorire la proliferazione dei partiti, incoraggiati da una limitata soglia per l’accesso alla rappresentanza, aspetto che può generare instabilità governativa e di sistema. Tali sistemi sono distinti in modelli diversi in base alle modalità di riparto dei voti: • “metodo d’Hondt”: avvantaggia i soggetti maggiori • “metodo Saint-Lagüe”: avvantaggia le forze intermedie, a scapito delle maggiori • “sistema dei più alti resti”: avvantaggia le forze minori, riuscendo a garantire l’accesso alla rappresentanza proprio grazie al meccanismo del recupero dei resti.

- “sistema maggioritario”: visto come un meccanismo in grado di semplificare il panorama politico, favorendo l’aggregazione tra le diverse forze in competizione in due coalizioni o soggetti principali, con un impatto positivo sulla stabilità politica e sull’efficienza decisionale del sistema; i critici delle formule maggioritarie, però, sottolineano il forte grado di disproporzionalità tra i voti espressi e i seggi attribuiti. Il sistema maggioritario è quello legato all’esperienza parlamentare e politica inglese fin dalla sua piena trasformazione in monarchia costituzionale: • “plurality system”-> è un sistema semplice e intuitivo. Il territorio dell’area interessata all’elezione viene suddiviso in tanti collegi quanti sono i candidati da eleggere complessivamente. Ad esempio, nel Regno Unito, la Camera dei Comuni si compone di 650 membri: il territorio è quindi diviso in 650 collegi, in ognuno dei quali risulterà eletto il candidato in grado di raggiungere il maggior numero di voti, senza alcun quorum minimo (principio del “first past the post”) • “majority system”-> qualora il sistema richieda il raggiungimento di una qualche soglia minima per ottenere l’elezione nel collegio. Se uno dei candidati raggiunge il quorum fissato, il sistema produce i medesimi effetti del meccanismo britannico: elezione del più votato e accantonamento dei voti espressi agli altri candidati. Se invece il quorum non viene raggiunto, il riparto dei seggi può avvenire con criterio proporzionale oppure si può procedere ad un secondo turno di ballottaggio al quale accedono i due candidati più votati.

- “formule miste”: mirano a temperare il maggioritario o correggere il proporzionale. Un esempio di maggioritario temperato è il sistema in vigore per le elezioni parlamentari in Italia dal 1993 al 2005. Formule per attenuare la potenziale proliferazione dei partiti politici sono: • “clausole di sbarramento”: consiste nell’ammissione al riparto dei seggi solo per quelle forze in grado di raggiungere una soglia percentuale minima • “premio di maggioranza”: conferito al partito che raggiunge un quorum prefissato, cui viene attribuita una percentuale aggiuntiva di seggi, al fine di consentirgli di godere di una maggioranza più stabile nell’assemblea elettiva.

I SISTEMI ELETTORALI ADOTTATI IN ITALIA Il raggiungimento dell’unità nazionale comportò l’estensione a tutta la penisola dell’ordinamento politico e istituzionale della monarchia sarda, compreso il sistema elettorale. Lo Statuto Albertino prevedeva un parlamento bicamerale ispirato ai modelli britannico e francese orleanista, con una Camera dei Deputati elettiva e un Senato di nomina regia, concepito per preservare il ruolo ricoperto dall’aristocrazia. Il sistema elettorale adottato nel 1848 era “maggioritario uninominale a due turni qualora al primo turno nessuno dei candidati avesse raggiunto la soglia di un terzo dei voti rispetto al numero degli aventi diritto e la maggioranza assoluta dei voti validamente espressi” Nel 1922, andò al potere il leader fascista Benito Mussolini. Una delle prime iniziative del nuovo Presidente del Consiglio fu la messa in cantiere di una legge elettorale in grado precostituirgli una vittoria nelle successive elezioni politiche: “Legge Acerbo” che istituiva un sistema elettorale che “attribuiva un premio di maggioranza dei due terzi dei seggi alla lista che avesse ottenuto una maggioranza relativa dei voti non inferiore al 25%”. Le elezioni del 6 aprile 1924, infatti, si svolsero tra intimidazioni e irregolarità e, come previsto, videro il successo del blocco governativo. Nel 1946, si ritornò al “proporzionale del 1919”: la Costituente confermò tale sistema elettorale sia per la Camera sia per il Senato poiché vi era nei costituenti il desiderio di rafforzare la nuova democrazia evitando il ricorso a formule elettorali troppo manipolative del rapporto tra voti espressi e seggi attribuiti, questo anche a scapito della stabilità e del rendimento del sistema politico. Il sistema proporzionale era considerato, infatti, uno strumento di apertura democratica e come il mezzo più adatto per rappresentare una politica imperniata non più sulle individualità, bensì sui partiti di massa. Il passaggio dal sistema proporzionale ad un “sistema misto prevalentemente maggioritario” avvenne tra il 1991 e il 1993 “Mattarellum” del 1993:

- sistema maggioritario a turno unico per la ripartizione del 75% dei seggi parlamentari - proporzionale con liste bloccate per il rimanente 25% dei seggi assegnati alla Camera; La “l.270/2005” (“Porcellum” c.d. Legge Calderoli) modificò il complesso di norme per l’elezione della Camera dei Deputati e del Senato, stabilendo il ritorno pieno ad un “sistema di tipo proporzionale”. Le novità della riforma erano:

- “premio di maggioranza”-> per il partito o la coalizione risultato più votato alle elezioni. - “soglie di sbarramento”-> per l’accesso al riparto dei seggi - “sistema di riparto dei seggi”-> quello più adottato per la Camera era il proporzionale - “liste concorrenti”-> senza la possibilità per l’elettore di indicare una o più preferenze (lista bloccata) - “indicazione formale di un capo della forza politica o della coalizione”-> non presente nella scheda Tentativo di reintrodurre il “Mattarellum” del 1993 da parte di un comitato promotore referendum che si proponeva l’abrogazione della legge elettorale. La Corte Costituzionale ha dichiarato, però, l’inammissibilità del quesito referendario perché le leggi elettorali sono costituzionalmente necessarie. Con la “l.52/2015” viene infine approvato l’“Italicum”, un progetto fondato su un sistema elettorale proporzionale, con premio di maggioranza, clausole di sbarramento e doppio turno eventuale:

- viene assicurata la maggioranza dei seggi alla Camera dei deputati con attribuzione di un premio di maggioranza, fino al 55%, alla lista che otterrà dal primo turno almeno il 40% dei voti validamente espressi. Qualora nessuna lista avesse raggiunto quella percentuale di voti al primo turno, era previsto un secondo turno di ballottaggio tra le due liste più votate

- viene stabilita un’unica soglia di sbarramento al 3% per tutte le liste. Questa legge elettorale che vale solo per la Camera, fu respinta in occasione del referendum confermativo del 4 dicembre 2016, il quale avrebbe rotto il bicameralismo perfetto trasformando il Senato della Repubblica in Camera di rappresentanza territoriale. Per questa ragione, la legge elettorale 52/2015 è entrata in vigore solo il 1 luglio 2017. La bocciatura referendaria della riforma costituzionale ha riaperto il dibattito politico e parlamentare per la modifica di entrambe le leggi elettorali posto che, se alla Camera si applica l’Italicum, al Senato resta applicabile la disciplina della legge 270/2005, la quale è stata ritenuta parzialmente incostituzionale dalla Corte Costituzionale.

ROSATELLUM Il sistema elettorale italiano è stato riformato non da una nuova legge elettorale ma da una riforma della legge elettorale di base. È stata promulgata dal Presidente della Repubblica ma non è ancora stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale. I sistemi elettorali si articolano in modello:

- proporzionale: fotografa e riproduce in proporzione - maggioritario: effetto conformiamo sul sistema politico e partitico perché spinge i partiti a coalizzarsi cioè ad una bipolarizzazione/tripolarizzeazione. Gli Stati Uniti d’America, il Regno Unito sono maggioritari. La funzione che la legge elettorale ha in Italia è esemplificata nella sentenza 1/2014 sulla legge elettorale Calderoli e la sentenza 35/2017 Italicum (dichiarata ma non applicata): la legge elettorale deve garantire rappresentatività (sistema proporzionale) e governabilità (sistema maggioritario). La Corte Costituzionale prevede che la legge elettorale debba essere il bilanciamento e il contemperamento di queste due esigenze. Una maggiore rappresentatività comporta un Governo

con coalizioni pre-elettorali o post-elettorali e un potere più forte conferito al Presidente della Repubblica, il quale godrà di maggiore discrezionalità nel designare il Presidente del Consiglio dei Ministri. La legge elettorale prevede un sistema misto che intende bilanciare proporzionale e maggioritario: è un sistema simile alla Legge Mattarellum, rimasta in vigore dal 1993 al 2005, la quale aveva prodotto una bipolarizzazione partitica. È un sistema prevalentemente proporzionale formalmente perché i due terzi dei seggi sono assegnati con modo proporzionale, mentre il restante terzo è assegnato con metodo maggioritario.

- Il maggioritario è ispirato al modello inglese (come nel Mattarellum, in cui due terzi erano assegnati con maggioritario e un terzo con proporzionale: effetti che rendevano tale legge sostanzialmente proporzionale), chiamata “First past the post”, è un modello uninominale (plurality system): chi ottiene più voti ottiene il seggio. Sulla vittoria nel collegio uninominale non si applicano clausole di sbarramento.

- Il proporzionale è più problematico perché ci sono le liste bloccate (dichiarate incostituzionali ai tempi della Legge Calderoli, perché troppo lunghe e si perdeva di visibilità del candidato, secondo la Corte Costituzionale. Le liste bloccate del rosatellum sono corte, alla Camera dei Deputati al massimo 8 e al Senato al massimo 4. Un sistema proporzionale a liste corte produce effetti maggioritari perché i seggi li prenderanno soltanto le liste che hanno più voti (senza premio di maggioranza). Le soglie di sbarramento sono presenti nel proporzionale, pur non essendo altissime (3% per le liste su base nazionale, salvo le liste per le minoranze linguistiche che sono al 20%; 10% per le coalizioni, all’interno delle coalizioni almeno una lista deve ottenere il 3%). Una lista o una coalizione che non raggiunge le clausole di sbarramento, può comunque ottenere i seggi al collegio uninominale. Le soglie di sbarramento si calcolano su base nazionale. Il computo dei voti avviene su base nazionale, il che incide sulla visibilità del candidato. Al Senato, invece, il calcolo avviene su base regionale (art.57 Cost. prevede che il Senato è eletto su base regionale). A differenza dell’Italicum, come nel Mattarellum, tornano le coalizioni (non c’è obbligo di coalizione, ma c’è la possibilità): le coalizioni non sono indistruttibili, dal momento che non esiste un vincolo di mandato imperativo (la coalizione che si rompe, risponde politicamente di fronte al suo elettorato). Non c’è voto disgiunto che c’era nel Mattarellum: il voto disgiunto vuol dire votare un candidato di una coalizione nel maggioritario e una lista in competizione col candidato votato (in un sistema misto, questo produce effetto “strabico”).

Sono previste le pluri-candidature: ci si può candidare in un collegio uninominale e in almeno 5 liste bloccate (incide sula visibilità del candidato). La Corte Costituzionale non ne ha dichiarato l’incostituzionalità, mentre l’aveva fatto nell’Italicum che però consentiva al candidato di scegliere mentre adesso se il candidato vince il collegio uninominale va li, se viene eletto in più liste, verrà eletto laddove la sua lista ha preso il minor numero di voti, e non potrà scegliere lui come avveniva prima. La struttura della scheda è diversa: segno sulla lista collegata al candidato per votare tale lista e tale candidato (non c’è voto disgiunto), se ci sono più liste e si vota solo il candidato, il voto andrà in base ai voti ricevuti dalle liste. Nessuno dei sessi può essere rappresentato per più del 60%, così come per i capilista: deve esserci alternanza di genere. Il Rosatellum:

- Non ha il voto disgiunto e lo scorporo a differenza del Mattarellum. - Non ha vizi di legittimità costituzionale come l’attribuzione di un premio di maggioranza senza una soglia minima di voti di partenza come nel caso della Legge Calderoli e nell’Italicum....


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